martedì 31 dicembre 2013

Il cancro si cura con l'estetica

Si avvicina l'incontro annuale con la mia oncologa. Sto cominciando a preparare la lista delle domande da farle riguardanti la prosecuzione delle terapie e la mia salute in generale. Quest'anno, pero`, ho deciso di chiederle anche quale taglio di capelli potrebbe darmi maggiori probabilita` di sopravvivenza. La dottoressa non si e` mai occupata di quest'aspetto essenziale del trattamento del cancro al seno ed e` ora di richiamarla all'ordine. Mi ci ha fatto riflettere un articolo pubblicato sull'inserto Salute Seno di D di Repubblica (qui) in cui Angela Noviello, direttore di Onchology Estethics Italia (qui) e co-titolare del centro Milano Estetica Cosmetic Surgery and Medical Spa (qui), spiega come "fino a non molto tempo fa i medici tendevano a sconsigliare qualsiasi tipo di intervento estetico, dando la massima priorita` alla cura oncologica. Il punto è che proprio a causa degli effetti dei farmaci, le persone continuano a vedersi – e a sentirsi – malate. Per questo pensiamo che insegnare loro come ridurre l’impatto estetico delle terapie possa aiutarle dal punto di vista psicologico. E questo serve a mantenere alta anche la voglia di combattere". La Noviello partecipera` a un progetto che prendera` il via il prossimo autunno all'ospedale San Raffaele di Milano, "Salute allo Specchio", il cui obiettivo e` "insegnare alle donne come curare la propria pelle, quali trattamenti estetici possono fare, come truccarsi, come scegliere la parrucca o come giocare con i foulard, ma che in realtà va molto oltre l’attenzione per l’aspetto estetico". L'ideatrice del progetto, Valentina Di Mattei, ricercatrice di psicologia dinamica racconta che "Una delle prime cose che chiedono le donne quando viene data loro la diagnosi di tumore è se perderanno i capelli, e ci siamo resi conto che questo aspetto, per quanto possa apparire secondario o effimero, incide profondamente sulla loro vita e che quindi non potevamo più ignorarlo” (qui) . Sia la Noviello che la Di Mattei hanno ragione da vendere. Cos'e` una donna senza la sua bellezza, la sua femminilita`, i suoi capelli? Come si puo` anche solo pensare di guarire se ci si vede brutte e sgraziate proprio adesso che, grazie ai progressi della cosmesi e della chirurgia estetica, ogni donna puo` essere meravigliosa come una modella. E modelle per un giorno lo sono state alcune pazienti del San Raffaele affette da tumori femminili che hanno partecipato a un corso pilota di educazione estetica in cui sono state truccate, pettinate e fotografate da esperti nel settore della bellezza e hanno imparato a prendersi cura di se stesse (qui).
Sono molto contenta per loro, ma devo confessare che provo anche molta invidia. La mia oncologa, tutta concentrata sulla chemio, la terapia ormonale, le pratiche per la pensione di invalita` (che mi hanno tolto appena finite le cure ma non fa niente) non si e` mai preoccupata della mia bellezza. E allora ho deciso di farmi un regalo: anche se sono disoccupata e non trovo lavoro perche` chi l'assume una che ha avuto un cancro a 30 anni, prendero` un appuntamento nel centro estetico della Noviello e mi faro` fare un trattamento completo. E gia` che ci sono, visto che il centro offre anche trattamenti di chirurgia estetica, potrei cominciare a informarmi per un intervento di addomino-plastica (qui) per dire addio alla pancetta che mi e` venuta per la menopausa iatrogena e per quello di biorigenerazione della vulva (qui) che sempre per la menopausa indotta dai farmaci sembra una patata lessa. E perche` no, potrei finalmente farmi ridurre il seno sinistro, quello non malato, visto che il mio senologo malvagio dice che non ce n'e` bisogno perche` non sa come l'asimmetria possa far soffrire una donna.

martedì 24 dicembre 2013

Natale un corno

Le feste non mi sono mai piaciute particolarmente, ma da quando mi sono ammalata mi piacciono ancora meno. Anche quest'anno mi viene da pensare che potrebbe essere il mio ultimo Natale. E non mi si venga a dire che vale per tutti, perche` almeno i "sani" possono far finta che non sia cosi`. Diversamente, chi vive col cancro guarda la morte in faccia ogni momento. A complicare ulteriormente le cose, la notizia che a una giovane donna venezuelana con cui sono in contatto via Twitter e` stato comunicato oggi che le restano due mesi di vita. Spero vivamente che i medici si sbaglino e che un secondo consulto possa aprire qualche spiraglio. Non riesco proprio a fregarmene del Natale, del cenone, dei regali. Questa sera non penso che a Jada. 

domenica 15 dicembre 2013

Cosa c'entra la Pirelli con l'AIRC?




Erano i primi di maggio, avevo finito la chemio da meno di un mese. I capelli erano ancora pochi, ma l'appetito stava tornando. Seduta sul divano, mi godo la luce del sole che finalmente non mi da piu` fastidio. Sento la porta di casa aprirsi, e` mio padre che rientra. Mi mette davanti una pianta, senza dire una parola. E` un'azalea della ricerca, la pianta venduta dall'AIRC, l'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, per raccogliere fondi. Papa` ha gli occhi lucidi, lo abbraccio, sento che in quel piccolo gesto c'e` tutto il dolore di un padre che vede la figlia colpita da una malattia di cui si sa molto poco e la speranza che in un futuro non troppo lontano si possa riuscire a curarla.
Quante persone come mio padre fanno donazioni all'AIRC nella piu` assoluta buona fede? Tantissime. Quante persone sanno chi c'e` dietro l'AIRC? Poche, credo. E ancora meno sanno che il presidente dell'AIRC, Piero Sierra, e`imputato, insieme ad altre dieci persone, nel processo in corso a Milano per la morte di 50 operai della Pirelli dovuta all'esposizione all'amianto (qui). Sierra si legge sul sito dell'AIRC e` stato amministratore delegato del gruppo Pirelli e attualmente siede nei consigli di amministrazione delle principali sedi Pirelli nel mondo (qui).
Sierra al momento e` solo imputato. Le sue responsabilita` dovranno essere dimostrate nel corso del processo. Tuttavia, non si puo` fare a meno di tremare di fronte al fatto che il presidente della piu` grossa associazione italiana per la ricerca sul cancro a cui milioni di italiani affidano i propri soldi e le proprie speranze per quella che credono sia una giusta causa potrebbe essere riconosciuto colpevole della morte per mesotelioma pleurico di lavoratori sotto la sua tutela. Inquieta non poco anche il fatto che a presiedere l'AIRC sia stato chiamato (da chi? come?) un dirigente Pirelli, azienda leader nella produzione di gomme per le macchine, che proprio bene alla salute non fanno. Sono questi intrecci tra chi il cancro lo provoca e chi dovrebbe scoprirne la cura a mettere in evidenza, ancora una volta, come la malattia sia una questione di enorme rilevanza economica, sociale e politica. Istituzioni come l'AIRC, per come sono strutturate e gestite adesso, sono parte del problema e non della soluzione. Sarebbe ora di riappropriarsene, cominciando a fare domande e pretendendo delle risposte.

domenica 8 dicembre 2013

Sandy Kugelman






Morire a 51 anni di cancro al seno, dopo 13 anni di malattia. Lasciare 3 figli, ancora adolescenti.
Se n'e` andata Sandy Kugelman, una delle componenti del gruppo di supporto per donne con cancro al seno metastatico del documentario Pink Ribbons Inc. Sandy era quella con la collana di perle, seduta sul divano, le braccia aggrappate alle ginocchia e un sorriso bello come il sole.

"Ho scoperto di avere il cancro al seno nel 2001, ero stadio 2" - racconta Sandy nel film - "Ho fatto tutto cio` che bisognava fare e pensavo di averlo 'sconfitto', come si dice di solito. E poi, nel 2004, e` arrivata la nuova diagnosi. Ero stadio 4, che vuol dire che la malattia si e` diffusa ad altre parti, fuori dal seno, che sei in metastasi. L'unica cosa che sapevo sullo stadio 4 e` che e` lo stadio dopo il quale si muore. Non c'e` uno stadio 5. [...] Il messaggio [dominante] e` che se ci provi davvero, se ti impegni, se rimani forte, puoi sconfiggere il cancro. Il problema con questo tipo di messaggio e` che la gente muore e allora si pensa 'Ah, ma forse non si e` impegnata abbastanza'. E` un messaggio sbagliato. E` sbagliatissimo. E mi rendo conto che e` difficile da accettare questa situazione, nella quale ci vuole speranza ed energia per affrontare terapie molto difficili e, allo stesso tempo, essere consapevoli che le terapie possono non funzionare. Non bisogna negarlo. E non e` un fallimento, non lo e` affatto. [...] Le persone che partecipano alle corse per la cura lo fanno in buona fede, ma per noi il mese di ottobre e` molto frustantre, perche` e` come se stessero usando la nostra malattia per fare profitti e questo non va bene"

Sandy amava le collane di perle e le galline. Aveva tantissimi amici, reali e virtuali, con cui comunicava attraverso il suo profilo Facebook. In una nota condivisa a fine settembre e ripresa qualche giorno dopo da un giornale di Austin (qui), la cittadina texana dove viveva, Sandy scriveva:

"Cari tutti,

ho notato che molta gente usa l'espressione "viaggio con il cancro" ultimamente e vorrei dire che il cancro non e` PER NIENTE un viaggio. I viaggi sono volontari e connotano qualcosa di positivo. Cesti di delizie a casa della nonna? Un'avventura in posti lontani? Il cancro non e` questo. Mi dispiace di rovinarvi l'estro, ma questo non e` vero per me e sono sempre stata onesta con voi. Il cancro al quarto stadio non e` un viaggio. Forse altri tipi di cancro lo sono, non lo so. Solo, non chiamatelo viaggio quando qualcuno ci sta dentro. Non e` una situazione allegra ed e` carica di tutta la tristezza e il dolore che si possa provare. Altro che viaggio.

Oggi ho fatto la TAC a torace, addome e pelvi. Siamo preoccupati per la mia digestione, per la febbre costante e per quella che sembra essere ascite. Abbiamo scoperto che c'e` stata una progressione significativa della malattia in tutta la zona. I polmoni stanno peggio, il fegato sta peggio e ci sono masse tumorali in tutta la cavita` peritoneale.

Quindi abbiamo delle risposte. La mia febbre costante e` causata dal cancro. I problemi di digestione sono dovuti al poco spazio, quindi il mio organismo deve sforzarsi molto per mangiare un pochino.

Il piano: continuare col Doxil. In passato e` stato molto efficace e speriamo che faccia il miracolo anche questa volta. Tra sei settimane rifaremo i controlli e se la malattia e` andata ancora avanti passeremo a una combinazione diversa di farmaci (Carboplatino e Taxolo per chi e` pratico).

Questi gli aggiornamenti di oggi. Stranamente mi sono sentita un po` meglio in questi ultimi due giorni. Vai a capire. Mi ricordo quando il nostro cane Hector stava morendo e saltellava in giro felice e mia madre disse: "Guardalo! E` contento perche` nessuno gli ha detto che ha il cancro!"
AHHHHAHAHA! QUANTO E` VERO!!!

Continuate con le vostre preghiere, karma, pensieri, woo woo, jew jew, amore, ecc. per favore.

Vi voglio tanto bene.
Sandy"

domenica 1 dicembre 2013

Demistifichiamo il cancro al seno - Condividi la tua storia

Le storie di persone le cui vite sono state toccate dal cancro al seno non mancano cosi` come le richieste da parte dei media di raccoglierle. L'immagine edificante di chi combatte il cancro con coraggio e ottimismo e` comunemente indicata come esempio soprattutto dai mezzi di informazione e dalle associazioni. Ma dove sono le altre storie? Le contro-storie? Le storie che riflettono come le differenze di genere, 'razza', etnicita`, sessualita`, eta`, classe sociale, nazione o tipo di cancro informino di se` in maniera diffferente l'esperienza di malattia?

Grazia De Michele e Cinzia Greco, partners del Breast Cancer Consortium (qui), sono curatrici di un numero speciale della newsletter dell'organizzazione il cui scopo e` dare voce alle storie che abitualmente non vengono fatte rientrare nella narrazione dominante sul cancro al seno. Grazia e Cinzia sono particolarmente interessate a storie che sfatano miti, rompono agli stereotipi e svelino l'impatto delle dinamiche sociali sull'esperienza del cancro al seno. Storie di cancro al seno maschile sono benvenute. 

Se volete condividere le vostre storie, inviate una proposta (non piu` di 500 parole) all'indirizzo demystifyingcancer@gmail.com entro il 21 Dicembre 2013.



Desmitificando el cáncer de mama - comparte tu historia

Los relatos de personas cuyas vidas han sido tocadas por el cáncer de mama son abundantes, y con ellos los esfuerzos por parte de los medios de comunicación para contarlos. La imágen inspiradora de pacientes valientes y optimistas es usada comúnmente por los medios y asociaciones de pacientes. Pero qué sucede con las otras historias? Las contrahistorias? Las historias que reflejan cómo diferencias de género, raza, etnicidad, sexualidad, edad, clase social, nación o tipo de cáncer esculpen las experiencias individuales del cáncer de mama?

Las componentes del Breast Cancer Consortium (aqui) Grazia De Michele y Cinzia Greco están editando un número especial del boletín del BCC enfocado a todas aquéllas historias normalmente ausentes en la narrativa general del cáncer de mama. Están especialmente interesadas en relatos que rompan mitos, resistan estereotipos, e iluminen cómo las dinámicas sociales impactan la experiencia del cáncer de mama. Narraciones acerca del cáncer de mama masculino son bienvenidas.

Si te gustaría compartir tu historia, envía una propuesta escrita (500 palabras) a demistifyingcancer@gmail.com. Fecha límite: 21 Diciembre 2013.

venerdì 15 novembre 2013

16 Novembre a Napoli - Ora e sempre Resistenza





A chi taccia i napoletani o piu` in generale i campani o i meridionali di immobilismo consiglio la visione di questo film, Le Quattro Giornate di Napoli. Racconta un pezzo della storia d'Italia e d'Europa che si e` voluto cancellare o comunque privare dell'importanza che invece merita. Anche attraverso la negazione della partecipazione alla Resistenza degli abitanti di Napoli e del Mezzogiorno o il riduzionismo di cui e` stata fatta oggetto, e` passata l'idea che i "meridionali" siano privi di coscienza civile e politica, pronti solo a chinare il dorso a ricchi e potenti per un piatto di lenticchie. Tutto questo e` falso. Ce lo insegna la storia, ma anche il presente. Il presente e` un Sud che resiste, ancora una volta. Un Sud martoriato che non ci sta, che non ha nessuna intenzione di fare finta di niente. Vorrei poter essere a Napoli domani, 16 novembre, e sentire l'afflato del movimento contro il biocidio. Vorrei essere li`, per poter dire, ancora una volta "Ora e sempre Resistenza".

venerdì 8 novembre 2013

Una pattumiera chiamata Sud

Le dichiarazioni del pentito di camorra Carmine Schiavone, rese nel 1997 alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul Ciclo dei Rifiuti, le ho lette domenica scorsa (leggile qui). Dalla prima all'ultima pagina, senza staccare gli occhi dallo schermo. E` stata una discesa agli inferi, culminata con una crisi di pianto. Per la prima volta, da quando ho scoperto di avere il cancro 3 anni fa, mi sono ritrovata a pensare che non c'e` scampo, ne` per noi, ne` per le generazioni future.
Vivo all'estero e non posso dire con certezza che i media italiani non abbiano dedicato alla vicenda la copertura che meritava. Tuttavia, ho chiesto a piu` di una persona e spulciato i giornali online. La sensazione che ne ho tratto e` stata quella dell'insabbiamento. Sul sito di Repubblica, ad esempio, la desecretazione delle dichiarazioni di Schiavone, non hai mai raggiunto nemmeno la quarta posizione. Non mi sorprende. La notizia (qui) che il proprietario del gruppo L'Espresso, Carlo De Benedetti, e` indagato,  insieme a Corrado Passera, per 20 morti causate dall'amianto alla Olivetti, e` stata relegata tra i fatti di cronaca dell'edizione torinese.
"La vicenda e` iniziata nel 1988" - spiega Schiavone al presidente della Commissione Massimo Scalia, fondatore di Legambiente - "all'epoca mi trovavo a Otranto e vennero da me l'avvocato Pino Borsa e Pasquale Pirolo, i quali mi fecero una proposta relativa allo scarico di fusti tossici e quant'altro. Poiche` mi ero interessato dei rilevati della superstrada in costruzione, nonche` del gruppo Italstrade e di altre societa` come la Ferlaino e la CABIB, che all'epoca stavano operando ai Regi Lagni, dissi che vi erano 240 ettari di terreno scavati alla profondita` di circa 15-20 metri ed assicurai che avrei parlato con tutti, anche perche` facevo parte del reparto amministrativo del clan, non di quello militare. Andai allora a Casal di Prinicipe, dove c'erano Mario Iovine e mio cugino; parlammo tutti e tre del fatto che avevo ricevuto una proposta relativa allo scarico di fusti e casse che venivano da fuori. Mi si rispose che sarebbe stato un buon business per far entrare nelle casse del clan soldi da investire, ma il paese sarebbe stato avvelenato, perche` i rifiuti avrebbero inquinato le falde acquifere: infatti, molti degli scavi gia` realizzati erano limitrofi alle stesse falde acquifere".
Il racconto di Schiavone assume toni da film dell'orrore: il pentito parla di fanghi nucleari provenienti dalla Germania e smaltiti nelle discariche, di materiali tossici smaltiti illegalmente da fabbriche di Arezzo ma anche di Massa Carrara, Genova, La Spezia, Milano. Si trattava di "rifiuti di lavorazione di tutte le specie". A partire dal 1990 il traffico ha cominciato ad essere gestito dal clan dei Casalesi, secondo Schiavone (arrestato poi nel 1992) il quale tuttavia precisa: "[...] quel traffico veniva gia` effettuato e gli abitanti del paese rischiano tutti di morire di cancro entro 20 anni; non credo, infatti, che si salveranno gli abitanti di paesi come Casapenna, Casal di Principe, Castel Volturno e cosi` via avranno forse venti anni di vita!". Un traffico di proporzioni enormi: "Qui si parla di milioni [di tonnellate di rifiuti], non di migliaia.  [...] Si tratta di milioni e milioni di tonnellate. Io penso che per bonificare la zona ci vorrebbero tutti i soldi dello Stato di un anno."
Fin qui Schiavone si riferisce alla zona di sua "competenza", comprendente le province di Benevento e Caserta e delimitata a Nord dalla provincia di Latina inclusa e a est dal Molise, anch'esso incluso. Il racconto,tuttavia, prosegue. Si scopre allora che in Sicilia si faceva lo stesso, cosi` come in Salento e nelle provincie di Bari e Foggia. "Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso: non e` che li rifiutassero i soldi. Che poteva importargli a loro se la gente moriva o non moriva. L'essenziale era il business. So per esperienza che, fino al 1992, la zona del sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa e non solo dall'Italia". Tutto con l'accordo e la collaborazione  delle amministrazioni locali, ovviamente: "Noi 'facevamo' i sindaci [...] di qualunque colore fossero". Incalzato dal Presidente, Schiavone fa i nomi di esponenti politici di rilievo.
Sono passati sedici anni da quando Schiavone ha reso quelle dichiarazioni. Sedici lunghi anni, nel corso dei quali niente e` stato fatto per impedire che l'avvelenamento sistematico delle popolazioni del Sud Italia venisse fermato. Sedici anni, durante i quali, le dichiarazioni di Schiavone sono state tenute nascoste. La giornalista, Laura Eduati, ne ha chiesto le ragioni allo stesso Massimo Scalia il quale si e` difeso (qui) sostenendo che c'erano, all'epoca, indagini in corso da parte della magistratura e scaricando le responsabilita` sui cittadini, colpevoli ai suoi occhi, di essersi svegliati solo adesso. E` un vecchio ritornello razzista, quello dell'immobilismo e dell'indifferenza degli abitanti del Sud Italia. Scalia non e` affatto originale in questo. E il suo, alla fine, e` un razzismo vecchio stampo. Maggiore attenzione meriterebbe, invece, il fenomeno del razzismo ambientale cui questa storia terrificante ci mette di fronte. Il Sud e` stato trasformato in una gigantesca pattumiera, carica di rifiuti provenienti dal Nord dell'Europa, compreso il Nord dell'Italia. Come la Somalia, ex colonia italiana, anch'essa destinataria di residui industriali che ne stanno distruggendo l'ecosistema. Una vicenda che la giornalista Ilaria Alpi aveva scoperto e avrebbe portato alla luce se non le avessero chiuso la bocca a colpi di kalashnikov il 20 marzo del 1994. Aveva 33 anni, Ilaria. La stessa eta` che ho io adesso e, sinceramente, non mi sento piu` viva di lei. 

venerdì 1 novembre 2013

Anniversari

Odio novembre. E` il mese della paura, dell'orrore, della realta` che si rifa` incubo. Novembre e` il mese della diagnosi. Il 17 novembre di tre anni fa. Quel giorno maledetto, crudele in cui la parola cancro e` esplosa nella mia vita. Non che non fosse nell'aria. I sospetti erano cominciati una quindicina di giorni prima con la scoperta del linfonodo ingrossato sotto l'ascella. Poi il nodulino nel seno, trovato con l'autopalpazione. Poi il medico di base, l'ospedale, la senologa, le infermiere, gli aghi aspirati, la biopsia, quei sette lunghissimi giorni di attesa. Sarebbe meglio dire notti. La notte e` scesa sopra di me. Una notte scura, interminabile. Una notte senz'alba. Perche` sentirsi dire che si, e` cancro, non e` l'alba ma l'inizio di una nuova notte.
Sono passati tre anni. Oggi il tempo fa schifo. Sono in casa con la luce accesa nonostante sia giorno. Fa freddo. Sembra tutto come allora. Sono davanti al computer, comincio a toccarmi l'ascella destra e sento una minuscola pallina. E` un attimo. Il freddo mi entra nello stomaco, i brividi lungo il collo. Allarme. Allarme. Allarme. Il tempo di deglutire e la pallina non si sente piu`. Continuo a cercarla. A tratti mi sembra di risentirla. Ma forse e` un muscoletto. No, non ha nemmeno la forma di una pallina. Dov'e`? Sotto l'ascella? Forse sotto le mie mani e soprattutto nella mia memoria.
Secondo uno studio pubblicato nel 2004 (qui) una delle cause scatenanti della paura e del senso di insicurezza nelle donne che hanno avuto un cancro al seno, anche a distanza di anni, e` l'anniversario della diagnosi. Altre sono i dolori dovuti agli effetti secondari delle terapie che fanno pensare alle metastasi, venire a sapere che qualche altra persona ha il cancro, i controlli annuali. La cosa significativa emersa dallo studio e` che la paura e il senso di insicurezza non sono dipendenti dal tempo trascorso dalla diagnosi. A distanza di nove anni, molte donne che hanno preso parte allo studio, continuavano ad avere paura. I trigger principali sono nuovi dolori o sintomi fisici. Tra questi, il linfedema che puo` manifestarsi anche dopo anni dall'intervento di linfoadenectomia e la cui comparsa improvvisa, quando si pensa di averlo ormai scansato, causa in molte donne vero e proprio panico, perche` viene scambiato come un segno di ripresa di malattia.
Che fare? Gli autori dello studio raccomandano a medici e operatori sanitari di monitorare la situazione psicologica delle pazienti anche a distanza di anni e di fornire tutte le informazioni sugli effetti secondari dei trattamenti, inclusi quelli a lungo termine, in modo che, qualora si manifestassero, possano essere identificati come tali. Va benissimo. Non riesco a non pensare, tuttavia, che il cancro e` un incubo constantemente presente nella mente di chi lo vive e anche per questo va fermato prima che cominci. Perche` sopravvivere a lungo non basta. Non con una spada di Damocle sulla testa.

lunedì 28 ottobre 2013

Taranto nelle fotografie di Benedetta Polignone







Benedetta Polignone e` una mia vecchia compagna di liceo. Una ragazza - oggi una donna - schiva ma molto sveglia. Ci siamo ritrovate dopo anni via Facebook. Benedetta posta spesso delle belle foto, che scatta lei stessa. Me ne sono capitate diverse sotto gli occhi. Ricordo quella del venditore di aquiloni. Una spiaggia deserta, sabbia, mare e un uomo, un "vu cumpra`", con una sporta piena di aquiloni sulle spalle e uno che si dispiega sopra di lui, alleggerendone la solitudine. Un bianco e nero di poesia.
Ieri Benedetta ha postato un link, chiedendo di cliccare 'mi piace' all'interno della pagina qualora lo si ritenesse opportuno. Apro il link (qui) e rimango a bocca aperta. Otto scatti. Otto bianco e nero. Ciminiere, essere umani, maschere anti-gas. Una distopia in foto . E` Taranto.
Benedetta mi racconta che circa un mese fa e` stata li` per 24 ore. "Non conoscevo nessuno, ma con la macchina e le maschere ho fermato circa un'ottantina di persone cercando di spiegare cosa facevo e chiedendo la loro collaborazione. Non e` stato affatto facile, la maggior parte mi ha mandata bellamente a quel paese, ma e` una cosa a cui sono abituata. Mesi fa a Cuba mi sono fatta cacciare e ho cercato di intrufolarmi in più di 40 istituti scolastici perchè mi ero fissata che il loro sistema educativo andava documentato...".
Benedetta e` stata al quartiere Tamburi: "Ho camminato per ore e sono entrata a casa di persone che mi hanno parlato del tumore del figlio di pochi anni, delle affezioni respiratorie che colpiscono ormai un amico su due. A casa di una coppia giovanissima con due bambine, la mamma non alzava le tapparelle perchè, secondo lei, cosi non entrava il 'rosso' in casa. Le polveri tossiche hanno quel colore, cosi` che fa il Comune di Taranto? Dipinge l'intero quartiere di rosso! In più tra Tamburi e l'Ilva, che sono a pochi metri di distanza, c'è una 'rete' di separazione che è tipo quelle che vedi negli stadi, cioè solo una persona con grossi problemi cognitivi potrebbe pensare che la funzione di una cosa simile possa essere quella di limitare emissioni aeree. Il problema è che nel vortice di bugie in cui i tarantini sono coinvolti (rilevazioni false ,istituzioni assenti o peggio truffaldine, ecc.) la cosa più assurda è che io tra le vie di Tamburi mi sono sentita dire 'signorì,ma che stai dicendo..magari ci lavoravo io all'Ilva, a quest'ora non stavo mica per strada'. Il ricatto è forte, la gente muore per continuare a mangiare. Non so, è un'argomento davvero paradossale, le foto, qualcuno mi ha detto "sono troppo forti" ma credo che sia un'assurdità di fronte alla quale è difficile tacere."
Si, sono forti le foto di Benedetta. Sono forti e surreali. Come il mondo che raccontano. Un mondo assurdo, velenoso. Un mondo che ci sta togliendo il respiro e la vita. 

venerdì 25 ottobre 2013

Con il cuore a Napoli


In via Carbonara 33 a Napoli, c'e` un palazzo rosso pompeiano con delle meravigliose scale vanvitelliane. All'ultimo piano, uscendo dall'ascensore sulla destra, c'e` un appartamento grande e luminoso, le stanze grandi e i soffitti alti. Dalla cucina, si vede il Vesuvio e il campanile della chiesa del Carmine. In quella casa, tra il 1998 e il 2002, ho abitato insieme ad altre 4 ragazze. Eravamo, come si diceva in gergo, "studentesse fuori sede". Io e Carmela avevamo fatto le superiori insieme. Per tutto l'ultimo anno di liceo avevamo progettato la nostra fuga da Foggia che ci stava un po` stretta.
Sono stati anni belli, di liberta`, amicizia, spensieratezza. Napoli un po` la conoscevo gia`, ma me ne sono innamorata vivendoci, tant'e` che per molto tempo, dopo essere andata via nel 2005, a chi mi chiedesse di dove fossi rispondevo: "sono di Napoli". Perche` il luogo di nascita lo decide il caso. A Napoli, invece, ci sono andata per scelta e per scelta ci ho vissuto per 7 anni. E li` sarei rimasta, se le condizioni dell'Italia e dell'Europa dei nostri anni, me lo avessero consentito.
Domani a Napoli c'e` un corteo. Partira` alle 4 del pomeriggio da Piazza Dante. L'hanno organizzata gli attivisti de La Terra dei Fuochi (qui) che si battono contro il biocidio in atto a Napoli, Caserta e provincia. Domani il mio cuore sara` li` con loro. Mi sono scoperta malata di cancro a 30 anni e mi sono chiesta spesso se un caso come il mio possa rientrare nelle statistiche di quella che si configura ormai come una vera e propria strage. Tante sono le persone che ho incontrato che hanno vissuto la stessa esperienza. E alcune, purtroppo, non sono piu` tra noi. Vorrei poter volare a piazza Dante domani, per me e per loro. Per Napoli e chi ci abita e, nonostante tutto, resiste.

lunedì 21 ottobre 2013

Se il problema sono i fondi pubblici

E` da fine settembre che penso se scrivere o meno questo post. Sono stanca di smontare le campagne di pinkwashing, altrimenti note come campagne per la sensibilizzazione sul cancro al seno. Sono stanca dei nastri rosa, dei consigli per gli acquisti, dei prodotti sospetti venduti con la scusa di aiutare "la causa". E` un dialogo tra sordi e capita pure che qualcuno se la prenda con te perche` sei troppo puntigliosa o "negativa". E allora ti chiedi chi te la fa fare. Oggi, pero`, per la prima volta ho avuto l'impressione che da parte di uno dei miei interlocutori si sia aperto uno spiraglio. E` forse solo un'illusione? Non lo so. Intanto, vi racconto.

Quando a fine settembre ho visto che la Fondazione Veronesi stava per lanciare la campagna Pink is Good (qui) ho sentito salire lo sconforto. In passato, la Fondazione non aveva partecipato al circo rosa che si abbatte su di noi ogni ottobre, almeno non che io ricordi. La sua campagna, la campagna Nastro Oro (qui), per la raccolta di fondi da destinarsi alla ricerca si svolgeva, e si e` svolta anche quest'anno, a marzo. Non che non vi fosse nulla da eccepire. Lo sponsor e` L'Oreal, casa di cosmetici e shampoo che, come la stragrande maggioranza di quelli sul mercato, contengono sostanze a cui e` preferibile applicare il principio di precauzione, come suggerito dal Silent Spring Institute (qui). Anche la scelta di testimonial famose (quest'anno la supermodella Bianca Balti) lascia a desiderare. Mi sembrava, pero`, quello della Fondazione un tentativo, sia pure maldestro, di smarcarsi e darsi un'aria di maggiore serieta`. Immaginate quando mi sono imbattuta nel sito che annunciava il lancio della campagna Pink is Good. Non voglio nemmeno scendere in dettagli. Non e` necessario, soprattutto per chi segue questo blog piu` o meno assiduamente.

Nonostante la riluttanza a scrivere un post specifico, non sono riuscita a resistere alla tentazione di esprimere critiche sulla pagina Facebook di Pink is Good, finche` non sono stata bannata. Non e` la prima volta che mi capita. Komen Italia ha fatto la stessa cosa. Fondazione Veronesi non e` Komen, pero`. Allora ho chiesto lumi. Via Twitter. E qualcosa di importante, forse, e` stato detto. Leggete qui sotto


"Se non ci sono fondi pubblici per la ricerca, come pensa la si possa finanziare?"
Dunque, il problema e` questo? Il taglio dei fondi alla ricerca? E perche` non denunciarlo allora? Quale migliore occasione che ottobre rosa per lanciare non una campagna pubblicitaria come Pink is Good, ma una campagna di protesta contro le politiche scellerate che stanno ammazzando la ricerca in tutti i settori nel nostro paese? Sarebbe mancato il sostegno? Certamente no. Sarebbe stata, anzi, un'occasione per stabilire una "connessione sentimentale" con i destinatari principali della ricerca sul cancro al seno, le persone che vivono la malattia sulla propria pelle e quelle che temono di svilupparla, le loro famiglie, i loro amici. E invece si e` scelta la strada che e` sembrata piu` facile ma che e` purtroppo la piu` dannosa. Perche` ottobre rosa non risolve e non risolvera` mai, neanche in minima parte, il problema del cancro al seno. Ottobre rosa non e` la soluzione, e` parte integrante del problema. Il cancro al seno non e` solo una questione medica, e` una serissima e gravosa questione politica, sociale ed economica. E quanto oggi dichiarato dalla Fondazione Veronesi via Twitter ne e` la prova.
Noi siamo pronte. Siamo pronte a metterci al fianco delle ricercatrici e dei ricercatori e dare battaglia a chi la ricerca la uccide e cosi` facendo uccide anche noi. Ma abbiamo bisogno di sapere esattamente come stanno le cose. Il sostegno non si fara` aspettare.

sabato 19 ottobre 2013

Io mi metto un nastrino rosa


- Tu cosa fai contro il cancro al seno?
- Non voto partiti che tagliano la sanita`. E tu?
- Io mi metto un nastrino rosa

giovedì 17 ottobre 2013

Nemmeno col vibratore



Chi l’ha detto che Susan G. Komen for the Cure ci vuole tutte casalinghe disperate in preda a una crisi di nervi? La compagnia...ops scusate, l’associazione, ha a cuore il bene delle donne in tutti i sensi. Non solo quando si tratta di profumi, balocchi e Mocio Vileda. Mamma Susan G. Komen vuole anche farci godere. Si, godere. Per questo motivo, negli Stati Uniti, e` stata stipulata una convenzione tra Susan G. Komen for the Cure e il sex shop online Eve’s Garden, grazie alla quale per tutto il mese di ottobre chi fara` acquisti sul sito, inserendo il codice SUSAN, avra` diritto al 10% di sconto e un altro 10% sara` donato a Komen. Cosa si puo` acquistare di bello da Eve’s Garden? Per esempio, un superfichissimo e potentissimo vibatore rosa, Decadent Indulgence 1, o, per chi preferisce un colore piu` tenue, c’e` il modello Kangaroo. Dell Williams, proprietaria di Eve’s Garden, ha avuto lei stessa il cancro al seno – si legge sul sito – e sa quanto sia importante il lavoro di Susan G. Komen.
Ora, cara Dell, e` possibile che tu abbia avuto un carcinoma in situ – che adesso non dovrebbe nemmeno piu` chiamarsi carcinoma – e te la sia cavata col solo intervento chirurgico. Se cosi` non e`, se hai fatto un po` di chemio o di ormonoterapia dovresti sapere che non bastano sette vibratori per ottenere un qualche risultato. Siamo castrate! L’orgasmo e` solo un ricordo. E che dire della secchezza vaginale causata dalle terapie? No, dico, il tamoxifene ci riduce la figa peggio di una zucchina disidratata che quando ti siedi senti sembra che l’appoggi su un tappeto di spilli. Come ti viene in mente che possiamo infilare un vibratore nella parte? E mica solo il vibratore...

Siamo alle solite. Si fanno pubblicita` col cancro al seno senza nemmeno fare lo sforzo di immaginare quanto la vendita soprattutto di certi prodotti possa essere offensiva per chi vive con la malattia. E non per il vibratore, figuriamoci, ma perche` a noi il piacere e` chimicamente precluso e nemmeno Decadent Indulgence 1 o Kangaroo possono farci nulla.

sabato 12 ottobre 2013

Troppo vicino a casa

Il Silent Spring Institute (qui) e` un istituto di ricerca con sede a Newton, Massachusetts, non lontano da Boston. E` stato fondato nel 1993 da un gruppo di donne, gia` membre della Massachusetts Breast Cancer Coalition (qui), preoccupate dall'elevato tasso di incidenza del cancro al seno nella loro regione. Decisero cosi` che era arrivato il momento di investigarne le cause. Il nome che scelsero per l'Istituto, Silent Spring, riprendeva il titolo del capolavoro di Rachel Carson, Silent Spring (Primavera Silenziosa in italiano), che per primo, negli anni '60, aveva mostrato quanto ingenti fossero i danni causati dai pesticidi all'ambiente, agli animali e agli uomini. Un libro divenuto bestseller, non solo per il suo indiscusso valore scientifico, ma anche per le doti di scrittrice della Carson, morta per un cancro al seno nel 1964. Del Silent Spring Institute fanno parte oggi scienziate che svolgono attivita` di ricerca sulle cause ambientali del cancro al seno e su come prevenirlo, ma prevenirlo davvero, fermare l'epidemia. Sono persone serie e sanno distinguere tra prevenzione e diagnosi precoce.
Questo ottobre, il Silent Spring Institute ha lanciato una nuova iniziativa con tanto di sito web: Too Close to Home (qui), troppo vicino a casa. Si tratta ovviamente delle sostanze cancerogene che portiamo quotidianamente in casa nostra senza nemmeno rendercene conto sotto forma di prodotti di vario tipo. Il sito offre sia una descrizione dei prodotti in cui queste sostanze sono contenute sia consigli su come ridurre l'esposizione. La scelta del mese non e` casuale. Ottobre rosa maledetto, in cui di tutto si parla tranne che delle cause del cancro al seno.
Tra i prodotti incriminati ve ne sono di insospettabili. E` il caso, ad esempio, delle tende per la doccia che contengono spesso grosse quantita` di ftalati che agiscono da interferenti endrocini. Il consiglio e` di utilizzare tende della doccia di nylon. Le stesse sostanze sono presenti anche in molte carte da parati e parquet sintetici. E che dire delle lattine? Contengono bisfenolo A, altro potentissimo interferente endocrino, che assumiamo insieme ai cibi che le lattine contengono. Il consiglio e` quindi di limitare al massimo il consumo di cibi e bevande in lattina, scegliendo invece prodotti freschi e surgelati. Altra cosa da evitare come la peste e` mettere acqua o liquidi bollente nelle bottiglie di plastica, soprattutto quelle con impresso il numero "7" dentro un triangolo sul fondo.
Attenzione anche ai prodotti che non contengono gli ftalati piu` noti e lo segnalano in bella vista sull'etichetta, ma ne contengono altri meno conosciuti ma non per questo meno pericolosi. "Siate scettiche", suggerisce il Silent Spring Institue, e "adottate il principio di precauzione": evitate i prodotti che contengono sostanze anche solo sospettate di contenere sostanze cancerogene e mutagene e fate cosi` in modo che l'industria si assuma l'onere di provare che i propri prodotti siano sicuri. Better safe than sorry. Meglio sicure che col cancro.

venerdì 4 ottobre 2013

La storia di Margherita

Una mattina di ottobre, una come tante. Sto ancora dormendo. Sono le dieci, ma ancora non mi sveglio. Ho passato la nottata a sventolarmi per le vampate di calore, nonostante l’estate sia ormai finita. E` il tamoxifene che fa quest’effetto. Tutte le sere, dopo cena, il fuoco mi sale dai piedi fino alla cima dei capelli e il sudore cola. Dormire e` impossibile. Verso le 3 di solito comincia ad andare meglio e finalmente crollo.
Squilla il cellulare. Non lo spegno mai. E` Margherita, amica carissima dal tempo che fu.
“Ti ho svegliata? Scusami, no, e` che non potevo chiamare che te”.
Margherita ha il fiatone e la voce tesissima.
“Non preoccuparti. Che succede? Mi fai spaventare...”
“Ho una pallina, stamattina stavo facendo la doccia e ho sentito una pallina nel seno”
“Oh cazzo...”
“Ho paura”
“No, scusa, scusa, lo sai che queste situazioni all’inizio mi mandano in palla. Ascolta, stai calma. Sara` un fibroadenoma o un po` di gonfiore dovuto al ciclo. Ti passo a prendere e andiamo insieme dal tuo medico curante, cosi` ti fai prescrivere una bella visita senologica e ti metti tranquilla.”
“Si, pero`, fai presto, me la faccio sotto dalla paura”
“Tranquilla, vedrai che non e` niente”
Mi catapulto fuori dal letto, una sciacquata veloce ai denti e via. L’autobus mi porta fino a casa di Margherita. Lei e` fuori al portone che cammina avanti e indietro.
“Ti stavo aspettando. In casa mi sentivo soffocare”
La abbraccio forte. Lei piange
“Oh, Marghe, non e` niente. Senti, e` vero, abbiamo tutte e due 33 anni e io ho avuto il cancro al seno, ma questo non vuol dire che devi avercelo per forza anche tu”.
Faccio appena in tempo a finire la frase che ci passa davanti strombazzando una Peugeot tutta rosa. Margherita si volta di scatto, mi chiede che diavolo e`.



“E` una delle 200 macchine che la Peugeot ha regalato alla Lega Italiana per la Lotta ai Tumori per il mese della prevenzione del cancro al seno”
“200 macchine? E a che scopo?”
“Beh, per pubblicizzare le inziative di questo mese dedicate al cancro al seno”
Margherita strabuzza gli occhi. “Ma le macchine inquinano. Che fai? Previeni il cancro al seno e provochi quello ai polmoni?”
“Si, e` una storia lunga. Andiamo, senno` non troviamo piu` il medico”
L’ambulatorio e` pieno da scoppiare. Ci sono vecchietti che si fanno prescrivere carrettate di medicine, la segretaria con le orecchie fumanti perche` ha una stampante che e` un relitto degli anni ’80 e non le funziona. Ci sediamo. Margherita all’inizio non riesce a tenere ferme le gambe, le accavalla e scavalla di continuo, poi comincia a tremare che sembra il terremoto. Dopo la prima ora, sfinita, mi appoggia la testa sulla spalla in segno di resa. Alla fine della seconda e` finalmente il momento di entrare.
“Non e` niente, Margherita. Sei giovane, non hai precedenti in famiglia. Stai tranquilla. Eh, voi donne vi allarmate per nulla”
Il medico ha fatto la sua diagnosi dopo una visita di un microsecondo al seno di Margherita.
“Che non abbia precedenti in famiglia di cancro al seno e sia giovane di per se` non vuol dire nulla. Io mi sono ammalata a 30 anni e in famiglia non c’era e non c’e` un solo caso oltre al mio. Poi Margherita e` chiaramente spaventata. Sarebbe meglio prescriverle una visita senologica in modo che si metta tranquilla”
“E va bene, va bene. Come se io non fossi un medico”
“Si, lei e` un medico, ma non e` un senologo”
“Faccio la ricetta. Buona fortuna”
E` quasi l’una. Il centro unico prenotazioni dell’ospedale e` chiuso. Bisogna aspettare il giorno dopo. Margherita passa il resto della giornata con me. Un po` piange e un po` ride, un po` ripensa perplessa alla Peugeot rosa. L’indomani andiamo al CUP di buon’ora. Ho passato la notte in bianco come al solito, causa vampate, ma il pensiero dell’angoscia della mia amica mi mette in piedi. Davanti a noi solo una ventina di persone. Peccato che funzioni solo uno sportello. Quando il nostro numeretto compare sullo schermo scattiamo all’unisono, ma una sonora batosta ci attende. Prima data disponibile per la visita senologica ottobre 2015. Margherita sbianca e probabilmente si immagina gia` con le mani giunte dentro una bara. Spetta a me chiedere spiegazioni.
“Mi scusi, ma non e` possibile chiedere una visita urgente?”
“L’urgenza la indica il medico curante e quello che ha scritto questa ricetta non l’ha fatto. Purtroppo qua le visite senologiche, le mammografie e le ecografie si prenotano da un anno all’altro. Mi dispiace”
Merda, merda. Margherita e` nel panico. Le scendono due lacrimoni. Qualcuno in attesa comincia a spazientirsi.
“Andiamo, Marghe. Mi sa che dobbiamo rivolgerci a un privato”.
“Ma chi? Dove andiamo? Oh Dio, io voglio sapere che cosa ho nel seno e lo voglio sapere ora, prima che sia tardi”
Usciamo dall’edificio. Respiro, cercando di ragionare.
“Possiamo andare dal mio di senologo. E` un po` caro, ma e` bravo”
“Quanto prende?”
“300 euro a visita”
“Cazzo, e` un sacco!”
“Posso informarmi allora. Andiamo a casa, facciamo una ricerchina su internet...”
“No, no, non fa niente per i soldi, andiamo da lui. E` bravo e la salute non ha prezzo. I soldi li prendo dal gruzzoletto che sto mettendo da parte per il Master”
Margherita e` una giornalista precaria. Lavora, sfruttata e sottopagata, per un grosso giornale. Da qualche mese pero` sta pensando di fare un master all’estero in modo da poter andare via dall’Italia. Sta mettendo i soldi da parte poco alla volta, macinando articoli su articoli ogni giorno finche` non le si cerchiano gli occhi.
Chiamo al volo il super senologo. Appuntamento fissato per il pomeriggio. Non c’e` che da ingannare l’attesa per qualche ora. Margherita e` sollevata, almeno adesso sa che uno specialista si occupera` di lei e le dira` cosa fare per capire di cosa si tratta.
Il dottore mi riconosce. Mi stringe la mano col suo sorriso sornione. Ci sediamo.
“Dottore, facendo la doccia ieri ho sentito una pallina nel seno sinistro. Ho paura, sa i casi sono in aumento anche tra le giovani. Lo dimostra il caso di...”
“Tolga tutto e si accomodi sul lettino”
La visita dura circa 10 minuti. Io sono dall’altro lato del paravento, ma so cosa sta accadendo dall’altra parte. Il senologo tocca il seno, le ascelle, la zona tra la clavicola e il collo. Occasionalmente abbozza un sorriso. La paziente e` stesa coi piedi a martello, trattiene il respiro in attesa del responso, non riesce a guardare il medico negli occhi perche` non vuole incontrare uno sguardo da brutta notizia, fissa il soffitto e prega o si ripete di stare calma, come un mantra, una, due, tre, dieci volte.
“Si, sento anch’io un nodulino. Facciamo un’ecografia e vediamo di cosa si tratta. Mi diceva che non ha familiarita`...”
Nessuno risponde. La stanza sembra tagliata da un ghiaccio perenne. Arriva la dottoressa delle ecografie. Il senologo le lascia il posto e si mette su uno sgabello. Il gel, la sonda, gli occhi di tutti puntati sul monitor. I due medici cominciano a parlare tra loro. Riesco a capirci qualcosa solo perche`, mio malgrado, mi sono fatta una cultura in materia. Margherita sta ferma, non muove un muscolo, ha la faccia del terrore. Cerco di incontrare il suo sguardo per rassicurarla, ma non sposta gli occhi dal monitor.
“E` un fibroadenoma. Lo teniamo sotto controllo, caso mai dovesse aumentare di dimensioni. Ma e` innocuo”
“Come...come un fibroadenoma? Come fa a dirlo solo con un’ecografia?”
“Signorina, sappiamo il nostro mestiere”
Il tono e` perentorio e non ammette repliche. Margherita si riveste. E` in evidente imbarazzo.
“Dottore, non volevo dire che non mi fido di lei...”
“Certo, non si preoccupi. E comunque fossero tutti come lei. Purtroppo la maggior parte delle persone rifiutano la prevenzione, poi quando scoprono di avere il cancro piangono”
Io e Margherita ci guardiamo per un’istante. Ci passano davanti le file interminabili dal medico curante e al CUP, lo sguardo sconsolato dell’impiegato allo sportello che ci dice che bisogna aspettare un anno per una visita senologica, ai 300 euro contati sull’unghia alla segretaria del luminare, che` lui coi soldi non vuole certo sporcarcisi le mani, ma siamo troppo stanche per rispondere. Siamo sfinite. Abbiamo avuto paura, rivissuto traumi, vogliamo solo andarcene a casa e rilassarci.
Salutiamo i medici e ci avviamo per il lungo corridoio che porta all’uscita. La segretaria ci sorride impeccabile.
“Sono 170”
“Eh?”
“Sono 170”
“Abbiamo pagato prima”
“Avete pagato la visita, ma avete fatto anche un’ecografia. Sono altri 170 euro”
E` l’una. Sono in preda alle vampate. La birretta che mi sono scolata per mandare giu` l’amarezza non mi aiuta di certo, ma in fondo ci voleva. Margherita e` rimasta da me anche stanotte. Domani riprendera` la sua vita normale, davanti al pc a sfornare articoli come fossero pizzette ma stasera era ancora troppo agitata per stare da sola. Dorme per fortuna. Io sono su internet come al solito e quella frase pronunciata dal senologo mi rimbomba nella testa, “rifiutano la prevenzione”. La scrivo su google. Un risultato mi si schianta in faccia. E` un articolo della Fondazione Veronesi dal titolo inequivocabile

“Milioni di italiani rifiutano di salvare la propria vita”

C’e` la foto di una ragazza bionda con un sorriso accondiscendente mentre le stanno per pressare una tetta sotto la macchina della mammografia. Sembra piu` piccola di me. Sopra di lei un banner rosa e la scritta Pink Is Good. Rido, ma un poco mi viene da piangere.


martedì 1 ottobre 2013

Pink Quiz - Risposte

Mi dispiace. Nessuna di voi ha risposto correttamente a tutte le domande. Siete cadute tutte sulla prima. Vediamo le risposte corrette:

1. Falso! Il nastro rosa e` stato creato da una donna, Charlotte Haley, le cui madre, sorella e nonna avevano avuto il cancro al seno. Agli inizi degli anni '90, Charlotte aveva confezionato dei nastrini rosa pesca che distribuiva gratuitamente. Il set contenente 5 nastri rosa conteneva una cartolina con su scritto "Il bilancio annuale del National Cancer Institute e` di 1,8 milioni di dollari, solo il 5% e` destinato alla prevenzione. Indossiamo questo nastro perche` i nostri legislatori e l'America si sveglino". La direttrice della rivista Self, venuta a sapere della campagna di Charlotte, la avvicino` chiedendole di utilizzare il nastro per l'edizione speciale del suo giornale riguardante la prevenzione del cancro al seno. Charlotte rifiuto` dicendo che non voleva che il suo nastrino finisse nelle mani delle corporations. A questo punto, Self cambio` la sfumatura del colore del nastro appropriandosene e, nell'autunno del 1992, Estee Lauder distribui` circa un milione di nastri rosa alle casse delle profumerie, senza fare alcun riferimento alla prevenzione o a una migliore allocazione dei fondi.

2. Falso! Chiunque puo` mettere un nastro rosa su un prodotto. Infatti anche le compagnie che vendono prodotti contenenti sostanze cancerogene si servono del nastro rosa per aumentarne le vendite.

3. Vero! Astra Zeneca e` lo sponsor principale del mese per la prevenzione del cancro al seno negli Stati Uniti, paese da cui la campagna e` partita. E` per questo motivo che ad ottobre si parla tanto di mammografia e cura del cancro al seno ma MAI delle sue cause, soprattutto di quelle ambientali.

4. Nessuno! Tutti i prodotti menzionati sono stati associati al nastro rosa. Volete vederla la pistola di Susan G. Komen for the Cure (poi ovviamente hanno smentito)? Eccola. Sta in borsetta!


sabato 28 settembre 2013

Pink Quiz

Oggi giochiamo. Vediamo quanto siete consapevoli dell'importanza della prevenzione del cancro al seno e delle campagne di sensibilizzazione. Rispondete alle domande qui sotto (che le Amazzoni ha copiato paro paro dall'associazione Breast Cancer Action - se andate a vedere le risposte per fare le fighe vi verra` perlomeno un mal di pancia con annesso cagotto). Prossimamente verranno pubblicate le soluzioni e chi avra` risposto bene a piu` domande, ricevera` una sorpresa.



1. Vero o Falso: Il nastro rosa e` stato creato dalla casa di cosmetici Estee Lauder per sensibilizzare le donne sull'importanza della prevenzione del cancro al seno.

2. Vero o Falso: Comprare un prodotto con il nastro rosa garantisce che il denaro verra` devoluto alla causa del cancro al seno.

3. Vero o Falso: Il mese della prevenzione del cancro al seno (ottobre) e` stato istituito dalla casa farmaceutica Astra Zeneca, produttrice del farmaco tamoxifene, utilizzato per trattare la malattia.

4. Quali dei seguenti prodotti non e` MAI stato associato al nastro rosa?  
   
   Armi

   Pollo e patatine fritte

   Spazzoloni per lavare a terra

   Detersivi

   Rossetti

         

giovedì 26 settembre 2013

La donna e` shopping




Due nomi stanno girando in rete a piu` non posso: Laura Boldrini e Guido Barilla. Devo confessare che dal mio eremo albionico non posso che raccogliere notizie frammentate. Non ho ascoltato direttamente le dichiarazioni della Boldrini, ne` quelle di Barilla. Mi pare di aver capito comunque che la prima abbia espresso la sua contrarieta` alla sovrarappresentazione delle donne angeli del focolare e amorevoli servitrice di zuppe nelle pubblicita` e che Barilla abbia risposto che lui negli spot della sua pasta le famiglie omosessuali non ce le metterebbe mai. La vicenda mi ha suggerito qualche riflessione su genere, famiglia e consumi basate su ricerche condotte da quei parassiti che rispondono al nome di scienziati sociali. Anzi, in questo caso, si tratta di scienziatE sociali, quindi peggio.
A partire grosso modo dagli anni '50, qualcuno dice anche da prima, la famiglia diventa l'unita` base del consumo di massa. Quale famiglia? Non la famiglia comunemente chiamata "patriarcale", con padre, madre, quindici figli, nonni, bisnonni, zii e trisavoli, ma la famiglia nucleare con papa`, mamma e un paio di pargoli. In questo modello di famiglia, il papa` non va a zappare o a lavorare in miniera. Tutte le mattine indossa giacca e cravatta e se ne va in ufficio. La mamma sta casa, non a "fare i servizi", come diceva mia nonna (in dialetto) e dice ancora mia madre che alle sue origini contadine ci tiene, ma a "rassettare", a "fare le faccende domestiche". E non indossa certo grembiuloni lerci del sudore della fatica fatta a scopare (ops spazzare), lavare a terra, cucinare, lavare i panni (ops fare il bucato), lavare il cesso (ops il bagno), mettere i punti (ops rammendare) ai calzini del maritino ecc. e non ha certo la pancia appesa per le 15 gravidanze. E` vestita di tutto punto - vestitino con gonna a ruota negli anni '50, pantaloni alla pescatora e camicia negli anni '60 - ha la vita stretta e i seni appuntiti, i capelli messi bene in piega. Stende il bucato felice, prepara pasti appetitosi. Sempre sorridente, e` lei, la donna/mamma, il target a cui le pubblicita` si rivolgono. E non a caso. E` lei che va a fare la spesa, e` lei che sceglie i prodotti da comprare. E` lei, in quanto donna, a sentire la sua posizione nella societa` sempre in bilico e questo la rende in cerca di un'identita`, che la pubblicita` (e la rima e` inevitabile) prontamente le fornisce. Questo non significa che le donne abbiano sempre e solo obbedito al comandamento che le vuole tutte casa e shopping. Anzi. In molti casi, dei prodotti di consumo e dei modelli imposti loro dal marketing, le donne si sono "appropriate" e ne hanno tratto vantaggio. Un caso classico e` quello della lavatrice (qui un libro interessante sul tema).
Come stanno le cose oggi? Non sembra siano cambiate molto. Le donne continuano a essere il target principale del marketing, che, nel frattempo, si e` arricchito di nuove strategie. Un esempio a caso, il marketing sociale. Quello che pubblicizza prodotti legandoli a una "giusta causa". Se consideriamo quanto detto fino ad ora e aggiungiamo quest'ultimo elemento non e` difficile capire perche` proprio "la causa" del cancro al seno sia una trovata pubblicitaria geniale. Prendi una malattia per il cui sviluppo il principale fattore di rischio e` essere donna, e associala a prodotti come spazzoloni (Vileda), cosmetici (Estee Lauder, Avon ecc.), detersivi (Perlana) ecc., colorali tutti di rosa - colore simbolo di femminilita` per volonta` di Evelyne Lauder, la mente da cui tutto e` partito - e il gioco e` fatto. Le donne comprano piu` di prima perche` pensano di stare contribuendo con i loro acquisti a un'impresa filantropica, che in realta` non lo e` affatto perche` le percentuali devolute sono infinitesimali e non aumentano in base all'aumento delle vendite del prodotto, perche` non sono le consumatrici stesse a decidere dove devono finire i loro soldi, ma sono le aziende a scegliere stabilendo partnership con chi pare a loro, perche` spesso vengono sponsorizzati prodotti che contengono sostanze correlate col cancro stesso. Che fare allora? La situazione e` talmente paradossale che, almeno per il momento, non si puo` fare altro che spezzare questa catena folle. Non cadere nell'inganno del nastro rosa, non acquistare prodotti "per la causa" ma chiedere di essere chiamate in causa, facendo domande sullo stato della ricerca sul cancro e su dove sta andando, esprimendo dubbi, perplessita`, paure e incazzamenti. Facendo capire che il giocattolo si e` rotto e che, questa volta, se e come si deve aggiustare lo decidiamo noi.


martedì 24 settembre 2013

#Guerrieri e #Sopravvissute




Brutta giornata per l'Enel. Crollo in borsa? Danni alle infrastutture? No, niente di tutto questo. I guai per l'Enel oggi sono cominciati a causa di una sua campagna pubblicitaria. #Guerrieri, un'iniziativa della multinazionale volta a raccogliere le storie di chi lotta contro la crisi con tanto di bicicletta elettrica in regalo. E sul web si e` scatenata la rivolta. In tantissimi si sono appropriati dell'hashtag rovesciandolo completamente di significato e utilizzandolo per rendere note le storie di chi contro l'Enel combatte per difendere il territorio in cui abita e la propria salute (qui una raccolta). Dal Sud America, al delta del Niger, a Brindisi, a La Spezia l'Enel ha seminato morte e adesso, attraverso una strategia di socialwashing e l'utilizzo della solita, abusata metafora guerresca, vuole farci credere di stare dalla parte delle persone comuni e farsi addirittura strumento di empowerment dando voce a chi "combatte" la crisi. Come se una multinazionale della portata dell'Enel con la crisi non c'entrasse nulla e come se non esistesse un fortissimo movimento transnazionale di protesta contro l'Enel stessa. Come se il 29 giugno, anche in Italia le associazioni e i comitati No al Carbone non avessero preso parte alla mobilitazione su scala planetaria in favore di un nuovo modello energetico che non consumi il pianeta e chi lo abita. E val la pena di sottolineare che in Italia l'iniziativa ha assunto il nome inequivocabile di Stop Enel (qui).
C'ha provato, l'Enel. E gli e` andata male. Malissimo. Come malissimo speriamo che possa andare a tutte le grandi aziende che per tutto il mese di ottobre speculeranno sul cancro al seno con la campagna del nastro rosa, col favore, occorre purtroppo ricordarlo, di fondazioni ed enti dediti alla ricerca. Saranno tante, per esempio, le case produttrici di cosmetici, gli stessi cosmetici che contengono parabeni, petrolati ed altri interferenti endocrini fortemente correlati con il cancro al seno, a lucrare sulla malattia promettendo ben misere donazioni per scopi non meglio precisati e contribuendo alla riproduzione del mito della sopravvissuta. La guerriera che ha scoperto il cancro facendo la mammografia e l'ha affrontato con sorriso di ferro e rossetto. Sarebbe bello riuscire a fargliela, riappropriarsi dello stereotipo che imprigiona tutte noi donne col cancro al seno (e non solo) e farlo diventare una freccia al nostro arco. Non per metterli in ridicolo, ma per dire forte e chiaro che non ci stiamo, che sul cancro al seno non si specula. E che #sopravvissute siamo, ma ai loro trucchi e merletti.

domenica 22 settembre 2013

Alice nel mondo reale






Di cancro al seno parlano spesso le riviste femminili. Quelle con la pubblicita` della crema antirughe e dei cappotti super costosi una pagina si e una no che alla fine non sai mai se sono dei cataloghi o dei giornali veri. Del cancro al seno - anzi del tumore al seno, che` cancro e` una brutta parola - parlano come di una malattia che si puo` prevenire sempre e solo facendo una mammografia all'anno e mantenendosi in linea. I consigli su come affrontarla fioccano e non mancano certo quelli su come ritrovare l'armonia col proprio lui dopo l'intervento. Il proprio lui. Sempre e solo lui, come se il cancro al seno colpisse solo le eterosessuali e le lesbiche no. Ah gia`, ma delle lesbiche non si puo` parlare. In Italia al massimo si parla dell'omosessualita` maschile. Noi donne invece sembriamo tutte irrimediabilmente condannate all'eterosessualita`. Mi ha meravigliata molto, quindi, l'uscita italiana, con la casa editrice Panini, di una graphic novel spagnola il cui personaggio principale, Alice, e` una donna lesbica che si scopre malata di cancro al seno.
La storia di Alice e` basata su quella, reale, di una delle due autrici, Isabel Franc, scrittrice conosciuta anche come Lola Vanguardia. Protagoniste sono Alice ma anche il suo circolo di amiche, ex amanti, fidanzate. Tutte donne. Donne a cui piacciono le donne. Donne che fanno sesso con le donne. E non c'e` traccia di rosa. Sulla copertina, Alice e` raffigurata con indosso una maglia gialla e visibile e` la mancanza del seno sinistro che, dopo la mastectomia, ha deciso di non ricostruire. Una scelta che le costa, prima e dopo. Le donne "normali" hanno due seni e se uno va via perche` malato ricostruirlo fa parte della terapia. Alice invece non ha voglia di sottoporsi a un altro intervento e, dopo averci pensato a lungo, opta per un tatuaggio. Una lucertola polinesiana. Dicono che porti fortuna. Alle donne italiane speriamo che Alice porti una ventata di vita vera, quella in cui al cancro non gliene frega nulla del tuo orientamente sessuale e in questo, ma solo in questo, e` persino meglio di molti di noi.

venerdì 20 settembre 2013

"Cavoli amari" - A cena nella Terra dei Fuochi




"Un'alimentazione sana, ricca di frutta e verdura aiuta a prevenire il cancro". Lo conosciamo bene questo mantra. Lo ripetono in tantissimi, in continuazione. Gente comune ed illustri clinici. Che succede pero` se la frutta e la verdura contengono sostanze che non dovrebbero contenere?
Immaginate un cavolfiore. Lo si puo` cucinare in tanti modi: stufato, con la pasta, al forno con le olive. Immaginate che il cavolo contenga quantita` di zinco, stagno e ferro di molto superiori alla norma. Immaginate che contenga addirittura policlorobifenili, composti altamente tossici meglio conosciuti sotto l'acronimo di PCB. Ci fara` bene mangiare quel cavolfiore? Probabilmente no. E se tutti i cavolfiori e le verdure di un determinato territorio contenessero sostanze simili, cosa succederebbe? Un biocidio, come quello che sta avvenendo in Campania, in particolare nelle province di Caserta e Napoli, nella zona cosiddetta della "Terra dei Fuochi". (qui l'articolo sul caso del campo di cavolfiori)
Parte della mia famiglia vive a Napoli, io stessa vi ho abitato per un lungo periodo. Il cancro per me e` arrivato a 30 anni e, per adesso almeno, sono ancora qua. Per molti parenti e amici non e` stata la stessa cosa. Ho perso il conto delle persone che ho visto morire a Napoli e dintorni, spente dalle forme di tumori piu` aggressive. Cancro ai polmoni in donne non fumatrici, al seno nelle giovanissime, anche piu` giovani di me, al fegato, al pancreas, allo stomaco, all'intestino.
Mi ha fatto malissimo leggere che il Ministro della Salute Lorenzin, in visita nella Terra dei Fuochi, aveva indicato negli "stili di vita" scorretti degli abitanti della zona il motivo dell'aumento spropositato dei casi di cancro (qui il video). Si riferiva sicuramente, il ministro, anche all'alimentazione. Ma se sono gli stessi frutti della terra ad essere avvelenati, come possiamo fare?
"Cavoli amari" e` un'iniziativa promossa dal giornale online Parallelo 41 (qui il comunicato). Esponenti politici e rappresentanti delle istituzioni a livello nazionale e regionale, incluso il ministro Lorenzin, sono stati invitati per il prossimo 2 novembre a degustare i prodotti tipici della Terra dei Fuochi: frutta e verdura provenienti dai campi avvelenati da discariche e roghi. Una bella cena per commemorare i defunti, quelli passati e quelli futuri. Perche` nelle province di Napoli e Caserta si muore e si continuera` a morire, di cancro, mangiando frutta e verdura. 

mercoledì 18 settembre 2013

Rettifica

Mi ha scritto l’avvocato dell’ex ministro Francesco De Lorenzo. Mi spiega, relativamente alla vicenda del sangue infetto, che nei processi istruiti dalle procure di Trento e di Napoli (quest’ultimo ancora in corso, ndr), De Lorenzo non ha mai assunto la veste di indagato e non e` mai stato nemmeno ascoltato come persona informata dei fatti. Le vicende illecite, mi informa l’avvocato, riguardano infatti periodi antecedenti al suo mandato ministeriale.

L’avvocato mi chiede di rettificare quanto scritto su questo blog relativamente al sangue infetto e accolgo la sua richiesta. Dal punto di vista giudiziario, De Lorenzo non e` responsabile di alcunche` per quanto riguarda il sangue infetto. Precisa, inoltre, l’avvocato che il giudizio svoltosi dinanze alla Corte dei Conti riguardava non la sicurezza degli emoderivati, ma l’operato della Commissione Cip Farmaci, organismo che si occupava della revisione del prezzo dei farmaci. La Corte ha ravvisato un danno da discredito alle istituzioni arrecato dalla vicenda “tangentopoli” considerata nel complesso.

mercoledì 11 settembre 2013

Cambiamo il mondo, non lo status di Facebook

Ottobre si avvicina. Lo senti quando cominciano a comparire sui profile dei tuoi contatti Facebook degli status strain. E allora capisci che l’uragano rosa sta per travolgerti e la fiera delle banalita` e` appena iniziata.
Avevano cominciato anni fa col colore del reggiseno e continuato, anche quest’anno, con qualcosa di piu` elaborato ma non certo meno inutile. La mia amica Lola mi ha cortesemente girato il messaggio che sta girando via Facebook, perche` a me non l’hanno mandato. Chissa` perche`...

"belle fanciulle, è arrivato di nuovo il periodo di supportare la campagna per aumentare la consapevolezza di tutti in tema di cancro al seno. Vi ricordate il gioco dell'anno scorso? Consisteva nello scrivere il colore del vostro reggiseno sulla bacheca. L'anno scorso il gioco ha visto una partecipazione tale di persone che siamo state persino citate nei telegiornali e il continuo aggiornarsi degli stati sulle bacheche ha ricordato a tutti perché lo facciamo e ha contribuito ad accrescere la consapevolezza di tutti in questo ambito. Ricordatevi di NON spiegare agli uomini che leggeranno il vostro status che cosa significhi quello che avete scritto... teneteli sulle spine! ^^ Vediamo fin dove arriviamo quest'anno: l'anno scorso quello del reggiseno ha fatto il giro del pianeta!!! Per favore, copiate ed incollate questo messaggio ed inviatelo a tutte le vostre amicHE (per posta). Il giochino di quest'anno consisterà nello scrivere sul vostro stato il mese ed il giorno della vostra nascita nel modo seguente: ogni mese qui sotto elencato equivarrà ad un paese e il vostro giorno di nascita equivarrà al numero di mesi in cui resterete in quel paese. Esempio: se siete nati il 21 di gennaio la frasedovrà essere del tipo "Andrò in Messico per 21 mesi". Qui sotto l'elenco dei mesi e dei loro corrispondenti paesi: Gennaio - Messico Febbraio - Londra Marzo - Miami Aprile - Repubblica Dominicana Maggio - Francia Giugno - St. Petersburgm Luglio - Austria Agosto - Germania Settembre - New York Ottobre - Amsterdam Novembre - Las Vegas Dicembre - Columbia

Consapevolezza? Dovrebbe renderci piu` consapevoli del cancro al seno una cosa del genere? Non siamo gia` consapevoli di cosa e` il cancro al seno quando viviamo le storie di mamme, sorelle, amiche o addirittura la nostra? Personalmente mi hanno reso ‘consapevole’ la morte di una giovane lontana parente che ha lasciato due bambini, quella di una carissima amica di mia sorella che mi ha vista crescere, quella della ex di un tipo con cui uscivo che non aveva nemmeno 25 anni. E` a loro che ho pensato quando che mi sono trovata il linfonodo gonfio e sono corsa dal medico, certo non allo status che avevo scritto per partecipare alla prima versione della “campagna” di cui sopra – quella sul colore del reggiseno – nel 2010 poco prima di scoprire di essere malata io stessa.
E che dire del fatto che bisognerebbe con questi status criptici tenere gli uomini sulle spine? Forse il cancro al seno e` la balla che spari quando vuoi far ingelosire il tizio che piace? “Ciao, no, stasera ho gia` impegno: devo fare una seduta di chemio e dopo me la godo vomitando i succhi gastrici fino a svenire”, gli sussurri con voce da gattina? E perche` poi gli uomini dovrebbero essere esclusi da quella che dovrebbe essere un’iniziativa di sensibilizzazione? A parte che il cancro al seno viene anche a loro, ma ci stanno male anche loro quando la mamma, l’amica, la fidanzata, la moglie, la nonna, si ammala e poi magari schiatta. Personalmente ho una teoria: magari un’iniziativa di questo tipo serve a farci credere che stiamo dando un contributo a una giusta causa scrivendo uno status di Facebook con le chiappe comodamente appoggiate su una sedia o mentre siamo al bar a bere uno spritz. E magari mentre lo scriviamo pensiamo anche alle nostre amiche, madri e sorelle che si sono ammalate e persino a quelle che non ci sono piu`. E ci chiediamo come sarebbe stato bello se il cancro non esistesse piu`. Si, sarebbe bellissimo. E non e` un’utopia. E` una possibilita` concreta. Se vogliamo che si trasformi in realta`, pero`, cambiare lo status di Facebook non basta. Bisogna riempire le strade, cambiare il nostro modo di vivere e produrre, donne e uomini insieme. Ci vuole una rivoluzione, fatta con le menti prima che coi cuori. Ci vuole tempo e ci vuole coraggio, quello di pensare che, si, un altro mondo e` possibile.

domenica 1 settembre 2013

"La battaglia che non abbiamo scelto" in ebook

"La battaglia contro il cancro". Quante volte abbiamo sentito questa espressione? E` una delle piu` comuni quando si parla di cancro. Personalmente, non mi piace. Quella contro il cancro e` una battaglia persa in partenza, per il fatto stesso di essersi beccati una malattia del genere. Inoltre, ingaggiare una battaglia contro qualcuno o qualcosa e` una scelta. Il cancro non lo e` di sicuro.
Il titolo della raccolta di foto di Angelo Merendino sulla malattia di sua moglie Jennifer mi ha colpita immediatamente proprio per il titolo "The Battle We Didn't Choose" - "La battaglia che non abbiamo scelto". Un titolo che eprime benissimo come l'esperienza del cancro la si subisca sempre. Alcuni, e tra questi ci sono sicuramente i Merendino, scelgono pero` di viverla in modo diverso dal comune. Jennifer ha permesso ad Angelo di fotografarla nel corso della malattia, nei momenti piu` tragici ma anche in quelli di gioia, sia pure fugace. Una delle mie foto preferite e` proprio quella di Jennifer al mare che saltella felice in acqua, nonostante le metastasi ossee. Cosi` come mi e` rimasta impressa quella in cui le sue amiche le baciano le guance tutte insieme nei giorni prima della fine.
L'obiettivo dei Merendino era di mostrare ai loro amici cosa fosse davvero vivere con il cancro (qui il video in cui Angelo spiega com'e` nato il progetto). Si erano resi conto che per chi non c'era passato era, comprensibilmente, difficile capire. Non solo perche` si tratta di qualcosa che bisogna sentirsi addosso per poterne cogliere l'enormita`, ma anche perche` il discorso pubblico sulla malattia, e in particolare sul cancro al seno, non aiuta affatto a comprendere di cosa si tratti realmente. Basti pensare alla marginalizzazione dei pazienti in metastasi. Jennifer era una di loro e ha voluto condividere con i suoi amici prima e poi, grazie alla straordinaria forza di Angelo, ha potuto far conoscere il suo coraggio ma anche la sua debolezza e il suo dolore al mondo intero.
Si, perche` Angelo, dopo la morte di Jennifer, con le sue foto ha fatto il giro del mondo. E` stato anche in Italia l'anno scorso, ospite del Festival della Fotografia Sociale di Perugia. I giornali gli hanno dedicato articoli (qui e qui e qui) e persino la copertina del rinomato Zeit Magazine.
Oggi, 1 settembre, anniversario del loro matrimonio, le foto di Jennifer e Angelo sono uscite in ebook. Potete acquistarlo direttamente dal loro sito. Costa poco piu` di 11 euro, e` disponibile in italiano e contiene, oltre alle foto, contributi audio e video. Il 50% del ricavato delle vendite sara` devoluto all'associazione The Love We Share - L'amore che condividiamo, che Angelo ha fondato in memoria di Jennifer e che offrira` supporto finanziario ai malati di cancro che ne abbiano bisogno.
Amore. Non e` un caso che Angelo abbia voluto includere questa parola nel nome che ha dato all'associazione. La storia sua e di Jennifer, infatti, riguarda il cancro, la morte ma soprattutto l'amore. L'amore di due persone che si sono trovate e hanno condiviso il bene e il male, la gioia e il dolore, anche quello piu` profondo. L'amore che non li ha divisi nemmeno quando Jennifer ha smesso di essere presente fisicamente. I suoi occhi intensissimi continuano infatti a parlare attraverso le foto scattate da Angelo e ci ricordano, scatto dopo scatto, quanto e` importante amare la vita, tutta, fino all'ultimo istante.

giovedì 29 agosto 2013

Intermezzo - Morire di ricerca

Ho letto una cosa che mi ha fatto rabbrividire oggi. Non solo perche` si tratta di una cosa terribile di per se`, ma perche` mi ha ricordato tanto la mia storia.
Mi sono ammalata, o meglio ho scoperto di esserlo, mentre stavo per finire il dottorato di ricerca. Le terapie si sono trascinate per un anno e mezzo e quella ormonale e` ancora in corso, ma sono riuscita a completare il dottorato e sto persino cercando di riprendere la carriera accademica. Tra qualche mese saranno passati 3 anni e posso sperare di esserci ancora. Per Emanuele Patane` il destino e` stato molto piu` infame. Destino per modo di dire.
Emanuele era laureato in Farmacia, faceva il dottorato quando gli hanno trovato un cancro al polmone. Era luglio del 2002. A fine 2003 e` morto. Non senza puntare il dito contro chi l'ha ucciso, pero`. Poco prima di morire, Emanuele ha scritto un memoriale in cui spiega le ragioni della malattia sua e di quelle di altri colleghi e persone che a vario titolo frequentavano l'edificio 2 della Facolta` di Farmacia dell'Universita` di Catania:

"Durante il corso di dottorato mi sono occupato di sintesi chimica in laboratorio mediante l’utilizzo di opportuni reagenti chimici. Ho iniziato a lavorare in laboratorio nell’aprile del 2000. Mi hanno diagnosticato un tumore nel polmone destro nel luglio 2002. Durante il corso di dottorato, trascorrevo generalmente tra le otto e le nove ore al giorno in laboratorio, per tutta l’intera settimana escluso il sabato"

Quello descritto da Emanuele e` uno scenario di guerra. Il laboratorio non e` dotato di un impianto di aspirazione e filtrazione adeguato. L'aria e` infestata da sostanze tossiche, reattivi chimici conservati su mensole e due frigoriferi per uso domestico e arruginiti. L'acetone utilizzato per la pulizia dell'attrezzatura con cui venivano effettuate le operazioni veniva trattato con un macchinario utilizzato anche per la concentrazione di solventi tossici con il risultato che le miscele di questi con l'acetone si sprigionavano dovunque come era facile intuire dall'odore nauseabondo che causavano. Continuate a leggere voi stessi il racconto agghiacciante di Emanuele qui. Il sito e` quello del film Con il fiato sospeso di Costanza Quatriglio che verra` presentato in questi giorni alla Mostra del Cinema di Venezia.

Emanuele non e` stato il solo ad ammalarsi e morire di ricerca. Chissa` quanti altri casi come questo esistono in Italia e nel mondo. Chissa`, Emanuele caro, chissa`....

lunedì 26 agosto 2013

#DeLorenzo - Non e` finita


                                                             Leggi qui la rettifica

L'estate non e` ancora finita, ma e` ora di rimettersi in marcia perche` a non essere ancora finita e` anche, anzi soprattutto, la battaglia sul caso De Lorenzo.
L'ex ministro della Sanita`, nominato in pompa magna vice-presidente della Fondazione Insieme contro il Cancro, si e` dimesso dall'incarico a seguito della nostra lettera di protesta indirizzata al direttore di Quotidiano Sanita` che ha raccolto 500 firme in pochi giorni e all'articolo di Alberto Crepaldi su Il Fatto Quotidiano.
L'iniziativa e` stata dunque un successo. Non solo perche` abbiamo ottenuto le dimissioni di De Lorenzo, ma per alcuni incontri estremamente importanti. Immediato e` stato il sostegno del Comitato Vittime del Sangue Infetto (CVSI), che raccoglie gli emotrasfusi che hanno contratto malattie come AIDS ed epatiti a causa di trasfusioni. Le vittime sono centinaia di migliaia. Molti i talassemici e gli emofiliaci, costretti a sottoporsi a trasfusioni a causa della loro malattia. Non mancano, tuttavia, coloro che si sono giocati l'esistenza con una trasfusione sola, i cosiddetti trasfusi occasionali.
Andrea Spinetti, co-fondatore del Comitato Vittime del Sangue Infetto aveva 25 anni quando ha scoperto di aver contratto, oltre al virus dell'epatite, quello dell'HIV a causa di una trasfusione effettuata quando era ancora un ragazzino. Angelo Magrini, dell'Associazione Politrasfusi Italiani (API), sa che ad ucciderlo, prima o poi, sara` l'epatite. Andrea e Angelo hanno raccontato le loro storie alla trasmissione televisiva I Dieci Comandamenti. Vi consiglio di ascoltare le loro testimonianze (00.33.12 L'Epidemia) e toccare con mano il loro dolore e la loro sete di giustizia. Una giustizia che lo Stato, responsabile o quantomeno complice di quella che si configura come una e propria epidemia, continua a negare a queste persone.
Lo scandalo del sangue infetto non riguarda solo l'Italia. E` uno scandalo internazionale. Le multinazionali farmaceutiche, con la compiacenza di governi e alti funzionari pubblici, nel corso degli anni '70, '80 e '90 hanno venduto sangue e prodotti emoderivati infettati dovunque, in Europa, Stati Uniti, Giappone. In Gran Bretagna, l'associazione Tainted Blood chiede da anni giustizia per le 5000 vittime e le loro famiglie. Altri comitati sono sparsi in altri paesi europei.
E` anche a loro che ci rivolgeremo perche si uniscano alla prossima tappa della nostra battaglia. Francesco De Lorenzo e` stato eletto a giugno presidente della European Cancer Patient Coalition (ECPC), con sede a Bruxelles, che riunisce circa 300 associazioni europee di malati di cancro. Qui la notizia. Gli aderenti a queste associazioni sono a conoscenza del curriculum, tutt'altro che impeccabile, di De Lorenzo? E se non lo sono, non sara` il caso di informarli? E non sara` il caso di comunicare la lieta novella anche alle vittime europee del sangue infetto? Saranno senz'altro felici di venire a sapere che col sangue dei loro compagni di sventura italiani, come ha scritto Alberto Crepaldi nel suo articolo, si fa carriera.