martedì 23 giugno 2015

Il veleno - L'esposizione in utero al DDT e il cancro al seno



Estate. Tornare nello stesso posto dove ho trascorso le estati felici della mia infanzia. Ripensare a quella bambina che scorazzava vivace per strada, magrissima, le gambe di gazzella, piu` veloce del vento.
E` sera. Dopo cena si riscende a giocare. Risate, urla, qualche bisticcio. Hai contato troppo veloce. La campana e` davanti casa mia e mi ci fai giocare. Il camioncino grigio fa appena in tempo a svoltare. Dal tetto spruzza fortissimo un liquido bianco. Il veleno, gridiamo. Qualche colpo di tosse. Accovacciati vicino al cancello di una casa, diamo le spalle per farci scudo. Le zanzare, dicono i grandi. Serve per le zanzare.
Cosa ci venisse spruzzato addosso esattamente, a me e a tutti i bambini del villaggio che a quell'ora giocavano per strada, forse non lo sapro` mai. Di sicuro emanava un odore cattivo e non lo chiamavamo veleno per caso.
Sono usciti, la scorsa settimana, i risultati di una ricerca condotta negli Stati Uniti (qui). Tra il 1959 e il 1967, ad oltre 20.000 donne incinte e` stato prelevato il sangue conservandone i campioni. Gli scienziati hanno rintracciato anni dopo le figlie di quelle donne e hanno scoperto che livelli di DDT elevati nel sangue delle madri avevano esposto le figlie a un rischio quadruplicato di ammalarsi di cancro al seno da adulte.
Rachel Carson, scienziata fondatrice del movimento ambientalista, l'aveva scritto nel 1962 che il DDT e gli altri pesticidi erano pericolosi per gli esseri viventi. Il suo libro, Primavera Silenziosa, era uscito due anni prima che morisse di cancro al seno.
Sono passati decenni. Il DDT e` stato messo al bando in Italia (in altri paesi del cosiddetto 'sud del mondo', invece, si usa ancora), ma altri veleni l'hanno sostituito.
E` sera. Dopo cena si sta sul balcone di casa a chiacchierare. Il camioncino passa, ci spruzza la sua maledizione addosso. Per me e` troppo tardi. Per strada, un gruppo di bambini continua a giocare. Non sappiamo per quanto.

mercoledì 17 giugno 2015

Al tuo fianco. Prendersi cura di una persona con il cancro al seno - Richiesta di contributi

Nel corso di decenni, una visione edulcorata e banalizzante del cancro al seno ha dominato il discorso pubblico. Descritta quasi come un rito di passaggio, la diagnosi di cancro al seno è stata fatta diventare per le persone colpite un invito a sorridere, a mettersi al di sopra della malattia. Questa pretesa superficiale, ancora diffusa in molti contesti, ha promosso un messaggio ottimista su come affrontare il cancro al seno e messo a tacere le voci dissonanti di chi, e si tratta soprattutto di donne, vive la malattia e le sue conseguenze ogni giorno sulla propria pelle. Il numero speciale del 2014 del quadrimestrale del Breast Cancer Consortium "Demistifichiamo il Cancro al Seno" (qui) ha dato spazio ad alcune di queste voci ribelli provenienti da Stati Uniti, Belgio, Israele, Italia, Spagna e Regno Unito.

Il numero speciale del 2015 del quadrimestrale del Breast Cancer Consortium (qui) intende dare spazio alle voci delle persone che si prendono cura, amano e vivono con chi riceve la diagnosi di cancro al seno. Su partner, figli, fratelli, sorelle, genitori, amici e colleghi grava un grosso peso quando una persona ha il cancro. Le difficoltà, il dolore, la sofferenza che fanno parte del prendersi cura sono, con rare eccezioni, assenti dalla narrazione della malattia. Curato dalle partner del Breast Cancer Consortium, Grazia De Michele e Cinzia Greco,  ‘Al tuo fianco: prendersi cura di una persona con il cancro al seno’ parlerà di chi ha visto la propria vita cambiare quando una persona cara si è ammalata di cancro al seno.


Se vuoi condividere la tua storia, invia un breve riassunto (massimo 250 parole) a byyoursidebcc@gmail.com entro il 31 luglio 2015. Si accettano anche fotostorie e video. 

martedì 2 giugno 2015

La fortuna di stare male

Sto male. Ho fatto la siringa di Decapeptyl ieri sera e oggi sono sotto un treno. Non riesco ad articolare un pensiero e mi sento come se avessi scalato una montagna. Eppure ho percorso solo il tragitto letto-divano-letto. E` da un po` che la siringa mensile mi fa quest'effetto. Forse e` il mio corpo che non ne puo` piu`? Non lo so. Stasera, pero`, non me la sento di lamentarmi piu` di tanto. Domani c'e` il funerale di Jojo, che di siringhe non ha fatto in tempo a farne nemmeno una decina (qui). E` morta in meno di dodici mesi, a 32 anni. L'estate scorsa, quella passata a fare la chemioterapia subito dopo aver scoperto il cancro al seno, e` stata l'ultima che ha visto. E certo non lo immaginava. Lei, come i suoi familiari e amici che domani si riuniranno per salutarla. Tra loro ci saro` anch'io, ammaccata, col morale a terra, ma viva. E non e` poco, se non per me, almeno per quelli che mi vogliono bene.
Siamo a questo punto. Chi soffre gli effetti collaterali di oltre 4 anni di soppressione ovarica si sente fortunato rispetto a chi finisce sotto terra nel fiore della giovinezza. E non s' intravede nessuna speranza che questo cambi nel prossimo futuro. Le terapie avranno sempre effetti collaterali. Una certa percentuale di persone continuera` a morire. Dell'aumento dell'incidenza non sembra interessare quasi a nessuno. Ogni giorno, leggiamo e sentiamo di scoperte mirabolanti, guarigioni miracolose, corse, raccolte fondi e trionfi. Un chiacchiericcio che non porta a nulla, se non all'assuefazione allo stato delle cose.