Visualizzazione post con etichetta amianto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta amianto. Mostra tutti i post

mercoledì 15 luglio 2015

L'ex presidente dell'AIRC condannato per morti da amianto

Ne avevamo parlato nel dicembre 2013 esprimendo allarme, caduto ovviamente nel vuoto (qui). Oggi, Piero Sierra, presidente,  fino al maggio 2014, quando e` stato sostituito da Pier Giuseppe Torrani, dell'Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC) all'interno della quale riveste ancora la carica di consigliere [almeno fino a qualche minuto fa, alle 14.47 il sito dell'AIRC non e` accessibile], e` stato condannato a 6 anni e 8 mesi di carcere per la morte negli anni '70 e '80 di 50 operai della Pirelli, di cui e` stato uno dei massimi dirigenti (qui). Condannato, sempre a 6 anni e 8 mesi, anche Guido Veronesi, fratello di Umberto e zio di Paolino 'tutto torna come prima'.

Come sono morti questi operai? Di mesotelioma pleurico e altre patologie tumorali. E perche`? Perche` sono stati ripetutamente e massicciamente esposti all'amianto, senza che l'azienda prendesse le dovute misure precauzionali per proteggerne la salute.

Approfittiamone per dare un'occhiata al sito dell'AIRC. In particolare, la sezione 'Fai Prevenzione' (qui). Stili di vita, alimentazione, fumo di sigaretta, raggi ultravioletti. E l'esposizione a sostanze cancerogene e mutagene come l'amianto? Non ce n'e` traccia. Eppure quegli operai, e non solo loro purtroppo, sono morti proprio per questo. Erano forse inevitabili, non prevenibili, quelle morti? Evidentemente no, se il Tribunale di Milano ha condannato Sierra e soci.

L'AIRC chiede i nostri soldi per fare ricerca. I miei genitori hanno sempre comprato le azalee della ricerca e mio padre continua a farlo ancora adesso, commosso perche` adesso e` sua figlia ad avere il cancro. E lo stesso fanno altri genitori, amici, partner, fratelli e sorelle di chi si trova nella stessa situazione. E forse lo facevano anche quegli operai e i loro familiari. In buona fede e con generosita`.

Che fare? Donare i nostri soldi a queste organizzazioni senza chiedere spiegazioni su come vengono investiti e coinvolgimento e trasparenza nei processi decisionali e` inutile e dannoso. Perche` un'istituzione legata a doppio filo con le fabbriche di morte difficilmente finanziera` ricerche sulle cause ambientali e occupazionali del cancro e sulla prevenzione primaria. E ci dira`, attraverso il suo sito web, che prevenire il cancro significa mangiare bene, fare esercizio fisico e non fumare, tacendo su come la morte la si possa trovare nascosta nei capannoni industriali dove si suda per guadagnarsi il pane.




domenica 23 novembre 2014

Non solo operai. Non solo mesotelioma

Cheryl Marsh abitava a Islington, Londra, con la sua famiglia in una casa popolare. Una council house, una come tante. Cheryl e un gruppo di altri venti bambini andavano spesso a giocare, nelle sere d'inverno, negli scantinati del palazzo. Passano gli anni. Cheryl lavora prima per il comune, sempre a Islington. Ripara motociclette. Poi si trasferisce a Brighton dove si occupa di violenza domestica. Ha solo 47 anni quando le viene diagnosticato un mesotelioma. "Non sapevo nulla della malattia, ma quando ho cominciato a informami ho scoperto che colpiva prevalentemente uomini sulla settantina ex lavoratori dell'industria pesante". Che c'entrava allora con lei? Lo scantinato era pieno di polvere. Di amianto. E di amianto erano fatte le pastiglie dei freni delle moto. Cheryl muore nel 2007, a soli 50 anni. Fa in tempo, pero`, a fare causa al comune e ad ottenere un risarcimento di 100.000 sterline (qui)
Neville Beck, invece, faceva l'insegnate di storia in una scuola di Eastbourne. In pensione da tempo, alle soglie dei 70 comincia ad avere il respiro corto. La diagnosi non lascia spazio ai dubbi: mesotelioma pluerico. Come e` possibile, si chiedono Neville e sua moglie? La memoria torna indietro agli anni di insegnamento e a quell'armadietto nella sua classe, dove teneva libri ed effetti personali. Viene fuori che gli scaffali erano fatti di amianto. Neville muore nell'aprile del 2009, a 71 anni (qui) Non e` la sola vittima dell'amianto tra gli insegnanti inglesi. Ce ne sono a centinaia (qui).

Non solo operai dell'industria pesante. Non solo mesotelioma. Nel 2009, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha confermato che l'esposizione occupazionale all'amianto nelle donne aumenta il rischio di sviluppare il carcinoma ovarico (qui). Tra gli studi valutati dallo IARC figura anche uno condotto in Italia, tra lavoratrici dei cementifici e dell'industria tessile (qui).


domenica 29 giugno 2014

Amianto. Una storia operaia...e un poco pure mia

L'ho sentito raccontare tante volte da mia madre. Cosi` tante che mi sembra di ricordarlo. La porta color miele si apre, un triangolo di luce squarcia il buio del soggiorno e un uomo con le chiavi appese alla cintura annuncia: "Sono in cassa integrazione". Quell'uomo e` mio padre. E` il 2 luglio 1981. Quel giorno compio un anno. La torta e` pronta. I parenti arrivano a festeggiare. Papa` fa il forte. Prendera` i soldi della cassa integrazione e fara` altri lavoretti. Guadagnera` anche piu` di prima, dice. I temporali non fanno in tempo a mettere fine all'estate che e` gia` sotto un treno. Dalla cassa integrazione si passa al licenziamento. La liquidazione non te la diamo perche` sei comunista e hai occupato la fabbrica. Fai pure causa, tanto la perdi. Il giudice ce lo siamo comprato. Papa` si siede sul divano e poggia la testa al muro. Rimarra` li` per undici anni.
I soldi della liquidazione arrivano a pochi giorni dal mio ventiduesimo compleanno. Papa` li divide tra me e mia sorella. Presto ne avra` un'altra di liquidazione. Quella del lavoro che ha trovato lontano da casa dopo 19 anni di disoccupazione e lavoro nero. Io nel frattempo sono all'universita`. A Napoli. Quella che papa` non aveva potuto finire perche` il nonno - suo padre - non c'aveva piu` soldi. Non e` proprio la stessa. Lui faceva chimica. Io studio Scienze Politiche ufficialmente, ma in realta` ho una tresca con la storia contemporanea. Un amore folle che ricaccio e puntalmente ritorna. Torna con gli esami, la tesi di laurea, l'idea assurda di fare un dottorato di ricerca. Perche` senza la polvere degli archivi che si deposita nelle linee delle mani e quando le lavi l'acqua e` nera, non ci so piu` stare. E se a Napoli  non si puo` fare, me ne vado a Roma. E se nemmeno la` mi vogliono, me ne vado in Inghilterra, paese che odio, ma la storia e` troppo importante. Me ne vado adesso che` sto paese, l'Italia, sta sprofondando e bisognera` andarsene comunque. Meglio prima che dopo. Meglio l'Inghilterra che` li` vince chi merita. Arrendersi mai che` il riscatto di papa` sono io.
Il resto della storia e` ben noto a chi segue questo blog. Quando il dottorato in storia stavo per finirlo, quando mancavano le ultime pennellate alla tesi e l'Inghilterra all'imbocco della crisi aveva gia` mostrato la sua faccia feroce, e` arrivato il cancro. Stop al dottorato, stop ai sogni, stop alla vita per un anno e mezzo. Al ritorno era tutto definitivamente cambiato. I tempi delle vacche grasse finiti. La meritrocrazia degli inglesi scioltasi come neve al sole. "Nei momenti di crisi il sistema non funziona sulla base del merito", mi ha detto un pezzo grosso. E quando la crisi non c'e`? Lasciamo stare. La risposta e` troppo amara.
Perche` rispescare stasera, sul finire di una dolce domenica d'estate, l'antefatto della mia storia di malattia? Perche` raccontare quello che ho sempre nascosto ai compagni di classe e gli amici (tranne qualcuno), che sono figlia di un disoccupato ammattito che con la vergogna ha scavato una fossa nel muro dove appoggiava la testa?
Il giorno che sono partita per Milano, poco piu` di una settimana fa, per andare a fare i controlli sono entrata nella libreria della stazione. Volevo comprare un libro, ma non sapevo quale. Poi all'improvviso, ho ripescato un titolo dal bagagliaio buio della mia memoria incerta: Amianto. Il libro di Alberto Prunetti (qui). Botta di culo. Una volta tanto. Ce l'hanno. Lo compro e lo leggo in treno tutto d'un fiato. Giro una pagina dopo l'altra e il cuore mi salta in gola. E` come rimettere insieme fili sparsi qua e la`. E` come dare senso a una storia, la propria, che fino ad ora faticava a trovarne.
Amianto racconta la storia di Renato Prunetti, il padre dell'autore. Renato fa l'operaio, e` un trasfertista. Salda tubi in giro per tutto il Nord-Ovest, lontano dalla sua famiglia. Fa un lavoro nobile e sporco allo stesso tempo. Cosi` sporco che lo uccide. Renato morira` a soli 57 anni di cancro al polmone, dopo aver lavorato per anni a contatto con l'amianto. A suo figlio, il narratore, tocca un destino diverso, ma fino a un certo punto. Lui di mestiere fa lo scrittore/traduttore e altro ancora. Un lavoro pulito all'apparenza. Peccato che ci sia messo di mezzo il precariato, il mostro generato dal capitalismo post-fordista, che divora le vite di quelli della mia generazione. E allora anche uno scrittore/traduttore deve sgobbare a ritmi disumani e si ritrova con l'artrite a 30 anni senza nemmeno guadagnare quanto suo padre che l'ha fatto studiare per dargli un futuro migliore, lontano dalla fabbrica. Migliore un cavolo! Qua c'hanno fregato tutti! Hanno fregato Renato e suo figlio. E hanno fregato anche me, che da figlia di disoccupato mi ritrovo disoccupata anch'io e per giunta con un cancro addosso, senza averci mai messo piede in una fabbrica. Perche` ormai non e` piu` necessario. Basta abitarci vicino o anche lontano. I suoi veleni ti raggiungono ovunque. Si insinuano nel tuo corpo quando stai ancora nella pancia di tua madre e poi ti esplodono dentro. Quando meno te l'aspetti. A tradimento. E ti sei fottuto per sempre.

domenica 15 dicembre 2013

Cosa c'entra la Pirelli con l'AIRC?




Erano i primi di maggio, avevo finito la chemio da meno di un mese. I capelli erano ancora pochi, ma l'appetito stava tornando. Seduta sul divano, mi godo la luce del sole che finalmente non mi da piu` fastidio. Sento la porta di casa aprirsi, e` mio padre che rientra. Mi mette davanti una pianta, senza dire una parola. E` un'azalea della ricerca, la pianta venduta dall'AIRC, l'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, per raccogliere fondi. Papa` ha gli occhi lucidi, lo abbraccio, sento che in quel piccolo gesto c'e` tutto il dolore di un padre che vede la figlia colpita da una malattia di cui si sa molto poco e la speranza che in un futuro non troppo lontano si possa riuscire a curarla.
Quante persone come mio padre fanno donazioni all'AIRC nella piu` assoluta buona fede? Tantissime. Quante persone sanno chi c'e` dietro l'AIRC? Poche, credo. E ancora meno sanno che il presidente dell'AIRC, Piero Sierra, e`imputato, insieme ad altre dieci persone, nel processo in corso a Milano per la morte di 50 operai della Pirelli dovuta all'esposizione all'amianto (qui). Sierra si legge sul sito dell'AIRC e` stato amministratore delegato del gruppo Pirelli e attualmente siede nei consigli di amministrazione delle principali sedi Pirelli nel mondo (qui).
Sierra al momento e` solo imputato. Le sue responsabilita` dovranno essere dimostrate nel corso del processo. Tuttavia, non si puo` fare a meno di tremare di fronte al fatto che il presidente della piu` grossa associazione italiana per la ricerca sul cancro a cui milioni di italiani affidano i propri soldi e le proprie speranze per quella che credono sia una giusta causa potrebbe essere riconosciuto colpevole della morte per mesotelioma pleurico di lavoratori sotto la sua tutela. Inquieta non poco anche il fatto che a presiedere l'AIRC sia stato chiamato (da chi? come?) un dirigente Pirelli, azienda leader nella produzione di gomme per le macchine, che proprio bene alla salute non fanno. Sono questi intrecci tra chi il cancro lo provoca e chi dovrebbe scoprirne la cura a mettere in evidenza, ancora una volta, come la malattia sia una questione di enorme rilevanza economica, sociale e politica. Istituzioni come l'AIRC, per come sono strutturate e gestite adesso, sono parte del problema e non della soluzione. Sarebbe ora di riappropriarsene, cominciando a fare domande e pretendendo delle risposte.

venerdì 27 luglio 2012

Angelo di nome e di fatto

Ogni volta che varco il cancello di quell'ospedale ti rivedo passeggiare in vestaglia nel parco antistante. Oppure affacciato alla finestra del secondo piano. Quella da cui adesso sporge la cassetta col motore dell'aria condizionata. Allora non c'era. Era il 1988 e tu, nonno, in quell'ospedale ci stavi perche` ti avevano diagnosticato un cancro al polmone. Trattabile. "Facciamo l'intervento, poi la chemio e gli diremo che puo` fumare due o tre sigarette al giorno. Lui ne fumera` quattro, ma va bene lo stesso. Gli guadagneremo almeno cinque anni di buona vita". Cosi` aveva detto il medico che doveva operarti. Il cancro era circoscritto e mamma tiro` un sospiro di sollievo. Io venivo a trovarti, ma rimanevo nel parco. I bambini non li facevano entrare. Tu ti affacciavi alla finestra, alto e magro, con la tua vestaglia rossa sembravi un figurino. Sorridevi e mi salutavi. Eri un Angelo, di nome e di fatto.
Te ne sei andato veloce un pomeriggio di fine ottobre. Lo stesso giorno, dodici anni dopo, la tua 'scimia', io, ha sentito per la prima volta una pallina dura sotto il capezzolo destro. L'operazione era andata bene, eri stato dimesso. "Adesso si deve rimettere, cosi` poi cominciamo la chemio", aveva detto il dottore. Ed eri tornato a casa. Mamma era contenta di nuovo. Il giorno dopo stavamo per metterci a tavola, quando hanno chiamato dicendo che tu non stavi bene, avevi la febbre. Mamma e papa` sono corsi da te, io sono rimasta a casa e ho pensato "Uffa, e` sempre malato". Dovevo andare a giocare con Sara e Michele quel pomeriggio e, invece, per colpa tua mi avevano lasciata a casa con mia sorella, tua nipote.
Ho saputo che eri morto a funerale gia` fatto. Ho pianto, tanto. E mi sono sentita in colpa per quello che avevo pensato. Allora pero` non sapevo perche` eri morto. Eri morto e basta. E questo bastava a farmi star male. E non mi avevano permesso di darti un ultimo bacio e di sentire un'ultima volta i tuoi baffi pungermi le guance.
Adesso so, nonno. Tu non sei morto per il cancro. Hai avuto una tromboembolia polmonare. Un grumo di sangue e` partito dalle tue gambe lunghe lunghe e si e` incastrato nel polmone. E tu non hai respirato piu`.
Tu fumavi, nonno. E forse il cancro al polmone l'hai avuto per questo. Da allora, pero`, tante cose sono cambiate. Adesso di cancro al polmone non si ammalano piu` solo i fumatori, ma anche chi non ha mai fumato in vita sua. E se prima si ammalavano di piu` gli uomini, adesso si ammalano anche tante donne. E comunque, anche se c'e` il fumo di mezzo, chi ci assicura che sia proprio quello a causare il cancro - e le forme piu` aggressive stanno diventando sempre piu` frequenti - e non soprattutto gli scarichi delle macchine, l'amianto che si insidia dovunque, persino nelle scuole, negli asili e negli ospedali e chissa` che altro?
Il mondo e` diventato un posto bruttissimo nonno. Il capitalismo mostra il suo volto di assassino e noi non sappiamo cosa fare. Finalmente, pero`, ho capito perche` te ne sei andato cosi` presto. Un Angelo di nome e di fatto come te, in un mondo cosi` non ci poteva stare.