Ricevo e molto volentieri condivido la lettera di un'amazzone, Vittoria Menga. Quello che racconta Vittoria offre uno spaccato di cio` che molte di noi devono affrontare, in aggiunta alla diagnosi di cancro, e spero possa servire da spunto di riflessione e confronto.
"Invio queste mie considerazioni alla Dirigenza della struttura ospedaliera che mi ha curato, volendo contribuire con la mia esperienza al miglioramento del servizio. Premetto che non appartengo a quella tipologia di pazienti 'rompiscatole', ma ho sempre accettato le decisioni dei medici, cercando di comprendere anche le loro difficoltà organizzative. In riferimento alla mia operazione al seno e alla breve degenza che ne è seguita, devo dire che sono pienamente soddisfatta e la professionalità dei medici e degli infermieri unita ad una grande disponibilità mi hanno fatto sentire a mio agio, fugando le paure che inevitabilmente accompagnano un simile evento. Nonostante il mio braccio sinistro fosse uscito disattivato dall'operazione per lo schiacciamento di due radici nervose, io mi sono sentita circondata da cure e premure ed ho vissuto l'incidente con molta serenità. C'è voluto comunque un mese circa per ritornare alla normalità. Nel passaggio al reparto oncologico per la cura adiuvante tramite chemioterapia, la mia fiducia e serenità erano altrettanto forti, ma il clima relazionale e comunicativo di questo reparto era molto diverso e mi ha creato disagio. Non mi aspettavo di dover incontrare un oncologo diverso ad ogni colloquio. Con il chirurgo il rapporto era stato continuo e credevo che lo sarebbe stato anche con l'oncologo.
"Invio queste mie considerazioni alla Dirigenza della struttura ospedaliera che mi ha curato, volendo contribuire con la mia esperienza al miglioramento del servizio. Premetto che non appartengo a quella tipologia di pazienti 'rompiscatole', ma ho sempre accettato le decisioni dei medici, cercando di comprendere anche le loro difficoltà organizzative. In riferimento alla mia operazione al seno e alla breve degenza che ne è seguita, devo dire che sono pienamente soddisfatta e la professionalità dei medici e degli infermieri unita ad una grande disponibilità mi hanno fatto sentire a mio agio, fugando le paure che inevitabilmente accompagnano un simile evento. Nonostante il mio braccio sinistro fosse uscito disattivato dall'operazione per lo schiacciamento di due radici nervose, io mi sono sentita circondata da cure e premure ed ho vissuto l'incidente con molta serenità. C'è voluto comunque un mese circa per ritornare alla normalità. Nel passaggio al reparto oncologico per la cura adiuvante tramite chemioterapia, la mia fiducia e serenità erano altrettanto forti, ma il clima relazionale e comunicativo di questo reparto era molto diverso e mi ha creato disagio. Non mi aspettavo di dover incontrare un oncologo diverso ad ogni colloquio. Con il chirurgo il rapporto era stato continuo e credevo che lo sarebbe stato anche con l'oncologo.
Dopo la somministrazione di ogni ciclo di chemio, mi sono ritrovata a casa da sola, con fogli di prescrizioni per superare eventuali disturbi, ma senza la possibilità di chiedere consiglio di fronte ai dubbi che nascono inevitabilmente in queste situazioni. Quando mi sono rivolta al centralino del DayHospital ho dovuto spiegare i disturbi agli infermieri e poi ho ricevuto, dopo molte ore, la telefonata di un dottore, ogni volta diverso, che era disponibile in quel momento, ma che non mi conosceva. Ho capito che il servizio era stato organizzato contando sul fatto che il paziente si possa rivolgere al medico di famiglia o al pronto soccorso, visto che nel fine settimana non ci sono altri presidi. Vorrei rappresentare l'ansia del paziente che vede arrivare il fine settimana e ha paura che i disturbi da chemio si manifestino proprio in quei giorni. Anche durante la settimana la disponibilità del medico di famiglia, a mio parere, non risolve tutto. Infatti ,non a caso, il medico generico non è un oncologo e non deve esserlo. Forse bisognerebbe pensare ad una maggiore continuità nell'assistenza al malato oncologico per non farlo sentire solo negli intervalli tra i cicli di chemioterapia. Ci sono poi anche problemi di comunicazione : quando ho chiesto la consulenza della dietologa per proteggere il mio intestino irritabile, mi sono state prescritte trecapsule di Eskim al giorno. Ho imparato a mie spese e con dieci giorni di forti disturbi che ne bastava una e che tre capsule provocavano incontinenza fecale ed emorroidi. Quando ho riferito la cosa, nessuno ha dimostrato di ascoltare e prendere in considerazione quanto accaduto. Essendo io portatrice di talassemia minor, ho sofferto, per l'abbassamento dell'emoglobina, di debolezza, pressione bassa, affanno. Ho chiesto di integrare le cure col ferro e mi è stato prescritto. Le mie condizionisono migliorate, ma volevo conferma che l'emoglobina fosse risalita : mi è stato detto di no, non potevo conoscere alcuni dati per me importanti del mio emocromo, cioè l'emoglobina, i globuli bianchi e i globuli rossi. Il motivo non l'ho capito, ma mi è stato detto che i valori li conosce il medico e tanto basta. La mia richiesta non nasceva da diffidenza verso i medici, ma da un bisogno di rassicurazione. Allora, quando vedo nelle sale d'aspetto tutti i cartelli colorati che invitano i pazienti a fare danzoterapia, musicoterapia, scrittura creativa, io penso : ma non sarebbe meglio, per risollevare il morale del malato, assicurare l' accesso ai dati che lo riguardano, la disponibilità dello stesso medico e la continuità nella cura ? Invece, qualche volta, mi sono sentita trattata come un bimbo che viene rimproverato dalla mamma perchè, di nascosto, ha messo le mani nella Nutella.Finita la cura in ospedale,mi sono posta il problema della dieta.Per la mia oncologa non ci sono evidenze scientifiche,nemmeno nel progetto DIANA del dott. Berrino,perciò mi ha detto che posso mangiare tutto.Di fronte alla mia sete di informazioni ha risposto con anacronistico oscurantismo: 'Lei non deve leggere e non deve pensare'.
Cordiali saluti,
Vittoria Menga
Scusatemi, scrivo velocemente perché questi dottori non meritano tanto tempo. Un amico di Berrino mi ha detto recentemente, dato che il mio oncologo aveva esordito nella stessa maniera, che oggi è dimostrato quello che l’oncologa nega. Prendiamo la Germania: Servan Schreiber dice nel suo ultimo libro di essere contento di essere operato a Colonia, perché è molto sviluppata la ricerca naturale. In questo reportage di cui metto il link si parla di erbe, alimentazione ayurvedica, intervengono tutti medici, uno studia le piante da 40 anni, interviene Beliveau dal Canada, si parla della crema Budwig e di erbe selvatiche. Al minuto 31 e 30 si presenta la storia di una donna con diagnosi di tumore allo stomaco con diverse metastasi, si trattava di operarla in una clinica all’avanguardia per pemetterle di vivere qualche mese. Si vede la paziente che ritorna dopo 3 anni in apparente perfetta forma dal medico della diagnosi, il quale fa vedere le lastre e dice chiaramente che quasi non crede che la paziente possa bere e mangiare, che il miracolo – che attualmente dura anche se senza assicurazione -dovrebbe essere dovuto all’alimentazione, non parla neanche di chemio.
RispondiEliminahttp://www.ardmediathek.de/rbb-fernsehen/dokumentation-und-reportage/was-uns-wirklich-naehrt?documentId=14931720
Se vi interessa c’è anche una notizia recentissima dalla trasmissione tedesca corrispondente alla nostra Report, in cui si parla di farmaci chemioterapici, c’è l’illustre farmacologo Gerd Glaeske dell’università di Brema che esprime una opinione particolare sull’Avastin e una generale. Se uno che non sa niente vede queste due trasmissioni, quale credete sarà la sua direzione principale?
Concordo con quanto scrive vittoria, mi ci ritrovo e non vorrei.. Vuol dire che le situazioni sono simili un pò dappertutto.. Un abbraccio e comunque meglio essere un pò rompiscatole... Qualcosa in più si ottiene...
RispondiEliminaAnch'io mi ritrovo in alcune cose, come nel non essere seguita da un solo oncologo, anche se devo dire di essermi trovata bene in Oncologia, sono stati e sono ancora oggi molto presenti. Vero peró che anch'io quando stavo male per via della chemio, a volte venivo richiamata dall'oncologo di turno al day hospital, avrei preferito relazionarmi con un solo oncologo e nel week end il reparto era chiuso, quindi comprendo l'ansia. Vittoria, come mai non ti consegnavano gli esami del sangue? A me ne davano una copia ogni volta che li facevo, infatti potevo vedere l'andamento del mio emocromo, sono portatrice di anemia e i globuli mi scendevano sotto i piedi. Un abbraccio a tutte le Amazzoni. S.
RispondiEliminaNel day hopital c'era un cartello che informava i pazienti che avrebbero potuto ritirare i risultati in fotocopia delle analisi solo a fine cura.Ma io chiedevo solo una informazione orale non un documento.Perchè miè stato negato l'accesso ai dati del mio emocromo?Non lo so,forse per un atteggiamento paternalistico che blocca le interferenze del paziente.Vittoria
EliminaProbabilmente ogni Ospedale ha le proprie regole. Tuttavia, trovo tale atteggiamento poco corretto, tu hai il diritto di conoscere il tuo stato di salute, altro che interferenze! Anche perchè in caso di globuli troppo bassi, fanno delle iniezioni per rimediare, quindi un paziente ha diritto di sapere, domandare, conoscere ogni cosa!!!! Certi medici sono davvero burberi! Poi vabbe io forse sono un po' fissata con la documentazione medica inerente la mia malattia, ma nessuno si è mai rifiutato di fornirmela. S.
EliminaVorrei ricordare, a questo proposito, il Manifesto sul Cancro al Seno che avevamo scritto insieme tramite il blog. Forse possiamo aggiornarlo con qualcosa di piu` specifico relativo ai temi sollevati da Vittoria. Continuiamo comunque la discussione. Grazie!
RispondiEliminahttp://amazzonefuriosa.blogspot.co.uk/2012/10/manifesto-il-cancro-al-seno-non-e-un.html
Care Amazzoni, anche a Vicenza avevamo sollevato la richiesta di avere un oncologo fisso di riferimento al Day Hospital di Oncologia. La risposta e' stata negativa, sono stati addotti motivi organizzativi. Non soddisfatte, stiamo pensando ad una raccolta firme.
RispondiEliminawww.tucancroiodonna.it
Per me in realta` si tratta di una spiacevole novita`. Allo IEO sono stata seguita sempre dalle stesse oncologhe, una senior e una borsista, e mi sono trovata bene proprio perche` si e` costruito un rapporto di fiducia e reciproca comprensione. Loro mi conoscevano bene, sapevano che ero particolarmente ansiosa e facevo un sacco di domande e cercavano sempre di essere molto precise nelle risposte. C'e` stato un problema un'unica volta perche` loro non c'erano entrambe e io avevo i globuli rossi e bianchi a terra. Ho chiamato e mi hanno fatto parlare con un altro oncologo. Non ci conoscevamo, lui non si e` reso conto che stavo davvero molto male e ci siamo scazzati abbastanza. E il motivo credo sia stato proprio che non ero una sua paziente. Tornate le mie oncologhe si e` risolto tutto per il meglio. L'ultimo giorno di terapia, durata nel mio caso un anno e mezzo, sono scoppiata a piangere alla vista della borsista, la piu` dolce delle due. Mi commuove ancora adesso pensare a lei e vi voglio dire il suo nome si chiama Angela Sciandivasci e sara` sempre nel mio cuore.
RispondiEliminaNoemi facci sapere della raccolta di firme e pensiamo a un'iniziativa allargata.
Penso ci mobiliteremo a settembre, al rientro dalle "vacanze" (ben sapendo che le terapie non mandano in vacanza). Pero' si potrebbe anche pensare a concordare un testo da diffondere nei vari ospedali. Sogno troppo?
EliminaIo insisto molto sulla continuita' perche' l'ho provata nell'ospedale in cui mi sono curata negli States... tralasciamo pure il fatto che l'oncologo mi telefonava per anticiparmi e spiegarmi i risultati di eventuali esami o le scelte che stava valutando il team che mi seguiva (oncologo, chirurgo, etc..).
Per quanto concerne le domande, non credo sia questione solo di ansia. Siamo giovani, "educated", vogliamo capire. Sappiamo che la ricerca su internet puo' causarci ansia e spaventarci inutilmente per cui cerchiamo la persona che riteniamo piu' competente per ricevere risposte e chiarificazioni.Dunque: fare domande e' naturale. Solo che i "baroni" della medicina non sono sempre cosi aperti e pronti a dialogare. Si sentono messi in discussione - "questa e' la mia risposta definitiva" mi e' stato scritto in una mail come risultato della mia richiesta di chiarificazione sulla cura che mi era stata proposta. E gli esempi potrebbero continuare...
Io partecipo volentieri all'iniziativa, anche se credo che il problema nei vari Ospedali sia la mancanza di organico, quindi di Medici Oncologi! Io sono seguita in un Ospedale dove ci sono pochi Medici rispetto ai pazienti, ho instaurato un buon rapporto, soprattutto con le infermiere, molto dolci! Tra tutti i medici che ho incontrato fino ad ora però, pochissimi si sono dilungati nelle spiegazioni, a molti bisogna tirar fuori le parole col forcone ed io ho e ho avuto sete d'informazione sul cancro che ha scelto il mio seno come casa propria! Spesso ci si sente solo un numerino. Mi piace molto l'idea del testo da diffondere negli Ospedali!!! Negli States forse funziona diversamente e magari anche meglio, perché il sistema sanitario non è come nel nostro Paese. S.
Eliminaio sono seguita dalla stessa dottoressa, però con il mio day hospital è difficile comunicare.
RispondiEliminaqualche giorno fa sono stata male e ho provato tutta la mattina, dalle 9 alle 14, a telefonare, ma o era occupato o dava libero e non rispondevano.
il giorno dopo hanno risposto alle 9 dicendomi di richiamare alle 14. a quell'ora però i medici erano in pausa pranzo.
il giorno dopo sono riuscita a parlare con un'infermiera che mi ha passato l'interno della dottoressa, che però non ha risposto. avevo spiegato il problema all'infermiera e non mi hanno richiamata. mi sono tranquillizzata, se fosse stato grave mi avrebbero cercata, ho pensato.
la mattina dopo ho mandato un fax alle 11 e verso le 16 mi ha chiamata la dottoressa di turno per dirmi di correre a farmi ricoverare immediatamente.
una volta ricoverata mi hanno spiegato che avrei potuto telefonare al reparto dei ricoveri e lasciare un messaggio lì. ma che ne potevo sapere io? è un altro reparto.
e perchè il day hospital non risponde al telefono? perchè un paziente deve essere lasciato a sé stesso? è vero che il medico generico non è tenuto ad essere oncologo.
concordo anche sul fatto che è meglio essere informati sulle proprie condizioni. è meglio soffrire per paura da conoscenza che per angoscia da ignoranza.
Però ricordiamoci in quali condizioni i medici e più in generale tutto il personale sanitario si trova ad operare nelle strutture pubbliche italiane, ormai da anni sotto organico, e teniamo presente che le "questioni organizzative" non sono necessariamente una scusa o una mancanza di attenzione verso i bisogni dei pazienti. Possono anche essere reali. Chiedere il trattamento migliore possibile è un diritto, ma assumere rigidamente la posizione " mi è dovuto e se non mi è dato è perchè dall'altra parte sono stronzi/ menefreghisti/ disattenti/ incompetenti non porta in nessun posto realmente utile, piuttosto serve ad aumentare gratuitamente la rabbia e la frustrazione, e questo non mi pare ci serva.
RispondiEliminaBarbara Martini
Lei ha perfettamente ragione, le questioni organizzative possono anche essere reali.
RispondiEliminaMa la nostra richiesta puo' essere utile ai medici per un serio esame di coscienza (quali sono i dottori piu' richiesti? perche'? mi aggiorno abbastanza? sono sufficientemente empatico? fornisco risposte esaurienti e chiare? tratto il paziente come un numero?). Io sono una dipendente statale e auspico simili controlli sul personale.
Certamente, la richiesta comportera' qualche controllo in piu' al momento della pianificazione delle visite. Ma, le assicuro, l'ho visto fare, l'ho provato e non mi sembra niente di trascendentale o impossibile. Forse non avremmo la continuita' al 100%, ma sicuramente la rassicurazione di essere seguiti da una persona di cui ci fidiamo/che si cura di noi/attenta/competente.