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martedì 13 agosto 2019

Nadia Toffa e il diritto alla salute

La morte di Nadia Toffa ci addolora, come ci ha addolorate quella della nostra Enza Bettinelli, uccisa dal cancro al seno qualche giorno fa, e quella di chiunque perda la vita anzitempo.

Sin dalla diffusione della notizia, è partito il solito circo mediatico. La rappresentazione del cancro e, più in generale, della malattia come battaglia personale domina anche in questo caso offrendo la possibilità di oscurare il fatto che la nostra salute e il diritto a preservarla ben oltre i 40 anni - l'eta` che aveva Nadia Toffa - siano questioni collettive. Un approccio che fa comodo ai molti esponenti politici, inclusa la ministra della salute Giulia Grillo, che, alla ricerca di facili consensi e incapaci di leggere le malattie come fatti sociali, si stanno profondendo in un insulso cordoglio a mezzo social.



Alle metafore guerresche si accompagna, nella celebrazione della cancro-eroina del giorno, l'insistenza sulla sua capacità di sorridere nonostante le terapie sfiancanti. Un'immagine normativa che grava, come spiega la sociologa Gayle Sulik, soprattutto sulle spalle delle donne colpite dal cancro [qui e qui]. Queste ultime devono sì affrontare la malattia con spirito guerriero, ma preservando pur sempre la loro femminilità. Sorridi è dunque il comandamento che si aggiunge, per le donne, al più comune combatti.

Parlare di cancro in questi termini non e` solo inutile. E` dannoso. E` necessario che aprire un serio dibattito sulla nostra salute e sulle sue determinanti socio-economiche e ambientali. Finche` questo non avverra`, vedremo ancora molti giorni come questo, in cui a una giovane donna, di soli 40 anni, e` stato negato il diritto a vivere. 

lunedì 16 febbraio 2015

Di cancro si muore, col cancro non si vive

Aveva soltanto 33 anni Erika Gallinari, presidentessa della sezione di Reggio Emilia dell'Associazione Nazionale Donne Operate al Seno (ANDOS) (qui). Ieri e` morta, uccisa dal cancro al seno che l'aveva colpita nel 2013. Faceva la maestra d'asilo e aveva una figlia di appena due anni e mezzo. Di cancro si muore, anche di cancro al seno, anche se venditori di fumo piu` o meno illustri continuano a dire che cosi` non e`. Il cancro al seno rappresenta infatti la prima causa di morte di natura oncologica tra le donne italiane (qui). E` un dato che fa rabbia, molta, se si considera che e` possibile porre in essere delle misure atte a prevenire la malattia prima che incominci riducendo drasticamente le possibilita` di esposizione involontaria a sostanze cancerogene e mutagene (qui), ma nessuno sembra interessato a farlo.
Simona, invece, di anni ne ha 40 e lavora in un centro commerciale a Roma. Anche lei ha il cancro e ha dovuto trascorrere 8 settimane in ospedale. Al ritorno a casa, si e` vista recapitare una lettera di licenziamento da parte del datore di lavoro, "prima catena di elettronica di consumo in Europa" come si legge nel comunicato dell'Unione Sindacale di Base (USB) che sta seguendo il caso, per le troppe assenze (qui). Col cancro non si vive e la storia di Simona lo dimostra, soprattutto in tempi come questi. Tempi in cui ogni diritto viene calpestato.
Lavoro e salute sono diritti inalienabili ed e` giunta l'ora di riappropriacerne, ad ogni costo. 

giovedì 4 dicembre 2014

La salute di parrucchiere ed estetiste

Quando andavo a scuola, soprattutto alle elementari, la domenica non mi andava mai di fare i compiti. Mia madre cominciava, in realta` ad implorarmi dal giorno prima "Fatti i compiti, cosi` stai senza pensieri". Il richiamo dei giochi, dopo una settimana passata sui banchi, era troppo forte. La domenica mattina, tra un soffritto e il letto da rifare, mamma sbraitava che non i compiti non li avevo fatti ancora. Immancabilmente, mio padre, suo marito, le faceva eco: "Domani, a lavare i capelli". Non che i miei capelli fossero particolarmente sporchi di domenica mattina. Il pover'uomo cercava maldestramente di darsi arie da padre tutto d'un pezzo. Il suo rimedio alla mia pigrzia di scolara era il lavoro di aiutante della parrucchiera, la cosiddeta shampista. Un lavoro che non richiede particolari qualifiche e che di solito si comincia da ragazzin*. Un lavoro stancante. Un lavoro che, ma questo mio padre non lo sapeva, espone la salute a grossi rischi.
Women's Voices for the Earth ha pubblicato, circa un mese fa, i risultati di un rapporto (qui) sulla salute delle parrucchiere e delle lavoratrici dei saloni di bellezza (negli Stati Uniti nella stragrande maggioranza si tratta di donne), appartenenti di solito alle fasce piu` svantaggiate della popolazione soprattutto se non si e` proprietarie del negozio, ma si lavora come dipendenti. Queste donne sono esposte per motivi professionali a sostanze contenute, per esempio, nelle colle per le extension, a causa delle quali possono sviluppare delle patologie che vanno dalla dermatite, alle malattie respiratorie, al cancro. Studi condotti in Nord Europa e negli Stati Uniti hanno infatti documentato la maggiore incidenza dell'asma tra le parrucchiere e le estetiste a causa dei fumi liberati da smalti, solventi e tinture. Studi europei e nordamericani hanno messo in luce il rischio maggiore rispetto alla popolazione generale di mettere al mondo bambini affetti da malformazioni o di parti prematuri. L'immancabile cancro al seno figura pure tra le malattie elencate nek rapporto, insieme a quello al polmone, alla laringe, alla vescica e al mieloma multiplo.
Che fare? Le lavoratrici del settore dovrebbero richiedere l'utilizzo di prodotti meno tossici e l'impiego di strumenti di protezione per la pelle e le vie respiratorie oltre ad assicurarsi che i residui dei prodotti vengano smaltiti senza arrecare ulteriori danni. Le consumatrici, invece, dovrebbero cominciare al piu` presto il problema dei danni che l'industria della bellezza, cosi` come e` organizzata adesso, arreca alla salute delle donne tutte. Questo non significa, ovviamente, dover rinunciare a colorarci i capelli e le unghie come ci piace o alla stiratura all'ultimo grido. Possiamo, sicuramente, pero`, alzare la voce e chiedere prodotti che non facciano male.

giovedì 15 novembre 2012

Il paziente e` un soggetto 2 - L'Ieo ha un problema...o forse due


La giornata di oggi e` cominciata male. Inghilterra, ore 7. La sveglia suona. Potrei alzarmi piu` tardi, la scuola dove lavoro e` vicino casa. Stamattina pero` devo chiamare lo IEO per prenotare la Risonanza Magnetica Mammaria che devo fare a fine gennaio, come richiesto dalla mia oncologa. Fa parte dei controlli semestrali. Sono giovane, la mammografia e l’ecografia da sole non bastano. Almeno una volta l’anno dobbiamo fare una risonanza al seno.  Il centralino chiude alle 4 del pomeriggio. A quell’ora sono ancora a scuola. Devo giocare d’anticipo e chiamare la mattina molto presto.
E` ancora scuro. Sono sola in salotto. Jose dorme. Digito il numero. “Istituto Europeo di Oncologia”. E` la prima parola che sento dall’altra parte. Oncologia. Oncologia. Oncologia. Sono stata in terapia per un anno e mezzo e mi ero abituata a questa parola. Adesso che le terapie ospedaliere sono finite, almeno per il momento,  e sto pian piano rientrando nella mia vita “normale”, quella parola mi si conficca nel cuore e lo trapassa. E di nuovo la sensazione di  vivere un incubo. Oncologia, riferito a me. Ricordati, Grazia, hai il cancro.
I lucciconi non fanno in tempo a scendere che l’addetta delle prenotazioni mi risponde con la solita gentilezza. Sono sempre gentili i centralinisti dello Ieo.  “Mi dispiace, non abbiamo ancora le agende per il nuovo anno”. E` da agosto che chiamo e I poveracci mi rispondono sempre la stessa cosa. “Deve chiamare ogni settimana, ci dispiace non e` colpa nostra”. Lo so bene che loro non c’entrano. Per questo motivo, la scorsa settimana ho inviato un reclamo all’Ufficio Relazioni con il Pubblico dell’Istituto. Non ho ricevuto alcuna risposta e il problema, a distanza di una settimana, e` sempre lo stesso.
Chiudo il telefono e fisso il vuoto per qualche minuto. L’eco di quella parola nemica, oncologia, mi risuona ancora dentro. Ancora mi fa male.
 E` tardi. Devo andare al lavoro. Non c’e` tempo di chiamare al telefono l’Ufficio Relazioni con il Pubblico. Scrivo un post sulla pagina Facebook dell’Istituto. E` un post stizzito. E` il post di una persona che protesta per un’ inefficienza. Un’inefficienza pesante. Prenotare una risonanza magnetica mammaria per chi ha avuto il cancro al seno non e` precisamente come prenotare un appuntamento dal callista o dal parrucchiere.  Il pensiero di doversi sottoporre ad un esame per verificare se la malattia che rischia di ucciderti e` tornata toglie il sonno. L’unico modo per sopravvivere, oltre che al cancro, all’angoscia e alla paura e` di pensare all’esame il meno possibile. Anche solo prenotarlo e` motivo di angoscia. Significa riprendere contatto con la malattia. Significa di nuovo dover prendere coscienza del fatto che la morte potrebbe essere dietro l’angolo. Immaginate cosa vuol dire dover chiamare ogni settimana per poter prenotare l’ esame. E` un incubo! E se il paziente prova a protestare cosa succede? A me e` stato risposto cosi`: 

"poiche` la Sua dichiarazione e` messa appositamente in pubblico risponderemo qui (se Le interessasse realmente un aiuto si informerebbe attraverso altri canali)"

C’e`  da mettersi le mani nei capelli. Se i reclami si scontrano con un muro di gomma, noi pazienti che facciamo? Ne parliamo, per favore? Quante di voi stanno cercando di prenotare una risonanza magnetica mammaria per il 2013 allo Ieo? Sono stanca di vedere i miei diritti calpestati. E scommetto che non sono la sola.