sabato 26 gennaio 2013

La parola straniera

Sempre a proposito di parole altrui...Da un po` di giorni, di nuovo, come ai tempi della chemioterapia e dei suoi effetti disumanizzanti, mi tornano alle mente quelle scritte da Primo Levi alla fine de La Tregua:

"Giunsi a Torino il 19 ottobre, dopo trentacinque giorni di viaggio: la casa era in piedi, tutti i familiari vivi, nessuno mi aspettava. Ero gonfio, barbuto e lacero, e stentati a farmi riconoscere. Ritrovai gli amici pieni di vita, il calore della mensa sicura, la concretezza del lavoro quotidiano, la gioia liberatrice del raccontare. Ritrovai un letto largo e pulito, che a sera (attimo di terrore) cedette morbido sotto il mio peso. Ma solo dopo molti mesi svanì in me l'abitudine di camminare con lo sguardo fisso al suolo, come per cercarvi qualcosa da mangiare o da intascare presto e vendere per pane; e non ha cessato di visitarmi, ad intervalli ora fitti, ora radi un sogno pieno di spavento.
È un sogno entro un altro sogno, vario nei particolari, unico nella sostanza. Sono a tavola con la famiglia, o con amici, o al lavoro, in una compagna verde: in un ambiente insomma placido e disteso, apparentemente privo di tensione e pena; eppure provo un'angoscia sottile e profonda, la sensazione definita di una minaccia che incombe. E infatti, al procedere del sogno, a poco a poco o brutalmente, ogni volta in modo diverso, tutto cade e si disfa intorno a me, lo scenario, le pareti, le persone e l'angoscia si fa più intensa e più precisa. Tutto è ora volto in caos: sono solo al centro di un nulla grigio e torbido, ed ecco, io so che cosa questo significa, ed anche so di averlo sempre saputo: sono di nuovo in Lager, e nulla era vero all'infuori del Lager. Il resto era breve vacanza, o inganno dei sensi, sogno: la famiglia, la natura in fiore, la casa. Ora questo sogno interno, il sogno di pace, è finito, e nel sogno esterno che prosegue gelido, odo risuonare una voce, ben nota; una sola parola, non imperiosa, anzi breve e sommessa. È il comando dell'alba in Auschwitz, una parola straniera, temuta e attesa: alzarsi, 'Wstavać'."

giovedì 24 gennaio 2013

Un nuovo blog: My C-Word

E` bello riuscire a dare un nome alle emozioni e ai sentimenti. A volte, e` difficile, non ci si riesce e si prova un senso di frustrazione. Capita allora, in queste circostanze, di leggere qualcosa scritto da altri in cui potersi rispecchiare. 
Ho scoperto un nuovo blog sul cancro al seno. E` in italiano. Si chiama My C-Word
E` nel primo post che ho ritrovato una delle emozioni piu` forti che ho provato sin dalla diagnosi e che, tuttavia, non ero riuscita a trasformare in parole.

"If i listen to my inner voice, I hear someone who’s crying". Se ascolto la voce dentro di me, sento qualcuno che piange. 
"Non so neanche perché la mia mente abbia deciso di partorirla in inglese quella frase, forse è una reminiscenza dei miei anni passati all’estero.  Però lo sento davvero.  Dentro di me sento un qualcuno che piange.  Disperatamente.  E non solo in questo momento.  Che io sia tranquilla, distratta o arrabbiata, che stia ridendo a crepapelle o amorevolmente conversando con qualcuno, il rumore di quel pianto è sempre lì, in sottofondo.  C’è una parte di me che è inconsolabile.  Ora è quasi inverno, anche se l’autunno non si è sentito quasi, e io continuo a morirmi di caldo e a sentirmi così. E non so come fare perché la motivazione è pesante.  Basta una sola parola per spiegare quel pianto.  Una di quelle poche parole capaci, da sole, di provocare sensazioni forti, al solo essere nominate. Capaci di far scendere un silenzio imbarazzante su una conversazione che era stata, fino a quel momento, piacevolmente frivola.   La parola Cancro.  La parola che crea disagio, turbamento, pena, rabbia, paura. La parola da censurare. “Ho avuto una malattia grave”. “E’ stato un periodo molto pesante della mia vita”. "Sono stata male". E’la parola dalla terribile potenza distruttiva, nonostante venga accostata sempre più spesso alla parola speranza, alla parola lungovivenza, alla parola guarigione. Questa potenza avrebbe quasi un certo fascino, se non fosse, ancora troppo spesso, legata al concetto di dolore e a quello di morte.
Il Cancro mi ha costretto a chiudere col passato, con la mia vita di prima, senza preavvisi, senza possibilità di scelta.  E mi ha portato via tante cose.  Da un giorno all’altro ha cancellato l’immagine di una persona sana e serena.  Una me che non esiste più. Il Cancro ha distrutto l’immagine del mio corpo. Mi ha fatto capire cosa significhi, in prima persona, trovarsi faccia a faccia con la possibilità di morire giovane.
Passate le terapie pesanti, dopo tutta la paura, la disperazione e il dolore, e nonostante la crescita che tutto questo comporta, a tre anni dalla diagnosi, sento di aver perso un qualcosa di grosso, e non riesco a farmene una ragione.  Dal 2009, quando mi è stato diagnosticato un cancro al seno, non sono più me stessa.  Non mi riconosco più.  E’ come se recitassi tante parti diverse ma non fossi più io. Perché il timore che il male ritorni è troppo forte, e il trauma che l’esperienza porta con sé è ancora troppo vivo in me. E le certezze sono davvero troppo poche.  La sensazione che ho, è quella di vivere in un limbo, in una terra di mezzo, al confine tra salute e malattia.  Non vivo più né nel mondo dei sani, né in quello dei malati.  Perché non sono né l’una né l’altra cosa.  La sensazione che provoca tutto questo è quella di disagio. Non so come identificarmi perché letteralmente, per spiegare il mio stato non esistono parole. Da qui il desiderio di aprire questo blog'.  Stai certa che lo leggeremo

mercoledì 16 gennaio 2013

048 - Le vostre storie

048 e` il codice dell'esenzione dal pagamento delle prestazioni sanitarie e dei farmaci correlati a patologie tumorali maligne. Per farla breve e secca, 048 e` il numero del cancro. Se te lo becchi, dopo lunga trafila burocratica, ti piazzano il numeretto sulle ricette del medico di famiglia e lo Stato dovrebbe passarti medicine ed esami gratis. Dovrebbe. Perche` in realta`, soprattutto per quanto riguarda gli esami da fare periodicamente come parte del follow up, gratis spesso e` una parola sconosciuta e la gente se li paga di tasca sua. Nella mia esperienza, come vi raccontavo alcuni post fa, riuscire a fare una mammografia ed una ecografia mammaria col Sistema Sanitario Nazionale, pur essendo io malata di cancro al seno, e` un'impresa. Devo prenotare con almeno 12 mesi di anticipo, con non pochi problemi organizzativi. Quest'anno mi sono rifiutata e per 2014, se saro` ancora tra voi, dovro` sganciare un bel po` di soldini.
A quanto pare, non sono la sola. Non sono poche le donne col cancro al seno che devono pagarsi gli esami di routine. E` un problema grave, gravissimo. Dovremmo davvero farci sentire. Un'amica giornalista e` disposta a darci una mano, ma le servono storie da raccontare. Scrivetemi in privato e faro` da messaggera.

martedì 15 gennaio 2013

In attesa di giudizio

Mancano due ore alla partenza per New York. Le valigie sono pronte, ma l'aereoporto e` lontano. Siamo al mare, in Puglia, e dobbiamo raggiungere Napoli. L'autostrada e` intasata dal traffico. Mio padre e` nervoso. "Non arriveremo mai in tempo". All'improvviso, la mente scatta: ho dimenticato il tamoxifene. Non posso non prenderlo. L'autostrada sparisce. Sono nello studio della mia oncologa adesso. Mi passa dei cerotti. "No, non sono cerotti. Sono pillole", biascico in preda al panico. E` solo un attimo. L'autostrada ritorna. Questa volta, pero`, non sono in macchina. Sono di faccia al traffico. Jose mi tiene per mano. Le macchine ci vengono addosso. Dobbiamo scansarle, una, due, tre, dieci. Qualcuna prima o poi ci prendera`.

E` un sogno. E` solo un sogno. E` il sogno agitato e confuso di una cancrata in attesa di giudizio. A fine mese ci sono i controlli. Mi fanno il tagliando completo: risonanza, 2 ecografie, mammografia, scintigrafia ossea, marcatori. La vita e` di nuovo sospesa. Faccio, ancora una volta, un passo indietro in attesa del verdetto. E` un'attesa senza ossigeno. I pensieri girano come viti spanate. L'orrore ritorna. La realta` si rifa` incubo. Non c'e` modo di scansarsi, solo prepararsi all'eventualita` di essere travolti.

giovedì 10 gennaio 2013

AnneMarie Ciccarella, fearless friend



"Essere coraggiosi non vuol dire non avere paura, vuol dire saperla affrontare". Me lo diceva sempre mia madre, quando ero bambina. Ho ripensato tante volte a quella frase da quando mi sono ammalata. Ogni giorno guardo dritto in faccia la paura di morire e cerco di affrontarla. A volte mi riesce bene, a volte meno. Balle non me ne racconto mai, pero`. E non mi volto mai dall'altra parte se una compagna di malattia subisce un peggioramento o muore.

A quella frase ho ripensato oggi, spulciando su Facebook tra i commenti della mia amica e breast cancer advocate AnneMarie Ciccarella (qui il suo blog). AnneMarie si autodefinisce "fearless friend", amica senza paura e spiega che, per lei, essere senza paura significa agire nonostante la paura. E non sono solo chiacchiere. AnneMarie e` impegnatissima soprattutto sul fronte della ricerca sul cancro al seno al quarto stadio. Quello che fa piu` paura.

AnneMarie e` volontaria presso la Dr. Susan Love Research Foundation, tra le pochissime organizzazioni a promuovere ricerca sulle cause del cancro al seno e ad affermare con chiarezza che la sola cura non basta. AnneMarie stessa ha spiegato le ragioni del suo impegno. Ho pensato di tradurvi le sue parole. Le parole di una grande donna. Di una leonessa che conosce la paura e la guarda dritto in faccia.

Un'eredita` che mi rifiuto di trasmettere (l'originale qui)

E` ora. Per decenni abbiamo atteso progressi significativi e ora sono impaziente.

Sono passati 5 anni dalla fine delle cure per il mio carcinoma lobulare infiltrante. Preso in tempo, ma comunque infiltrante. Le cure includevano intervento chirurgico, chemioterapia e ormonoterapia. Non ero sola nel mio viaggio con il cancro al seno. Mia madre lo aveva avuto nel 1987 e di nuovo nel 2007. Quando anche a mia sorella hanno diagnosticato la stessa malattia, ho capito che non potevo piu` stare a guardare.

Ho cominciato osservando attendamente gli "incredibili passi avanti" nella cura del cancro al seno. Le terapie a cui mi sono sottoposta io erano praticamente identiche a quelle a cui si era sottoposta mia madre. Era passato molto tempo, ma non sembrava essere cambiato molto. Le tecniche chirurgiche sono migliorate, ma si tratta comunque di interventi. La sommistrazione della chemioterapia e` meno aggressiva, ma si tratta comunque di iniettare tossine nel corpo. 

Non c'era qualcuno che si muovesse su un sentiero differente? Avevo bisogno di cambiare rotta e il volontariato mi e` sembrato un buon punto di partenza. Facevo gia` parte del Love/Avon Army of Women della Dr. Susan Love Research Foundation e avevo visto che cercavano volontarie. Una telefonata e sono partita. 

Lo Army of Women non era soltanto un modo per far avanzare la ricerca piu` rapidamente contribuendo al reclutamento per gli studi come mai fatto prima. La Dottoressa Love stava conducendo ricerche innovative e finanziando studi simili attraverso la Fondazione da lei creata. Non si trattava tanto di trovare nuovi modi per uccidere le cellule cancerose, ma di prevenzione. Si tratta di capire perche` alcune cellule impazziscono. Abbiamo bisogno di studiare l'ambiente in cui queste cellule si sviluppano. 

Ci sono. Per risolvere un problema, prima di tutto bisogna capire che problema e`. Se riusciamo a capire le cause, possiamo lavorare per raggiungere un obiettivo diverso: fermare il cancro al seno prima ancora che cominci. E` questo l'obiettivo della Dr. Susan Love Research Foundation e la Dottoressa Love ne ha fatto lo scopo della sua vita. Lo Health of Women Study, lanciato lo scorso ottobre [e aperto alle donne di tutto il mondo, ndr], e` destinato a smuovere le acque. Le risposte alle nostre domande sono nei nostri corpi e la nostra partecipazione alla ricerca sul cancro al seno offrira` ai ricercatori una road map. Elementi comuni cominceranno a venir fuori una volta che i nostri dati - in forma anonima - verranno analizzati. In questo modo tutte noi possiamo giocare un ruolo importante per rendere il cancro al seno qualcosa del passato. 

Mia madre era con me mentre il medico mi visitava a luglio del 2006. Quando quelle parole terribili hanno succhiato l'ossigeno dalla stanza, mia madre era piu` devestata di me. Anche io ho una figlia. Non vorrei MAI trovarmi al posto di mia madre e vivere la stessa esperienza. 

Sono pronta a supportare chiunque sia intenzionato a trovare un modo per mettere fine al cancro al seno. L'obiettivo deve essere estirpare la malattia. 

Il cancro al seno ha gia` rubato troppo a troppe persone per troppo tempo. E` il momento di alzare la posta in gioco. Io? Ci sono.

mercoledì 9 gennaio 2013

Prenotazione? No, grazie

Mi manda un messaggio l'amazzone Gabriella. 'Sbrigati a prenotare la mammo e l'ecografia che` stanno gia` prendendo le prenotazioni per il 2014'.
Il nome dell'ospedale non importa. E` cosi` praticamente dovunque. Una povera crista ha paura di schiattare per i controlli che ancora deve fare e gia` dovrebbe precipitarsi a prenotare la mammo e l'eco per il prossimo anno.
Poi dicono che la diagnosi precoce e` fondamentale e che dobbiamo tutte correre a farci scannerizzare il seno. Pero`, cavolo (e mi trattengo), se noi che il cancro l'abbiamo gia` avuto (e certo non perche` non abbiamo fatto la mammo che, per inciso, nelle donne giovani non serve a nulla) dobbiamo prenotare con ANNI di anticipo, una che magari gia` non c'ha tanta voglia, che al pensiero di farsi mettere le tette sotto pressa non fa proprio i salti di gioia, che fa? Non la fa, la mammografia! Chi proprio ci tiene, invece, se la paga. Costo medio, 170-200 euro.
E chi il cancro al seno l'ha gia` avuto? Paga! Si, pure chi se l'e` gia` beccato. Nel 2011, le mie mammo ed eco me le sono dovute pagare di tasca mia. E sapete perche`? Perche` non avevo prenotato con un anno di anticipo. E sapete perche` non avevo prenotato con un anno d'anticipo, io, donna imprevidente? Perche` l'anno prima il cancro al seno ancora non ce l'avevo, o meglio, ancora non sapevo di averlo. E le successiva me le sono prenotate, sempre con un anno d'anticipo, facendole slittare di un mese perche` non c'era posto. Parliamo di una mammografia per gennaio 2013 prenotata a dicembre 2011.
E l'anno prossimo? Non lo so e non lo voglio sapere. Non so nemmeno se ci saro`, mi basta la paura fottuta della mammografia che devo fare tra venti giorni. Alla successiva, se ci sara`, non ci voglio nemmeno pensare. Che la giostra continui a girare. Io scendo.