sabato 28 settembre 2013

Pink Quiz

Oggi giochiamo. Vediamo quanto siete consapevoli dell'importanza della prevenzione del cancro al seno e delle campagne di sensibilizzazione. Rispondete alle domande qui sotto (che le Amazzoni ha copiato paro paro dall'associazione Breast Cancer Action - se andate a vedere le risposte per fare le fighe vi verra` perlomeno un mal di pancia con annesso cagotto). Prossimamente verranno pubblicate le soluzioni e chi avra` risposto bene a piu` domande, ricevera` una sorpresa.



1. Vero o Falso: Il nastro rosa e` stato creato dalla casa di cosmetici Estee Lauder per sensibilizzare le donne sull'importanza della prevenzione del cancro al seno.

2. Vero o Falso: Comprare un prodotto con il nastro rosa garantisce che il denaro verra` devoluto alla causa del cancro al seno.

3. Vero o Falso: Il mese della prevenzione del cancro al seno (ottobre) e` stato istituito dalla casa farmaceutica Astra Zeneca, produttrice del farmaco tamoxifene, utilizzato per trattare la malattia.

4. Quali dei seguenti prodotti non e` MAI stato associato al nastro rosa?  
   
   Armi

   Pollo e patatine fritte

   Spazzoloni per lavare a terra

   Detersivi

   Rossetti

         

giovedì 26 settembre 2013

La donna e` shopping




Due nomi stanno girando in rete a piu` non posso: Laura Boldrini e Guido Barilla. Devo confessare che dal mio eremo albionico non posso che raccogliere notizie frammentate. Non ho ascoltato direttamente le dichiarazioni della Boldrini, ne` quelle di Barilla. Mi pare di aver capito comunque che la prima abbia espresso la sua contrarieta` alla sovrarappresentazione delle donne angeli del focolare e amorevoli servitrice di zuppe nelle pubblicita` e che Barilla abbia risposto che lui negli spot della sua pasta le famiglie omosessuali non ce le metterebbe mai. La vicenda mi ha suggerito qualche riflessione su genere, famiglia e consumi basate su ricerche condotte da quei parassiti che rispondono al nome di scienziati sociali. Anzi, in questo caso, si tratta di scienziatE sociali, quindi peggio.
A partire grosso modo dagli anni '50, qualcuno dice anche da prima, la famiglia diventa l'unita` base del consumo di massa. Quale famiglia? Non la famiglia comunemente chiamata "patriarcale", con padre, madre, quindici figli, nonni, bisnonni, zii e trisavoli, ma la famiglia nucleare con papa`, mamma e un paio di pargoli. In questo modello di famiglia, il papa` non va a zappare o a lavorare in miniera. Tutte le mattine indossa giacca e cravatta e se ne va in ufficio. La mamma sta casa, non a "fare i servizi", come diceva mia nonna (in dialetto) e dice ancora mia madre che alle sue origini contadine ci tiene, ma a "rassettare", a "fare le faccende domestiche". E non indossa certo grembiuloni lerci del sudore della fatica fatta a scopare (ops spazzare), lavare a terra, cucinare, lavare i panni (ops fare il bucato), lavare il cesso (ops il bagno), mettere i punti (ops rammendare) ai calzini del maritino ecc. e non ha certo la pancia appesa per le 15 gravidanze. E` vestita di tutto punto - vestitino con gonna a ruota negli anni '50, pantaloni alla pescatora e camicia negli anni '60 - ha la vita stretta e i seni appuntiti, i capelli messi bene in piega. Stende il bucato felice, prepara pasti appetitosi. Sempre sorridente, e` lei, la donna/mamma, il target a cui le pubblicita` si rivolgono. E non a caso. E` lei che va a fare la spesa, e` lei che sceglie i prodotti da comprare. E` lei, in quanto donna, a sentire la sua posizione nella societa` sempre in bilico e questo la rende in cerca di un'identita`, che la pubblicita` (e la rima e` inevitabile) prontamente le fornisce. Questo non significa che le donne abbiano sempre e solo obbedito al comandamento che le vuole tutte casa e shopping. Anzi. In molti casi, dei prodotti di consumo e dei modelli imposti loro dal marketing, le donne si sono "appropriate" e ne hanno tratto vantaggio. Un caso classico e` quello della lavatrice (qui un libro interessante sul tema).
Come stanno le cose oggi? Non sembra siano cambiate molto. Le donne continuano a essere il target principale del marketing, che, nel frattempo, si e` arricchito di nuove strategie. Un esempio a caso, il marketing sociale. Quello che pubblicizza prodotti legandoli a una "giusta causa". Se consideriamo quanto detto fino ad ora e aggiungiamo quest'ultimo elemento non e` difficile capire perche` proprio "la causa" del cancro al seno sia una trovata pubblicitaria geniale. Prendi una malattia per il cui sviluppo il principale fattore di rischio e` essere donna, e associala a prodotti come spazzoloni (Vileda), cosmetici (Estee Lauder, Avon ecc.), detersivi (Perlana) ecc., colorali tutti di rosa - colore simbolo di femminilita` per volonta` di Evelyne Lauder, la mente da cui tutto e` partito - e il gioco e` fatto. Le donne comprano piu` di prima perche` pensano di stare contribuendo con i loro acquisti a un'impresa filantropica, che in realta` non lo e` affatto perche` le percentuali devolute sono infinitesimali e non aumentano in base all'aumento delle vendite del prodotto, perche` non sono le consumatrici stesse a decidere dove devono finire i loro soldi, ma sono le aziende a scegliere stabilendo partnership con chi pare a loro, perche` spesso vengono sponsorizzati prodotti che contengono sostanze correlate col cancro stesso. Che fare allora? La situazione e` talmente paradossale che, almeno per il momento, non si puo` fare altro che spezzare questa catena folle. Non cadere nell'inganno del nastro rosa, non acquistare prodotti "per la causa" ma chiedere di essere chiamate in causa, facendo domande sullo stato della ricerca sul cancro e su dove sta andando, esprimendo dubbi, perplessita`, paure e incazzamenti. Facendo capire che il giocattolo si e` rotto e che, questa volta, se e come si deve aggiustare lo decidiamo noi.


martedì 24 settembre 2013

#Guerrieri e #Sopravvissute




Brutta giornata per l'Enel. Crollo in borsa? Danni alle infrastutture? No, niente di tutto questo. I guai per l'Enel oggi sono cominciati a causa di una sua campagna pubblicitaria. #Guerrieri, un'iniziativa della multinazionale volta a raccogliere le storie di chi lotta contro la crisi con tanto di bicicletta elettrica in regalo. E sul web si e` scatenata la rivolta. In tantissimi si sono appropriati dell'hashtag rovesciandolo completamente di significato e utilizzandolo per rendere note le storie di chi contro l'Enel combatte per difendere il territorio in cui abita e la propria salute (qui una raccolta). Dal Sud America, al delta del Niger, a Brindisi, a La Spezia l'Enel ha seminato morte e adesso, attraverso una strategia di socialwashing e l'utilizzo della solita, abusata metafora guerresca, vuole farci credere di stare dalla parte delle persone comuni e farsi addirittura strumento di empowerment dando voce a chi "combatte" la crisi. Come se una multinazionale della portata dell'Enel con la crisi non c'entrasse nulla e come se non esistesse un fortissimo movimento transnazionale di protesta contro l'Enel stessa. Come se il 29 giugno, anche in Italia le associazioni e i comitati No al Carbone non avessero preso parte alla mobilitazione su scala planetaria in favore di un nuovo modello energetico che non consumi il pianeta e chi lo abita. E val la pena di sottolineare che in Italia l'iniziativa ha assunto il nome inequivocabile di Stop Enel (qui).
C'ha provato, l'Enel. E gli e` andata male. Malissimo. Come malissimo speriamo che possa andare a tutte le grandi aziende che per tutto il mese di ottobre speculeranno sul cancro al seno con la campagna del nastro rosa, col favore, occorre purtroppo ricordarlo, di fondazioni ed enti dediti alla ricerca. Saranno tante, per esempio, le case produttrici di cosmetici, gli stessi cosmetici che contengono parabeni, petrolati ed altri interferenti endocrini fortemente correlati con il cancro al seno, a lucrare sulla malattia promettendo ben misere donazioni per scopi non meglio precisati e contribuendo alla riproduzione del mito della sopravvissuta. La guerriera che ha scoperto il cancro facendo la mammografia e l'ha affrontato con sorriso di ferro e rossetto. Sarebbe bello riuscire a fargliela, riappropriarsi dello stereotipo che imprigiona tutte noi donne col cancro al seno (e non solo) e farlo diventare una freccia al nostro arco. Non per metterli in ridicolo, ma per dire forte e chiaro che non ci stiamo, che sul cancro al seno non si specula. E che #sopravvissute siamo, ma ai loro trucchi e merletti.

domenica 22 settembre 2013

Alice nel mondo reale






Di cancro al seno parlano spesso le riviste femminili. Quelle con la pubblicita` della crema antirughe e dei cappotti super costosi una pagina si e una no che alla fine non sai mai se sono dei cataloghi o dei giornali veri. Del cancro al seno - anzi del tumore al seno, che` cancro e` una brutta parola - parlano come di una malattia che si puo` prevenire sempre e solo facendo una mammografia all'anno e mantenendosi in linea. I consigli su come affrontarla fioccano e non mancano certo quelli su come ritrovare l'armonia col proprio lui dopo l'intervento. Il proprio lui. Sempre e solo lui, come se il cancro al seno colpisse solo le eterosessuali e le lesbiche no. Ah gia`, ma delle lesbiche non si puo` parlare. In Italia al massimo si parla dell'omosessualita` maschile. Noi donne invece sembriamo tutte irrimediabilmente condannate all'eterosessualita`. Mi ha meravigliata molto, quindi, l'uscita italiana, con la casa editrice Panini, di una graphic novel spagnola il cui personaggio principale, Alice, e` una donna lesbica che si scopre malata di cancro al seno.
La storia di Alice e` basata su quella, reale, di una delle due autrici, Isabel Franc, scrittrice conosciuta anche come Lola Vanguardia. Protagoniste sono Alice ma anche il suo circolo di amiche, ex amanti, fidanzate. Tutte donne. Donne a cui piacciono le donne. Donne che fanno sesso con le donne. E non c'e` traccia di rosa. Sulla copertina, Alice e` raffigurata con indosso una maglia gialla e visibile e` la mancanza del seno sinistro che, dopo la mastectomia, ha deciso di non ricostruire. Una scelta che le costa, prima e dopo. Le donne "normali" hanno due seni e se uno va via perche` malato ricostruirlo fa parte della terapia. Alice invece non ha voglia di sottoporsi a un altro intervento e, dopo averci pensato a lungo, opta per un tatuaggio. Una lucertola polinesiana. Dicono che porti fortuna. Alle donne italiane speriamo che Alice porti una ventata di vita vera, quella in cui al cancro non gliene frega nulla del tuo orientamente sessuale e in questo, ma solo in questo, e` persino meglio di molti di noi.

venerdì 20 settembre 2013

"Cavoli amari" - A cena nella Terra dei Fuochi




"Un'alimentazione sana, ricca di frutta e verdura aiuta a prevenire il cancro". Lo conosciamo bene questo mantra. Lo ripetono in tantissimi, in continuazione. Gente comune ed illustri clinici. Che succede pero` se la frutta e la verdura contengono sostanze che non dovrebbero contenere?
Immaginate un cavolfiore. Lo si puo` cucinare in tanti modi: stufato, con la pasta, al forno con le olive. Immaginate che il cavolo contenga quantita` di zinco, stagno e ferro di molto superiori alla norma. Immaginate che contenga addirittura policlorobifenili, composti altamente tossici meglio conosciuti sotto l'acronimo di PCB. Ci fara` bene mangiare quel cavolfiore? Probabilmente no. E se tutti i cavolfiori e le verdure di un determinato territorio contenessero sostanze simili, cosa succederebbe? Un biocidio, come quello che sta avvenendo in Campania, in particolare nelle province di Caserta e Napoli, nella zona cosiddetta della "Terra dei Fuochi". (qui l'articolo sul caso del campo di cavolfiori)
Parte della mia famiglia vive a Napoli, io stessa vi ho abitato per un lungo periodo. Il cancro per me e` arrivato a 30 anni e, per adesso almeno, sono ancora qua. Per molti parenti e amici non e` stata la stessa cosa. Ho perso il conto delle persone che ho visto morire a Napoli e dintorni, spente dalle forme di tumori piu` aggressive. Cancro ai polmoni in donne non fumatrici, al seno nelle giovanissime, anche piu` giovani di me, al fegato, al pancreas, allo stomaco, all'intestino.
Mi ha fatto malissimo leggere che il Ministro della Salute Lorenzin, in visita nella Terra dei Fuochi, aveva indicato negli "stili di vita" scorretti degli abitanti della zona il motivo dell'aumento spropositato dei casi di cancro (qui il video). Si riferiva sicuramente, il ministro, anche all'alimentazione. Ma se sono gli stessi frutti della terra ad essere avvelenati, come possiamo fare?
"Cavoli amari" e` un'iniziativa promossa dal giornale online Parallelo 41 (qui il comunicato). Esponenti politici e rappresentanti delle istituzioni a livello nazionale e regionale, incluso il ministro Lorenzin, sono stati invitati per il prossimo 2 novembre a degustare i prodotti tipici della Terra dei Fuochi: frutta e verdura provenienti dai campi avvelenati da discariche e roghi. Una bella cena per commemorare i defunti, quelli passati e quelli futuri. Perche` nelle province di Napoli e Caserta si muore e si continuera` a morire, di cancro, mangiando frutta e verdura. 

mercoledì 18 settembre 2013

Rettifica

Mi ha scritto l’avvocato dell’ex ministro Francesco De Lorenzo. Mi spiega, relativamente alla vicenda del sangue infetto, che nei processi istruiti dalle procure di Trento e di Napoli (quest’ultimo ancora in corso, ndr), De Lorenzo non ha mai assunto la veste di indagato e non e` mai stato nemmeno ascoltato come persona informata dei fatti. Le vicende illecite, mi informa l’avvocato, riguardano infatti periodi antecedenti al suo mandato ministeriale.

L’avvocato mi chiede di rettificare quanto scritto su questo blog relativamente al sangue infetto e accolgo la sua richiesta. Dal punto di vista giudiziario, De Lorenzo non e` responsabile di alcunche` per quanto riguarda il sangue infetto. Precisa, inoltre, l’avvocato che il giudizio svoltosi dinanze alla Corte dei Conti riguardava non la sicurezza degli emoderivati, ma l’operato della Commissione Cip Farmaci, organismo che si occupava della revisione del prezzo dei farmaci. La Corte ha ravvisato un danno da discredito alle istituzioni arrecato dalla vicenda “tangentopoli” considerata nel complesso.

mercoledì 11 settembre 2013

Cambiamo il mondo, non lo status di Facebook

Ottobre si avvicina. Lo senti quando cominciano a comparire sui profile dei tuoi contatti Facebook degli status strain. E allora capisci che l’uragano rosa sta per travolgerti e la fiera delle banalita` e` appena iniziata.
Avevano cominciato anni fa col colore del reggiseno e continuato, anche quest’anno, con qualcosa di piu` elaborato ma non certo meno inutile. La mia amica Lola mi ha cortesemente girato il messaggio che sta girando via Facebook, perche` a me non l’hanno mandato. Chissa` perche`...

"belle fanciulle, è arrivato di nuovo il periodo di supportare la campagna per aumentare la consapevolezza di tutti in tema di cancro al seno. Vi ricordate il gioco dell'anno scorso? Consisteva nello scrivere il colore del vostro reggiseno sulla bacheca. L'anno scorso il gioco ha visto una partecipazione tale di persone che siamo state persino citate nei telegiornali e il continuo aggiornarsi degli stati sulle bacheche ha ricordato a tutti perché lo facciamo e ha contribuito ad accrescere la consapevolezza di tutti in questo ambito. Ricordatevi di NON spiegare agli uomini che leggeranno il vostro status che cosa significhi quello che avete scritto... teneteli sulle spine! ^^ Vediamo fin dove arriviamo quest'anno: l'anno scorso quello del reggiseno ha fatto il giro del pianeta!!! Per favore, copiate ed incollate questo messaggio ed inviatelo a tutte le vostre amicHE (per posta). Il giochino di quest'anno consisterà nello scrivere sul vostro stato il mese ed il giorno della vostra nascita nel modo seguente: ogni mese qui sotto elencato equivarrà ad un paese e il vostro giorno di nascita equivarrà al numero di mesi in cui resterete in quel paese. Esempio: se siete nati il 21 di gennaio la frasedovrà essere del tipo "Andrò in Messico per 21 mesi". Qui sotto l'elenco dei mesi e dei loro corrispondenti paesi: Gennaio - Messico Febbraio - Londra Marzo - Miami Aprile - Repubblica Dominicana Maggio - Francia Giugno - St. Petersburgm Luglio - Austria Agosto - Germania Settembre - New York Ottobre - Amsterdam Novembre - Las Vegas Dicembre - Columbia

Consapevolezza? Dovrebbe renderci piu` consapevoli del cancro al seno una cosa del genere? Non siamo gia` consapevoli di cosa e` il cancro al seno quando viviamo le storie di mamme, sorelle, amiche o addirittura la nostra? Personalmente mi hanno reso ‘consapevole’ la morte di una giovane lontana parente che ha lasciato due bambini, quella di una carissima amica di mia sorella che mi ha vista crescere, quella della ex di un tipo con cui uscivo che non aveva nemmeno 25 anni. E` a loro che ho pensato quando che mi sono trovata il linfonodo gonfio e sono corsa dal medico, certo non allo status che avevo scritto per partecipare alla prima versione della “campagna” di cui sopra – quella sul colore del reggiseno – nel 2010 poco prima di scoprire di essere malata io stessa.
E che dire del fatto che bisognerebbe con questi status criptici tenere gli uomini sulle spine? Forse il cancro al seno e` la balla che spari quando vuoi far ingelosire il tizio che piace? “Ciao, no, stasera ho gia` impegno: devo fare una seduta di chemio e dopo me la godo vomitando i succhi gastrici fino a svenire”, gli sussurri con voce da gattina? E perche` poi gli uomini dovrebbero essere esclusi da quella che dovrebbe essere un’iniziativa di sensibilizzazione? A parte che il cancro al seno viene anche a loro, ma ci stanno male anche loro quando la mamma, l’amica, la fidanzata, la moglie, la nonna, si ammala e poi magari schiatta. Personalmente ho una teoria: magari un’iniziativa di questo tipo serve a farci credere che stiamo dando un contributo a una giusta causa scrivendo uno status di Facebook con le chiappe comodamente appoggiate su una sedia o mentre siamo al bar a bere uno spritz. E magari mentre lo scriviamo pensiamo anche alle nostre amiche, madri e sorelle che si sono ammalate e persino a quelle che non ci sono piu`. E ci chiediamo come sarebbe stato bello se il cancro non esistesse piu`. Si, sarebbe bellissimo. E non e` un’utopia. E` una possibilita` concreta. Se vogliamo che si trasformi in realta`, pero`, cambiare lo status di Facebook non basta. Bisogna riempire le strade, cambiare il nostro modo di vivere e produrre, donne e uomini insieme. Ci vuole una rivoluzione, fatta con le menti prima che coi cuori. Ci vuole tempo e ci vuole coraggio, quello di pensare che, si, un altro mondo e` possibile.

domenica 1 settembre 2013

"La battaglia che non abbiamo scelto" in ebook

"La battaglia contro il cancro". Quante volte abbiamo sentito questa espressione? E` una delle piu` comuni quando si parla di cancro. Personalmente, non mi piace. Quella contro il cancro e` una battaglia persa in partenza, per il fatto stesso di essersi beccati una malattia del genere. Inoltre, ingaggiare una battaglia contro qualcuno o qualcosa e` una scelta. Il cancro non lo e` di sicuro.
Il titolo della raccolta di foto di Angelo Merendino sulla malattia di sua moglie Jennifer mi ha colpita immediatamente proprio per il titolo "The Battle We Didn't Choose" - "La battaglia che non abbiamo scelto". Un titolo che eprime benissimo come l'esperienza del cancro la si subisca sempre. Alcuni, e tra questi ci sono sicuramente i Merendino, scelgono pero` di viverla in modo diverso dal comune. Jennifer ha permesso ad Angelo di fotografarla nel corso della malattia, nei momenti piu` tragici ma anche in quelli di gioia, sia pure fugace. Una delle mie foto preferite e` proprio quella di Jennifer al mare che saltella felice in acqua, nonostante le metastasi ossee. Cosi` come mi e` rimasta impressa quella in cui le sue amiche le baciano le guance tutte insieme nei giorni prima della fine.
L'obiettivo dei Merendino era di mostrare ai loro amici cosa fosse davvero vivere con il cancro (qui il video in cui Angelo spiega com'e` nato il progetto). Si erano resi conto che per chi non c'era passato era, comprensibilmente, difficile capire. Non solo perche` si tratta di qualcosa che bisogna sentirsi addosso per poterne cogliere l'enormita`, ma anche perche` il discorso pubblico sulla malattia, e in particolare sul cancro al seno, non aiuta affatto a comprendere di cosa si tratti realmente. Basti pensare alla marginalizzazione dei pazienti in metastasi. Jennifer era una di loro e ha voluto condividere con i suoi amici prima e poi, grazie alla straordinaria forza di Angelo, ha potuto far conoscere il suo coraggio ma anche la sua debolezza e il suo dolore al mondo intero.
Si, perche` Angelo, dopo la morte di Jennifer, con le sue foto ha fatto il giro del mondo. E` stato anche in Italia l'anno scorso, ospite del Festival della Fotografia Sociale di Perugia. I giornali gli hanno dedicato articoli (qui e qui e qui) e persino la copertina del rinomato Zeit Magazine.
Oggi, 1 settembre, anniversario del loro matrimonio, le foto di Jennifer e Angelo sono uscite in ebook. Potete acquistarlo direttamente dal loro sito. Costa poco piu` di 11 euro, e` disponibile in italiano e contiene, oltre alle foto, contributi audio e video. Il 50% del ricavato delle vendite sara` devoluto all'associazione The Love We Share - L'amore che condividiamo, che Angelo ha fondato in memoria di Jennifer e che offrira` supporto finanziario ai malati di cancro che ne abbiano bisogno.
Amore. Non e` un caso che Angelo abbia voluto includere questa parola nel nome che ha dato all'associazione. La storia sua e di Jennifer, infatti, riguarda il cancro, la morte ma soprattutto l'amore. L'amore di due persone che si sono trovate e hanno condiviso il bene e il male, la gioia e il dolore, anche quello piu` profondo. L'amore che non li ha divisi nemmeno quando Jennifer ha smesso di essere presente fisicamente. I suoi occhi intensissimi continuano infatti a parlare attraverso le foto scattate da Angelo e ci ricordano, scatto dopo scatto, quanto e` importante amare la vita, tutta, fino all'ultimo istante.