giovedì 27 aprile 2017

Siamo tutte metastatiche - Il die-in



Il 12 aprile 2015 108 donne malate di cancro al seno metastatico si sono sdraiate a terra tenendosi la mano a Philadelphia [qui]. Una di loro ha letto il testo seguente:

"Carissime, siamo qui riunite per dire addio ai 108 Americani che moriranno di cancro al seno metastatico OGGI, e OGNI giorno, perche` non c'e` cura per la nostra malattia. Sono nostr* amic*, madri, figlie, sorelle, e meritano di piu`. Meritano una cura e che la loro memoria sia onorata CHIEDENDOLA, non un giorno, ma ORA. E ora osserviamo un minuto di silenzio per i 108 tra uomini e donne che non sono piu` con noi"

L'autrice di questo "elogio funebre per i 108" e` Beth Caldwell, giovane avvocata di Seattle, ammalatasi di cancro al seno metastatico nel 2014 a soli 37 anni. Beth e` una cosiddetta metastatica de novo. La sua malattia era metastatica sin dall'esordio. E non perche` non aveva "fatto prevenzione", ossia la mammografia - per cui alla sua eta` non c'e` indicazione - o l'autopalpazione. Beth, anzi, la faceva regolarmente e non aveva mai sentito nulla, finche` non ha sentito un nodulo mentre faceva la doccia. Il 6-10% dei casi di cancro al seno negli Stati Uniti si presentano al quarto stadio fin dall'inizio, come Beth ha appreso quando, precipitatasi dal medico e fatti gli esami di rito, ha saputo che il suo cancro era gia` andato alle ossa ed era quindi, come racconta lei stessa, "incurabile" [qui].
A quel die-in - una manifestazione di protesta in cui ci si sdraia facendo finta di essere morti - aveva partecipato anche Jennie Grimes, trentenne anche lei metastatica. Insieme a Beth, Jennie, nei giorni successivi dara` vita a MET UP, organizzazione impegnata sul fronte del cancro al seno metastatico attraverso la disubbidienza civile il cui nome richiama quello di ACT UP, altra organizzazione che si occupa di AIDS utilizzando gli stessi metodi [qui e qui].

Da allora ci sono state altre manifestazioni e altri die in [qui e qui] e sabato 29 aprile ce ne sara` un altro ancora, sempre a Philadelphia. Perche`? Perche` di cancro al seno si continua a morire e non si fa abbastanza per consentire a chi e` al quarto stadio di vivere piu` a lungo e con una buona qualita` di vita. Metastatiche possiamo esserlo tu. Chi ha gia` il cancro al seno e chi non ce l'ha ancora. La sopravvivenza media negli Stati Uniti per chi ha metastasi di cancro al seno e` in media di tre anni. Ogni anno circa 40.000 donne muoiono. In Italia, sono circa 12.000. 1.000 al mese. Non c'e` altro tempo da perdere. Occorre mobilitarsi. Le attiviste di MET UP chiedono sostegno. Come? Se siete troppo lontan* da Philadelphia, scattatevi una foto con in mano un poster che potete stampare dalla loro pagina Facebook [qui] la foto di una persona cara morta di cancro al seno metastatico, possibilmente sdraiatevi a terra con gli occhi chiusi (se non volete o potete, qualsiasi altra posa va benissimo) e postate sui social con il tag @metuporg per Facebook e @METUPorg per Twitter usando l'hashtag #SpeakOutDieIn. E` un gesto semplice, ma importante. E` amore verso le donne di MET UP e verso se` stesse.




lunedì 17 aprile 2017

Basta con gli spot pubblicitari

Pasqua, tempo di sorprese. Quest’anno c’ha pensato Il Fatto Quotidiano a farmene una con un articolo di Angela Gennaro pubblicato il 16 aprile. O almeno così pensavo. Il titolo, sulle prime, aveva infatti aperto il mio cuore alla speranza: “Cancro al seno, parte la ricerca lanciata dalle pazienti: ‘Vogliamo essere protagoniste, è dei nostri corpi che si parla’”.
 Il pensiero è corso subito alle attiviste statunitensi che fanno capo all’organizzazione Breast Cancer Action che, nel corso di 27 anni di attività instancabile, hanno contribuito a portare la voce delle donne a rischio di e affette dal cancro al seno nelle stanze, prima riservate esclusivamente agli addetti ai lavori, della ricerca scientifica sulla malattia. “Ci siamo” – ho pensato – “finalmente qualcosa si muove anche in Italia”.
Il testo dell’articolo e il video allegato hanno purtroppo spento i miei entusiasmi. La proposta delle pazienti del Policlinico Gemelli che fanno capo al gruppo Donne in Movimento riguarda il semplice affiancamento di “trattamenti come l’agopuntura, programmi nutrizionali, la fitoterapia, il qui gong, le tecniche di meditazione” alla classica chemioterapia che, ricordiamolo, oltre agli effetti indesiderati più immediati come la nausea, può provocare sterilità, problemi cardiaci e contribuire all’insorgere di altre neoplasie contro cui non c’è agopuntura che tenga. Per questo motivo occorre indirizzare la ricerca verso la la messa a punto di opzioni terapeutiche nuove, più efficaci e meno tossiche o la composizione del complesso puzzle sulle cause del cancro al seno.
Inoltre, si legge sempre nell’articolo, sull’efficacia delle terapie complementari nell’attenuare gli effetti  collaterali dei farmaci antiblastici esisterebbe una “letteratura scientifica [...] corposa”. A cosa dovrebbe servire dunque l’ulteriore ricerca proposta dalle pazienti? Né la giornalista né gli intervistati sembrano offrire una risposta a questa domanda. Non si può certo definire tale la dichiarazione di Riccardo Masetti, direttore del Centro Integrato di Senologia della Fondazione policlinico universitario Gemelli e presidente di Komen Italia:

“Queste terapie, che non sono in mano alla grande industria farmaceutica, certamente non vengono incoraggiate con eguale attenzione come avviene per i farmaci”.

In realta`, anche le terapie complementari generano un ragguardevole volume di affari e, se una critica alle case farmaceutiche va fatta, non ci sembra certo Masetti la persona più indicata dal momento che la Race for the Cure di Roma (ben pubblicizzata nel video allegato all’articolo), la principale manifestazione organizzata da Komen Italia, di cui Masetti è presidente, annovera tra i suoi partner due case grosse farmaceutiche. 
Ci vuole coerenza per occuparsi di una questione importante come il cancro al seno, oltre che di uscire dalla logica degli spot pubblicitari per le singole aziende ospedaliere per andare alle radici del problema ed elaborare soluzioni che consentano di salvare sempre più vite.