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lunedì 18 marzo 2013

Giuseppe Serravezza - Oncologo

Non c'e` bisogno che io aggiunga nulla. Ascoltate le parole di Giuseppe Serravezza, oncologo, presidente della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori sezione di Lecce.






 

martedì 12 febbraio 2013

"E` tutto nei geni" Sti gran cazzi!

Perche`, se una donna si trasferisce dal Giappone agli Stati Uniti, le sue probabilita` di sviluppare il cancro al seno diventano molto piu` vicine a quelle delle donne statunitensi? I suoi geni sono sempre gli stessi, cambia l'ambiente. Ecco, l'ambiente. Si parla troppo poco delle cause ambientali del cancro al seno.
Il mio illustre senologo fu perentorio alla prima visita: "Per la mammella e` tutto nei geni". Sti gran cazzi! L'ambiente e` fondamentale per capire perche` cappero ci si ammala. E non lo dico certo io, ma lo riconferma, visto che ce n'e` ancora bisogno, il rapporto "Breast Cancer and Environment: Prioritizing Prevention" (Cancro al seno e ambiente: priorita` alla prevenzione), pubblicato oggi dal National Institute of Environmental Health Science per conto del Ministero della Sanita`.
Secondo quanto riportato dal New York Times, il rapporto punta l'indice contro la scarsita` dei fondi  - solo il 10% - destinati dal governo federale alla ricerca sulle cause ambientali del cancro al seno. Michael Gould, ordinario di oncologia all'Universita` del Wisconsin, Madison, e presidente del comitato autore del rapporto e` chiarissimo quando afferma che "non ci sono i soldi" per fare ricerca in quella direzione. E Jeanne Rizzo, altro membro del comitato, aggiunge "Stiamo allungando la vita col cancro al seno, lo stiamo rendendo una malattia cronica, ma non lo stiamo prevenendo". Secondo Rizzo, e` necessario indagare l'esposizione ad agenti cancerogeni in utero e nella prima infanzia, perche` e` in quelle fasi della vita, cosi` delicate, che il contatto piu` o meno diretto con determinate sostanze puo` porre in essere le condizioni per un futuro sviluppo della malattia.
Jeanne Rizzo e` presidente di Breast Cancer Fund, organizzazione il cui obiettivo precipuo e` far conoscere a un pubblico quanto piu` vasto possibile le scoperte scientifiche sulle cause ambientali del cancro al seno. E`, come si dice in inglese, una advocate, un'attivista, non un medico. E in quanto tale e` stata chiamata, insieme ad altre, ad esprimersi. Perche` le attiviste e le pazienti non sono orpelli, sono persone con un cervello che funziona e puo` funzionare persino meglio di quello di un medico.
E allora, caro il mio illustre senologo, stasera ti rispondo da qui e magari la prossima volta che ci vediamo te lo dico pure in faccia: "Non e` tutto nei geni. Ti sbagli. Meno certezze e piu` spazio alle teste pensanti dei pazienti!"

martedì 20 novembre 2012

Le fabbriche del cancro al seno

Il bisfenolo A e` dovunque. Nelle bottiglie di plastica, nei barattoli di pomodoro. Dove c'e` la plastica c'e` il bisfenolo A. Col PVC ci fanno le tovaglie, quelle plastificate che basta passarci una spugna per tenerle belle pulite. Ne avevo una pure io. Il bisfenolo A e il PVC interferiscono con gli ormoni e provocano il cancro al seno. Si sapeva da un po`. Uno studio uscito in questi giorni, lo conferma. Lo studio riguarda le donne che lavorano in fabbriche che producono materie plastiche, ma i risultati vanno ben oltre come spiegano gli autori. Riguardano tutte le donne. Anche quelle che in fabbrica non c'hanno mai messo piede. Ho pensato di tradurre un articolo che riporta i risultati della ricerca. Qui sotto trovate la prima parte. Leggetelo e fatelo leggere. E` interessante anche leggere quello che dicono i rappresentanti degli industriali: il cancro al seno e` questione di geni e stile di vita. L'abbiamo gia` sentito, eh?

"Studio rivela rischio piu` elevato di cancro al seno per le lavoratici delle materie plastiche"
di Jim Morris


WINDSOR, Ontario - Per piu` di tre decenni, I lavoratori, lavoratrici per la maggior parte, si sono lamentati delle terribili condizioni di lavoro di molte fabbriche che producono componenti in plastica per automobile in questa citta`. Esalazioni e polveri provocavano irritazioni nasali, mal di testa, nausa, vertigini. Cataste di plastica fumanti e maleodoranti abbandonate sul pavimento: “era come l’inferno”, racconta una donna che lavora ancora nel settore.
Le donne esprimevano preoccupazione, spesso in private, per quello che sembrava numero eccessivo di casi di cancro, e alter malattie nelle fabbriche dall’altra parte del fiume con le spalle a Detroit. “La gente si ammalava, ma davvero non pensavamo alla plastica”, dice Gina De Santis che ha lavorato in un impianto vicino Windsor per 25 anni.  
Adesso donne come Gina De Santis sono al centro di un nuovo studio i cui risultati dimostrano i legami tra il cancro al seno e l’esposizione a sostanze tossiche.
Lo studio, durato 6 anni e condotto da un team di ricercatori di Canada, Stati Uniti e Regno Unito, ha preso in esame le storie occupazionali di 1.006 donne delle contee dell’Essex e del Kent, in Ontario, ammalatesi di cancro al seno e 1.146 non affette dalla patologia, con aggiustamenti per fumo, peso, consumo di alcool e altri fattori relative allo stile di vita e alla sfera riproduttiva.
I risultati pubblicati oggi online sulla rivista Environmental Health sono impressionanti: la probabilita` di ammalarsi di cancro al seno prima della menopausa per le lavoratrici impiegate nella produzione di component in plastica per auto e` risultata 5 volte maggiore rispetto a quella delle donne nel gruppo di controllo.
Queste lavoratrici maneggiano una vasta gamma di sostanze cancerogene e agenti capaci di alterare il funzionamento del sistema endocrino. Tra questi il bisfenolo A, un addensante la cui presenza in bottiglie d’acqua e altri prodotti impensierisce alcuni consumatori , oltre a solventi, metalli pesanti  e materiali ignifughi.
Sandy Knight, che ha lavorato in due diversi impianti di Windsor dal 1978 al 1998, si e` ammalata di cancro al seno nel 2000, quando aveva 41 anni. Il cancro era al terzo stadio – “aggressivo e veloce “ racconta Sandy che ora lavora al centro distribuzione dei componenti della Ford vicino Toronto. Ha subito una mastectomia, seguita da 10 anni di terapia ormonale e adesso e` in remissione.
Alla domanda “pensi che la tua malattia abbia a che fare col lavoro che facevi”, Sandy risponde “Lo sospetto, dal momento che eravamo molto esposte”. Sandy ricorda “l’odore nauseante”, il bruciore agli occhi, i mal di testa, le donne che si ammalavano di cancro, non potevano avere figli, subivano aborti spontanei. Sapere che poco sembra essere cambiato in alcuni impianti la inquieta.
“Come e` possibile che oggi, nel 2012, ci siano ancora persone che lavorano nelle stesse condizioni in cui lavoravo ion el 1980?” chiede Sandy. “Sembra che stiamo combattendo la stessa battaglia di allora. Molte di queste sostanze andrebbero eliminate dai luoghi di lavoro”.
Il campione esaminato comprende donne che hanno lavorato per piu` di 40 anni nelle fabbriche di plastica nell’area di Windsor. Le implicazioni, tuttavia, sono ben piu` vaste: lavoratrici in fabbriche simili in altre parti del mondo sono esposte allo stesso tipo di sostanze. Lo stesso vale per tutte le donne che vengono in contatto con queste sostanze, sia pure in dosi minori, nella loro vita quotidiana.
“Queste sostanze sono presenti nell’aria, nell’acqua, nel cibo, e in molti prodotti”, spiega uno degli autori dello studio, James Brophy, docente all’Universita` di Windsor e medico del lavoro. “Non prestarci attenzione significa esporsi a dei rischi”.
Jeanne Rizzo, presidente di Brest Cancer Fund, organizzazione con sede a San Francisco che chiede che si indaghino maggiormente le cause ambientali di una malattia che, lo scorso anno negli Stati Uniti, ha ucciso circa 40.000 donne, definisce lo studio di Windsor “un lavoro poderoso. Il pezzo del puzzle che manca per il cancro al seno femminile e` la dimensione lavorativa”.
Negli Stati Uniti, circa 150.000 donne impiegate nelle fabbriche di materie plastiche e gomma sintetica sono esposte a molte sostanze cui sono esposte le donne di Windsor , compreso PVC, acrilonitrile, formaldeide e styrene.
“Penso che i risultati, sebbene riguardino donne canadesi, vadano ben oltre i confini del Canada”, dice un altro degli autori dello studio Andrew Watterson, direttore del Centro per la Sanita` Pubblica e le Ricerche sulla Salute della Popolazione presso l’Universita` di Stirling in Scozia. “I risultati riguardano le lavotrici della plastica in Europa, India, Cina, Africa, Stati Uniti. Le sostanze hanno gli stessi effetti tossici. E le malattie sono le stessa”.
“Anche quantita` minuscule di sostanze capaci di interferire con gli ormoni come il bisfenolo A sono preoccupanti”, dice Watterson. “Questa ricerca pone grossi interrogativi sia sugli standard di sicurezza nei luoghi di lavoro ma anche su quello che avviene in condizioni di minore esposizione” spiega.
La portavoce del Dipartimento di Salute e Sicurezza sul Lavoro negli Stati Uniti ha dichiarato in un comunicato “Leggeremo i risultati dello studio…e abbiamo intenzione di esaminare come utilizzarli per proteggere le lavoratrici e i lavoratori dall’esposizione a sostanze pericolose”.
L’American Chemistry Council, la principale associazione di industriali nel settore chimico degli Stati Uniti, ha messo in discussione i risultati sostenendo che lo studio non offre “alcuna quantificazione dell’esposizione delle lavoratrici”. Le stime del rischio sembrerebbero basate su un campione piccolo e non statisticamente rilevante”, si legge in un comunicato.
“I ben noti fattori di rischio per il cancro al seno non riguardano l’esposizione a sostanze chimiche, ma una combinazione di stili di vita e predisposizione genetica”, continua il comunicato.
Barry Eisenberg, portavoce di un’altra associazione di categoria, la Society of the Plastics Industry, ha rifiutato di commentare, dichiarando “Non siamo competenti in materia”. Eisenberg ha rifiutato rispondere a domande generiche sulla salute di lavoratori e consumatori sebbene il suo gruppo avesse a disposizione un Comitato per la Salute Occupazione e le Questioni Ambientali attivo sin dal 1985.
La Canadian Plastic Industry Association non ha volute rispondere alle richieste di commentare e lo stesso ha fatto il presidente della Canadian Automotive Parts Manufacturers’ Association.
Continua


giovedì 27 settembre 2012

Quante Taranto ci sono in Italia?


Sul Corriere della Sera di oggi in primo piano c'e' Taranto con la questione della Ilva,
messa sotto accusa dal tribunale per 'DISASTRO AMBIENTALE DOLOSO E COLPOSO'.
Vi invito a leggere il contenuto dell'articolo che e' straziante e guardare il video....questo e' il link....

http://www.corriere.it/inchieste/a-taranto-vita-impossibile-veleni-ilva-/86ea73ec-07e8-11e2-9bec-802f4a925381.shtml

Il ministro dell'ambiente Clini sostiene le ragioni della produzione e dell'industria....ma ad ogni costo?
La domanda e': QUANTE TARANTO CI SONO IN ITALIA?
Sarebbe importante far conoscere anche altre realta' ignorate dall'opinione pubblica attraverso le vostre voci.....
Scrivete e partecipate, per favore.....

Nathalia