giovedì 27 marzo 2014

Una lettera dagli Stati Uniti

E` arrivata una lettera dagli Stati Uniti ieri. Me l'ha scritta la famiglia di Sandy Kugelman (qui), morta a dicembre di cancro al seno dopo 13 anni di malattia di cui 10 con metastasi.
Sandy aveva partecipato al film documentario Pink Ribbons Inc. in cui aveva spiegato che avere il cancro al seno metastatico vuol dire che la guarigione e` impossibile. Lei non sapeva nemmeno cosa fosse quando e` arrivato. Pensava che avendo fatto tutte le "cose giuste" quando le avevano diagnosticato il primario, terapie, stile di vita sano ecc., avesse "sconfitto" la malattia e invece no. La malattia e` tornata, si e` diffusa e, a distanza di dieci anni, l'ha uccisa. A 51 anni.
Tra una chemio e l'altra, Sandy aveva dedicato gli anni di malattia alla difesa dei diritti e al supporto delle donne con cancro al seno metastatico. Persino da morta, non ha voluto fiori. Ha chiesto a chi le voleva bene di effettuare donazioni a Metavivor (qui), piccola organizzazione che raccoglie fondi interamente destinati alla ricerca sul cancro al seno metastatico.
Finche` il cancro e` nel seno non uccide. Sono le metastasi in organi distanti come ossa, fegato, polmoni, cervello a mettere fine alla vita di ancora troppe donne. In circa il 30% dei casi, il cancro al seno metastizza . Il 90% delle pazienti con metastasi ne muore. La sopravvivenza media e` di circa 2 anni e mezzo. Il cancro al seno metastatico insomma e` un'emergenza. Eppure, solo il 2% dei fondi per la ricerca viene destinato al cancro al seno metastatico.
Non avevo mai incontrato Sandy di persona. L'ho conosciuta tramite il film a cui ha preso parte e ci siamo scambiate un messaggio via Facebook. La sua morte, la morte di questa donna formidabile che amava postare su Facebook le foto delle sue galline e che doveva avere un cuore grande cosi`, mi ha colpita tanto. E allora, anche se non ho un soldo e sono senza lavoro, ho fatto una donazione a Metavivor in sua memoria. E` stato il modo di dirle 'ti voglio bene' e, quando ieri mi e` arrivata la lettera della sua famiglia per ringraziarmi della donazione, ho sentito intorno a me una catena d'affetto lunga, lunghissima, che attraversa l'oceano e arriva fino negli Stati Uniti. La` dove Sandy riposa, nel posto che lei stessa aveva scelto, sotto un albero, perche` chi l'andasse a trovare potesse ripararsi dalla luce del sole e fermarsi un po` di piu` con lei.

venerdì 21 marzo 2014

Trasformare il silenzio in parole e fatti

Un paio di sere fa , una delle iscritte al gruppo di discussione delle Amazzoni Furiose (qui) segnalava come, a pochi giorni dall'apertura, la furia che dovrebbe caratterizzarlo si fosse gia` placata: "Mi fa una tristezza vedere quest'assenza di 'post', di parole, noi tutte ne abbiamo tante, tiriamole fuori". Una frase che mi ha fatto ripensare al saggio di Audre Lorde, in apertura dei Cancer Journals, intitolato (e mi si passi la traduzione forse forzata) "Trasformare il silenzio in parole e fatti".
Il saggio e` in realta` la trascrizione di un intervento di Audre Lorde al convegno della Modern Language Association tenutosi nel dicembre del 1977. La partecipazione della Lorde era stata messa in forse da un intervento al seno che la poetessa e attivista aveva subito circa un paio di mesi prima. E` lei stessa a raccontarlo. Secondo i medici l'intervento era necessario per rimuovere quello che, molto probabilmente, era un tumore maligno. A distanza di tre settimane, a sorpresa, la notizia che il nodulo era invece benigno. (Non sara` cosi`, purtroppo, l'anno successivo). In quel lasso di tempo, durante quell'attesa sfibrante, Lorde ripensa se stessa e la sua vita, le sue priorita` e quello che non ha fatto e si rende conto che cio` che piu` la faceva stare male erano i suoi silenzi, le volte in cui non era riuscita ad esprimersi. Continuava a chiedersi di cosa aveva avuto paura quelle volte in cui era stata zitta, adesso che la piu` grande paura che gli esseri umani si trovino ad affrontare, quella della morte, le faceva mettere tutto in prospettiva. Allo stesso tempo, si era fatta strada in lei la consapevolezza che la morte e` il nostro comune destino e che anche lei sarebbe morta, se non allora, in futuro, come tutti, sia che avesse trovato il coraggio di parlare che no. "I miei silenzi non mi avevano protetta. I vostri silenzi non vi proteggeranno".
Parlare significa svelarsi, esporsi. Puo` sembrare allora che il silenzio ci protegga. Chi, come noi, come Audre Lorde, come tutte le persone che stanno in bilico sul confine che separa la vita e la morte e lo guardano ogni giorno e ogni giorno fanno i conti con l'idea di doverlo oltrepassare, sa che non sara` il silenzio a tenerci dalla parte dei vivi. A che scopo stare zitti allora? Che motivo abbiamo per non far sentire la nostra voce, il nostro dolore, la nostra rabbia? Niente puo` farci piu` male, siamo dei battitori liberi, dei cani sciolti. Il silenzio e` inutile. Trasformarlo in parole e fatti puo`, al contrario, avvicinarci a chi sta come noi, a chi condivide il nostro percorso. Il silenzio separa, ci rende invisibili gli uni agli altri. Le parole e i fatti, l'espressione di se` stessi e del proprio pensiero, costruiscono ponti e mondi nuovi.

La traduzione di questo e di molti altri saggi di Audre Lorde sara` disponibile in italiano per la prima volta a maggio. E` possibile acquistare sin d'ora il libro in prevendita (qui)

lunedì 17 marzo 2014

Un femminismo per chi e` fuori dalla 'norma'

Sono ormai mesi che ho bisogno di tirare fuori un rospo. L'ho fatto qualche giorno fa in un post uscito domenica su un blog inglese di Medical Humanities (qui). Credo sia venuto il momento di fare altrettanto nella mia lingua madre.

E` successa una cosa molto brutta in Italia recentemente. A una donna, costretta all'aborto terapeutico al quinto mese di gravidanza, e` stata negata l'assistenza medica e sanitaria da parte del personale dell'ospedale Sandro Pertini di Roma. Una vicenda, rimbalzata giustamente sulle prime pagine dei giornali, che ha attirato l'attenzione dell'opinione pubblica e lo sdegno delle compagne femmniste. L'obiezione di coscienza, prevista dalla legge 194 che regola l'interruzione volontaria di gravidanza, e` ormai una vera e propria piaga che impedisce alle donne di avvalersi di un diritto sancito con legge dello stato. Le proteste sono quindi doverose.

La donna protagonista della vicenda, Valentina, ha tenuto a sottolineare tuttavia, attraverso l'associazione Luca Coscioni (qui), che "tutta l'attenzione si e` concentrata sulla vicenda dell'aborto, mentre per me e` importante che ci si occupi seriamente del vero problema alla base della mia storia che e` la legge 40".

Valentina e` portatrice di una malattia genetica che lei stessa definisce "rara e terribile". Puo` e vuole avere figli, ma corre il rischio di trasmettere la sua malattia. Un modo per evitarlo esiste e si chiama diagnosi pre-impianto. La legge 40 pero` la vieta. Per avere figli, Valentina deve quindi rimanere incinta e poi giocare alla roulette russa con l'amniocentesi. Se il colpo in canna parte, non le resta che l'aborto terapeutico.

Non mi sembra che, dopo la precisazione di Valentina le compagne femministe si siano soffermate particolarmente sulla questione. Perche`?

Il femminismo italiano ha un problema: si concentra quasi esclusivamente su questioni riproduttive, come l'aborto e gli anticoncezionali. Negli ultimi tempi si e` aggiunto il tema della violenza domestica. Tema sacrosanto anche quello, non c'e` nemmeno bisogno di dirlo, ma che insieme a quelli legati alla riproduzione, non esaurisce certo la gamma vastissima delle forme di dominazione e oppressione a cui sono sottoposte le donne. Si, le donne. Che sono tante e diverse. Non sono tutte sane e capaci di concepire. Non sono tutte accoppiate. Ci sono donne come Valentina che possono riprodursi e vogliono farlo, ma necessitano di strumenti che la scienza ci ha messo a disposizione ma a cui uno stato clericale e oscurantista come il nostro ci nega l'accesso. Ci sono donne come me, infertili a cui l'aborto e gli anticoncezionali non servono e non serviranno mai. Ci sono donne che non hanno nessuno che le ammazzi di botte perche` sono single. Ci sono donne che non trovano lavoro perche` sono donne e non gliene frega niente a nessuno.

Da quando ho aperto questo blog, ho conosciuto virtualmente molte persone. Tra loro, molte femministe che mi hanno offerto la loro solidarieta` e il loro supporto. Sono a loro grata, infinitamente. Si tratta, tuttavia, di gesti individuali. Se dovessi dire, pero`, che sento le mie istanze rappresentate dai femmismi italiani odierni, la risposta e` negativa. E credo lo stesso valga per le moltissime donne che il femminismo ormai non sanno nemmeno piu` cos'e` perche`, tra le varie, le loro priorita` non sono aborto e pillola. Forse e` il caso di ripartire da loro, per fare si` che i femminismi italiani non continuino ad essere la nicchia, in alcuni casi molto autoreferenziale, che sono adesso ma si aprano al vasto mondo, incluso quello delle donne fuori dalla 'norma'.

domenica 9 marzo 2014

Gruppo di discussione su Facebook

Chi fosse interessata a uno scambio di idee e/o esperienze piu` intimo puo` unirsi al gruppo Le Amazzoni Furiose su Facebook. Qui il link. Il gruppo e` rigorosamente chiuso. Astenersi medici ed eroine. No fiocchi rosa. Vi aspettiamo.

lunedì 3 marzo 2014

Cancro al seno prima dei 40? Questo post e` per te

Ogni tanto una buona notizia. A fine aprile, partecipero` a una conferenza dal titolo Qualitative Cancer Research: Taking Stock, Stepping Further (La ricerca qualitativa sul cancro: il punto della situazione e come procedere) presso il policlinico Charité - Universitätsmedizin di Berlino. Mi ha convinta a partecipare una mia carissima amica, antropologa medica che lavora in Francia e una sua collega belga. Il nostro intervento trattera` di giovani donne e cancro al seno in Italia, Belgio e Francia. Vi parteciperanno scienziati sociali, epidemiologi, psicologi ed esperti in altre discipline in modo da fornire un quadro quanto piu` completo possibile su una questione cosi` complessa come il cancro. Sara` quindi una buona occasione per far conoscere le problematiche legate alla malattia in donne ben al di sotto della fascia considerata di rischio. Mi farebbe piacere parlare non solo della mia esperienza, ma farmi messaggera anche delle vostre storie. Se vi siete ammalate prima dei quarant'anni come avete vissuto la diagnosi, le terapie, la vita dopo il cancro? Lasciate commenti, anche anonimi o inviate mail private. Non verranno fatti nomi, ma soltanto riferite testimonianze