martedì 30 luglio 2013

Non ci fermeremo. Non ci fermeranno

La nostra lettera sul caso De Lorenzo e` stata pubblicata su QuotidianoSanita`. Obiettivo raggiunto, ma molto, moltissimo resta da fare. E sara` fatto. La risposta del direttore, inusuale peraltro visto che le lettere a lui indirizzate vengono pubblicate senza suoi commenti, e` significativa del clima di intimidazione di chi opera nel settore della sanita` nel nostro paese, a qualsiasi titolo. Il direttore ha pubblicato la lettera – avrebbe anche potuto cestinarla, ma non l’ha fatto, e di questo gli siamo grati – ma ha dovuto aggiungere una sorta di disclaimer :

"Gentile Dottoressa penso che Francesco De Lorenzo abbia pagato e stia pagando i suoi debiti con la giustizia. Quello che mi interessa oggi è l’uomo impegnato a tempo pieno, da anni, a fianco dei malati di cancro e grazie al quale l’associazionismo oncologico italiano ha avuto un fortissimo impulso e ampi riconoscimenti nazionali e internazionali, come testimonia la recente nomina (elettiva) di De Lorenzo a presidente dell’European Cancer Patient Coalition".

Il direttore sa bene che De Lorenzo non ha pagato i suoi debiti con la giustizia. Non ha infatti ancora pagato i 5 milioni di euro che deve allo Stato a titolo di risarcimento per il dato di immagine arrecato, eppure in qualita` di presidente e vicepresidente di fondazioni, associazioni, federazioni di associazioni continua a gestire danaro pubblico. E` come se il salumiere a cui dobbiamo un mucchio di soldi, continuasse a farci credito. E, nel caso di De Lorenzo, non si tratta certo di danaro destinato all’acquisto di salumi e formaggi, ma di soldi che dovrebbero essere VIRTUOSAMENTE impiegati a favore di pazienti oncologici. Che credibilita` puo` avere nell’amministrare questi fondi chi in passato e` stato condannato per associazione a delinquere, concussione, corruzione e non ha MAI ammesso le proprie responsabilita`, ma continua a professarsi innocente e vittima lui stesso?

Se vittime ci sono in questa storia, sono, oltre ai pazienti oncologici, le migliaia di persone e le loro famiglie contagiate da Epatite B, AIDS e altro a causa di trasfusioni con sangue infetto (leggi qui la rettifica). Vittima e` lo Stato, e cioe` noi, che ha dovuto pagare cifre spropositate alle case farmaceutiche per l’acquisto di farmaci di cui la De Lorenzo e associati aveva fatto lievitare i prezzi (perche` le case farmaceutiche versavano laute mazzette che finivano a carico nostro). Vittime, pero`, e` una parola che denota passivita`. Noi passivi non siamo e non lo saremo. La raccolta di firme per la lettera e` stata un bellissimo momento di incontro con persone interessate alla questione per puro senso di giustizia o perche` se ne sono occupate per anni.

Bellissimo e` il commento di uno dei firmatari, l’ematologo Eugenio Sinesio:

"l'ho avversato sin dal 1990 per ''certe'' scelte di parte; ho scritto chiare le sue responsabilità ''scientifiche'' quando era ancora ''potente''; ho fatto parte del pool peritale del tribunale di trento sul sangue infetto di (anche) poggioliniana memoria (e ne ho trovate di ''cose''...); ho stigmatizzato la sua scelta (primi anni '90) sui controlli delle ''micotossine'' (potenti cancerogeni alimentari); da poggiolini sono stato denunciato per diffamazione ... e la prima richiesta di archiviazione del p.m. è stata respinta dal g.i.p. augusta iannini, che ha formulato la richiesta di imputazione coatta ... poi dalla stessa (di fronte alle evidenze) archiviata nella seconda udienza perché il fatto non costituiva reato; continuo a sostenere con perizie i danneggiati da emoderivati infetti (lottando ancora contro istituto di sanità + ministero reticenti e scientificamente ''depistanti''); ho ricostruito (nome-per-nome-di-ognuno il danno che la lobby del farmaco (pronuba una ''casta'' parlamentare avvisata del danno di 1,8 miliardi di euro/anno per quasi dieci anni) ha causato col rinvio s_o_l_o i_t_a_l_i_a_n_o dell'ntroduzione dei ''generici/equivalenti’’ in italia; potrei continuare, ma mi è più urgente ed importante scandalizzarmi con tutti voi per l'inaspettata ''rinascita'' (già notata tempo fa) di un protagonista non di secondo piano (il padre forse lo era di più all'ente previdenziale dei medici) di un passato opacissimo che non vorrei ci facesse ri-abituare al ritorno di tante figure opache. abbiamo già dato (e ricevuto), grazie, ora basta”

 E ancora, quello di Andrea Spinetti, fondatore e presidente del Comitato Vittime del Sangue Infetto

"Ringrazio il prot, .Sinesio della sua "onesta' intelettuale"nel ricordare sprazzi di una storia ,quella del Sangue Infetto,la cui epidemia sta producendo in questi giorni ed è frutto di speculazioni sulla pelle di malati che per vile profitto hanno prodotto disperazione e morte.Disperazione e morte senza giustizia giusta,quella che non deve vendicare,ma stabilre verita' e sopratutto restituire DIGNITA' a chi ancora lotta per un giusto riconoscimento e per chi purtroppo è gia morto senza questa giustizia giusta.Sostengo questa iniziativa proprio per questa ricerca di dignita',che non puo' prescindere dal censurare tali riconoscimenti a soggetti che hanno saputo lasciare sulla schiena della collettivita' immani costi sociali,senza per questo essere giudicato.Tra le tante nefandezze di quest'uomo è avvilente constatare che le sue responsabilta' si riducano al finanziamento illecito dei partiti e a tangenti sulla Sanita'".  

Cinzia Vigna e` telegrafica ma incisiva come solo chi sente il dolore vivo mangiargli i pensieri e l’anima sa fare: 

"Per mia mamma. Vittima del cancro da inquinamento". 

Non ci fermeremo. De Lorenzo e` presidente della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) che conta 500 associazioni aderenti. Ciascuna di questa associazioni dovra` spiegare perche` hanno deciso di aderire alla FAVO e se la decisione e` stata sottoposta al vaglio dei loro associati. Il nostro – come ci informa il direttore di Quotidiano Sanita` - e` stato eletto presidente della European Cancer Patient Coalition. Partira` a breve una raccolta di firme per chiedere che la carica venga immediatamente revocata. Inviteremo a parecipare tutte le associazioni europee che si dedicano ai pazienti oncologici e quelle delle vittime del sangue infetto, scandalo non solo italiano ma internazionale. Continuate a firmare la lettera al direttore di Quotidiano Sanita` e sarete aggiornati. 

Non ci fermeremo. Non ci fermeranno. De Lorenzo e` naturalmente benvenuto tra i volontari al servizio di noi malati di cancro. Come soldato semplice, pero`, in anonimato senza galloni, presidenze e vicepresidenze. Di male ne ha gia` fatto abbastanza. Aiutiamolo a passare da quella del bene.

venerdì 26 luglio 2013

Lettera di protesta

No, non si puo` rimanere in silenzio sul caso De Lorenzo. Come preannunciato, ho scritto una lettera che vi prego di firmare e che sara` inviata al direttore di Quotidiano Sanita`.
E` importante essere in tanti. E` importante far sentire la nostra presenza. Qui sotto il link per firmare. Grazie.

http://www.change.org/it/petizioni/al-direttore-di-quotidiano-sanita-la-nostra-lettera-di-protesta?utm_campaign=twitter_link&utm_medium=twitter&utm_source=share_petition

giovedì 25 luglio 2013

Le mani sul cancro




Si e` svolta oggi a Roma la conferenza stampa di inaugurazione di Insieme contro il Cancro, fondazione che, secondo quanto riportato da Quotidiano Sanita`, riunisce per la prima volta in Europa medici e pazienti. Una bella notizia, no?
No, non e` una bella notizia. La Fondazione nasce su iniziativa dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dell'Associazione Italiana Malati di Cancro (AIMaC). Presenti all'inaugurazione il presidente della Fondazione, Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica del Policlinico Regina Elena di Roma, il Ministro della Sanita`, Beatrice Lorenzin, e gli immancabili VIP facenti parte di un non meglio precisato Comitato d'Onore, tra cui Carlo Verdone, Margherita Buy, Mario Orfeo, Giancarlo Abete, Gianni Letta, Antonello Venditti. Tra proclami, grandi promesse, tanto ottimismo e il solito victim blaming - Verdone ad esempio dichiara che "basta veramente poco per ridurre il rischio di essere colpiti da tumori" e di aver conosciuto "tante persone che, purtroppo, hanno trascurato la propria salute, rimandando controlli e verifiche dei problemi" che avrebbero poi "pagato a caro prezzo piu` avanti" - e` stato presentato al pubblico il simpatico opuscolo 'Ciak, va in scena la salute' che promuove la solita mistificante immagine del cancro come malattia che insorge per mera responsabilita` individuale a causa di comportamenti e stili di vita poco corretti.
E` a questo punto che - per continuare con la metafora cinematografica - comincia il film dell'orrore. Al finale dell'articolo, leggo che il vice presidente della Fondazione, oltre che presidente della Federazione Italiana Volontari in Oncologia (FAVO), e` un certo Francesco De Lorenzo. Il nome non mi e` certo nuovo, ma non voglio crederci. Una rapida occhiata al sito di Insieme contro il Cancro e a quello della FAVO confermano il piu` atroce dei sospetti. E` lui, sua Sanita`, Francesco De Lorenzo, condannato al risarcimento di 5 milioni di euro per danno d'immagine allo Stato dopo che la condanna in via definitiva a cinque anni di carcere per associazione a delinquere, corruzione e concussione e` stata annullata niente di meno che dalla Corte Costituzionale. Lui, il sodale di Duilio Poggiolini, ancora sotto processo per lo scandalo del sangue infetto che, nei primi anni Novanta, semino` il panico tra tutti quelli che avevano subito una trasfusione a partire dagli anni '80.
Cosa c'entra De Lorenzo con la FAVO che rappresenta 500 associazioni di volontariato in oncologia e 25000 volontari che, non c'e` dubbio, dedicano il proprio tempo e le proprie energie a beneficio dei malati di cancro? Cosa c'entra De Lorenzo con Insieme contro il Cancro il cui scopo dichiarato e` "promuovere e realizzare la migliore tutela del paziente oncologico"?
De Lorenzo ha avuto il cancro e in seguito a quest'esperienza ha fondato l'AIMaC. Evidentemente il suo spirito imprenditoriale l'ha portato a creare altre realta`. Ora, le forche non sono mai state la mia passione e sono e saro` sempre garantista convinta, ma quest'uomo non e` stato coinvolto in scandali che riguardavano le scommesse al Totocalcio e non e` stato condannato in via definitiva per aver fatto lievitare il prezzo dell'indurente per unghie. De Lorenzo, da Ministro della Sanita`, ha corrotto e si e` fatto corrompere, ha fatto salire a dismisura il prezzo dei farmaci, era quantomeno a conoscenza del fatto che migliaia di persone ricevevano trasfusioni da sangue infetto (leggi qui la rettifica). Non sarebbe almeno dignitoso per lui e rassicurante per noi che stesse alla larga da qualunque cosa riguardi la salute dei cittadini. Anche perche`, badate bene, a lui non basta fare il volontario e portare conforto a chi ha subito, come lui del resto, l'esperienza del cancro. Fare il soldato semplice non fa per lui. Se non ricopre il ruolo di presidente - come nel caso di FAVO e AIMaC - ce lo ritroviamo vice-presidente - di Insieme contro il Cancro.
E` una brutta cosa, davvero. Stasera ho perso davvero fiducia e ce ne vuole. Come possiamo pensare di risolvere i problemi posti da Vittoria Menga nella sua lettera e da noi Amazzoni nel Manifesto sul Cancro al Seno, finche` a capo di organizzazioni importanti e ben foraggiate ci sara` gente del genere? In mano a chi stanno i nostri diritti e la nostra stessa salute? A fantasmi riemersi da pagine oscure della storia d'Italia. A Francesco De Lorenzo.

lunedì 22 luglio 2013

'Lei non deve leggere e non deve pensare' - Lettera di Vittoria Menga al suo ospedale

Ricevo e molto volentieri condivido la lettera di un'amazzone, Vittoria Menga. Quello che racconta Vittoria offre uno spaccato di cio` che molte di noi devono affrontare, in aggiunta alla diagnosi di cancro, e spero possa servire da spunto di riflessione e confronto.

"Invio queste mie considerazioni alla Dirigenza della struttura ospedaliera che mi ha curato, volendo contribuire con la mia esperienza al miglioramento del servizio. Premetto che non appartengo a quella tipologia di pazienti 'rompiscatole', ma ho sempre accettato le decisioni dei medici, cercando di comprendere anche le loro difficoltà organizzative. In riferimento alla mia operazione al seno e alla breve degenza che ne è seguita, devo dire che sono pienamente soddisfatta e la professionalità dei medici e degli infermieri unita ad una grande disponibilità mi hanno fatto sentire a mio agio, fugando le paure che inevitabilmente accompagnano un simile evento. Nonostante il mio braccio sinistro fosse uscito disattivato dall'operazione per lo schiacciamento di due radici nervose, io mi sono sentita circondata da cure e premure ed ho vissuto l'incidente con molta serenità. C'è voluto comunque un mese circa per ritornare alla normalità. Nel passaggio al reparto oncologico per la cura adiuvante tramite chemioterapia, la mia fiducia e serenità erano altrettanto forti, ma il clima relazionale e comunicativo di questo reparto era molto diverso e mi ha creato disagio. Non mi aspettavo di dover incontrare un oncologo diverso ad ogni colloquio. Con il chirurgo il rapporto era stato continuo e credevo che lo sarebbe stato anche con l'oncologo.

Dopo la somministrazione di ogni ciclo di chemio, mi sono ritrovata a casa da sola, con fogli di prescrizioni per superare eventuali disturbi, ma senza la possibilità di chiedere consiglio di fronte ai dubbi che nascono inevitabilmente in queste situazioni. Quando mi sono rivolta al centralino del DayHospital ho dovuto spiegare i disturbi agli infermieri e poi ho ricevuto, dopo molte ore, la telefonata di un dottore, ogni volta diverso, che era disponibile in quel momento, ma che non mi conosceva. Ho capito che il servizio era stato organizzato contando sul fatto che il paziente si possa rivolgere al medico di famiglia o al pronto soccorso, visto che nel fine settimana non ci sono altri presidi. Vorrei rappresentare l'ansia del paziente che vede arrivare il fine settimana e ha paura che i disturbi da chemio si manifestino proprio in quei giorni. Anche durante la settimana la disponibilità del medico di famiglia, a mio parere, non risolve tutto. Infatti ,non a caso, il medico generico non è un oncologo e non deve esserlo. Forse bisognerebbe pensare ad una maggiore continuità nell'assistenza al malato oncologico per non farlo sentire solo negli intervalli tra i cicli di chemioterapia. Ci sono poi anche problemi di comunicazione : quando ho chiesto la consulenza della dietologa per proteggere il mio intestino irritabile, mi sono state prescritte trecapsule di Eskim al giorno. Ho imparato a mie spese e con dieci giorni di forti disturbi che ne bastava una e che tre capsule provocavano incontinenza fecale ed emorroidi. Quando ho riferito la cosa, nessuno ha dimostrato di ascoltare e prendere in considerazione quanto accaduto. Essendo io portatrice di talassemia minor, ho sofferto, per l'abbassamento dell'emoglobina, di debolezza, pressione bassa, affanno. Ho chiesto di integrare le cure col ferro e mi è stato prescritto. Le mie condizionisono migliorate, ma volevo conferma che l'emoglobina fosse risalita : mi è stato detto di no, non potevo conoscere alcuni dati per me importanti del mio emocromo, cioè l'emoglobina, i globuli bianchi e i globuli rossi. Il motivo non l'ho capito, ma mi è stato detto che i valori li conosce il medico e tanto basta. La mia richiesta non nasceva da diffidenza verso i medici, ma da un bisogno di rassicurazione. Allora, quando vedo nelle sale d'aspetto tutti i cartelli colorati che invitano i pazienti a fare danzoterapia, musicoterapia, scrittura creativa, io penso : ma non sarebbe meglio, per risollevare il morale del malato, assicurare l' accesso ai dati che lo riguardano, la disponibilità dello stesso medico e la continuità nella cura ? Invece, qualche volta, mi sono sentita trattata come un bimbo che viene rimproverato dalla mamma perchè, di nascosto, ha messo le mani nella Nutella.Finita la cura in ospedale,mi sono posta il problema della dieta.Per la mia oncologa non ci sono evidenze scientifiche,nemmeno nel progetto DIANA del dott. Berrino,perciò mi ha detto che posso mangiare tutto.Di fronte alla mia sete di informazioni ha risposto con anacronistico oscurantismo: 'Lei non deve leggere e non deve pensare'.

Cordiali saluti,

Vittoria Menga

venerdì 19 luglio 2013

Vendesi ospedale Valdese

I controlli si avvicinano. Devo chiamare l'ospedale dove sono in cura, lo IEO di Milano, per cominciare le prenotazioni. Sono carica d'ansia. Torneranno le notti insonni e i continui palpamenti a caccia di bozzi e linfonodi ingrossati. Sara` dura aspettare. Quando saro` li`, pero`, mi sentiro` protetta, come mi succede sempre appena varco la soglia dell'edificio 2. Quello dove mi aspettava il mio senologo quasi tre anni fa. Quello in cui ho fatto le terapie piu` pesanti, assistita da infermiere che se le incontro ancora ci abbracciamo e sbaciucchiamo. Quello dove mi sono sciolta in lacrime l'ultimo giorno delle terapie perche` non avrei visto piu` ogni 21 giorni la mia oncologa. E` a tutto questo che penso mentre compongo il numero sulla tastiera del telefono. In pochi minuti, la calma faticosamente raggiunta seguendo il filo dei ricordi si fa in mille pezzi, come uno specchio rotto. La voce del centralinista e` dispiaciuta, ma le parole sono inequivocabili: "Non possiamo prendere prenotazioni al momento. L'Istituto potrebbe presto cessare l'attivita`". Sento il terreno mancarmi sotto i piedi, mi gira la testa. Mi siedo, balbetto qualche parola sconnessa. "Potra` rivolgersi ad altri ospedali", continua a spiegare il centralinista costernato. Altri ospedali? E quali? E con quali medici? E le mie amiche infermiere? Chi mi terra` la mano mentre aspetto i risultati degli esami? E` il vuoto e il senso di fine. Come potro` continuare a vivere col cancro rinunciando al patrimonio di fiducia riposta nella struttura dove sono stata accolta quando ho visto la morte in faccia, dove sono stata curata e accudita? Non ce la faro` mai. Sono sola, ho paura.

Lo IEO non sta per chiudere, per fortuna, ma purtroppo l'Ospedale Valdese di Torino, centro di eccellenza per la diagnosi e la cura del cancro al seno, si. Di piu`, sta per essere venduto. Lo riporta La Stampa. Cosa faranno le 3mila donne trattate li` ogni anno e le 70mila in follow up? In quale voragine di solitudine e paura sprofonderanno posso solo immaginarlo. Vorrei poterle stringere tutte. Vorrei poter fermare questa follia.
Il caso del Valdese e` cominciato sul finire dello scorso anno. Ve ne avevo gia` parlato qui. La giunta guidata dal leghista Roberto Cota ha messo in atto un piano di 'riforma' della sanita` in Piemonte, definita "scellerata" - e con tutte le ragioni - da Gabriele Gallone, segretario della sezione piemontese dell'Associazione Nazionale dei Medici Dirigenti (Anaao Assomed), che prosegue: "un'opera di demolizione funzionale perpetrata ai danni delle professionalita` di tutti gli operatori, ma soprattutto ai danni di molti che si sono sentiti abbandonati".
Sono mesi che le donne del Valdese, riunitesi in comitato, danno battaglia per opporsi alla chiusura del loro ospedale. A guidarle la giornalista Carla Diamanti, promotrice dell'iniziativa Nude per il Valdese. Centinaia di persone - uomini e donne - si sono fatte fotografare in segno di protesta ma anche di riappropriazione, attraverso un uso consapevole dei propri corpi, di uno spazio collettivo come e` e deve continuare ad essere un ospedale. Gli scatti si sono trasformati in video e striscioni e hanno destato, come sperato, attenzione e solidarieta`. Per un momento e` persino sembrato che la giunta potesse fare marcia indietro. Oggi la notizia, agghiacciante, della messa in vendita dello stabile e l'accorato appello dell'Anaao Assomed al Presidente della Repubblica.
Una decisione totalmente priva di senso, soprattutto se si considera che la Regione ha appena investito 100mila euro per la ristrutturazione dei locali. Per quale motivo? Chi ne beneficera`? Certo non le donne del Valdese che da mesi non sanno dove andare per fare esami, visite di controllo, che hanno perso fiducia, che si sono viste deprivate di un diritto sacrosanto, il diritto alla salute, ad essere curate e seguite nell'ospedale che hanno scelto. Che, lo so, ne sono certa, non si arrenderanno. Non la daranno vinta ai celoduristi misogini e razzisti che, come vedete, dalle parole sanno passare anche ai fatti.

mercoledì 17 luglio 2013

Si chiama castrazione, ma non si dice

"E poi c'e` la terapia ormonale. Prendera` una pasticca ogni giorno e fara` un'iniezione ogni ventotto. Per cinque anni".
Gennaio 2011. Incontro per la prima volta la mia oncologa. E` passato un mese esatto dall'intervento. Il risultato dell'esame istologico e` pronto. Le terapie complementari sono state decise. A lei spetta il compito, ingrato, di comunicarmi come bisogna procedere. Mi spiega tutto in dettaglio. La chemio, gli effetti collaterali, come funziona l'anticorpo monoclonale. Risponde meticolosamente alle mie domande. Sull'ormonoterapia ci soffermiamo entrambe molto poco. Sono spaventata dalla chemio e dal monoclonale che mi costringeranno ad andare ogni 21 giorni in ospedale per un anno e mezzo. Il resto, soprattutto se si tratta di una siringa e di una pasticca, mi sembra uno scherzo peraltro anche lontano, da cui mi separano ben altri ostacoli.
Si comincia immediatamente con l'iniezione per bloccare il ciclo mestruale e subito compaiono le vampate di calore. Sono in menopausa a trent'anni, ma gli effetti della chemio mi impediscono di rendermene conto. Successivamente viene aggiunta anche la pasticca quotidiana. E aumento di peso, mi si gonfiano le gambe, i capillari si spaccano come niente, non si dorme. Che non mi viene piu` voglia di saltare addosso al mio compagno di cammino non ci faccio caso subito. Quando ti si schianta la morte in faccia, per un bel po` di tempo al sesso non ci pensi piu` o almeno per me e` stato cosi`. Inoltre, tra gli effetti collaterali di cui, nel corso delle visite periodiche, mi aveva parlato l'oncologa e di cui le colleghe di malattia si lamentavano il calo della libido non c'era. Che di una cosa non si parli non significa, tuttavia, che non esista. Nel caso in questione, il calo del desiderio esiste eccome. Il silenzio come si spiega allora? Credo di tratti una forma di autocensura. Siamo donne e il piacere sessuale per noi non e` un diritto, semmai un dovere. E` un dovere procurarlo al maschio, non a se` stesse. La masturbazione femminile continua ad essere un tabu` e anche in coppia (eterosessuale), non e` facilissimo trovare un uomo che si preoccupi di procurare piacere alla partner. Inoltre, nel caso delle donne che hanno avuto il cancro, scatta una sorta di pudico menopeggismo. In sostanza, ci si sente in obbligo di ringraziare almeno tre volte al giorno i medici, la medicina e la Madonna per non aver tirato (ancora) le cuoia e in colpa a segnalare un effetto collaterale cosi` triviale come l'assenza di libido. Non vogliamo parlarne noi e non vogliono soffermarcisi nemmeno i medici. Se si affrontasse il tema, si dovrebbe arrivare a concludere che la terapia ormonale altro non e` che una forma di castrazione. Niente mestruazioni, niente capacita` riproduttiva, niente piacere sessuale. Certo, e` una castrazione reversibile. Finita la terapia, le cose possono tornare come prima. Possono, non e` detto che sia cosi`, soprattutto se ci e` sottoposte alla chemioterapia e si e` in eta` da menopausa naturale. Tuttavia, sempre castrazione rimane e forse alle vampate, ai chili in piu`e ai capillari fragili bisognerebbe aggiungere in maniera esplicita il crollo verticale del desiderio. Perche` il sesso ci dava piacere, anche se donne, e adesso non ce lo da piu`. E nonostante il cancro e la gratitudine reverenziale nei confronti di medici, dei e destino, ci manca.

domenica 14 luglio 2013

Che 'razza' di fumo?

Il fumo. Non quello che esce dalle ciminiere dell'ILVA e dell'ENI e soffoca i tarantini, Taranto e chiunque vi transiti, spesso a morte. Il fumo di sigaretta. E` questa, secondo il commissario staordinario dell'Ilva, Enrico Bondi, la causa dell'aumento dei casi di cancro al polmone nella citta` ionica. Bondi non e` uno qualsiasi. E` stato nominato commissario straordinario dell'ILVA dall'attuale governo ed e`, contemporaneamente, amministratore delegato dell'azienda della famiglia Riva. Curioso, eh? Le sue affermazioni suonano dunque particolarmente sinistre. A Taranto si fumava piu` che altrove soprattutto negli anni '70, e` scritto in una relazione tecnica di 44 pagine allegata alla lettera inviata da Bondi al governatore della Puglia, a causa del contrabbando di sigarette e per questa ragione adesso si registrerebbe un numero allarmante di casi di carcinoma polmonare. Questa sarebbe tuttavia solo la sparata piu` grossa. Altre contenute nella relazione metterebbero in discussione dati raccolti per anni e i risultati dello studio SENTIERI.
Solo la scorsa settimana ci era toccato il vaniloquio del ministro della Sanita` Lorenzin che ha attribuito agli stili di vita dei napoletani, l'aumento esponenziale dei casi di cancro nell'area. Siamo al solito victim blaming, il solito sciacallaggio, il solito tentativo di ridurre il cancro a una mera questione individuale, la conseguenza logica di un comportamento errato da parte di singoli o di una comunita` intera.
Sui casi in oggetto, Taranto e Napoli, si allunga anche l'ombra del razzismo. I meridionali sono, nella cultura e nell'immaginario degli italiani, il simbolo dell'arretratezza. Una caratteristica che si esprimerebbe anche attraverso la scarsa cura di se` e della propria salute. Facile dunque fare leva sulla rappresentazione razzista che riguarda tutti gli abitanti del Sud e delle isole per giustificare i propri misfatti e le proprie connivenze. A chi, dal Nord al Sud (che` il discorso razzista e` molto pervicace e finisce con l'essere riprodotto anche dai soggetti che ne sono il principale bersaglio), verrebbe in mente di smentire un ministro e un commissario straordinario che puntano il dito contro gli stili di vita poco salutari della teppaglia sudicia? Forse un tempo a nessuno. Le cose, pero`, stanno cambiando. Il biocidio in atto a Napoli, a Caserta, a Taranto ma anche in altre aree del paese, non lo si puo` piu` nascondere. Le vittime sono troppe, molti sono bambini (che si ammalino di cancro in tenera eta` perche` mangiano troppa cioccolata?). Le parole scellerate di questi figuri, loschi, si loschi, offendono e restituiscono la cifra del pericolo che stiamo correndo tutti. Chi si e` gia` ammalato e chi potrebbe esserlo domani.

giovedì 11 luglio 2013

Lo stigma del cancro al polmone

Aveva da poco compiuto cinquant'anni quando e` morta. Ha lasciato un marito e due figli. Aveva un cancro al polmone per cui non c'era molto da fare e lei lo sapeva. Maria non fumava, come chiunque potrebbe pensare nel tentativo di rassicurarsi.
Fumatori e non, siamo tutti sotto scacco. Non per le bionde, ma per l'inquinamento. Lo rivela uno studio uscito su Lancet Oncology. E` il primo studio a dimostrare i legami tra inquinamento, e in particolare le polveri sottili, e cancro al polmone prendendo in esame dati raccolti in 9 diversi paesi europei. Pazzesco. A molti di noi, parenti e amici di chi e` morto di cancro al polmone senza aver mai fumato, sembra la scoperta dell'acqua calda e invece nessuno si era mai preso la briga di studiare la cosa in maniera cosi` approfondita.
Lo studio analizza i dati raccolti nell'ambito del progetto ESCAPE - European Study of Cohorts for Air Pollution Effects di cui fa parte anche l'Italia. Sono stati presi in esame, tra gli altri, i casi di Torino, Roma e Varese che sono risultate le piu` inquinate insieme ad Atene. Attenzione: questo non vuol dire che in queste tre citta` si sia registrato il maggior numero di casi, tuttavia il dato resta inquietante. Un mio amico di Torino si chiede giustamente cosa stia facendo il Comune per limitare l'esposizione dei cittadini alle sostanze tossiche e sta pensando ad una class action. Sarebbe una cosa da fare, se non altro per cominciare a parlare di cancro al polmone in termini di responsabilita` collettiva. Cosa che sembra praticamente impossibile.
Esiste uno stigma molto pervicace che circonda il cancro al polmone e chi ne viene colpito. E` radicatissima la convizione che la malattia sia causata esclusivamente dal fumo di tabacco e che quest'ultimo sia una questione personale. Come se non ci fosse un'industria dietro e come se lo Stato non ci ricavasse dei soldi. Come se il fumo di tabacco fosse la causa e non un semplice fattore di rischio. Come se non ne esistessero di altri di fattori di rischio da cui risulta molto piu` difficile proteggersi. Come se Maria avesse fumato tutta la vita. E invece no. Eppure i suoi occhi cangianti li ha chiusi per sempre.

martedì 2 luglio 2013

Ne` con Balduzzi ne` col pertuzumab



Provo a immaginare la scena. Sono di fronte alla mia oncologa che mi comunica che ho una recidiva non operabile al seno, ma che c'e` un nuovo farmaco, il pertuzumab, che, in combinazione con altri, puo` bloccare di almeno 6 mesi la progressione della malattia. Il farmaco e` disponibile in Italia, ma non e` rimborsabile, almeno per il momento, dal Sistema Sanitario Nazionale. Quanto costa? Circa 3000 euro per somministrazione, da effettuarsi ogni 21 giorni. Che faccio? Dove li trovo tutti questi soldi? Perche` lo Stato mi abbandona proprio in un momento cosi` difficile?
Sembra essere questo lo scenario di fronte a cui potrebbero trovarsi medici e pazienti a causa di un decreto dell'ex ministro Balduzzi che autorizza l'inserimento in fascia C (farmaci a pagamento) dei medicinali non appena ricevono l'approvazione delle autorita` europee competenti e prima che lo Stato e le case farmaceutiche trovino un accordo sul prezzo che verra` rimborsato dal sistema sanitario nazionale. Tra questi farmaci c'e` il pertuzumab, anticorpo monoclonale prodotto in Europa da Roche, indicato per i carcinomi del seno Her2+.
La notizia e` stata riportata da L'Espresso e ha scatenato molto clamore, com'era naturale che fosse. Insomma non si tratta di tirare fuori quattro spiccoli per comprare un'aspirina. Si parla di migliaia di euro per un farmaco utilizzato nel trattamento del cancro. Ci sono tutte le ragioni saltare dalla sedia e gridare allo scandalo. Occorre, tuttavia, rimanere lucidi e analizzare la questione a 360 gradi. Se da una parte, infatti, le responsabilita` di Balduzzi sono conclamate, dall'altra il prezzo del farmaco la dice lunga, caso mai ce ne fosse ancora bisogno, sul giro d'affari che ruota intorno al cancro. Tra l'altro, il pertuzumab per funzionare va sommistrato in associazione a un chemioterapico, il docetaxel, e un altro anticorpo monoclonale, gia` in uso per trattare i carcinomi Her2+, il trastuzumab. In un primo tempo, sembrava che il cocktail potesse solo agire sulla progressione della malattia, bloccandola per sei mesi, mentre piu` di recente la Roche ha reso noto che il farmaco migliorebbe anche la sopravvivenza totale rispetto a chi e` stato trattato solo con chemioterapia e trastuzumab. Uno dei principali effetti collaterali del trastuzumab e` la cardiotossicita` e lo stesso vale per il pertuzumab. Io stessa, durante la somministrazione di trastuzumab, durata un anno intero, dovevo sottopormi a continui controlli cardiologici e fino alla fine dei miei giorni dovro` monitorare il cuore periodicamente, perche` i danni potrebbero manifestarsi anche a distanza di anni dalla sospensione del trattamento. Il problema non e` dunque solo la distruzione della sanita` pubblica da parte del Balduzzi di turno, ma tutto il sistema in cui il fenomeno si sta verificando. Un sistema in cui le case farmaceutiche dettano l'agenda della ricerca sul cancro e l'unica soluzione e` imbottire chi la sviluppa - per cause che non sembrano meritare alcun approfondimento - di farmaci costosissimi che possono provocare danni importanti e che non assicurano nemmeno la guarigione. Insomma, non va bene Balduzzi ma nemmeno il pertuzumab.