domenica 29 giugno 2014

Amianto. Una storia operaia...e un poco pure mia

L'ho sentito raccontare tante volte da mia madre. Cosi` tante che mi sembra di ricordarlo. La porta color miele si apre, un triangolo di luce squarcia il buio del soggiorno e un uomo con le chiavi appese alla cintura annuncia: "Sono in cassa integrazione". Quell'uomo e` mio padre. E` il 2 luglio 1981. Quel giorno compio un anno. La torta e` pronta. I parenti arrivano a festeggiare. Papa` fa il forte. Prendera` i soldi della cassa integrazione e fara` altri lavoretti. Guadagnera` anche piu` di prima, dice. I temporali non fanno in tempo a mettere fine all'estate che e` gia` sotto un treno. Dalla cassa integrazione si passa al licenziamento. La liquidazione non te la diamo perche` sei comunista e hai occupato la fabbrica. Fai pure causa, tanto la perdi. Il giudice ce lo siamo comprato. Papa` si siede sul divano e poggia la testa al muro. Rimarra` li` per undici anni.
I soldi della liquidazione arrivano a pochi giorni dal mio ventiduesimo compleanno. Papa` li divide tra me e mia sorella. Presto ne avra` un'altra di liquidazione. Quella del lavoro che ha trovato lontano da casa dopo 19 anni di disoccupazione e lavoro nero. Io nel frattempo sono all'universita`. A Napoli. Quella che papa` non aveva potuto finire perche` il nonno - suo padre - non c'aveva piu` soldi. Non e` proprio la stessa. Lui faceva chimica. Io studio Scienze Politiche ufficialmente, ma in realta` ho una tresca con la storia contemporanea. Un amore folle che ricaccio e puntalmente ritorna. Torna con gli esami, la tesi di laurea, l'idea assurda di fare un dottorato di ricerca. Perche` senza la polvere degli archivi che si deposita nelle linee delle mani e quando le lavi l'acqua e` nera, non ci so piu` stare. E se a Napoli  non si puo` fare, me ne vado a Roma. E se nemmeno la` mi vogliono, me ne vado in Inghilterra, paese che odio, ma la storia e` troppo importante. Me ne vado adesso che` sto paese, l'Italia, sta sprofondando e bisognera` andarsene comunque. Meglio prima che dopo. Meglio l'Inghilterra che` li` vince chi merita. Arrendersi mai che` il riscatto di papa` sono io.
Il resto della storia e` ben noto a chi segue questo blog. Quando il dottorato in storia stavo per finirlo, quando mancavano le ultime pennellate alla tesi e l'Inghilterra all'imbocco della crisi aveva gia` mostrato la sua faccia feroce, e` arrivato il cancro. Stop al dottorato, stop ai sogni, stop alla vita per un anno e mezzo. Al ritorno era tutto definitivamente cambiato. I tempi delle vacche grasse finiti. La meritrocrazia degli inglesi scioltasi come neve al sole. "Nei momenti di crisi il sistema non funziona sulla base del merito", mi ha detto un pezzo grosso. E quando la crisi non c'e`? Lasciamo stare. La risposta e` troppo amara.
Perche` rispescare stasera, sul finire di una dolce domenica d'estate, l'antefatto della mia storia di malattia? Perche` raccontare quello che ho sempre nascosto ai compagni di classe e gli amici (tranne qualcuno), che sono figlia di un disoccupato ammattito che con la vergogna ha scavato una fossa nel muro dove appoggiava la testa?
Il giorno che sono partita per Milano, poco piu` di una settimana fa, per andare a fare i controlli sono entrata nella libreria della stazione. Volevo comprare un libro, ma non sapevo quale. Poi all'improvviso, ho ripescato un titolo dal bagagliaio buio della mia memoria incerta: Amianto. Il libro di Alberto Prunetti (qui). Botta di culo. Una volta tanto. Ce l'hanno. Lo compro e lo leggo in treno tutto d'un fiato. Giro una pagina dopo l'altra e il cuore mi salta in gola. E` come rimettere insieme fili sparsi qua e la`. E` come dare senso a una storia, la propria, che fino ad ora faticava a trovarne.
Amianto racconta la storia di Renato Prunetti, il padre dell'autore. Renato fa l'operaio, e` un trasfertista. Salda tubi in giro per tutto il Nord-Ovest, lontano dalla sua famiglia. Fa un lavoro nobile e sporco allo stesso tempo. Cosi` sporco che lo uccide. Renato morira` a soli 57 anni di cancro al polmone, dopo aver lavorato per anni a contatto con l'amianto. A suo figlio, il narratore, tocca un destino diverso, ma fino a un certo punto. Lui di mestiere fa lo scrittore/traduttore e altro ancora. Un lavoro pulito all'apparenza. Peccato che ci sia messo di mezzo il precariato, il mostro generato dal capitalismo post-fordista, che divora le vite di quelli della mia generazione. E allora anche uno scrittore/traduttore deve sgobbare a ritmi disumani e si ritrova con l'artrite a 30 anni senza nemmeno guadagnare quanto suo padre che l'ha fatto studiare per dargli un futuro migliore, lontano dalla fabbrica. Migliore un cavolo! Qua c'hanno fregato tutti! Hanno fregato Renato e suo figlio. E hanno fregato anche me, che da figlia di disoccupato mi ritrovo disoccupata anch'io e per giunta con un cancro addosso, senza averci mai messo piede in una fabbrica. Perche` ormai non e` piu` necessario. Basta abitarci vicino o anche lontano. I suoi veleni ti raggiungono ovunque. Si insinuano nel tuo corpo quando stai ancora nella pancia di tua madre e poi ti esplodono dentro. Quando meno te l'aspetti. A tradimento. E ti sei fottuto per sempre.

mercoledì 25 giugno 2014

Dammi l'utero che` ti salvo il seno? No, grazie

Devo confessarlo. Fino a qualche giorno fa non sapevo chi fosse la senatrice Laura Bianconi. Avevo letto il suo nome nel comunicato in supporto all'iniziativa di Europa Donna sulle breast unit, il flash mob delle parrucche rosa tenutosi a Milano il 17 giugno (qui), ma non mi ci ero soffermata. E` stato il post della dottoressa Alberta Ferrari scritto all'indomani dell'iniziativa a farmi venire la curiosita` (qui). Scrive Ferrari sul suo blog su L'Espresso:

"La Senatrice Bianconi, da tempo impegnata sul fronte breast units e che simpaticamente si è prestata a indossare la parrucca rosa simbolo della giornata (come si può vedere anche qualche uomo non si è potuto sottrarre) ha confermato che il mese prossimo verrà deliberata la tanto attesa costituzione delle breast unit su tutto il territorio nazionale: un mandato che passerà alla conferenza stato-regioni e che ciascuna regione dovrà provvedere a rendere attuativo."

"Chi e` Laura Bianconi?", mi sono chiesta. Ve lo dico subito. Laura Bianconi, e` una senatrice del Nuovo Centro Destra e Capodipartimento regionale alla Sanita` in Emilia-Romagna. Oltre che essere una convinta antiabortista (qui), si e` impegnata strenuamente contro il referendum sulla legge 40 che ha continuato a difendere a spada tratta (qui).
Insomma alla senatrice Bianconi non frega assolutamente nulla della salute delle donne e cerca di rifarsi la faccia in proposito appoggiando l'istituzione delle breast unit. Europa Donna, associazione che svolge da anni un ruolo ancillare nei confronti di gruppi di interesse all'interno dell'establishment medico (ricordiamo che il fondatore e` Umberto Veronesi), se ne sbatte di vendere la nostra pelle a una che le donne le vuole morte di aborto clandestino o imbottite di ormoni fino a scoppiare per avere un figlio, come costringe oggi a fare la legge 40, e ci si mette pappa e ciccia. Della serie: dammi l'utero che` ti salvo il seno. La risposta non puo` essere che una: no, grazie! Il nostro corpo e` uno e non riuscirete a farlo a pezzi.

venerdì 20 giugno 2014

Grazie Lisa

Il polipo endometriale causato dal tamoxifene e` stabile. Gli esami del sangue, marcatori compresi, sono nella norma. L'ecografia al seno non ha rilevato nulla di nuovo. Anche questi controlli sono andati. Manca solo la visita senologica per confermare che, al momento, lo stato della mia malattia e` NED: No Evidence of Disease.
Sono guarita? Assolutamente no. E non solo perche` mancano ancora due anni alla conclusione della terapia ormonale, ma soprattutto perche` - vale la pena ribadirlo ancora una volta - non sara` mai possibile stabilire se il cancro diagnosticatomi nel novembre 2010 e` andato via. Potrebbero esserci ancora cellule maligne nel mio corpo. Potrebbero. Non esiste al momento alcun esame diagnostico in grado di confermarlo o escluderlo. Potrebbero rimettersi a proliferare. Forse lo stanno gia` facendo, ma non hanno ancora formato una massa rilevabile dagli strumenti a disposizione. O forse non lo faranno mai e moriro`, spero tra tanti anni, di qualche altra cosa. E quel giorno, solo quel giorno chi mi sopravvivera` potra` dire che non e` stato il cancro al seno ad uccidermi.
Come mi e` gia` successo, dopo una giornata passata in ospedale, non riuscivo a dormire. Gironzolando su Twitter, sono venuta a sapere che una donna, Barbara Bristow, amica della cara Anne Marie Ciccarella, la blogger statunitense che mi ha introdotta al cancer activism (qui), e` morta di cancro al seno metastatico. A febbraio, al termine dei controlli precedenti a questi, era arrivata la notizia della morte di Jada, giovane venezuelana trapiantata negli USA (qui).
La morte e` arrivata sia per Barbara che per Jada al termine di un percorso dolorosissimo nelle secche del quarto stadio, quello in cui la malattia diventa incurabile e si puo` solo tenere a bada, provando una terapia dietro l'altra fino a che, esaurite tutte le cartucce, non resta che chiudere gli occhi per sempre. Si puo` vivere anche per anni col cancro al seno metastatico. Non e` certo una bella vita, pero`. Lo racconta la coraggiosissima Lisa Adams nel suo blog (qui).
Lisa, mamma di tre bambini, ha scoperto le metastasi nel 2012, sei anni dopo la diagnosi iniziale. Attraverso il suo blog, Lisa e` diventata una voce importante per chi vive la difficilissima condizione del cancro al seno metastatico e non perde mai occasione per ribadire che, nonostante le fanfare e gli squilli di tromba, per l'unica forma di cancro al seno che uccide - quella metastatica appunto - non si fa ancora abbastanza in termini di ricerca. A lei un grazie grande quanto il mondo

mercoledì 11 giugno 2014

Se la #breastunit non basta

Sta girando in rete un post pubblicato in contemporanea da divers* blogger che pubblicizza un'iniziativa di Europa Donna, l'associazione fondata nel 1993 da Umberto Veronesi che sostiene di rappresentare i "diritti delle donne nella prevenzione e cura del tumore al seno" (qui)
Nel post si legge che il 17 giugno a Milano si terra` un convegno dal titolo "Tumore al seno: dalla prevenzione alla cura di qualita`. Il ruolo del volontariato". Tra i relatori, gli immancabili Veronesi, padre e figlio. Europa Donna ha chiesto alle associazioni di pazienti presenti al convegno e a quant* vogliano esprimere sostegno di indossare una parrucca rosa allo scopo di promuovere la sensibilizzazione intorno a una questione considerata cruciale: la creazione di breast unit certificate. Cos'e` una breast unit? Lo spiega Luigia Tauro, membro del consiglio direttivo di Europa Donna, sul suo blog:

"La breast unit e` un'unita` specializzata di senologia che tratta il tumore al seno in tutte le fasi, dalla diagnosi precoce alla cura alla ricostruzione" (qui)

In Italia le breast unit certificate sono ancora poche. Europa Donna vuole che ne venga istituita almeno una ogni 500.000 abitanti, per un totale di 120 in tutta Italia. E` l'Europa che ce lo chiede, dice l'associazione. A questo scopo, le donne italiane dovrebbero indossare una parrucca rosa "simbolo di una malattia che puo` avere presto un futuro rosa e di serenita`". (qui)

Ho ricevuto la diagnosi di cancro al seno dall'equipe di una breast unit inglese che mi ha seguita nel momento fino ad ora piu` doloroso della mia vita in maniera molto efficiente. Di qui a parlare di "futuro rosa e di serenita`" ce ne corre pero`. Inoltre, occorre ricordare, come ha fatto Gabriella Doneda nella discussione riguardante l'iniziativa che si e` tenuta tra noi Amazzoni, che la competenza dei medici puo` giocare un ruolo ben piu` importante dell'assetto organizzativo dell'equipe in cui operano. Se il medico e` ciuccio, per dirla in soldoni, come purtroppo e` capitato a Gabriella che si e` ritrovata con una diagnosi sbagliata all'inizio ed e` stata costretta a rivolgersi altrove, non c'e` breast unit che tenga. E non dimentichiamo, come ha fatto notare Simona, che ha pagato con un bel cancro al seno in giovanissima eta` il fatto di vivere in prossimita` di grandi impianti industriali a Terni, che le breast unit nulla possono contro le cause del cancro (al seno e non solo) e che se non si agisce politicamente "saranno solo cure e ospedali". Infine, ad Europa Donna chiediamo dov'era quando a Torino e` stato chiuso l'ospedale Valdese, centro di eccellenza per il cancro al seno e cosa faccia quotidianamente quando migliaia di donne, come la nostra M. C., si sentono dire che non sono abbastanza malate per aver diritto al riconoscimento dell'invalidita` ormai negata persino durante la chemioterapia (qui), quando le nostre sorelle di malattia devono effettuare i controlli privatamente perche` col Sistema Sanitario Nazionale non c'e` posto, che posizione pensa di assumere in merito ai continui tagli alla sanita` pubblica che a livello europeo stanno uccidendo lo stato sociale. La risposta a tutto questo non puo` essere una parrucca, tantomeno se rosa.