mercoledì 28 novembre 2012

Il marciume non ha confini

"Tutto il mondo e` paese", dice il proverbio. "Che banalita`!", ho sempre pensato nel sentirlo dire. Eppure...

 Tirocinante mobizzata e discriminata sul lavoro perche` ha il cancro. Italia? No, Inghilterra. Anno del signore 2012. Si, e` successo a me. Non posso aggiungere molti dettagli. Probabilmente ci sara` un processo o almeno spero. Posso solo dirvi che finalmente, dopo due anni, ero tornata al lavoro. Piu` che lavoro un tirocinio. Ben pagato e di mio gusto. Oggi, dopo una settimana di angherie e dopo essermi sentita dire che si stava per avviare una procedura speciale nei miei confronti perche` per proteggermi dal mal di testa causatomi dalle terapie indossavo un cappello, ho lasciato.

A chi crede che cose del genere capitino solo in Italia, rispondo: non e` vero. A chi non crede che il sistema economico e sociale in cui viviamo sia marcio fino alle fondamenta senza distinzione di nazionalita`, ribadisco: ti sbagli. Con l'ultimo filo di voce che mi resta. Sono distrutta.

martedì 20 novembre 2012

Le fabbriche del cancro al seno

Il bisfenolo A e` dovunque. Nelle bottiglie di plastica, nei barattoli di pomodoro. Dove c'e` la plastica c'e` il bisfenolo A. Col PVC ci fanno le tovaglie, quelle plastificate che basta passarci una spugna per tenerle belle pulite. Ne avevo una pure io. Il bisfenolo A e il PVC interferiscono con gli ormoni e provocano il cancro al seno. Si sapeva da un po`. Uno studio uscito in questi giorni, lo conferma. Lo studio riguarda le donne che lavorano in fabbriche che producono materie plastiche, ma i risultati vanno ben oltre come spiegano gli autori. Riguardano tutte le donne. Anche quelle che in fabbrica non c'hanno mai messo piede. Ho pensato di tradurre un articolo che riporta i risultati della ricerca. Qui sotto trovate la prima parte. Leggetelo e fatelo leggere. E` interessante anche leggere quello che dicono i rappresentanti degli industriali: il cancro al seno e` questione di geni e stile di vita. L'abbiamo gia` sentito, eh?

"Studio rivela rischio piu` elevato di cancro al seno per le lavoratici delle materie plastiche"
di Jim Morris


WINDSOR, Ontario - Per piu` di tre decenni, I lavoratori, lavoratrici per la maggior parte, si sono lamentati delle terribili condizioni di lavoro di molte fabbriche che producono componenti in plastica per automobile in questa citta`. Esalazioni e polveri provocavano irritazioni nasali, mal di testa, nausa, vertigini. Cataste di plastica fumanti e maleodoranti abbandonate sul pavimento: “era come l’inferno”, racconta una donna che lavora ancora nel settore.
Le donne esprimevano preoccupazione, spesso in private, per quello che sembrava numero eccessivo di casi di cancro, e alter malattie nelle fabbriche dall’altra parte del fiume con le spalle a Detroit. “La gente si ammalava, ma davvero non pensavamo alla plastica”, dice Gina De Santis che ha lavorato in un impianto vicino Windsor per 25 anni.  
Adesso donne come Gina De Santis sono al centro di un nuovo studio i cui risultati dimostrano i legami tra il cancro al seno e l’esposizione a sostanze tossiche.
Lo studio, durato 6 anni e condotto da un team di ricercatori di Canada, Stati Uniti e Regno Unito, ha preso in esame le storie occupazionali di 1.006 donne delle contee dell’Essex e del Kent, in Ontario, ammalatesi di cancro al seno e 1.146 non affette dalla patologia, con aggiustamenti per fumo, peso, consumo di alcool e altri fattori relative allo stile di vita e alla sfera riproduttiva.
I risultati pubblicati oggi online sulla rivista Environmental Health sono impressionanti: la probabilita` di ammalarsi di cancro al seno prima della menopausa per le lavoratrici impiegate nella produzione di component in plastica per auto e` risultata 5 volte maggiore rispetto a quella delle donne nel gruppo di controllo.
Queste lavoratrici maneggiano una vasta gamma di sostanze cancerogene e agenti capaci di alterare il funzionamento del sistema endocrino. Tra questi il bisfenolo A, un addensante la cui presenza in bottiglie d’acqua e altri prodotti impensierisce alcuni consumatori , oltre a solventi, metalli pesanti  e materiali ignifughi.
Sandy Knight, che ha lavorato in due diversi impianti di Windsor dal 1978 al 1998, si e` ammalata di cancro al seno nel 2000, quando aveva 41 anni. Il cancro era al terzo stadio – “aggressivo e veloce “ racconta Sandy che ora lavora al centro distribuzione dei componenti della Ford vicino Toronto. Ha subito una mastectomia, seguita da 10 anni di terapia ormonale e adesso e` in remissione.
Alla domanda “pensi che la tua malattia abbia a che fare col lavoro che facevi”, Sandy risponde “Lo sospetto, dal momento che eravamo molto esposte”. Sandy ricorda “l’odore nauseante”, il bruciore agli occhi, i mal di testa, le donne che si ammalavano di cancro, non potevano avere figli, subivano aborti spontanei. Sapere che poco sembra essere cambiato in alcuni impianti la inquieta.
“Come e` possibile che oggi, nel 2012, ci siano ancora persone che lavorano nelle stesse condizioni in cui lavoravo ion el 1980?” chiede Sandy. “Sembra che stiamo combattendo la stessa battaglia di allora. Molte di queste sostanze andrebbero eliminate dai luoghi di lavoro”.
Il campione esaminato comprende donne che hanno lavorato per piu` di 40 anni nelle fabbriche di plastica nell’area di Windsor. Le implicazioni, tuttavia, sono ben piu` vaste: lavoratrici in fabbriche simili in altre parti del mondo sono esposte allo stesso tipo di sostanze. Lo stesso vale per tutte le donne che vengono in contatto con queste sostanze, sia pure in dosi minori, nella loro vita quotidiana.
“Queste sostanze sono presenti nell’aria, nell’acqua, nel cibo, e in molti prodotti”, spiega uno degli autori dello studio, James Brophy, docente all’Universita` di Windsor e medico del lavoro. “Non prestarci attenzione significa esporsi a dei rischi”.
Jeanne Rizzo, presidente di Brest Cancer Fund, organizzazione con sede a San Francisco che chiede che si indaghino maggiormente le cause ambientali di una malattia che, lo scorso anno negli Stati Uniti, ha ucciso circa 40.000 donne, definisce lo studio di Windsor “un lavoro poderoso. Il pezzo del puzzle che manca per il cancro al seno femminile e` la dimensione lavorativa”.
Negli Stati Uniti, circa 150.000 donne impiegate nelle fabbriche di materie plastiche e gomma sintetica sono esposte a molte sostanze cui sono esposte le donne di Windsor , compreso PVC, acrilonitrile, formaldeide e styrene.
“Penso che i risultati, sebbene riguardino donne canadesi, vadano ben oltre i confini del Canada”, dice un altro degli autori dello studio Andrew Watterson, direttore del Centro per la Sanita` Pubblica e le Ricerche sulla Salute della Popolazione presso l’Universita` di Stirling in Scozia. “I risultati riguardano le lavotrici della plastica in Europa, India, Cina, Africa, Stati Uniti. Le sostanze hanno gli stessi effetti tossici. E le malattie sono le stessa”.
“Anche quantita` minuscule di sostanze capaci di interferire con gli ormoni come il bisfenolo A sono preoccupanti”, dice Watterson. “Questa ricerca pone grossi interrogativi sia sugli standard di sicurezza nei luoghi di lavoro ma anche su quello che avviene in condizioni di minore esposizione” spiega.
La portavoce del Dipartimento di Salute e Sicurezza sul Lavoro negli Stati Uniti ha dichiarato in un comunicato “Leggeremo i risultati dello studio…e abbiamo intenzione di esaminare come utilizzarli per proteggere le lavoratrici e i lavoratori dall’esposizione a sostanze pericolose”.
L’American Chemistry Council, la principale associazione di industriali nel settore chimico degli Stati Uniti, ha messo in discussione i risultati sostenendo che lo studio non offre “alcuna quantificazione dell’esposizione delle lavoratrici”. Le stime del rischio sembrerebbero basate su un campione piccolo e non statisticamente rilevante”, si legge in un comunicato.
“I ben noti fattori di rischio per il cancro al seno non riguardano l’esposizione a sostanze chimiche, ma una combinazione di stili di vita e predisposizione genetica”, continua il comunicato.
Barry Eisenberg, portavoce di un’altra associazione di categoria, la Society of the Plastics Industry, ha rifiutato di commentare, dichiarando “Non siamo competenti in materia”. Eisenberg ha rifiutato rispondere a domande generiche sulla salute di lavoratori e consumatori sebbene il suo gruppo avesse a disposizione un Comitato per la Salute Occupazione e le Questioni Ambientali attivo sin dal 1985.
La Canadian Plastic Industry Association non ha volute rispondere alle richieste di commentare e lo stesso ha fatto il presidente della Canadian Automotive Parts Manufacturers’ Association.
Continua


giovedì 15 novembre 2012

Il paziente e` un soggetto 2 - L'Ieo ha un problema...o forse due


La giornata di oggi e` cominciata male. Inghilterra, ore 7. La sveglia suona. Potrei alzarmi piu` tardi, la scuola dove lavoro e` vicino casa. Stamattina pero` devo chiamare lo IEO per prenotare la Risonanza Magnetica Mammaria che devo fare a fine gennaio, come richiesto dalla mia oncologa. Fa parte dei controlli semestrali. Sono giovane, la mammografia e l’ecografia da sole non bastano. Almeno una volta l’anno dobbiamo fare una risonanza al seno.  Il centralino chiude alle 4 del pomeriggio. A quell’ora sono ancora a scuola. Devo giocare d’anticipo e chiamare la mattina molto presto.
E` ancora scuro. Sono sola in salotto. Jose dorme. Digito il numero. “Istituto Europeo di Oncologia”. E` la prima parola che sento dall’altra parte. Oncologia. Oncologia. Oncologia. Sono stata in terapia per un anno e mezzo e mi ero abituata a questa parola. Adesso che le terapie ospedaliere sono finite, almeno per il momento,  e sto pian piano rientrando nella mia vita “normale”, quella parola mi si conficca nel cuore e lo trapassa. E di nuovo la sensazione di  vivere un incubo. Oncologia, riferito a me. Ricordati, Grazia, hai il cancro.
I lucciconi non fanno in tempo a scendere che l’addetta delle prenotazioni mi risponde con la solita gentilezza. Sono sempre gentili i centralinisti dello Ieo.  “Mi dispiace, non abbiamo ancora le agende per il nuovo anno”. E` da agosto che chiamo e I poveracci mi rispondono sempre la stessa cosa. “Deve chiamare ogni settimana, ci dispiace non e` colpa nostra”. Lo so bene che loro non c’entrano. Per questo motivo, la scorsa settimana ho inviato un reclamo all’Ufficio Relazioni con il Pubblico dell’Istituto. Non ho ricevuto alcuna risposta e il problema, a distanza di una settimana, e` sempre lo stesso.
Chiudo il telefono e fisso il vuoto per qualche minuto. L’eco di quella parola nemica, oncologia, mi risuona ancora dentro. Ancora mi fa male.
 E` tardi. Devo andare al lavoro. Non c’e` tempo di chiamare al telefono l’Ufficio Relazioni con il Pubblico. Scrivo un post sulla pagina Facebook dell’Istituto. E` un post stizzito. E` il post di una persona che protesta per un’ inefficienza. Un’inefficienza pesante. Prenotare una risonanza magnetica mammaria per chi ha avuto il cancro al seno non e` precisamente come prenotare un appuntamento dal callista o dal parrucchiere.  Il pensiero di doversi sottoporre ad un esame per verificare se la malattia che rischia di ucciderti e` tornata toglie il sonno. L’unico modo per sopravvivere, oltre che al cancro, all’angoscia e alla paura e` di pensare all’esame il meno possibile. Anche solo prenotarlo e` motivo di angoscia. Significa riprendere contatto con la malattia. Significa di nuovo dover prendere coscienza del fatto che la morte potrebbe essere dietro l’angolo. Immaginate cosa vuol dire dover chiamare ogni settimana per poter prenotare l’ esame. E` un incubo! E se il paziente prova a protestare cosa succede? A me e` stato risposto cosi`: 

"poiche` la Sua dichiarazione e` messa appositamente in pubblico risponderemo qui (se Le interessasse realmente un aiuto si informerebbe attraverso altri canali)"

C’e`  da mettersi le mani nei capelli. Se i reclami si scontrano con un muro di gomma, noi pazienti che facciamo? Ne parliamo, per favore? Quante di voi stanno cercando di prenotare una risonanza magnetica mammaria per il 2013 allo Ieo? Sono stanca di vedere i miei diritti calpestati. E scommetto che non sono la sola.


mercoledì 14 novembre 2012

Savita






Assassini Assassini Assassini

Non riesco a dire altro da quando ho letto sul Guardian che una donna di origini indiane, Savita Halappavanar, e` stata assassinata in Irlanda dai medici che hanno rifiutato di salvarle la vita, terminandone la gravidanza, e lasciando che morisse di setticemia.
Savita aveva 31 anni, faceva la dentista e abitava a Galway. Era incinta di 17 settimane. Si e` sentita male. E` andata in ospedale. I medici hanno constatato che il feto stava morendo e non era possibile salvarlo. Consapevole del rischio che stava correndo, Savita ha chiesto che la gravidanza venisse terminata. I medici hanno rifiutato. "Siamo in un paese cattolico", hanno detto. "Ma io non sono ne` cattolica, ne` irlandese", ha ribattuto Savita. Niente da fare. Hanno aspettato che il battito cardiaco del feto non fosse piu` auscultabile per portare Savita in sala operatoria. Troppo tardi, Poco dopo, Savita e` morta di setticemia. Setticemia, capite? Hanno lasciato che una donna morisse di setticemia. Nella cattolicissima Irlanda!

Assassini Assassini Assassini




domenica 11 novembre 2012

Non mi piacciono i bozzi

Oggi ho avuto una crisi di pianto. Non mi succedeva da tempo. Saranno le ricorrenze brutte, sara` un po` di stress, sara` che a me i bozzi, dopo quello che mi e` successo col linfonodo, non piacciono.

Jose ha un piccolo bozzo sulla schiena. Un brufolo sottopelle o un minuscolo lipoma. Niente che lo preoccupi. Per me, invece, e` l'orrore. L'ho visto la prima volta un paio di settimane fa e mi e` andato il cuore in gola.
"Cos'e`?"
"Sara` un brufolo..."
"E` un bozzo. Oh Dio, cos'e`?"

Oggi, mi aspettavo di non trovarlo. E invece, zac, stava ancora li`. Come il linfonodo, che non se ne andava mai.
"Oh Dio, perche` non se ne va?"
"Ma che fastidio ti da?"
"Non mi piacciono i bozzi. Mi fanno orrore"
"Ma non e` un bozzo, sara` un brufolino sotto pelle"
"No, e` un bozzo e non se ne va. Oh Dio, perche`?"

La nostra camera da letto non esisteva piu`. Ero di nuovo nella nostra vecchia casa. A letto, nel letto di allora. All'alba, sveglia, occhi puntati al soffitto. La mano sotto l'ascella destra e il tonfo di angoscia. "Sta ancora li`, non se ne va".
Cristo santo, e` l'11 novembre oggi. Cosa facevo due anni fa oggi? Non ricordo nulla. I miei ricordi si fermano al 10. Le bugie pietose della dottoressa - "non posso dire cosa sia se non facciamo una biopsia" - il ritorno a casa, la telefonata ai miei genitori, le urla di mio padre.
Ricordo solo che quella e` stata la prima delle notti in cui non ho dormito. Ricordo di non aver dormito per una settimana. Di seguito.
Si chiama sindrome da stress post-traumatico. Il trauma che ho vissuto e` rimasto bloccato nel mio cervello, mi hanno spiegato. E sta ancora la`. Basta un brufolo a risvegliarlo. O anche solo il colore del cielo. E sento di nuovo l'orrore. La sua puzza mi si avvinghia addosso. Mi asciuga la gola. Un sudore freddo di morte mi bagna le tempie. La terra scivola via e precipito, in caduta libera.
No, non mi piacciono i bozzi

giovedì 8 novembre 2012

10 Novembre

According to Amalia Signorelli,
Basta sono stanca, vado a dormire. Continuo domani col capitolo, quando torno dall'ospedale. Ah no, c'e` la manifestazione. No, ci dobbiamo andare. Tanto in ospedale non staremo molto. Mi diranno quello che ha detto la dottoressa della mutua: "Non e` niente, stai tranquilla". Sono la solita ipocondriaca. Ho avuto l'influenza, sono magra da far spavento, sono troppo stressata. Avro` qualche infezione e il linfonodo mi si e` ingrossato. Fumo un'altra sigaretta e vado a dormire. Cavolo, pero` sta palloccia qua sotto al capezzolo che e`? Proprio dallo stesso lato del linfondo. No, no, no non e` niente. Domani mattina vai in ospedale e ti rassicurano. Mi sto creando sta paranoia perche` sono stressata.

Drin drin drin drin
"Ciao, Grazia, sono F. Sei gia` a Londra per la manifestazione?"
"No, sono in ospedale"
"Tutto bene?"
"Si si, e` tutto ok, e` solo un controllo. Magari finisco presto e vi raggiungo"
"Ok, fammi sapere"

"Sono molto stressata, dottoressa. Si, ho perso peso negli ultimi tempi, ma e` perche` sono stressata. Sto finendo il dottorato. In storia, storia contemporanea. Si, e` interessante ma non ne posso piu`. Non e` niente, dice? Non c'entra niente il linfonodo con la pallina al seno? Si, facciamo l'ago aspirato al linfonodo. Sa, io sono ipocondriaca e mi sono fissata che ho un tumore."

"Mi sembra tutto normale qui al seno. Magari possiamo ripetere l'ecografia tra 6 settimane. Intanto adesso prendiamo un po` di liquido dal linfonodo."
"Ma perche` e` ingrossato? Cosa puo` essere?
"Un'infezione"

Sono passate quasi tre ore. Avevano detto che non ci sarebbe voluto molto. Perche` non mi chiamano? Uffa. Cazzo, quella signora piange. Chissa` che le hanno detto... Siamo rimasti solo io, Jose e questa ragazza ad aspettare. E l'infermiera che fa avanti e indietro. Ah mo chiamano la ragazza. Chissa` che c'ha... Ah no, le danno solo un foglio davanti alla porta. Che bei capelli...

"La dottoressa dice che tra cinque minuti puoi entrare"
Madonna, che faccia. Perche` mi guarda cosi` questa?
"Jose, amore, entra con me, non voglio andare da sola"

"Vieni. La dottoressa ti aspetta"
"Eccomi"
"I'm sorry, Grazia, we've found some abnormal cells in your limphnode"

mercoledì 7 novembre 2012

La vita a tempo



Ho ricevuto una bellissima mail da un lettore del blog, Gianluca. Con il suo permesso, voglio condividerla. Gianluca si fa tante domande. Perche` sua suocera, dopo 10 anni libera da malattia, si e` ritrovata con delle metastasi alle ossa? E perche` se i medici le avevano dato solo 6 mesi di vita, oggi, dopo tanti anni, sta ancora bella fresca e tosta e si appresta a compiere 71 anni? E perche` una sua cara amica, ammalatasi tanti anni dopo sua suocera, deve oggi sottoporsi alle stesse vecchie terapie? Cosa sappiamo del cancro? Forse nulla, dice Gianluca. E io con lui. Le "cure" da sole non bastano. Insieme chiediamo che non si debba piu` sperare in una vita a tempo


"Era il 1985, avevo 18 anni, il pieno della spensieratezza, studio e divertimento, quali pensieri può avere un ragazzo di 18 anni? Conobbi una ragazza, fui molto felice, ora è mia moglie e l'amo come fosse il primo giorno. Con tanta felicità conobbi anche il significato della sofferenza, si, perchè non sempre tutto è felicità, lei aveva un problema, sua mamma, a 42 anni le diagnosticarono un tumore al seno, la operarono e fece le chemioterapie, io la conobbi qualche mese dopo il termine delle terapia, ma da subito partecipai al significato di avere un malato di tumore in famiglia. Tutto cambia, incominci a vedere le cose da prospettive diverse, apprezzi cose che non apprezzavi prima, ti cambia la vita, ma poi tutto torna alla normalità, il tempo passa, il dolore passa, si torna alla vita. Un piccolo particolare, vita a tempo, la medicina calcola il tempo che hai da vivere, per mia suocera 10 anni. Che vuoi che sia, 10 anni sono tanti, ci metteranno tanto a passare, in tutto questo tempo ha sposato due figli, ha avuto tre nipoti, si perde il conto degl'anni. All'undicesimo anno ecco qui, inesorabile la recitività, la scintigrafia ossea di routine individua due addensamenti, uno alla spina dorsale e l'altro sullo sterno, "che vuole signora è normale, fa parte della sua malattia", ma come, i medici avevano detto "sono passati 10 anni, sei guarita" ed ora? Il medico diagnostica un tumore alle ossa, "non c'è niente da fare 6 mesi di vita e faremo il possibile per non farla soffrire". No, non può finire così, era guarita ed ora è la fine? non è possibile. Corriamo in cerca di un centro che dia speranze e troviamo chi ci dice che si può curare, ma con una prospettiva di vita di due anni, di nuovo chemioterapia e di nuovo vita a tempo, di nuovo il tempo passa, passa il dolore, era il 1996, sono passati 16 anni, ora ha 70 anni, sarà stata fortuna, la medicina, un miracolo, la voglia di vita, non so, non capisco. Qualche mese fà una mia carissima amica a 43 anni subisce la stessa sorte e rivivo tutto il dolore e resto nella speranza che vada tutto bene, ma io ci sto male, m'informo sui progressi della medicina, ovviamente su internet e scopro che da oltre 25 anni nulla è cambiato, stesse diagnosi, stesse cure, vita a tempo. La mia carissima amica è una donna formidabile e ha una voglia di vita incredibile, è convinta e determinata e sconfiggerà la malattia. Le ricerche vanno avanti solo nel garantire una cura, invasiva e dannosa, e dare solo garanzia di vita a tempo e, permettetemi, sono convinto che non ancora ci capiscano niente di come viene o come si previene un tumore, e ci fanno pensare che tutto deve andare così, ma io non posso sopportare più che si debba sperare in una vita a tempo"

martedì 6 novembre 2012

La vita precedente

Tra un mese esatto, il 6 dicembre, a quest'ora, potrei essere Doctor. Mi fa uno strano effetto. Finire il dottorato che ho iniziato nel 2006 in Inghilterra e` stato per 4 lunghi anni lo scopo principale della mia vita. Recupera le fonti, corri in archivio, ce l'hai la bibliografia, hai consegnato il capitolo, mi accettano l'abstract, ripubblico il paper. Se ci ripenso oggi, mi sembra di parlare di un'altra persona e di un'altra vita.
Io il dottorato dovevo finirlo nel 2010. A settembre. Quell'estate avevo lavorato da matti. Non avevo tempo nemmeno per mangiare. Dimagrivo a vista d'occhio. La mattina mi svegliavo all'alba con una sensazione di nodo alla gola. Correvo a scrivere. Anche per dieci ore al giorno. Sempre davanti al computer. Ai lati delle guance mi si erano scavate due fosse. I pantaloni cominciavano a cadermi. Mi guardavo allo specchio e pensavo "Devo finire o mi ammalo di brutto. Questa tesi mi sta uccidendo".
Ero seduta al computer a lavorare il sabato che ho scoperto il linfonodo ingrossato sotto l'ascella. Sono corsa da Jose. "Hai avuto l'influenza, non e` niente". Ma i records di google toglievano il respiro: linfonodo sentinella, cancro al seno.
L'autopalpazione non avevo il coraggio di farla. "Domani mi sveglio e non c'e` piu`". E invece, il maledetto linfonodo sempre la` stava. Mi svegliavo all'alba e la prima cosa era controllare se c'era ancora. E c'era. C'era sempre.
Una sera un amico e` a cena a casa nostra. Non resisto. Non riesco a distrarmi. Corro nel mio studio, mi siedo alla scrivania e agguanto il seno destro. E lo sento, per la prima volta. Sotto il capezzolo, c'e` qualcosa di strano. Faccio il confronto con l'altro seno, il sinistro. Li` e` tutto normale. Mi manca il fiato, il cuore e` impazzito. Mi gira la testa. Cammino per la stanza, con le mani nei capelli. "Oh Dio, oh Dio, oh Dio". Mi guardo allo specchio. Ho la faccia di cera. "No non e` vero, non e` possibile".
Ho urlato la stessa cosa alla senologa che due settimane dopo mi ha annunciato che nel mio linfonodo c'erano delle "abnormal cells". E intanto chiedevo a Jose "perche` non mi sveglio?". E volevo che andasse via perche` sapevo che stavo precipitando.
La mia vita precedente si e` fermata quel giorno. Il dottorato ha smesso di significare alcunche`. E cosi` sara` anche per l'esame che dovro` sostenere il 6 dicembre. Quel pezzo della mia vita e` coperto dal ghiaccio e dalla nebbia. E` senza vita e senza piu` senso. E ancora non so bene dove cercarne uno nuovo.

domenica 4 novembre 2012

La battaglia che non abbiamo scelto - La storia di Jennifer e Angelo Merendino



La prima volta che ho visto Jose, il mio compagno di cammino, stavo guardando fuori dalla finestra. Un ragazzo con delle belle spalle e una maglia gialla e` sceso da un taxi, trascinandosi dietro una valigia, e si e` avviato verso la porta della casa in cui abitavo da pochi giorni. "Che gnocco", ho pensato. E gli ho aperto la porta, senza che lui bussasse. Mesi dopo, ho realizzato di essermi innamorata di lui a prima vista.
La stessa cosa e` accaduta a Jennifer e Angelo Merendino. Un amore a prima vista. Un grande amore che, purtroppo, il cancro al seno di lei ha spezzato. Angelo ha fotografato il calvario di Jen. Adesso che lei non c'e` piu` le sue foto raccontano la storia di un uomo e di una donna che si sono amati immensamente e che immensamente hanno sofferto. A causa del cancro. Non ci sono nastri rosa, non c'e` nessun lieto fine. C'e` il cancro, cosi` com'e`. Una malattia terribile.
Non riesco a non pensare a me e Jose ogni volta che guardo le foto di Angelo e Jennifer. Jennifer potrei essere io e potrebbe esserlo ogni donna che, come lei, nel fiore degli anni, si vede diagnosticato un male che non le da scampo. Angelo e` qualunque persona innamorata - persona, badate bene, non fa nessuna differenza che sia un uomo o una donna - costretta ad assistere alla malattia e alla fine di quanto di piu` caro abbia al mondo.
Le foto di Jen e Angelo sono diventate una mostra. In Italia potrete vederla al Festival di Fotografia Sociale, dal 10 al 18 novembre a Perugia. Il sogno di Angelo e` di portare la mostra in giro per il mondo, in modo che quanta piu` gente possibile possa rendersi conto di quello che lui e Jennifer hanno vissuto. Per farlo, pero`, c'e` bisogno di soldi. Visitate il suo sito e fate una donazione.

giovedì 1 novembre 2012

Difendiamo i nostri corpi dagli anti-abortisti e dal cancro

Quando l'ho sentito la prima volta non ci potevo credere. Dopo una rapida gogolatina mi sono cadute le braccia. Si, sono arrivati anche a questo. A dire che l'aborto aumenta le probabilita` di ammalarsi di cancro al seno. Chi sono? Gli anti-abortisti, in maggioranza cattolici. Quelli che vogliono rendere di nuovo l'aborto illegale, come quando non c'era la legge 194, costringendo chi vuole farvi ricorso a pagare e a rischiare la pelle. Quante donne sono morte perche` non c'era la legge 194 e quanti casini bisogna fare ancora adesso vista la quantita` di medici obiettori. Quelli che obiettano in ospedale, ma ti accolgono a braccia aperte nella loro clinica privata. 
Domani in molti ospedali, incluso il Sant'Anna di Torino, si terranno delle veglie di preghiera organizzate dall'associazione "no194". Lo denuncia il collettivo Altereva, che ha chiamato alla mobilitazione su Facebook
Pur di seminare terrore tra le donne questa gente non esita a mettere in giro voci su una presunta correlazione tra aborto e cancro al seno. Fatevi un giretto in rete e ne leggerete di tutti i colori. Tutto questo non solo e` violento e ingiusto ma e` un segnale inequivocabile di come si possa utilizzare strumentalmente la salute delle donne per perseguire obiettivi che con essa non hanno niente a che fare.

E` ora di dire basta. E` ora di unire le forze e le battaglie. Il diritto alla salute e` uno solo, sia che si parli di aborto sia che si parli di cancro al seno. I corpi sono nostri rivendichiamo il diritto a difenderli dagli anti-abortisti e dal cancro.