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venerdì 19 luglio 2013

Vendesi ospedale Valdese

I controlli si avvicinano. Devo chiamare l'ospedale dove sono in cura, lo IEO di Milano, per cominciare le prenotazioni. Sono carica d'ansia. Torneranno le notti insonni e i continui palpamenti a caccia di bozzi e linfonodi ingrossati. Sara` dura aspettare. Quando saro` li`, pero`, mi sentiro` protetta, come mi succede sempre appena varco la soglia dell'edificio 2. Quello dove mi aspettava il mio senologo quasi tre anni fa. Quello in cui ho fatto le terapie piu` pesanti, assistita da infermiere che se le incontro ancora ci abbracciamo e sbaciucchiamo. Quello dove mi sono sciolta in lacrime l'ultimo giorno delle terapie perche` non avrei visto piu` ogni 21 giorni la mia oncologa. E` a tutto questo che penso mentre compongo il numero sulla tastiera del telefono. In pochi minuti, la calma faticosamente raggiunta seguendo il filo dei ricordi si fa in mille pezzi, come uno specchio rotto. La voce del centralinista e` dispiaciuta, ma le parole sono inequivocabili: "Non possiamo prendere prenotazioni al momento. L'Istituto potrebbe presto cessare l'attivita`". Sento il terreno mancarmi sotto i piedi, mi gira la testa. Mi siedo, balbetto qualche parola sconnessa. "Potra` rivolgersi ad altri ospedali", continua a spiegare il centralinista costernato. Altri ospedali? E quali? E con quali medici? E le mie amiche infermiere? Chi mi terra` la mano mentre aspetto i risultati degli esami? E` il vuoto e il senso di fine. Come potro` continuare a vivere col cancro rinunciando al patrimonio di fiducia riposta nella struttura dove sono stata accolta quando ho visto la morte in faccia, dove sono stata curata e accudita? Non ce la faro` mai. Sono sola, ho paura.

Lo IEO non sta per chiudere, per fortuna, ma purtroppo l'Ospedale Valdese di Torino, centro di eccellenza per la diagnosi e la cura del cancro al seno, si. Di piu`, sta per essere venduto. Lo riporta La Stampa. Cosa faranno le 3mila donne trattate li` ogni anno e le 70mila in follow up? In quale voragine di solitudine e paura sprofonderanno posso solo immaginarlo. Vorrei poterle stringere tutte. Vorrei poter fermare questa follia.
Il caso del Valdese e` cominciato sul finire dello scorso anno. Ve ne avevo gia` parlato qui. La giunta guidata dal leghista Roberto Cota ha messo in atto un piano di 'riforma' della sanita` in Piemonte, definita "scellerata" - e con tutte le ragioni - da Gabriele Gallone, segretario della sezione piemontese dell'Associazione Nazionale dei Medici Dirigenti (Anaao Assomed), che prosegue: "un'opera di demolizione funzionale perpetrata ai danni delle professionalita` di tutti gli operatori, ma soprattutto ai danni di molti che si sono sentiti abbandonati".
Sono mesi che le donne del Valdese, riunitesi in comitato, danno battaglia per opporsi alla chiusura del loro ospedale. A guidarle la giornalista Carla Diamanti, promotrice dell'iniziativa Nude per il Valdese. Centinaia di persone - uomini e donne - si sono fatte fotografare in segno di protesta ma anche di riappropriazione, attraverso un uso consapevole dei propri corpi, di uno spazio collettivo come e` e deve continuare ad essere un ospedale. Gli scatti si sono trasformati in video e striscioni e hanno destato, come sperato, attenzione e solidarieta`. Per un momento e` persino sembrato che la giunta potesse fare marcia indietro. Oggi la notizia, agghiacciante, della messa in vendita dello stabile e l'accorato appello dell'Anaao Assomed al Presidente della Repubblica.
Una decisione totalmente priva di senso, soprattutto se si considera che la Regione ha appena investito 100mila euro per la ristrutturazione dei locali. Per quale motivo? Chi ne beneficera`? Certo non le donne del Valdese che da mesi non sanno dove andare per fare esami, visite di controllo, che hanno perso fiducia, che si sono viste deprivate di un diritto sacrosanto, il diritto alla salute, ad essere curate e seguite nell'ospedale che hanno scelto. Che, lo so, ne sono certa, non si arrenderanno. Non la daranno vinta ai celoduristi misogini e razzisti che, come vedete, dalle parole sanno passare anche ai fatti.

mercoledì 19 dicembre 2012

Il celodurista Cota chiude l'Ospedale Valdese

No, no, no, no, no! Non si puo` chiudere un ospedale. Non si puo` negare cosi` il diritto alla salute. E` un crimine. Non possiamo stare zitti.
Vi avevo gia` parlato dell'Ospedale Valdese, centro di eccellenza la diagnosi e la cura del cancro al seno e famoso a Torino per la professionalita` e umanita` degli operatori sanitari. Il video girato dai pazienti a difesa del loro ospedale era stato censurato da Youtube e Facebook, perche` mostrava nudita` e contenuti a sfondo "sessuale". Ne aveva scritto, in un bellissimo post, Lola:

"Quello che rende diversa la storia del Valdese [rispetto a quella di altri ospedali] è che più di trecento persone si sono fatte fotografare a seno (o torso, hanno partecipato anche uomini) nudo per "ricordare" i settemila interventi chirurgici, i quattromilacinquecento malati oncologici seguiti, le ottocentomila prestazioni di laboratorio e i seicento interventi per tumore al seno.

Su facebook e youtube è partita la condivisione del video.
Ed immediatamente è partita la censura.
Sì, il video con i corpi di chi è stato curato ed è in cura al Valdese è stato censurato.

Su youtube si parla di 'violazione della norma di youtube sui contenuti di natura sessuale o nudità'.
Fa ridere, pensando a quello che si può vedere lì senza violare niente e senza andare su youporn.

Facebook ha oscurato i profili delle amministratrici di Un altro genere di comunicazione per aver postato materiale ritenuto non rispettoso degli standard della comunità di facebook.
Eppure basta farci un giro per vedere immagini volgari e violente che rimangono al loro posto, perché non violano nessuno standard.

Allora mi chiedo se il problema non siano proprio quei corpi.
Quei seni.
Quelle cicatrici.

Temo che il vero problema, la vera violazione sia proprio mostrare il corpo malato, il corpo non conforme, il corpo che lotta contro il cancro e che a volte perde.
I corpi malati vanno nascosti, vanno compatiti, certo non mostrati al mondo.

Siamo seri: di tette è pieno il web, dai giornali on line ai social networks tutti, ma nessuno, a parte noi femministe vittoriane, bigotte e invidiose, si sente in dovere di "segnalare" la violazione di norme e standard davanti a due belle sise sane, turgide e giovani.

Forse il punto è semplicemente che quel video ci sbatte in faccia che il cancro non è quella cosa che ti appiccichi un nastro rosa alla camicetta, ti compri il mocho rosa, un paio di creme di marca e passa la paura.

Il cancro è una cosa brutta, che ti devasta. che devasta chi ti sta vicino.
Il corpo non è più quello che conoscevi e devi lottare per tornare ad essere quello che sei, per impedire a quella merda che hai dentro di mangiarti, di vincere.

E noi, la famiglia di chi quella battaglia la combatte ogni giorno, li vediamo quei corpi.

E alle belle parole di circostanza, al bombardamento rosa confetto, preferiamo vedere quei seni, quelle cicatrici,quei corpi, anche se fa male. Non avete idea quanto.

Perché mia madre è morta di cancro, perché la mia adorata zia è morta di cancro e io non accetto che nel 2012 ancora non ci sia un cazzo di cura definitiva, non accetto che 'forse la genetica, forse la predisposizione, forse il fumo, forse questo...', io non accetto che donne e uomini che si sono esposti, che hanno mostrato i loro corpi, vengano censurati."

Dopo la censura del video, e` arrivata oggi la notizia che la Regione Piemonte, guidata dal celodurista Cota, ha deciso irrevocabilmente di chiudere l'ospedale. Fallito ogni tentativo di mediazione. Non ci sono soldi, dicono. E quindi chiudiamo gli ospedali, neghiamo il diritto alla salute. No, non e` accettabile. Non possiamo stare fermi e zitti di fronte a un tale svilimento di un diritto umano fondamentale. Facciamo qualcosa, per favore