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mercoledì 11 giugno 2014

Se la #breastunit non basta

Sta girando in rete un post pubblicato in contemporanea da divers* blogger che pubblicizza un'iniziativa di Europa Donna, l'associazione fondata nel 1993 da Umberto Veronesi che sostiene di rappresentare i "diritti delle donne nella prevenzione e cura del tumore al seno" (qui)
Nel post si legge che il 17 giugno a Milano si terra` un convegno dal titolo "Tumore al seno: dalla prevenzione alla cura di qualita`. Il ruolo del volontariato". Tra i relatori, gli immancabili Veronesi, padre e figlio. Europa Donna ha chiesto alle associazioni di pazienti presenti al convegno e a quant* vogliano esprimere sostegno di indossare una parrucca rosa allo scopo di promuovere la sensibilizzazione intorno a una questione considerata cruciale: la creazione di breast unit certificate. Cos'e` una breast unit? Lo spiega Luigia Tauro, membro del consiglio direttivo di Europa Donna, sul suo blog:

"La breast unit e` un'unita` specializzata di senologia che tratta il tumore al seno in tutte le fasi, dalla diagnosi precoce alla cura alla ricostruzione" (qui)

In Italia le breast unit certificate sono ancora poche. Europa Donna vuole che ne venga istituita almeno una ogni 500.000 abitanti, per un totale di 120 in tutta Italia. E` l'Europa che ce lo chiede, dice l'associazione. A questo scopo, le donne italiane dovrebbero indossare una parrucca rosa "simbolo di una malattia che puo` avere presto un futuro rosa e di serenita`". (qui)

Ho ricevuto la diagnosi di cancro al seno dall'equipe di una breast unit inglese che mi ha seguita nel momento fino ad ora piu` doloroso della mia vita in maniera molto efficiente. Di qui a parlare di "futuro rosa e di serenita`" ce ne corre pero`. Inoltre, occorre ricordare, come ha fatto Gabriella Doneda nella discussione riguardante l'iniziativa che si e` tenuta tra noi Amazzoni, che la competenza dei medici puo` giocare un ruolo ben piu` importante dell'assetto organizzativo dell'equipe in cui operano. Se il medico e` ciuccio, per dirla in soldoni, come purtroppo e` capitato a Gabriella che si e` ritrovata con una diagnosi sbagliata all'inizio ed e` stata costretta a rivolgersi altrove, non c'e` breast unit che tenga. E non dimentichiamo, come ha fatto notare Simona, che ha pagato con un bel cancro al seno in giovanissima eta` il fatto di vivere in prossimita` di grandi impianti industriali a Terni, che le breast unit nulla possono contro le cause del cancro (al seno e non solo) e che se non si agisce politicamente "saranno solo cure e ospedali". Infine, ad Europa Donna chiediamo dov'era quando a Torino e` stato chiuso l'ospedale Valdese, centro di eccellenza per il cancro al seno e cosa faccia quotidianamente quando migliaia di donne, come la nostra M. C., si sentono dire che non sono abbastanza malate per aver diritto al riconoscimento dell'invalidita` ormai negata persino durante la chemioterapia (qui), quando le nostre sorelle di malattia devono effettuare i controlli privatamente perche` col Sistema Sanitario Nazionale non c'e` posto, che posizione pensa di assumere in merito ai continui tagli alla sanita` pubblica che a livello europeo stanno uccidendo lo stato sociale. La risposta a tutto questo non puo` essere una parrucca, tantomeno se rosa.


mercoledì 5 giugno 2013

L'ambiente siamo noi

Oggi e` la Giornata Internazionale dell'Ambiente. Si celebra ogni anno il 5 giugno. Ditemi se mi sbaglio - e francamente lo spero - ma ho la sensazione che si parli di solito di ambiente come qualcosa di separato da noi che lo abitiamo.
L'ambiente siamo noi. Se qualcuno sversa rifiuti tossici in qualche fazzoletto di terra del casertano, quei rifiuti uccideranno della gente. Non tra un secolo, ma molto prima. Gente con un volto e un nome che conosciamo. Gente che ci abita accanto. Uccideranno i nostri cari, uccideranno noi. Ho la sensazione che la questione solo di rado venga posta in questi termini e certamente non dai media mainstream.
Anch'io, d'altra parte con l'esempio dei rifiuti tossici, sono caduta in uno stereotipo dei piu` classici: i danni all'ambiente si verificano in violazione delle leggi vigenti. Niente di piu` falso. La stragrande maggioranza delle sostanze che danneggiano l'ambiente e quindi noi che l'abitiamo sono legalizzate. Prendiamo il caso del Bisfenolo A, presente in praticamente ogni prodotto in plastica, compresi i contenitori per il cibo. Ne siamo pieni zeppi. Il Bisfenolo A e` un interferente endocrino molto potente, sospettato di causare il cancro al seno e malattie cardiovascolari. Insomma, e` un veleno, eppure viene tranquillamente utilizzato per le latte di pomodori.
Prendiamo il caso delle fabbriche, delle centrali a carbone, dei gas di scarico delle automobili. Mi ricordo che da bambina si parlava tanto del buco dell'ozono, causato dall'inquinamento. Me lo immaginavo, il buco, sospeso sopra le nostre teste, come un cerchio fatto col fumo delle sigarette e non immaginavo che prima di arrivare all'ozono, quella robaccia il buco lo stava scavando dentro di me.

martedì 20 novembre 2012

Le fabbriche del cancro al seno

Il bisfenolo A e` dovunque. Nelle bottiglie di plastica, nei barattoli di pomodoro. Dove c'e` la plastica c'e` il bisfenolo A. Col PVC ci fanno le tovaglie, quelle plastificate che basta passarci una spugna per tenerle belle pulite. Ne avevo una pure io. Il bisfenolo A e il PVC interferiscono con gli ormoni e provocano il cancro al seno. Si sapeva da un po`. Uno studio uscito in questi giorni, lo conferma. Lo studio riguarda le donne che lavorano in fabbriche che producono materie plastiche, ma i risultati vanno ben oltre come spiegano gli autori. Riguardano tutte le donne. Anche quelle che in fabbrica non c'hanno mai messo piede. Ho pensato di tradurre un articolo che riporta i risultati della ricerca. Qui sotto trovate la prima parte. Leggetelo e fatelo leggere. E` interessante anche leggere quello che dicono i rappresentanti degli industriali: il cancro al seno e` questione di geni e stile di vita. L'abbiamo gia` sentito, eh?

"Studio rivela rischio piu` elevato di cancro al seno per le lavoratici delle materie plastiche"
di Jim Morris


WINDSOR, Ontario - Per piu` di tre decenni, I lavoratori, lavoratrici per la maggior parte, si sono lamentati delle terribili condizioni di lavoro di molte fabbriche che producono componenti in plastica per automobile in questa citta`. Esalazioni e polveri provocavano irritazioni nasali, mal di testa, nausa, vertigini. Cataste di plastica fumanti e maleodoranti abbandonate sul pavimento: “era come l’inferno”, racconta una donna che lavora ancora nel settore.
Le donne esprimevano preoccupazione, spesso in private, per quello che sembrava numero eccessivo di casi di cancro, e alter malattie nelle fabbriche dall’altra parte del fiume con le spalle a Detroit. “La gente si ammalava, ma davvero non pensavamo alla plastica”, dice Gina De Santis che ha lavorato in un impianto vicino Windsor per 25 anni.  
Adesso donne come Gina De Santis sono al centro di un nuovo studio i cui risultati dimostrano i legami tra il cancro al seno e l’esposizione a sostanze tossiche.
Lo studio, durato 6 anni e condotto da un team di ricercatori di Canada, Stati Uniti e Regno Unito, ha preso in esame le storie occupazionali di 1.006 donne delle contee dell’Essex e del Kent, in Ontario, ammalatesi di cancro al seno e 1.146 non affette dalla patologia, con aggiustamenti per fumo, peso, consumo di alcool e altri fattori relative allo stile di vita e alla sfera riproduttiva.
I risultati pubblicati oggi online sulla rivista Environmental Health sono impressionanti: la probabilita` di ammalarsi di cancro al seno prima della menopausa per le lavoratrici impiegate nella produzione di component in plastica per auto e` risultata 5 volte maggiore rispetto a quella delle donne nel gruppo di controllo.
Queste lavoratrici maneggiano una vasta gamma di sostanze cancerogene e agenti capaci di alterare il funzionamento del sistema endocrino. Tra questi il bisfenolo A, un addensante la cui presenza in bottiglie d’acqua e altri prodotti impensierisce alcuni consumatori , oltre a solventi, metalli pesanti  e materiali ignifughi.
Sandy Knight, che ha lavorato in due diversi impianti di Windsor dal 1978 al 1998, si e` ammalata di cancro al seno nel 2000, quando aveva 41 anni. Il cancro era al terzo stadio – “aggressivo e veloce “ racconta Sandy che ora lavora al centro distribuzione dei componenti della Ford vicino Toronto. Ha subito una mastectomia, seguita da 10 anni di terapia ormonale e adesso e` in remissione.
Alla domanda “pensi che la tua malattia abbia a che fare col lavoro che facevi”, Sandy risponde “Lo sospetto, dal momento che eravamo molto esposte”. Sandy ricorda “l’odore nauseante”, il bruciore agli occhi, i mal di testa, le donne che si ammalavano di cancro, non potevano avere figli, subivano aborti spontanei. Sapere che poco sembra essere cambiato in alcuni impianti la inquieta.
“Come e` possibile che oggi, nel 2012, ci siano ancora persone che lavorano nelle stesse condizioni in cui lavoravo ion el 1980?” chiede Sandy. “Sembra che stiamo combattendo la stessa battaglia di allora. Molte di queste sostanze andrebbero eliminate dai luoghi di lavoro”.
Il campione esaminato comprende donne che hanno lavorato per piu` di 40 anni nelle fabbriche di plastica nell’area di Windsor. Le implicazioni, tuttavia, sono ben piu` vaste: lavoratrici in fabbriche simili in altre parti del mondo sono esposte allo stesso tipo di sostanze. Lo stesso vale per tutte le donne che vengono in contatto con queste sostanze, sia pure in dosi minori, nella loro vita quotidiana.
“Queste sostanze sono presenti nell’aria, nell’acqua, nel cibo, e in molti prodotti”, spiega uno degli autori dello studio, James Brophy, docente all’Universita` di Windsor e medico del lavoro. “Non prestarci attenzione significa esporsi a dei rischi”.
Jeanne Rizzo, presidente di Brest Cancer Fund, organizzazione con sede a San Francisco che chiede che si indaghino maggiormente le cause ambientali di una malattia che, lo scorso anno negli Stati Uniti, ha ucciso circa 40.000 donne, definisce lo studio di Windsor “un lavoro poderoso. Il pezzo del puzzle che manca per il cancro al seno femminile e` la dimensione lavorativa”.
Negli Stati Uniti, circa 150.000 donne impiegate nelle fabbriche di materie plastiche e gomma sintetica sono esposte a molte sostanze cui sono esposte le donne di Windsor , compreso PVC, acrilonitrile, formaldeide e styrene.
“Penso che i risultati, sebbene riguardino donne canadesi, vadano ben oltre i confini del Canada”, dice un altro degli autori dello studio Andrew Watterson, direttore del Centro per la Sanita` Pubblica e le Ricerche sulla Salute della Popolazione presso l’Universita` di Stirling in Scozia. “I risultati riguardano le lavotrici della plastica in Europa, India, Cina, Africa, Stati Uniti. Le sostanze hanno gli stessi effetti tossici. E le malattie sono le stessa”.
“Anche quantita` minuscule di sostanze capaci di interferire con gli ormoni come il bisfenolo A sono preoccupanti”, dice Watterson. “Questa ricerca pone grossi interrogativi sia sugli standard di sicurezza nei luoghi di lavoro ma anche su quello che avviene in condizioni di minore esposizione” spiega.
La portavoce del Dipartimento di Salute e Sicurezza sul Lavoro negli Stati Uniti ha dichiarato in un comunicato “Leggeremo i risultati dello studio…e abbiamo intenzione di esaminare come utilizzarli per proteggere le lavoratrici e i lavoratori dall’esposizione a sostanze pericolose”.
L’American Chemistry Council, la principale associazione di industriali nel settore chimico degli Stati Uniti, ha messo in discussione i risultati sostenendo che lo studio non offre “alcuna quantificazione dell’esposizione delle lavoratrici”. Le stime del rischio sembrerebbero basate su un campione piccolo e non statisticamente rilevante”, si legge in un comunicato.
“I ben noti fattori di rischio per il cancro al seno non riguardano l’esposizione a sostanze chimiche, ma una combinazione di stili di vita e predisposizione genetica”, continua il comunicato.
Barry Eisenberg, portavoce di un’altra associazione di categoria, la Society of the Plastics Industry, ha rifiutato di commentare, dichiarando “Non siamo competenti in materia”. Eisenberg ha rifiutato rispondere a domande generiche sulla salute di lavoratori e consumatori sebbene il suo gruppo avesse a disposizione un Comitato per la Salute Occupazione e le Questioni Ambientali attivo sin dal 1985.
La Canadian Plastic Industry Association non ha volute rispondere alle richieste di commentare e lo stesso ha fatto il presidente della Canadian Automotive Parts Manufacturers’ Association.
Continua


giovedì 27 settembre 2012

Quante Taranto ci sono in Italia?


Sul Corriere della Sera di oggi in primo piano c'e' Taranto con la questione della Ilva,
messa sotto accusa dal tribunale per 'DISASTRO AMBIENTALE DOLOSO E COLPOSO'.
Vi invito a leggere il contenuto dell'articolo che e' straziante e guardare il video....questo e' il link....

http://www.corriere.it/inchieste/a-taranto-vita-impossibile-veleni-ilva-/86ea73ec-07e8-11e2-9bec-802f4a925381.shtml

Il ministro dell'ambiente Clini sostiene le ragioni della produzione e dell'industria....ma ad ogni costo?
La domanda e': QUANTE TARANTO CI SONO IN ITALIA?
Sarebbe importante far conoscere anche altre realta' ignorate dall'opinione pubblica attraverso le vostre voci.....
Scrivete e partecipate, per favore.....

Nathalia

venerdì 27 luglio 2012

Angelo di nome e di fatto

Ogni volta che varco il cancello di quell'ospedale ti rivedo passeggiare in vestaglia nel parco antistante. Oppure affacciato alla finestra del secondo piano. Quella da cui adesso sporge la cassetta col motore dell'aria condizionata. Allora non c'era. Era il 1988 e tu, nonno, in quell'ospedale ci stavi perche` ti avevano diagnosticato un cancro al polmone. Trattabile. "Facciamo l'intervento, poi la chemio e gli diremo che puo` fumare due o tre sigarette al giorno. Lui ne fumera` quattro, ma va bene lo stesso. Gli guadagneremo almeno cinque anni di buona vita". Cosi` aveva detto il medico che doveva operarti. Il cancro era circoscritto e mamma tiro` un sospiro di sollievo. Io venivo a trovarti, ma rimanevo nel parco. I bambini non li facevano entrare. Tu ti affacciavi alla finestra, alto e magro, con la tua vestaglia rossa sembravi un figurino. Sorridevi e mi salutavi. Eri un Angelo, di nome e di fatto.
Te ne sei andato veloce un pomeriggio di fine ottobre. Lo stesso giorno, dodici anni dopo, la tua 'scimia', io, ha sentito per la prima volta una pallina dura sotto il capezzolo destro. L'operazione era andata bene, eri stato dimesso. "Adesso si deve rimettere, cosi` poi cominciamo la chemio", aveva detto il dottore. Ed eri tornato a casa. Mamma era contenta di nuovo. Il giorno dopo stavamo per metterci a tavola, quando hanno chiamato dicendo che tu non stavi bene, avevi la febbre. Mamma e papa` sono corsi da te, io sono rimasta a casa e ho pensato "Uffa, e` sempre malato". Dovevo andare a giocare con Sara e Michele quel pomeriggio e, invece, per colpa tua mi avevano lasciata a casa con mia sorella, tua nipote.
Ho saputo che eri morto a funerale gia` fatto. Ho pianto, tanto. E mi sono sentita in colpa per quello che avevo pensato. Allora pero` non sapevo perche` eri morto. Eri morto e basta. E questo bastava a farmi star male. E non mi avevano permesso di darti un ultimo bacio e di sentire un'ultima volta i tuoi baffi pungermi le guance.
Adesso so, nonno. Tu non sei morto per il cancro. Hai avuto una tromboembolia polmonare. Un grumo di sangue e` partito dalle tue gambe lunghe lunghe e si e` incastrato nel polmone. E tu non hai respirato piu`.
Tu fumavi, nonno. E forse il cancro al polmone l'hai avuto per questo. Da allora, pero`, tante cose sono cambiate. Adesso di cancro al polmone non si ammalano piu` solo i fumatori, ma anche chi non ha mai fumato in vita sua. E se prima si ammalavano di piu` gli uomini, adesso si ammalano anche tante donne. E comunque, anche se c'e` il fumo di mezzo, chi ci assicura che sia proprio quello a causare il cancro - e le forme piu` aggressive stanno diventando sempre piu` frequenti - e non soprattutto gli scarichi delle macchine, l'amianto che si insidia dovunque, persino nelle scuole, negli asili e negli ospedali e chissa` che altro?
Il mondo e` diventato un posto bruttissimo nonno. Il capitalismo mostra il suo volto di assassino e noi non sappiamo cosa fare. Finalmente, pero`, ho capito perche` te ne sei andato cosi` presto. Un Angelo di nome e di fatto come te, in un mondo cosi` non ci poteva stare.