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lunedì 6 febbraio 2017

A Gaza i malati di cancro sono in gabbia

"Sono come un uccello in gabbia" ha raccontato Hind Shaheen ad Al Jazeera che oggi (6 febbraio) ha dedicato un lungo articolo [qui] alla situazione dei malati di cancro di Gaza che quotidianamente si vedono negare la possibilita` di uscire dalla Striscia per poter ricevere le cure di cui necessitano.

Gaza e` sottoposta ad embargo da parte di Israele ed Egitto dal 2007. I farmaci scarseggiano e cosi` la strumentazione per effettuare la radioterapia. Sono tante le donne malate di cancro al seno a Gaza che si sottopongono a mastectomia e svuotamento ascellare pur potendo optare per un intervento conservativo a cui dovrebbe, pero`, seguire obbligatoriamente la radioterapia. Un'altra ragione che le costringe all'intervento demolitivo e` che i radioisotopi necessari per la biopsia del linfonodo sentinella (e per la scintigrafia ossea) non possono essere introdotti nella Striscia per motivi di sicurezza, nonostante non se ne conoscano applicazioni potenzialmente pericolose, come denunciato a maggio 2016 sul quotidiano britannico The Guardian chirurga scozzese Philippa Whitford [qui].

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanita` - riporta Al Jazeera - il rilascio dei permessi per uscire da Gaza e` sceso al 44% nel 2016, rispetto all'82% del 2014 e il 93% del 2012.  Awad Aeshan, oncologo presso l'ospedale Al-Shifa racconta: "[I pazienti] non fanno che chiedere il permesso ma le autorita` israeliane rispondono sempre che e` in corso di valutazione. Continuano a valutare per un anno, due anni finche` il paziente non muore. E` un massacro per i nostri malati di cancro. Hanno messo la Striscia di Gaza sotto assedio e non permettono ai nostri pazienti di uscire per curarsi".

Seham Tatari, 52 anni, ha la leucemia linfatica cronica e per tre anni si e` recata nella West Bank per ricevere la chemioterapia. Quando mancavano quattro cicli al termine, si e` vista recapitare un messaggio che le annunciava che le veniva vietata l'uscita da Gaza. Senza una spiegazione. "Il mio cancro si poteva tenere sotto controllo, ma adesso si puo` diffondere. Ho dolori ovunque perche` non sto prendendo medicine; a Gaza non sono disponibili".

I pazienti vengono persino ricattati. Yousef Younis, 19 anni, malato di leucemia, aveva richiesto un permesso per recarsi a Gerusalemme a curarsi. Lo scorso luglio, ricevette una telefonata dai servizi di sicurezza israeliani che gli promettevano il permesso qualora avesse collaborato con loro. Yousef rifiuto`. Il permesso gli venne negato. In pochi mesi, dopo essersi aggravato, e` morto.

Il diritto internazionale umanitario obbliga il governo israeliano ad assicurare alla popolazione palestinese l'accesso alle cure mediche e il funzionamento delle strutture che possano erogarle. Forse pensano che, almeno per il cancro al seno, i cacciambombardieri rosa sfoggiati ad ottobre siano abbastanza [qui]



mercoledì 7 settembre 2016

Metodo Hamer. Perche`?

La morte di due donne - una malata di leucemia, l'altra di cancro al seno - ha riacceso negli ultimi giorni il dibattito sulle terapie per il cancro. Rifiutate le terapie della medicina cosiddetta convenzionale, Alessandra Tosi, 34 anni, e Eleonora Bottaro, 18, avevano scelto il "metodo Hamer". Cerchiamo di fare il punto della situazione.
Hamer, fondatore della Nuova Medicina Germanica, sostiene che le malattie, incluso il cancro, sono causate da conflitti emotivi non risolti. Le terapie si basano dunque sulla risoluzione di questi ultimi. Se ti ammali di cancro, il problema non e` l'esposizione involontaria e prolungata a sostanze cancerogene ma la tua incapacita` di risolvere presunti conflitti interiori. Hamer e coloro che praticano il suo metodo sono insomma dei ciarlatani che operano senza la minima base scientifica, proponendo un approccio individualizzante e colpevolizzante.
Il problema e` cercare di capire perche` tante persone si affidano a cotanti apprendisti stregoni rifiutando chemio, radioterapia e simili quando si scoprono malate di cancro. Tacciarle di ignoranza e credere cosi` di aver spiegato il fenomeno e` non solo miope ma sintomatico dell'ampio distacco tra la medicina ufficiale e i soggetti a cui dovrebbe rivolgersi. Prendiamo i casi di Alessandra ed Eleonora. Vista l'eta`, sarebbe opportuno chiedersi perche` si siano ammalate rispettivamente di cancro al seno e di leucemia. Avete sentito qualcuno dei luminari espressisi in merito porsi questa domanda o offrire una risposta? Alessandra ed Eleonora pero` devono esserselo chiesto, come se lo chiede chiunque si ammali di cancro soprattutto da giovane e probabilmente hanno ritenuto di affidarsi a chi una risposta - per quanto sbagliata e fuori da ogni logica - gliel'ha offerta. Inoltre, la chemioterapia non "cura" il cancro. Abbassa le probabilita` di recidiva e metastasi e il prezzo da pagare e` alto. Nonostante gli sforzi per renderla piu` tollerabile, si tratta di una terapia con grossi effetti collaterali - inclusa l'insorgenza a distanza di anni di nuovi tumori - ed estremamente invalidante la cui efficacia, occorre ribadirlo, non e` garantita. Questo i pazienti lo sanno bene: chi oggi non ha almeno un familiare o un amico morto nonostante la chemio? Eppure si sentono dire troppo spesso che qualche ciclo di chemio li rimettera` a nuovo senz'altro. A questo punto i conti non tornano. La discrepanza tra la propria esperienza personale e le informazioni semplificanti offerte dai medici e amplificate dalla fanfara mediatica che caratterizza tutto cio` che riguarda il cancro genera diffidenza.
E` necessario dunque non solo offrire un'informazione adeguata sulle cause della malattia e sui grossi limiti delle terapie attualmente a disposizione, ma adoperarsi per la riduzione dell'incidenza e la messa a punto di terapie piu` efficaci e meno debilitanti. Finche` questo non avverra`, gli Hamer continueranno a prosperare e coloro che vi si affidano a morire. 

mercoledì 11 maggio 2016

Contro la chiusura della guardia medica

Avevo sentito che il peggio stava per arrivare alla terza chemio. E, inevitabilmente, alla quarta fu impossibile evitarlo. Vomito, no. Quello mi e` stato risparmiato. Ma febbre alta e difficolta` respiratorie. Non potevo parlare e camminare insieme. I primi due giorni la febbre si teneva bassa. Attestatasi poi sui 40, non voleva saperne di scendere. Avevamo fatto i conti senza l'oste io e mamma a pensare che a Pasqua saresti stata a tavola a mangiare la pasta al forno con tutta la famiglia. Dell'ultima chemio, per quanto ultima, pure bisogna smaltire la tossicita`.
E` festa. Chiamo l'ospedale, a Milano. L'oncologo di turno dice i miei globuli bianchi sono troppo bassi. Per questo ho la febbre. Tutte le persone che abitano con me devono indossare una mascherina quando sono nella mia stanza. Gli esterni devono starsene a casa loro. E poi ci vuole un antibiotico per proteggermi. E chi me lo scrive? "Chiamiamo la guardia medica", suggerisce mamma.
Si presentano in due, un uomo e una donna, la sera di sabato santo. Sono giovani. Mi chiedono cosa mi sia successo, cosi` giovane. Mi visitano. Mi dicono di stare tranquilla. Mi prescrivono un antibiotico. Uno che non sia troppo pesante per lo stomaco che non vede roba solida da giorni. "E chiama pure se hai bisogno".
Il governo Renzi ha deciso di chiudere la guardia medica notturna. Chi sta male, dopo la chiusura degli studi dei medici generici aperti dalle 8 alla mezzanotte (questo vuol dire che non saremo piu` seguiti da un medico di nostra scelta come adesso?), puo` andare in pronto soccorso. Lo stesso dove mia madre, un mese fa, con un braccio spezzato, e` stata in fila per 3 ore per poi cambiare ospedale per disperazione. Anche chi sta in chemio deve farsi il giro dei pronto soccorso per una febbre da neutropenia o per un vomito che necessita di un'iniezione di Plasil? Con la faccia verde e le gambe molli deve trascinarsi fino in ospedale per ricevere assistenza, esponendo il proprio sistema immunitario messo a tappeto dalle terapie alla sfida persa in partenza con gli agenti patogeni con cui si viene per forza di cose a contatto in ospedale? Ma cosa hanno Renzi e il Ministro Lorenzin in testa? Fanno le campagne di sensibilizzazione che sembrano pubblicita` di lingerie e poi chiudono la guardia medica? Ci fanno ammalare e poi nemmeno lasciano che si faccia qualcosa, nemmeno per guarirci, per aiutarci? Il nostro sistema sanitario nazionale e` tra i migliori d'Europa. Non lasciamo che lo smantellino sotto i nostri occhi. 

sabato 9 agosto 2014

Ancora su INPS e grazie ricevute

di M. C.

29 luglio. La fine? L'inizio? Solo una settimana prima della fine della mia terapia ho ricevuto il verbale INPS in autotutela: 80%  Legge 104 comma 3 art.3. (qui) Ad oggi non ho ancora presentato la domanda al mio datore di lavoro per usufruire della 104. Lo farò ma, paradossalmente, mi  sento a disagio. Tutto quello che mi è successo, la mia vicenda con l'INPS, la modalità, gli atteggiamenti...Mi sembra, anzi no, non sembra, è cosi ingiusto. Si, ingiusto verso noi stesse, anche verso di me per assurdo, verso le tante tanrissime donne che non sono riuscite ad ottenere quello che spetta loro. Donne che, per motivi diversi,  non hanno potuto o voluto rivendicare un loro diritto spesso ormai negato a priori da commissioni INPS frettolose, sbrigative, incompetenti, incuranti, influenzate da chi sa cosa  e influenzabili da come ti presenti al loro cospetto ( perchè se sei truccata o indossi i tacchi  non hai linfedema e muovi bene il braccio sei molto poco malata ma, di contro, se  sei smunta grigiastra sciatta  impacciata nei movimenti senza  parrucca o foulard , allora ostenti pelata e malattia quindi  vuoi fare la povera vittima bisognosa). Commissioni che molto probabilmente hanno delle "linee guida" ufficiose che fanno si che su 100 domande di invalidità un certo numero deve essere stoppato a prescindere. Poi chi vuole, chi può  e ha la forza di alzare la testa, tra una infusione ed una irradiazione, tra una puntura mensile ed  una compressa giornaliera,  e presentare istanza di autotutela e/o ricorsi vari vedrà forse riconosciuto il diritto a curarsi, ad andare a fare i controlli senza prendere giorni di ferie, se le ha, a stare a casa per leccarsi le ferite cancerotiche.
Ad una settimana dalla fine della chemio, la sensazione di abbandono medicale e terapeutico e di libertà mentale è già finita, è durata molto poco e mi sono chiesta anche io "Perchè?". Non perchè mi è venuto il cancro. Non credo esista una risposta a questa domanda. Piuttosto, mi sono chiesta perchè io, malata come tantissime altre e trattata inizialmente come tutte le altre, ora mi senta a disagio e in pena e non "gioisca" pienamente per il "successo" del mail bombing (qui)? Gioire di che? Avrei fatto volentieri a meno  di dover scrivere una mail simile, modalità malata oncologica  e sfigata pure. Perchè  ho l'amaro in bocca? E non l'effetto della chemio che mi ha alterato il gusto. Perchè?
Pensandoci, mi sono resa conto che  la risposta in realtà me l'hanno data mio marito e mio padre da subitissimo. Prima ancora di sortire il risultato finale positivo, dopo aver scritto la mia storia, entrambi mi dissero "magari non succederà nulla, ma se grazie a queste parole, grazie al blog cazzuto che segui che ti ha stimolato a raccontarti, se succedesse veramente che ti richiamano che fai ricorso e lo vinci, ti sembra giusto nei confronti di chi nella tua stessa situazione non sa o non vuole esporsi e scrivere, chi non ha la forza, la pazienza, l'ostinazione a ribellarsi, incazzarsi e sbattere il muso contro il muro di gomma che spesso le istituzioni  rappresentano?". In sintesi: se ottieni ciò che ti spetta grazie ad un atto, un'azione su base  "personalistica ed individuale", grazie anche ad una assolutamente incosapevole "simpatia" suscitata nei piani alti di un palazzo di potere che legge per conoscenza, piuttosto che su valori oggettivi e riconosciuti da tutti e per tutti sempre, pensi di poter essere poi soddisfatta e di poter essere felice e contenta? Beh, la mia risposta è no, proprio no! Potrà sembrare strano ma è cosi. Il "mio" funzionario INPS salutandomi al telefono mi ha detto: "Continua ad essere sempre furiosa ed incazzata: è l'atteggiamnento giusto". Ricordo che pensai: "Ma possibile questa cosa? Verso cosa devo esserlo? Verso il cancro, che non ho certo voluto ma ospitato per un pò e spero per mai più? Verso la vita, il mondo, l'INPS?". Donne deturpate e private  di quello che è considerato l'attributo femminile per eccellenza che devono sentirsi e/o diventare cazzute, furiose, rabbiose per avere cosa? Commi e articoli di una legge che tutela i malati e percentuali di invalidità che dovrebbero essere un diritto di tutte. E chi è per indole pacifica, riservata e sommessa? Chi non strepita ed è anche più malata che fa? Se una non può permettersi un avvocato o non conosce un patronato che sa gestire per bene queste ingiustizie, che fa? Se non si imbatte  per caso o per forza in un blog furioso e incazzato, cosa fa?
Appena una settimana, solo una settimana dalla fine della chemio, per sempre o per ora, e chi lo sà...Intanto  mi trovo in questa sorta di limbo fino a gennaio prossimo  e per i prosiimi 5 anni. Intimamente, a proposito di staying alive, la prima cosa che ho pensato  è stata " vado a farmi il mondo" (Tony Manero dixit..), ma dopo qualche minuto mi sono detta  "E  tutte le altre? E quelle prossime venture?" Che pena. Perchè?

venerdì 9 maggio 2014

INPS grande sfinge paracula

Di M. C.

Sono un'impiegata precaria. A 44 anni ho scoperto il mio triplo negativo al seno. Con mammografia di routine, nel giro di un mese tra dicembre e gennaio avrò speso quasi 800 euro tra screening senologico risonanza ago aspirato scintigrafia e tac torace. Tutto per sapere, prima dell'inizio dell'anno nuovo, che era un carcinoma infiltrante piccolino, “il nodulino” come lo chiamò la senologa. Operata a gennaio, quadrantectomia  sinistra, linfonodi puliti, esame istologico definitivo rivela che trattasi di un piccolo (1.5cm) triplo negativo G3 per cui non basterà fare solo radioterapia ma bisogna fare anche le chemio. Ho iniziato a febbraio: 4 cicli di rossa e 3 cicli di gialla. Finirò presumibilmente a luglio e contestualmente farò 19 sedute di radioterapia.

Presento la domanda di invalidità civile e handicap a fine febbraio. A fine marzo, prima visita lampo (giusto il tempo di acquisire e verbalizzare le notizie dai vari referti) in commissione medica Inps distrettuale. Dopo un paio di settimane ricevo un verbale provvisorio INPS nel quale mi comunicano che mi è stato attribuito il 100% e art. 3 comma 3 della legge 104. E immediatamente dopo qualche giorno, a mezzo raccomandata ricevo una convocazione per metà aprile per visita medica per definizione pratica  presso il Centro Territoriale INPS a Brindisi. Con la seconda commissione la visita è stata oggettivamente accurata. Hanno visto e controllato tutta la documentazione, i referti. Le dottoresse della commissione molto gelide e impassibili mi hanno fatto domande relative alla chemio e alla radio, mi hanno chiesto se lavoro: "E si, quando mi sento bene vado in ufficio", ho risposto. Hanno verificato la limitazione della spalla e del braccio, il buono stato della ferita e l'assenza di linfedema. Ieri ho saputo che mi hanno attribuito il 60% di invalidità e la non gravità handicap.

La domanda  (una tra tante) è: perche questa differenza tra una commissione ed un'altra? Avere un linfonodo pulito significa che dopo la chemio sarò "guarita" per una commissione si ed un'altra no? Ma io la chemio intanto devo farla per 6 mesi perchè è un carcinoma di quelli stronzi che si può ripresentare. Perchè questa considerazione non è evidente ad entrambe? INPS, grande sfinge paracula... (le linee guida a cui fanno riferimento attualmente sono quelle del  DM 5/2/92 . cod 9323 neoplasie a prognosi favorevole con grave compromissione funzionale  70% di invalidità fisso, ma nel mio caso non si capisce perche è 60%). 

Non ho metastasi in giro (?), non ho gonfiore al braccio anche se non riesco ad alzarlo ed utilizzarlo per bene, la cicatrice è asciutta e pulita (spesi 200 euro tra cerotti e creme), ho perso peli, capelli, un quarto di tetta, il ciclo, la voglia di fare l'amore, ho la nausea 2 settimane su tre, non so più se una cosa è dolce o salata, spesso mi guardo allo specchio e non mi riconosco più per come ero, mutata anche io. Mi rivedo in tante, tantissime incazzate furiose ma impotenti.Certo presenterò istanza di autotutela, procederò con l'ATP. Non sò se servirà fare ricorso visti i tempi delle amministrazioni pubbliche. Mi chiedo se servirà ‘sto sbattimento. Continuerò ad essere una tra tante anonime arrabbiate. E anche, per assurdo, paraculata, presa in giro perchè nonostante io stia vivendo questa esperienza, forse per l'INPS sto ancora troppo bene e non sono abbastanza malata.

giovedì 17 ottobre 2013

Nemmeno col vibratore



Chi l’ha detto che Susan G. Komen for the Cure ci vuole tutte casalinghe disperate in preda a una crisi di nervi? La compagnia...ops scusate, l’associazione, ha a cuore il bene delle donne in tutti i sensi. Non solo quando si tratta di profumi, balocchi e Mocio Vileda. Mamma Susan G. Komen vuole anche farci godere. Si, godere. Per questo motivo, negli Stati Uniti, e` stata stipulata una convenzione tra Susan G. Komen for the Cure e il sex shop online Eve’s Garden, grazie alla quale per tutto il mese di ottobre chi fara` acquisti sul sito, inserendo il codice SUSAN, avra` diritto al 10% di sconto e un altro 10% sara` donato a Komen. Cosa si puo` acquistare di bello da Eve’s Garden? Per esempio, un superfichissimo e potentissimo vibatore rosa, Decadent Indulgence 1, o, per chi preferisce un colore piu` tenue, c’e` il modello Kangaroo. Dell Williams, proprietaria di Eve’s Garden, ha avuto lei stessa il cancro al seno – si legge sul sito – e sa quanto sia importante il lavoro di Susan G. Komen.
Ora, cara Dell, e` possibile che tu abbia avuto un carcinoma in situ – che adesso non dovrebbe nemmeno piu` chiamarsi carcinoma – e te la sia cavata col solo intervento chirurgico. Se cosi` non e`, se hai fatto un po` di chemio o di ormonoterapia dovresti sapere che non bastano sette vibratori per ottenere un qualche risultato. Siamo castrate! L’orgasmo e` solo un ricordo. E che dire della secchezza vaginale causata dalle terapie? No, dico, il tamoxifene ci riduce la figa peggio di una zucchina disidratata che quando ti siedi senti sembra che l’appoggi su un tappeto di spilli. Come ti viene in mente che possiamo infilare un vibratore nella parte? E mica solo il vibratore...

Siamo alle solite. Si fanno pubblicita` col cancro al seno senza nemmeno fare lo sforzo di immaginare quanto la vendita soprattutto di certi prodotti possa essere offensiva per chi vive con la malattia. E non per il vibratore, figuriamoci, ma perche` a noi il piacere e` chimicamente precluso e nemmeno Decadent Indulgence 1 o Kangaroo possono farci nulla.

lunedì 22 luglio 2013

'Lei non deve leggere e non deve pensare' - Lettera di Vittoria Menga al suo ospedale

Ricevo e molto volentieri condivido la lettera di un'amazzone, Vittoria Menga. Quello che racconta Vittoria offre uno spaccato di cio` che molte di noi devono affrontare, in aggiunta alla diagnosi di cancro, e spero possa servire da spunto di riflessione e confronto.

"Invio queste mie considerazioni alla Dirigenza della struttura ospedaliera che mi ha curato, volendo contribuire con la mia esperienza al miglioramento del servizio. Premetto che non appartengo a quella tipologia di pazienti 'rompiscatole', ma ho sempre accettato le decisioni dei medici, cercando di comprendere anche le loro difficoltà organizzative. In riferimento alla mia operazione al seno e alla breve degenza che ne è seguita, devo dire che sono pienamente soddisfatta e la professionalità dei medici e degli infermieri unita ad una grande disponibilità mi hanno fatto sentire a mio agio, fugando le paure che inevitabilmente accompagnano un simile evento. Nonostante il mio braccio sinistro fosse uscito disattivato dall'operazione per lo schiacciamento di due radici nervose, io mi sono sentita circondata da cure e premure ed ho vissuto l'incidente con molta serenità. C'è voluto comunque un mese circa per ritornare alla normalità. Nel passaggio al reparto oncologico per la cura adiuvante tramite chemioterapia, la mia fiducia e serenità erano altrettanto forti, ma il clima relazionale e comunicativo di questo reparto era molto diverso e mi ha creato disagio. Non mi aspettavo di dover incontrare un oncologo diverso ad ogni colloquio. Con il chirurgo il rapporto era stato continuo e credevo che lo sarebbe stato anche con l'oncologo.

Dopo la somministrazione di ogni ciclo di chemio, mi sono ritrovata a casa da sola, con fogli di prescrizioni per superare eventuali disturbi, ma senza la possibilità di chiedere consiglio di fronte ai dubbi che nascono inevitabilmente in queste situazioni. Quando mi sono rivolta al centralino del DayHospital ho dovuto spiegare i disturbi agli infermieri e poi ho ricevuto, dopo molte ore, la telefonata di un dottore, ogni volta diverso, che era disponibile in quel momento, ma che non mi conosceva. Ho capito che il servizio era stato organizzato contando sul fatto che il paziente si possa rivolgere al medico di famiglia o al pronto soccorso, visto che nel fine settimana non ci sono altri presidi. Vorrei rappresentare l'ansia del paziente che vede arrivare il fine settimana e ha paura che i disturbi da chemio si manifestino proprio in quei giorni. Anche durante la settimana la disponibilità del medico di famiglia, a mio parere, non risolve tutto. Infatti ,non a caso, il medico generico non è un oncologo e non deve esserlo. Forse bisognerebbe pensare ad una maggiore continuità nell'assistenza al malato oncologico per non farlo sentire solo negli intervalli tra i cicli di chemioterapia. Ci sono poi anche problemi di comunicazione : quando ho chiesto la consulenza della dietologa per proteggere il mio intestino irritabile, mi sono state prescritte trecapsule di Eskim al giorno. Ho imparato a mie spese e con dieci giorni di forti disturbi che ne bastava una e che tre capsule provocavano incontinenza fecale ed emorroidi. Quando ho riferito la cosa, nessuno ha dimostrato di ascoltare e prendere in considerazione quanto accaduto. Essendo io portatrice di talassemia minor, ho sofferto, per l'abbassamento dell'emoglobina, di debolezza, pressione bassa, affanno. Ho chiesto di integrare le cure col ferro e mi è stato prescritto. Le mie condizionisono migliorate, ma volevo conferma che l'emoglobina fosse risalita : mi è stato detto di no, non potevo conoscere alcuni dati per me importanti del mio emocromo, cioè l'emoglobina, i globuli bianchi e i globuli rossi. Il motivo non l'ho capito, ma mi è stato detto che i valori li conosce il medico e tanto basta. La mia richiesta non nasceva da diffidenza verso i medici, ma da un bisogno di rassicurazione. Allora, quando vedo nelle sale d'aspetto tutti i cartelli colorati che invitano i pazienti a fare danzoterapia, musicoterapia, scrittura creativa, io penso : ma non sarebbe meglio, per risollevare il morale del malato, assicurare l' accesso ai dati che lo riguardano, la disponibilità dello stesso medico e la continuità nella cura ? Invece, qualche volta, mi sono sentita trattata come un bimbo che viene rimproverato dalla mamma perchè, di nascosto, ha messo le mani nella Nutella.Finita la cura in ospedale,mi sono posta il problema della dieta.Per la mia oncologa non ci sono evidenze scientifiche,nemmeno nel progetto DIANA del dott. Berrino,perciò mi ha detto che posso mangiare tutto.Di fronte alla mia sete di informazioni ha risposto con anacronistico oscurantismo: 'Lei non deve leggere e non deve pensare'.

Cordiali saluti,

Vittoria Menga

venerdì 29 marzo 2013

Pasqua 2011

Ricordo bene la Pasqua del 2011. L'avevo attesa a lungo. Doveva segnare la fine della chemioterapia e dei suoi effetti collaterali. L'8 febbraio, la prima pera. Mi avevano comunicato la data mentre stavo per salire sul treno che da Bologna mi riportava in Puglia. Avevo passato una settimana meravigliosa, facendomi scudo con l'affetto dei miei cari amici Carlos e Michela che avevano ospitato me e Jose a casa loro.
"Pensa che a Pasqua sarai a tavola a festeggiare", mi disse subito mia madre. Dovevo fare 4 cicli di chemio rossa, quella forte che ti fa perdere i capelli e ti brucia lo stomaco. Un'infusione ogni 21 giorni. L'ultima cadeva proprio una settimana prima di Pasqua. Non sapevamo nulla della chemioterapia io e mamma. Nessuno nella nostra famiglia l'aveva mai fatta.
Pasqua arrivo`. Il sabato prima era una bella giornata. Avevo da qualche giorno una febbriciattola fastidiosa. Ma c'era aria di festa, il tepore della primavera, una delle mie piu` care amiche in giro. La raggiunsi in centro, aggrappata al braccio di Jose. Stavo zitta. Non potevo parlare e camminare allo stesso tempo. Mi mancava il fiato. Nel tragitto, dall'altra parte della strada, vedo passare la mia insegnante di latino e greco del liceo. Quanto le ho voluto bene e quanto ne voleva lei a me. L'istinto di attraversare e correrle incontro e` forte. Fortunatamente mi fermo. Intravedo la mia faccia nella vetrina di un negozio. Sono pallida come un cencio, il volto scarnito, le ciglia rade, il turbante appoggiato sulla testa. No, non ce la faccio a darle questo dolore. Non voglio che mi veda cosi`. Mi nascondo e intanto continuo a cercare l'aria che mi manca.
Il giorno dopo, la domenica di Pasqua, non riuscivo piu` ad alzarmi dal letto. I miei globuli bianchi e rossi erano al minimo. Avevo la febbre alta e respiravo a fatica. Chiunque entrava nella mia stanza doveva indossare una mascherina. Anche i medici che vennero a visitarmi.
Fu allora che mi resi conto di cosa fosse realmente la chemioterapia e lo scrissi in una mail a una persona che mi chiedeva notizie:

"Lasciarsi avvelenare pur di poter almeno sperare di scampare alla morte e` stata un'esperienza devastante. Sentire che persino l'acqua ti taglia lo stomaco, vedere i capelli cadere e la pelle appassire piega gli spiriti piu` audaci e battaglieri. Un veleno, la chemioterapia non e` nient'altro. Non augurerei di dovervi fare ricorso nemmeno al mio peggior nemico."

Sono passati due anni da allora. Anche quest'anno sono in Puglia, a casa, e aspetto l'arrivo della mia nipotina. Il ricordo di quello che ho vissuto, pero`, non mi ha abbandonata. Il dolore del mio corpo trascinato verso l'estremo confine che separa la vita dalla morte e` sempre vivo e mi ha cambiata per sempre. Il cancro e` questo. Non e` un nastro rosa o una maratona di beneficenza. Non e` un'occasione di miglioramento ne` una provvida sventura. E` una tragedia che consuma corpi, animi e vite. Una tragedia che dobbiamo assolutamente evitare.

Buona Pasqua.

domenica 21 ottobre 2012

E se fosse una questione di culo?

Ci penso da un po`. Anzi, da molto. E se fosse tutta una questione di culo? Si, se la "sopravvivenza" fosse una mera questione di fortuna?
Facciamoci due conti. Le cause del cancro al seno sono sconosciute. O meglio, si sa che tutta una serie di fattori possono combinarsi insieme e provocare il cancro ma il quadro e` ancora piuttosto vago. Sappiamo che un certo tipo di alimentazione puo` favorire l'insorgere della malattia, ma sappiamo anche che ci sono donne che sbafano carne, dolci e farine raffinate per tutta una vita e non si ammalano. Sappiamo che siamo costantemente in contatto con agenti cancerogeni - sono nel cibo che mangiamo, nei detersivi, nei cosmetici, nella plastica, nell'aria - ma, sebbene il numero dei casi sia in aumento, non tutte le donne si ammalano. A questo punto, chi tra di voi sostiene la causa dei geni sara` pronto a dire "ci vuole la predisposizione". Si, ma che vuol dire? Quale predisposizione? Ad oggi si conoscono solo due tipi di mutazioni genetiche, responsabili del 5% dei casi di cancro al seno. E, fra l'altro, avere una mutazione non implica necessariamente che ci si ammalera`.
Insomma la verita` e` che del cancro al seno si sa poco o nulla. Anni e anni di ricerche e non sappiamo ancora perche` caz...ops caspita ci ammaliamo. Non conoscendo le cause della malattia, anche l'efficacia della cura ne risente. E infatti, non si puo` parlare esattamente di cura, semmai di trattamento. La chirurgia, la chemio, la radio, i monoclonali, la terapia ormonale diminuiscono le probabilita` di recidiva, ma non assicurano la guarigione. Un buon 20% delle donne che si ammalano di cancro al seno ci rimette le penne.
E vogliamo parlare della diagnosi precoce? Ci sono donne che hanno scoperto la malattia prima che andasse ai linfonodi, quando il cancro era ancora in situ, che si sono ritrovate, a distanza anche di dieci anni, con delle metastasi e sono morte.
E allora diciamolo in maniera spassionata. Diciamolo noi pazienti, perche` i medici lo dicono solo in camera caritatis: e` questione di culo. Per quello che sappiamo della malattia la momento, pregare la Madonna e tutti i santi di non schiattare fa parte del trattamento. Inutile pensare "l'ho scoperto presto", "sto facendo la terapia giusta", "lo affronto nel modo giusto" come se chi muore invece l'avesse presa per il verso sbagliato. Se vogliamo certezze dovremmo davvero cominciare a chiederle e dire forte e chiaro che l'abbiamo capito: per come stanno le cose adesso, e` una questione di culo.

giovedì 19 luglio 2012

Le amazzoni non mangiano i bambini

La settimana scorsa e` stata ospite a casa mia, insieme ai suoi genitori, una bimba di otto mesi. La mamma e il papa` sono nostri grandi amici, ma vivono in Italia, quindi non abbiamo molte occasioni per vederci. Io avevo conosciuto la piccola durante una delle mie trasferte a Milano. Era venuta a trovarmi con la mamma. Il mio compagno di cammino, invece, ancora non la conosceva. E` stata una bella esperienza averla qui con noi, lasciare che i nostri ritmi venissero scanditi dalla sua presenza e dalle sue esigenze, gattonare e ridere del suo ostinato rifiuto di aprire la bocca quando a darle la pappa ero io.
Qualche giorno prima del suo arrivo, il mio compagno di cammino si e` fatto prestare da un collega una culletta dove la bimba potesse dormire. Vederla, vuota, in attesa di essere riempita, mi ha fatto un certo effetto. I bambini mi piacciono da morire e ne vorrei tanto almeno uno ma...ma ci si e` mezzo di mezzo il cancro al seno.
Era nei nostri progetti: finiamo le nostre tesi di dottorato, troviamo un lavoro, facciamo un bimbo. Eravamo sicuri che sarebbe andata cosi`. Al massimo eravamo un po` preoccupati dalla possibilita` reale di trovare un'occupazione ben retribuita, dati i tempi. Non avevamo mai pensato al cancro, pero`.
Non voglio fare la donna piagnucolosa 'privata' della maternita`. Penso che le donne dovrebbero essere madri quando se e come lo scelgono e considero la decisione di alcune di non avere figli una prova di intelligenza e capacita` critica. Pero`, e` innegabile, a me i bambini piacciono e io un bambino lo volevo. Almeno uno.
E invece ho fatto la chemioterapia, che potrebbe aver distrutto le mie ovaie. Ora sono in menopausa indotta. E soprattutto il mio cancro era molto ghiotto di estrogeni, che in gravidanza vengono prodotti in quantita` industriali. Se dovessi sopravvivere fino alla fine della terapia ormonale, mi chiedo, il simpaticone non potrebbe risvegliarsi mentre c'ho un pupo in pancia? E poi, se anche non si risvegliasse in quel frangente, potrebbe risvegliarsi dopo e affrontare la cosa con un figlio...Non voglio nemmeno pensarci. E se fosse una femmina, figlia di una mamma ammalatasi a 30 di cancro al seno? Bella premessa!
Lo so, adesso direte "ti fai troppe domande" oppure "ringrazia il cielo che sei viva e non ci pensare". E invece no, io ci penso, perche` io il bambino lo volevo e adesso non so se posso averlo e, se potessi averlo, avrei paura. E questo non e` bello. E non e` giusto. E ancora una volta, vedete, come si fa a non pensare che l'unica strada e` fare in modo che di cancro al seno non ci si ammali piu`?

giovedì 12 luglio 2012

Constatazione

Constatazione e` il titolo di una bellissima poesia di Bertolt Brecht che mi ha fatto molta compagnia durante la chemio. Me l'ha fatta conoscere una persona a cui tengo molto. Le sono profondamente grata, per questo e per molto altro. Stasera ho pensato di condividerla nella speranza che possa essere di conforto a chi sta per intraprendere o si trova gia` nel mezzo della chemioterapia.

Quando ritornai
i miei capelli ancora non erano grigi
ed ero contento.

Le fatiche delle montagne sono alle nostre spalle
davanti a noi le fatiche delle pianure.

domenica 3 giugno 2012

Evelyn Lauder nella mia stanza


Basta e` arrivato il momento di smetterla di piangersi addosso e raccontarvi tutta la verita` sul mio incontro ravvicinato col cancro al seno. Fino ad ora non l’ho fatto perche`, insomma, certe fortune una vorrebbe godersele anche un po` da sola in santa pace, senno` poi scatta l’invidia, la gente ti prende a occhio. Pero` oggi e` domenica, giorno del Signore, in Inghilterra la regina ci regala due giorni di vacanza per il suo sessantesimo anniversario di regno e allora mi sono detta che dovevo essere generosa anch’io.Guardate la foto qua sotto



Quella alla vostra destra, con la carnagione olivastra, no, non quella marroncina negra ma non troppo, quella accanto a destra, ecco quella sono io durante la chemio. Eh si. Avevo fatto da poco l’intervento, c’avevo il seno schiacciato e la cicatrice fresca, un po` di linfedema sotto l’ascella, i capelli radi, il colorito cereo, le occhiaie fino al mento e le labbra di un fantasma. Un giorno che, come al solito, stavo a letto a sentire il veleno che si spargeva nel mio corpo, tra brividi e conati di vomito, l’intestino impazzito, la bocca asciutta al sapore di metallo, all’improvviso ho sentito bussare alla finestra. Toc toc. “Dio Santo, mo` c’ho pure le allucinazioni”, mi sono detta. Toc toc. Toc toc. Ho chiamato il mio compagno di cammino: 

“Ma che e` sto rumore? Stanno bussando alla finestra?”. 
“Ma chi vuoi che bussi alla finestra al sesto piano? L’uomo ragno? Vuoi che facciamo l’iniezione per la nausea?”
“Non ho la nausea. Ho detto che sento bussare alla finestra” 
“Dai, prendi il gastroprotettore per l’ulcera”
“Vuoi lo xanax?”, si unisce con prontezza mia madre. 

A questo punto e` la crisi. Perche` non mi credono e vogliono imbottirmi di farmaci? Non ne ho gia` presi forse abbastanza? E poi, cazzo, sto male, peso 40 chili, c’ho quattro peli in testa e non mi sentirei a disagio a un party per soli zombie, ma io ho sentito bussare! Urlo, mi dimeno. 
“E` il cortisone”, mi spiega mio padre. 

L’ultimo acuto li fa scappare tutti. Finalmente. Mi sto per raggomitolare di nuovo sotto alle coperte. Sento che sta per arrivare una nuova ondata di brividi e la testa mi scoppia. All’improvviso, la finestra si spalanca da sola. Una luce fortissima mi investe. La stanza diventa tutta rosa. E lei, Evelyn Lauder, in diretta dall’oltretomba mi si para davanti con una bacchetta magica, rosa ovviamente. Sulle prime non la riconosco. E` lei a presentarsi:

“Sono Evelyn Lauder, la fondatrice di Estee Lauder”
“Ma chi? Quella dei trucchi?”
“Esatto, mia cara. Sai, anche io ho avuto un cancro al seno anni fa. Era un periodo difficile, c’era crisi e le donne non avevano soldi nemmeno per l’indurente per le unghie. Mi ero buttata cosi` a terra che non andavo piu` nemmeno dal parrucchiere. Poi, per fortuna, mi e` venuto il cancro”
“Ma come 'per fortuna'? Sei impazzita?”
“Impazzita? Ma no, bella mia, sei tu che sei una povera scema e non hai capito nulla. Te ne stai li` nel letto a lamentarti per la malattia, per la chemio, per la paura di schiattare. Guarda me invece! Io del cancro al seno ho fatto la mia fortuna”
“E come?”
“Semplice: ho rubato dei nastrini color pesca a una vecchia rincoglionita che li distribuiva all’entrata dei supermercati per attirare l’attenzione della gente sulla malattia, ho cambiato il colore, da pesca insignificante a rosa tanto femminile, ho appiccicato il nastrino sui miei prodotti e ho sparso la voce che avrei dato i ricavati alla ricerca. E la gente c’e` cascata. Chi non ha un’amica, una sorella, una parente col cancro al seno oggi?”
“E quanti soldi hai donato alla ricerca? Che buona che sei!”
“Ah ah ah buona io? Senti questa! Alla ricerca ho dato solo il 20% dei ricavi. Il resto me lo sono messo in saccoccia. C’abbiamo avuto un boom di vendite. Tutti a comprare la roba nostra”
“Ma questa e` una frode”
“Ah ah ah e vallo a dire in giro. A chi pensi che crederanno? A te, con quella faccia da topo con l’epatite o a me, la signora Estee Lauder?”
“Hai ragione. Ridotta cosi` non mi credera` nessuno”
“Oh Dio, adesso ricominci a frignare. Su, oggi mi trovi buona. To`, t’ho portato un bel cofanetto di prodotti, rosa pure lui. Rifatti un po` il trucco”
“Ma io non mi so truccare”
“E per questo t’e` venuto il cancro!”
“Ma scusa, non sono i parabeni che stanno pure nei cosmetici a farlo venire?”
“Se non la finisci ti faccio venire una metastasi”
“Oh Dio, no, Evelyn, ti prego. Mi trucco, faccio tutto quello che vuoi”
“No, di te non c’e` da fidarsi. Mo` chiamo un’amica mia, quella che mi fa da testimonial, un’attrice che il marito c’ha fatto un sacco di corna, Elisabeth Hurley. Ti trucca lei”

Elisabeth e` bellissima, altissima e truccatissima. C’ha due zinne gonfie e sode. Le mie sono moscie perche`, per via del cancro, mi hanno messa in menopausa farmacologica e quella destra e` solcata dai punti e le manca mezzo capezzolo.
“Eli, mi faresti pure le tette come le tue?”, le chiedo timidamente
“Ma certo, tesoro, siamo qui per questo”
“Ma perche` lo fate?”
“Perche` cosi` guadagnamo bei soldi. E comunque non lo facciamo con tutte. Se avessi le metastasi sarebbe diverso”
“In che senso?”
“Nel senso che le metastasi non fanno guadagnare, portano sfiga, fanno paura quindi per noi non esistono”
“Ma ci sono donne che ci convivono per anni…”
“E vabbe`, saranno fattacci loro. In America diciamo ‘business is business’”

Elisabeth continua a pennellare, mi rimette a posto le tette, mi rifa` il manicure. Sorride sempre. All’improvviso, mi sento bellissima anch'io e in forma come ogni donna vorrebbe essere. Pensare che e` stato tutto merito del cancro al seno