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mercoledì 7 novembre 2012

La vita a tempo



Ho ricevuto una bellissima mail da un lettore del blog, Gianluca. Con il suo permesso, voglio condividerla. Gianluca si fa tante domande. Perche` sua suocera, dopo 10 anni libera da malattia, si e` ritrovata con delle metastasi alle ossa? E perche` se i medici le avevano dato solo 6 mesi di vita, oggi, dopo tanti anni, sta ancora bella fresca e tosta e si appresta a compiere 71 anni? E perche` una sua cara amica, ammalatasi tanti anni dopo sua suocera, deve oggi sottoporsi alle stesse vecchie terapie? Cosa sappiamo del cancro? Forse nulla, dice Gianluca. E io con lui. Le "cure" da sole non bastano. Insieme chiediamo che non si debba piu` sperare in una vita a tempo


"Era il 1985, avevo 18 anni, il pieno della spensieratezza, studio e divertimento, quali pensieri può avere un ragazzo di 18 anni? Conobbi una ragazza, fui molto felice, ora è mia moglie e l'amo come fosse il primo giorno. Con tanta felicità conobbi anche il significato della sofferenza, si, perchè non sempre tutto è felicità, lei aveva un problema, sua mamma, a 42 anni le diagnosticarono un tumore al seno, la operarono e fece le chemioterapie, io la conobbi qualche mese dopo il termine delle terapia, ma da subito partecipai al significato di avere un malato di tumore in famiglia. Tutto cambia, incominci a vedere le cose da prospettive diverse, apprezzi cose che non apprezzavi prima, ti cambia la vita, ma poi tutto torna alla normalità, il tempo passa, il dolore passa, si torna alla vita. Un piccolo particolare, vita a tempo, la medicina calcola il tempo che hai da vivere, per mia suocera 10 anni. Che vuoi che sia, 10 anni sono tanti, ci metteranno tanto a passare, in tutto questo tempo ha sposato due figli, ha avuto tre nipoti, si perde il conto degl'anni. All'undicesimo anno ecco qui, inesorabile la recitività, la scintigrafia ossea di routine individua due addensamenti, uno alla spina dorsale e l'altro sullo sterno, "che vuole signora è normale, fa parte della sua malattia", ma come, i medici avevano detto "sono passati 10 anni, sei guarita" ed ora? Il medico diagnostica un tumore alle ossa, "non c'è niente da fare 6 mesi di vita e faremo il possibile per non farla soffrire". No, non può finire così, era guarita ed ora è la fine? non è possibile. Corriamo in cerca di un centro che dia speranze e troviamo chi ci dice che si può curare, ma con una prospettiva di vita di due anni, di nuovo chemioterapia e di nuovo vita a tempo, di nuovo il tempo passa, passa il dolore, era il 1996, sono passati 16 anni, ora ha 70 anni, sarà stata fortuna, la medicina, un miracolo, la voglia di vita, non so, non capisco. Qualche mese fà una mia carissima amica a 43 anni subisce la stessa sorte e rivivo tutto il dolore e resto nella speranza che vada tutto bene, ma io ci sto male, m'informo sui progressi della medicina, ovviamente su internet e scopro che da oltre 25 anni nulla è cambiato, stesse diagnosi, stesse cure, vita a tempo. La mia carissima amica è una donna formidabile e ha una voglia di vita incredibile, è convinta e determinata e sconfiggerà la malattia. Le ricerche vanno avanti solo nel garantire una cura, invasiva e dannosa, e dare solo garanzia di vita a tempo e, permettetemi, sono convinto che non ancora ci capiscano niente di come viene o come si previene un tumore, e ci fanno pensare che tutto deve andare così, ma io non posso sopportare più che si debba sperare in una vita a tempo"

lunedì 25 giugno 2012

Se questa e` una cura


Stanchezza cronica

Dolori alle ossa e crampi ai muscoli

Pelle e mucose secche inclusa la fica

Vampate di calore

Disturbi della visione

Bruciore agli occhi

Anemia

Anorgasmia

Zinne ammosciate

Infertilita`

Tachicardia

Disturbi dell’umore

Ritenzione di liquidi

Rischio di trombosi

Rischio di cancro dell’endometrio

Se questa e` una cura

venerdì 15 giugno 2012

#occupythecure


Dagli Stati Uniti un nuovo hashtag, #occupythecure. A lanciarlo dagli Stati Uniti e` Elisabeth Dale, autrice di “bOObs: a guide to your girls”, manuale spiritoso – o cosi pare – sul seno pensato per le donne. Devo dire che tutto il rosa del sito di Elisabeth Dale (http://www.thebreastlife.com/) non mi ispira molto e il suo libro non l’ho letto. Pero` all’inizio di giugno ha scritto un post che mi e` piaciuto. E` una recensione a Pink Ribbons Inc. , il documentario di cui vi ho gia` parlato e linkato il trailer e che spero arrivera` presto in Europa e in Italia. Elisabeth ne approfitta per raccontare che sua madre, 40 anni fa, ha avuto un tumore al seno e per questo oggi lei, sua figlia, deve tenersi molto sotto controllo. “Prima della mia ultima mammografia” – scrive Elisabeth – “sono stata portata in uno spogliatoio nell’attesa che arrivasse il radiologo. Appeso al muro, all’altezza degli occhi, c’era un piccolo specchio. Mi sono specchiata e ho visto che ai due lati del vetro erano incollati due nastri rosa. Il mio viso era incorniciato dai nastri rosa. E` stato un modo poco piacevole di ricordarmi perche` ero li`. Le mammografie non prevengono il cancro al seno. No. E quei nastri rosa sono serviti solo ad aumentare le mie paure su cosa sarebbe potuto venire fuori dall’esame”.
Ad Elisabeth non piace il nastro rosa e nemmeno l’industria del cancro al seno, quella che – come dice lei stessa – “fa profitti vendendo prodotti rosa, inventando apparecchiature per la diagnosi della malattia e mettendo a punto farmaci per curarmi solo dopo che mi sia stata data la brutta notizia, gente che non ha nessun incentivo a trovare una cura e a trovarsi quindi fuori dal business”. E` per questo che Elisabeth ha deciso di bandire il nastro rosa dal suo sito e ha invitato tutte noi, si anche noi che viviamo in Italia, a unirci a lei nel chiedere che siano le donne a potersi riappropriare della malattia e fare in modo che se ne scoprano le cause.
#occupythecure e` il nuovo hashtag lanciato da Elisabeth. Lo si dovrebbe affiancare a un altro che avuto molto seguito in Italia in questi giorni, #save194. Il diritto alla salute delle donne e` uno solo, sia quando si tratta di abortire ben assistite e al sicuro sia quando si tratta di mettere fine all’epidemia di cancro al seno che uccide tante di noi ogni giorno. Affianchiamoli questi due hashtag. Insieme possono andare molto lontano

mercoledì 23 maggio 2012

Umbertone (Veronesi), ti voglio bene ma....


Le pazienti di vecchia data dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano l’hanno visto camminare in corridoio almeno una volta. E` alto, solo leggermente curvo, dispensa sorrisi a ogni passo. La gente lo guarda sorpresa, rapita, lo addita, bisbiglia “e` lui”. Lui, che sembra come camminare sulle acque o su un tappeto di nuvole.
Caro Umbertone (Veronesi), la prima volta che ti ho visto stavo facendo il day-hospital pre-operatorio. Era dicembre. Il cielo di Milano era grigio. Nevicava e faceva freddo. Uno scenario da piccola fiammiferaia. Tu mi sei passato davanti. Ti ho riconosciuto, ho fatto gomitino a mia madre. Stavo per incrociare il tuo sguardo, quando ti sei girato dalla parte opposta a salutare un’altra signora che aveva fatto prima di me.
Stai tranquillo, Umbertone, ti ho gia` perdonato. E` grazie a te se ho ancora il seno io, anche quello malato. La quadrantectomia l’hai inventata tu tanti anni fa. Ti ricordi? Prima di te non c’era che la mastectomia, l’asportazione totale di una o entrambe le mammelle. Addirittura, negli Stati Uniti, negli anni ’70, la mastectomia preventiva era diventata routine. Pensa tu, quanto erano spaventate quelle donne che vi facevano ricorso! Poi nel 1981, il 2 luglio, il giorno del mio secondo compleanno, il New York Times pubblico` un articolo sulla tua nuova tecnica chirurgica. Eri riuscito a dimostrare che il rischio di recidiva per le donne a cui veniva praticata la quadrantectomia - l’asportazione solo di una parte di ghiandola mammaria, quella malata – seguita da radioterapia locale non era superiore a quello per le donne a cui veniva asportato tutto il seno. Non avevi esitato a definire la mastectomia una “mutilazione non necessaria” e a sfidarne il dogma.
Umbertone mio, io ti sono grata. Mi hai salvato la tetta. Poi sei vegetariano (non vegano ma, dati i tempi, e` gia` tanto), difendi gli animali. Pero`, mi devi perdonare, io te lo devo dire. Spesso, quando scrivi o parli in televisione, nei siti delle tue fondazioni o nelle campagne di sensibilizzazione confondi prevenzione e diagnosi precoce.
Ti faccio un esempio veloce. La campagna che la Fondazione che porta il tuo nome, la Fondazione Veronesi, ha lanciato recentemente insieme a L’Oreal. La campagna 'Nastro Oro'. Una vede il manifesto con te che sorridi e pensa “ah, eccolo qua Umbertone”. Poi vede che non c’e` traccia di rosa e persino il nastrino e` dorato e pensa “siamo alla svolta”. Col cuore colmo di speranza comincia a leggere e dice “bene, la forza dei numeri”: ‘con 40mila nuovi casi ogni anno in Italia, il tumore al seno e` la prima causa di morte delle donne tra i 35 e i 55 anni’. Alla frase successiva stai volando. Il tuo piu` grande desiderio si realizza: ‘sconfiggerlo si puo`’, prosegue il testo. E allora chi l’ha gia` avuto e sa che vuol dire e non vuole permettere che piu` nessuna donna viva la stessa esperienza si commuove. “ce l’hanno fatta”, pensa. E si aspetta di leggere che finalmente, come per il cancro della cervice uterina, e` stata scoperta la causa del cancro al seno e sara` quindi possibile cancellarlo per sempre dalla faccia della terra. E ti arriva la batosta. Quello che viene dopo la virgola ti lascia senza parole: 'grazie alla diagnosi precoce e alla formazione di medici e scienziati'. Ma come? Proprio tu, Umbertone mio? Tu lo sai che con la diagnosi precoce il cancro al seno non lo sconfiggi, al massimo lo individui quando non ha fatto troppi danni e salvi una vita…forse, perche` la bestiaccia non si sa mai come si comporta. Questo tu lo sai bene, cavolo! Per un oncologo (tu sei un chirurgo, ma ti faccio io oncologo ad honorem perche` ti voglio bene) il 100% non esiste. E vivere con una spada di damocle cosi` sulla testa per molte donne non e` vita. E` terrore. E` un incubo. E tralasciamo poi le donne giovani, per cui la diagnosi precoce e` difficilissima perche` non si puo` usare la mammografia.
E che dire della “formazione di medici e scienziati”? Io non sono un medico e nemmeno una scienziata, pero` scusami, Umbertone, vorrei capire un po` sti scienziati come li state formando. O meglio, li state formando per fare che? Per trovare nuovi farmaci o per cercare e possibilmente scoprire cause? Non pensi che forse anche noi pazienti avremmo il diritto di dire la nostra in proposito? Non pensi che se parlassero di piu` con noi, malate e non, forse potrebbe venirne fuori qualcosa di buono? E un’ultima domanda: ma questi scienziati continueranno a fare ricerche sui topi? No, perche` lo sai bene, no, che nei topi il cancro al seno e` indotto, non lo sviluppano “naturalmente” e quindi finche` si continuano a usare topi per gli esperimenti vuol dire che alle cause non si arrivera` mai?!?! Mai, Umbertone mio. Mai.
Ti abbraccio.



sabato 19 maggio 2012

Lo capisci l'italiano?

Caro giornalista di Corriere.it,


il tuo nome preferisco non scriverlo. Tanto anche se ti fossi chiamato in un altro modo avresti fatto lo stesso. Ma non perche` sei scemo o che, per carita`. Magari sei pure un precario sottopagato dagli schiavisti del gruppo RCS e hai tutta la mia solidarieta`. Semplicemente scrivi quello che senti dire e che nessuno, almeno in Italia, osa contestare.
Oggi a Roma c'e` la "Race for the Cure", la maratona organizzata da Komen Italia e sponsorizzata dal Mocio Vileda di rosa vestito, per la "lotta" al cancro al seno. Tu scrivi un articolino per pubblicizzare la manifestazione. Lo so, l'hai dovuto scrivere perche` cosi` ti hanno detto, tu manco sai che e` Komen e tutto quello che combina. E proprio perche` non sai, in assoluta buona fede, gli fai una bella pubblicita`:


"Anche quest’anno a Roma si corre in nome della lotta ai tumori del seno, un intenso weekend voluto dalla “Susan G Komen Italia” che porterà sulle strade della Capitale per la tredicesima edizione della «Race for the Cure» migliaia di persone a cui sta a cuore questa battaglia"


Per inciso, ci sono tantissime donne nel mondo a cui sta mooolto a cuore questa battaglia ma a cui Komen fa abbastanza schifo. Comunque...Poco piu` sotto continui:


"Previsti all’interno dello stadio [dove si svolge la Race, ndr] anche laboratori che si occuperanno di prevenzione dei tumori del seno e della cervice uterina, rivolti in particolare a gruppi selezionati di donne che non accedono agli ordinari programmi di screening senologici per motivi sociali, economici o culturali."


Prendiamo il dizionario. E siccome siamo proprio polemici, prendiamo quello offertoci gratuitamente online (grazie!!!) dal Corriere della Sera. Cerchiamo la parola "prevenzione". Risultato: "Tutela nei confronti di qlco. di dannoso attraverso opportuni accorgimenti: p. delle malattie, degli infortuni ". Opportuni accorgimenti...Interessante. Cerchiamo anche prevenire. Risultato, tra gli altri: "Agire in modo da evitare od ostacolare qlco. che può avere conseguenze negativep. una malattia; in usi generalizzati, anche con l'arg. sottinteso: è meglio p. che curare ". 


Sto dizionario e` un po` povero, ma il fatto mi sembra chiaro: prevenzione e prevenire si riferiscono a un'azione che si compie PRIMA che un ostacolo, una malattia, una cosa qualsiasi insorga. Prevenire, lo dice la stessa parola: venire PRE, venire PRIMA.


Primo punto: prevenzione e screening non sono la stessa cosa. Screening, apprendiamo dal mio vocabolario d'inglese online preferito, significa "A systematic examination or assessment, done especially to detect an unwanted substance or attribute" e cioe` "valutazione sistematica, fatta specialmente per identificare una sostanza o un attributo indesiderato". Un attributo - nel nostro caso, il cancro al seno - che gia` c'e` e che attraverso lo screening viene identificato. Vedi bene, caro giornalista, che prevenzione e screening non sono la stessa cosa. Prevenzione significa fare in modo che qualcosa, nel nostro caso il cancro al seno, non insorga proprio. Lo screening puo` solo identificare il cancro quando gia` c'e`.


Secondo punto: "Race for the Cure", significa corsa per la cura. Curare significa cercare di porre riparo, di sanare una malattia. Per farlo, pero`, la malattia ce la devi avere. Prevenire una malattia, significa invece evitarne l'insorgenza. Forse, caro giornalista, avresti dovuto chiedere agli organizzatori della maratona come pensano di conciliare le due cose. Il dizionario del tuo giornale offre una prima risposta al dilemma curare/prevenire: tra gli esempi, infatti, riporta il famoso refrain del dentifricio "prevenire e` meglio che curare". E non ci vuole molto a capire perche`. E` cosi` per la carie, pensa un po` per il cancro al seno!