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venerdì 2 giugno 2017

Voglio una moglie




Judy Brady, attivista femminista e ambientalista, e` morta a San Francisco il 14 marzo scorso. Si era ammalata di cancro al seno nel 1980 e negli anni '90, insieme a Breast Cancer Action, ha contribuito alla fondazione della Toxic Link Coalition [qui].
Nel 1970, in occasione del cinquantesimo anniversario del voto alle donne negli Stati Uniti, Judy Brady aveva pronunciato, durante una manifestazione, un discorso pubblicato in seguito con il titolo di "Voglio una moglie", destinato a diventare un classico del femminismo [qui]. Ne pubblichiamo la traduzione in italiano in omaggio a una grande attivista e una grande donna, la cui ironia pungente e la cui fierezza hanno arricchito il mondo.

Appartengo a quella categoria di persone conosciute come mogli. Sono Una Moglie. E, non proprio a caso, sono una madre.

Non molto tempo fa un mio amico si e` presentato fresco di divorzio. Ha un bambino che, ovviamente, e` con l'ex moglie. Lui sta cercando un'altra moglie. Pensando a lui una sera mentre stiravo, all'improvviso mi e` venuto in mente che io pure voglio una moglie. E perche` la voglio?

Mi piacerebbe andare a scuola per diventare indipendente economicamente, autosostentarmi e, se necessario, provvedere a quelli che dipendono da me. Voglio una moglie che lavori e mi mandi a scuola. E mentre vado a scuola, voglio una moglie che si occupi dei miei bambini. Voglio una moglie che tenga a mente gli appuntamenti dal dottore e dal dentista dei bambini. E che tenga a mente anche i miei. Voglio una moglie che si assicuri che i miei bambini mangino adeguatamente e siano puliti. Voglio una moglie che lavi i loro vestiti e li rammendi. Voglio una moglie che si occupi amorevolmente dei miei figli, che organizzi la loro istruzione, che faccia in modo che abbiano una vita sociale adeguata con i loro pari, che li porti al parco, allo zoo ecc. Voglio una moglie che si prenda cura dei miei figli quando sono malati. una moglie che sia a disposizione quando hanno bisogno di attenzioni particolari perche`, ovviamente, non posso saltare la scuola. Mia moglie deve rinunciare a delle ore al lavoro ma senza perderlo. Cio` puo` implicare una piccola riduzione del suo reddito qualche volta, ma credo di poterlo tollerare. Inutile dire che mia moglie provvedera` a pagare l'asilo per i bambini per quando lavora.

Voglio una moglie che si occupi delle mie necessita` fisiologiche. Voglio una moglie che mantenga pulita la mia casa. Voglio una moglie che stia dietro ai miei bambini, che stia dietro a me. Voglio una moglie che tenga i miei vestiti puliti, stirati, rammendati, sostituiti quando serve e che stia attenta a tenere le mie cose in ordine in modo che le trovi esattamente quando ne ho bisogno. Voglio una moglie che cucini, voglio una moglie che sia una buona cuoca. Voglio una moglie che pianifichi il menu`, faccia la spesa necessaria, cucini, serva i pasti piacevolmente e poi pulisca mentre io studio. Voglio una moglie che si prenda cura di me quando sto male e offra sostegno per la mia sofferenza e la perdita delle ore di scuola. Voglio una moglie che si adatti quando la nostra famiglia va in vacanza in modo che qualcuno continui a occuparsi di me e dei miei bambini quando ho bisogno di riposo e cambiare aria.

Voglio una moglie che non mi disturbi con lamentele farneticanti sui doveri di una moglie. Ma voglio una moglie che mi stia a sentire quando sento di spiegare una questione complessa incontrata nei miei studi. E voglio una moglie che batta a macchina i miei temi una volta scritti.

Voglio una moglie che si occupi dei dettagli della mia vita sociale. Voglio una moglie che prenda accordi per il baby-sitting per quando siamo invitati fuori da amici. Voglio una moglie che tenga la casa pulita, prepari un pranzo speciale lo serva a me e ai miei amici e non interrompa le nostre conversazioni per quando a scuola incontro gente e voglio invitarla. Voglio una moglie che faccia in modo che i bambini abbiano mangiato e siano pronti per andare a letto prima che arrivino i miei ospiti in modo da non darci fastidio. Voglio una moglie che si prenda cura dei bisogni dei miei ospiti in modo che si sentano a proprio agio, che si assicuri che abbiano un portacenere, che gli si passino gli antipasti, che gli venga offerto di bissare le porzioni, che il loro bicchiere di vino sia riempito di nuovo quando serva, che il caffe` gli sia servito come piace a loro. E voglio una moglie che sappia che ogni tanto ho bisogno di una notte fuori per conto mio.

Voglio una moglie che sia sensibile alle mie necessita` sessuali, che faccia l'amore con passione e volentieri quando ne ho voglia, una moglie che si assicuri che sono soddisfatta. E, naturalmente, voglio una moglie che non richieda attenzioni sessuali quando non mi va. Voglio una moglie che si assuma tutta la responsabilita` degli anticoncezionali, perche` non voglio altri bambini. Voglio una moglie che mi sia fedele in modo da non dover tenere la mente occupata con la gelosia. E voglio una moglie che capisca che le mie esigenze sessuali vanno al di la` della stretta adesione alla monogamia. Dopo tutto, devo potermi relazionare appieno con le persone.

Se per caso dovessi trovare una persona piu` adatta della moglie che ho gia`, voglio la liberta` di sostutuirla con un'altra. Naturalmente mi aspetto una vita tutta nuova; mia moglie terra` i bambini e sara` l'unica a occuparsene in modo che io sia libera.

Quando avro` finito con la scuola e avro` un lavoro, voglio una moglie che smetta di lavorare e rimanga a casa in modo che si possa dedicare completamente ai doveri di una moglie.

Dio santo, chi non vorrebbe una moglie?

domenica 13 novembre 2016

Barbara Brenner raccontata della sua compagna Susie Lampert




Pubblichiamo alcuni estratti dell'intervento di Susie Lampert alla presentazione della raccolta di scritti della sua compagna Barbara Brenner, svoltasi presso l'Universita` di Bologna il 7 novembre scorso. Ringraziamo ancora una volta il Centro di Salute Internazionale, il Gruppo Prometeo e l'associazione Armonie per aver organizzato e ospitato l'evento. Il libro, So Much To Be Done [Cosi` tanto da fare], puo` essere acquistato qui

Barbara Brenner era – o almeno cosi` sembrava a me  - molto coraggiosa e quel coraggio le consentiva di sbattere in faccia la verita` ai potenti. Combatteva contro coloro che contribuivano a causare il cancro al seno, coloro che lo usavano per fare soldi senza produrre alcun beneficio per le pazienti, coloro che dedicavano la loro carriera a studi scientifici che avrebbero dovuto identificare modi di prevenire o curare il cancro al seno senza pero` riuscirvi e coloro che trattano le pazienti con paternalismo, come fossero bambine e non adulte intelligenti nel pieno diritto di partecipare alle decisioni riguardanti i trattamenti. Quel coraggio le ha consentito di alzarsi di fronte a decine di migliaia di ricercatori e oncologi riuniti al San Antonio Breast Cancer Symposium per metterli di fronte a quello che uno dei relatori aveva presentato come il risultato del suo lavoro riferendosi ai pazienti che non avevano superato le terapie. “No” aveva detto. “Non sono i pazienti che non superano le terapie. Sono le terapie che non superano i pazienti”.

[...]

Nella sua introduzione a Cosi tanto da fare, Rachel Morello-Frosch scrive di quello che definisce l’impegno di Breast Cancer Action di “far avanzare le 3 R degli studi scientifici sul cancro al seno – rilevanza, rigore e accessibilita` (reach in inglese).
A queste 3 R potremmo aggiungerne una quarta: rivoluzione. Barbara e Breast Cancer Action hanno spostato l’attivismo sul cancro al seno dalla consapevolezza alla mobilitazione. Nel 2002, avendo notato che i nastri rosa venivano attaccati su molti prodotti in “supporto alla lotta contro il cancro al seno”, lanciarono la campagna Think Before You Pink.

Nel 2008, in un articolo intitolato L’attivismo come processo organico: Think Before You Pink ieri e oggi, riguardante l’evoluzione della campagna Think Before You Pink e alcuni suoi successi verificatisi grazie alle piccole azioni di persone comuni che collettivamente costituivano un insieme molto vasto, Barbara scriveva:

"Nel lontano 2000, una mia cara amica mi raccontava di una conversazione avuta con qualcuno che aveva partecipato a una passeggiata per il cancro al seno di 3 giorni suggerendo che Breast Cancer Action (BCA) dovesse cercare di capire dove andassero a finire tutti quei soldi raccolti durante queste iniziative. Cio` che e` seguito e` quello che definisco il processo organico dell’attivismo, in cui una cosa porta ad un’altra e un tipo diverso di movimento prende forma.
In risposta alla sollecitazione della mia amica, cominciammo a scavare e scrissi un articolo per The Source [La Fonte, la newsletter di BCA, ndr.] dal titolo “Tieni la mente in esercizio”. Quell’articolo divento` un editoriale pubblicato sul San Francisco Chronicle che venne ripreso da altri giornali e BCA comincio` a ricevere richieste da persone che vivevano nelle zone piu` disparate del paese e chiedevano se avessimo informazioni sui vari prodotti venduti per raccogliere fondi per il cancro al seno, quanto denaro venisse donato e dove andasse a finire. Man mano che le domande crescevano e il marketing sociale legato al cancro al seno si diffondeva (il marketing sociale e` la pratica di aumentare le vendite di un prodotto associandolo a una causa di rilevanza sociale), diventava sempre piu` chiaro che la questione delle raccolte fondi andava ben oltre le passeggiate. E cosi` BCA ha ampliato il suo raggio d’azione. Il risultato, nel 2002, e` stato il lancio della campagna Think Before You Pink.
Il primo anno ci siamo occupate di marketing sociale in generale e abbiamo messo un annuncio sull’edizione cartacea del New York Times. Il risultato e` stata molta attenzione da parte dell’opinione pubblica verso il marketing sociale sul cancro al seno. Molti principali indiziati (aziende che donavano pochi spiccioli delle loro vendite o traevano il pubblico in inganno circa il loro impegno), tra cui Eureka Co (l’azienda produttrice di aspirapolveri) e American Express, hanno smesso di fare questo tipo di marketing.
Nel 2003 abbiamo spostato l’attenzione per la prima volta verso le aziende doppiogiochiste che sostengono di tenere alle donne impegnandosi nella lotta al cancro al seno, ma i cui prodotti sono legati alla malattia. Ispirate dai nostri alleati del movimento ambientalista, abbiamo battezzato queste aziende pinkwashers. Abbiamo pubblicato un altro annuncio pubblicitario sul NY Times incentrato sulle aziende cosmetiche –Avon, Revlon, Estee Lauder – che raccolgono soldi per la ricerca sul cancro al seno ma usano sostanze nei loro prodotti che sono collegate al cancro al seno o altre malattie.
Nel 2004 Think Before You Pink e` diventata una campagna online incentrata sulla mancanza di coordinamento nella raccolta fondi per il cancro al seno. Attraverso un breve video, abbiamo esortato le persone a contattare le principali agenzie per il finanziamento e la ricerca chiedendo che queste ultime collaborassero tra loro per mettere insieme i pezzi che compongono il puzzle del cancro al seno. Molte persone hanno scritto a questi enti e le risposte ricevute non sono state affatto rassicuranti dal momento che ciascuna ha dichiarato di lavorare con altre ma, ogni volta, in modi molto diversi. 
[...]
La campagna esiste e riscuote successo perche` persone come voi l’hanno voluta, l’hanno resa una realta` e continuano a mobilitarsi per affrontare i problemi che solleva. Se lavoriamo insieme e` possibile cambiare il comportamento delle aziende, soprattutto di quelle che fanno pinkwashing. E quando queste aziende cambiano, altre ci fanno caso e cambiano anche loro. E tutti ne traggono beneficio, grazie al vostro impegno."

E` chiaro a questo punto perche` il libro si intitola Cosi` tanto da fare: questa era la realta` del mondo di Barbara, la realta` del suo lavoro per cambiare il discorso pubblico e il corso dell’epidemia di cancro al seno, la realta` della sua vita di attivista.
Nel novembre del 2010 a Barbara e` stata diagnosticata la SLA. A quel punto ha lasciato BCA e ai primi del 2011 ha aperto un blog dal titolo Frecciate salutari. Come ho detto prima, Barbara conosceva il potere delle parole. Mentre faceva i conti con la sua morte inevitabile, ha trovato il tempo per pensare a come frasi comuni e modi di dire mascherano realta` importanti su cui pochi di noi si soffermano a riflettere. Il primo post del suo blog si intitola “Non chiedetemi come sto”. Ve lo leggo perche` mostra l’ampliamento della sua analisi di attivista. Aveva gia` scritto di quella che considerava l’importanza di essere visibili a seguito di una diagnosi di cancro o durante le terapie e in questo post espande le sue considerazioni all’invisibilita` della sua nuova malattia. E scrive:

"Anni fa, mentre ero a pranzo con un’amica in terapia per una forma molto avanzata di cancro al seno, le feci la domanda che molti di noi fanno quando sono con qualcuno che non hanno visto per un po` 'Come stai?' La mia amica molto gentilmente mi disse che quella era una domanda a cui, data la sua situazione, non poteva rispondere. Sarebbe stato meglio chiederle 'Come stai oggi?' o 'Come sta andando la giornata?'
Se ci pensate, nessuno di noi puo` davvero sapere “come sta” in un dato giorno. Possiamo sapere come ci sentiamo, ma non cosa sta succedendo nei nostri corpi. Per esempio, le persone a cui viene diagnosticato un cancro al seno spesso si sentono in salute finche` i medici non dicono loro che quel nodulo trovato nella loro ultima mammografia non e` benigno.
E a volte non e` possibile rendersi conto che una persona e` malata solo guardandola. Prendiamo me, per esempio. Ho grosso modo l’aspetto che ho sempre avuto. I miei capelli non stanno cadendo, ho un buon colorito, e un sorriso gradevole. Ma ho una malatta – la SLA o sclerosi laterale amiotrofica – una malattia neurologica degenerativa per la quale non c’e` cura.
Quando le persone mi chiedono come sto, vado in bestia. Non ho voglia di discutere con tutti quelli che vedo cosa significa vivere ogni giorno con una malattia che so che mi togliera` sempre piu` funzionalita` e alla fine mi uccidera`. Non sappiamo quanto rapidamente questo accadra`, ma non per questo e` piu` facile parlarne.
[...]
Sono troppo occupata a vivere per sprecare tempo a rispondere a domande sui miei pensieri sulla morte. E, ad ogni modo, non voglio parlare di questo con tutte le persone che incontro. Quindi, non chiedetemi come sto".

 Avrete capito a questo punto che tipo di attivista fosse Barbara e i diversi livelli su cui operava come attivista. L’ultimo pezzo che voglio leggervi e` un estratto dal post Attivismo per la salute – Non per i cuori pavidi del settembre 2011, circa un anno dopo la diagnosi di SLA. Questo pezzo offre alcuni spunti su cosa significa e cosa ci vuole per vivere da attivista e su cosa significasse vivere e operare per Barbara Brenner:

"Nel mio lessico, un attivista e` qualcuno che ha ben chiari i suoi obiettivi e adotta strategie per raggiungerli. Un attivista non si puo` comprare – nessuna somma di danaro o privilegi cambieranno il suo impegno verso il perseguimento dei obiettivi. A prescindere dalla malattia di cui si occupa, un attivista per la salute e` una persona i cui obiettivi, per quanto possano beneficiare lei personalmente una volta raggiunti, mirano ad avere effetti su altre persone che l’attivista non conosce nemmeno. Questi obiettivi vanno al di la` dell’interesse personale: si tratta di cambiare il sistema in modo che i tanti che oggi soffrono ne traggano beneficio. Molto spesso questi obiettivi sono piu` grandi di quanto si possa fare in una vita intera e gli attivisti sanno che il loro impegno e` reso possibile dal lavoro svolto precedentemente da altri. E sanno pure che se fanno bene il loro lavoro gli altri che verranno dopo lo porteranno avanti. Le attiviste per la salute devono essere dure. Dovendo prendere posizione pubblicamente sulla base dei loro principi ci sara` sempre qualcuno che non sara` d’accordo e lo dira`, a volte in maniera non troppo piacevole. Se un’attivista cede perche` le sue posizioni sono state criticate non e` un’attivista. Ho imparato questa lezione a mie spese molte volte nel mio lavoro sul cancro al seno. Quando ho criticato le raccolte fondi con i prodotti nastro rosa per aumentare le vendite, molti si sono arrabbiati chiedendosi come fosse possibile criticare le raccolte fondi per il cancro al seno. Quando ho messo in discussione l’uso dell’Avastin per il cancro al seno, sono stata accusata di condannare le donne a morire anzitempo. E quando ho sostenuto le linee guida per lo screening mammografico che avrebbero escluso le donne tra i 40 e i 49 anni, mi e` stato detto che avrei avuto le mani sporche di sangue. Le attiviste vogliono rendere il mondo un posto migliore. Sono impegnate, dure e non hanno paura di dire quello che pensano. Molte studiano i dettagli delle questioni di cui si occupano in modo da poter ingaggiare conversazioni intelligenti con chi ha potere decisionale. Essere un attivista non e` per i cuori pavidi. Ma le gratificazioni spesso sono grandi. Si conosce tanta bella gente, si impara tanto e a volte, solo a volte, si fa la differenza nel mondo." 

Nel pezzo che ho letto all’inizio, Barbara scriveva che una volta ricevuta una diagnosi di cancro al seno, non si puo` essere sicuri di essere guariti finche` non si muore di qualcos’altro. Barbara ha vissuto abbastanza a lungo da morire di qualcos’altro. E` morta di SLA nel maggio del 2013. Le avevo promesso di far scrivere nel suo necrologio che era morta dopo una lunga battaglia contro l’industria del cancro al seno. E cosi` e` stato – sul New York Times, il Washington Post, il Los Angeles Times, Time Magazine e molti altri giornali. 

Barbara di solito concludeva i suoi interventi con questa citazione: 

"Nei miei sogni, l’angelo alzava le spalle e diceva ‘Se sbagliamo questa volta, sara` per mancanza di immaginazione’. E poi mise delicatamente il mondo nel palmo della mia mano". 

Credo che sarebbe emozionata per la vostra partecipazione. E che spererebbe che voi prendiate il mondo nel palmo delle vostre mani e siate motivati a portare avanti il suo lavoro, sbattendo la verita` in faccia ai potenti e lavorando per cambiare le cose.

Grazie.

martedì 3 maggio 2016

Quattro semplici domande

E` primavera inoltrata. Inizia la stagione delle corse. Quelle per la "cura". Ad esempio, quelle di Komen Italia. Si comincia con Roma, dove tra gli sponsor figurano Exxon Mobil ed Eni [qui]. Si, avete capito bene, due compagnie petrolifere sponsorizzano un evento a scopo benefico il cui scopo e` quello di raccogliere fondi da destinare ad una non meglio precisata "lotta ai tumori del seno".
Quest'anno in preparazione alla stagione delle corse per il cancro...ops, scusate, per la "cura", diverse scuole sono state invitate ad inviare a Komen delle foto sul tema della "prevenzione". Quale? Quella primaria volta a ridurre l'esposizione involontaria ai cancerogeni, tra cui i tantissimi materiali ricavati proprio dal petrolio? Assolutamente no! 
Prima di partecipare a una corsa o evento benefico o se la scuola dei vostri figli ha partecipato all'iniziativa di Komen o a quella di qualsiasi altra organizzazione simile , ricordatevi di fare 4 semplici domande come propone Breast Cancer Action [qui]:

1. Quanta parte del denaro raccolto sara` effettivamente devoluto a progetti riguardanti il cancro al seno? 
Le corse per la cura comportano dei costi molto elevati che gli organizzatori devono sostenere. Assicuratevi che i vostri soldi non finiscano col finanziare l'evento stesso.

2. Quali progetti riguardanti il cancro al seno saranno finanziati?
Il messaggio degli organizzatori e` che il denaro raccolto servira` a salvare vite umane dal cancro al seno. In molti casi, tuttavia, i soldi vengono spesi in campagne di "prevenzione" (ossia di screening per la diagnosi precoce) la cui efficacia e` stata messa in dubbio da numerosi studi scientifici.

3. Gli sponsor della corsa sono responsabili dell'aumento del rischio di ammalarsi di cancro al seno?
Dobbiamo aggiungere altro, oltre al petrolio di Komen e agli assorbenti Lines della Fondazione Veronesi [qui]?

4. La corsa presenta un'immagine semplificata del cancro al seno che esclude una certa categoria di persone?
Secondo le organizzazioni promotrici di queste iniziative, il cancro al seno e` una malattia prevenibile attraverso lo screening mammografico e un atteggiamento combattivo e positivo. Ci piacerebbe che fosse cosi`. Anche noi abbiamo il cancro al seno (non ci finanziano Eni ed Exxon Mobil e Lines, pero`). La realta` purtroppo e` ben diversa. Circa il 30% delle donne che sviluppano il cancro al seno, sviluppa metastasi e muore. L'impatto sulla vita di queste persone, delle loro famiglie e dei loro amici e` devastante. Anche per chi non muore, una diagnosi di cancro al seno rappresenta l'inizio di un lungo e doloroso percorso di medicalizzazione che provoca dolore fisico e psicologico, puo` portare ad ulteriori patologie e riduce la qualita` della vita. 

Che fare allora? E` davvero necessario partecipare a una corsa per la "cura" per aiutare le nostre amiche, mamme, sorelle, zie ecc. che sono state colpite dal cancro al seno? La risposta e` no. Le alternative sono tante e spaziano dall'aiuto pratico (aiutate chi e` in chemioterapia a fare la spesa, fare una passeggiata, andare in ospedale) a donazioni alle associazioni che si occupano di assistenza ai malati terminali, che svolgono un'opera meritoria sopperendo alle carenze del servizio sanitario pubblico. E, soprattutto, chiedete a chi ci governa di fermare il cancro dove comincia. Nei pozzi di petrolio, ad esempio. Dove cominciano anche le guerre. Dove non c'e` davvero niente di buono.

mercoledì 28 ottobre 2015

Pinkwashing: cos'e` e perche` non ci piace

E` finita. Quasi. Ancora tre giorni e ottobre sara` finito. Del cancro al seno continueranno a ricordarsi solo le persone colpite dalla malattia e i loro cari. Per noi il cancro al seno e` una presenza costante, non certo una scusa per vendere prodotti.

Questo ottobre e` stato diverso dagli altri, pero`. La lettera alla LILT scritta insieme a Sandra Castiello, Alberta Ferrari, Daniela Fregosi, Emma Schiavon e Carla Zagatti (qui) ha ottenuto il supporto di oltre 500 persone, nonostante il tentativo di depoliticizzare la nostra protesta da parte della stessa LILT e della maggioranza dei media che hanno cercato di farla passare come un attacco alla cantante testimonial della campagna.
Dove non c'e` stata strumentalizzazione, c'e` stato un non meno colpevole silenzio. Stiamo ancora aspettando una risposta dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Che non abbia saputo della nostra lettera e` impossibile. Ne hanno parlato davvero tutti. A distanza di 28 giorni dalla pubblicazione, non un rigo, sia pure di circostanza, e` venuto dal ministero.

Abbiamo imparato in questo mese che il gossip e` un'arma di distrazione di massa. Buttare tutto in caciara per occultare le motivazioni reali del dissenso all'ordine costituito, soprattutto se a dissentire sono donne. L'abbiamo scritto nella lettera e desideriamo ripeterlo ancora: il nostro problema, e non da quest'anno, e` il pinkwashing.

Il termine pinkwashing e` stato coniato da Breast Cancer Action  all’interno del progetto Think Before You Pink, lanciato nel 2002 (qui). Deriva dall’unione del sostantivo pink – rosa – e del verbo whitewash che significa letteralmente ‘imbiancare’ e in senso figurato ‘occultare’. Breast Cancer Action definisce ‘pinkwasher’ un’azienda o un’organizzazione che sostiene di avere a cuore il problema del cancro al seno e che cerca di dimostrarlo promuovendo prodotti contrassegnati con il nastro rosa ma che contengono sostanze correlate con un aumento del rischio di sviluppare la malattia. L’azienda di solito dimostra il suo sostegno alla “causa” in due modi: donando una percentuale minima del ricavato delle vendite dei prodotti contrassegnati con il nastro rosa alla “ricerca” riguardante la malattia - senza premurarsi di specificare quale - oppure anche soltanto sostenendo campagne di sensibilizzazione. Nel corso degli anni il fenomeno si e` esteso notevolmente. Gayle Sulik, sociologa medica e direttrice del Breast Cancer Consortium (qui) nonche` autrice di Pink Ribbon Blues. How Breast Cancer Culture Undermines Women's Health (qui), ha adottato una definizione piu` ampia includendo aziende e organizzazioni, anche no profit, che solo apparentemente sembrano svolgere un’azione benefica ma che in realta` non fanno che peggiorare le cose non solo vendendo prodotti contenenti sostanze tossiche ma anche, ad esempio, diffondendo informazioni fuorvianti o contribuendo a veicolare un’immagine sessualizzata e trivializzante della malattia. 

La LILT non e` certo la sola in Italia a fare pinkwashing. Come non ricordare Komen Italia e la sua campagna col detersivo Perlana (qui)? E che dire di Fondazione Veronesi e gli assorbenti Lines (qui)? Quest'anno, pero`, c'e` stata una new entry: AIRC, che quest'anno ha lanciato la sua bella campagna rosa, sponsorizzata da Estee Lauder (che fino all'anno scorso sponsorizzava LILT) e dagli assorbenti Nuvenia (qui). Non bastava certo la condanna dell'ex presidente per morti da amianto (qui). Anche AIRC aveva diritto a sporcarsi le mani col pinkwashing. 

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venerdì 19 dicembre 2014

Breast Cancer Action. Una storia di speranza




Sono le nove e cinquantasei minuti a San Francisco. Mission Street e` piena di gente che cammina spedita con in mano bicchieroni di carta pieni di caffe`. Mancano 4 minuti alle dieci e il cuore mi batte a mille. Sono passati due anni da quando, attraverso il blog di AnneMarie Ciccarella (qui), ho scoperto Breast Cancer Action (qui). Da allora mi si e` aperto un mondo. Il mio rapporto con il cancro al seno che mi ha colpita nel 2010 e` cambiato radicalmente. Da sciagura abbattutasi sulla mia vita come una tempesta che mai sarebbe stato possibile prevedere si e` trasformato in occasione di lotta e sete di giustizia, per me e per quelle come me. Ho deciso di aprire questo blog, che e` cresciuto fino a diventare uno strumento di condivisone delle esperienze di malattia di diverse donne, in altre parole sono diventata un'attivista. L'emozione e` forte. Busso al citofono, qualcuno da su mi apre. Entro nell'edificio, mi dirigo verso l'ascensore che mi conduce fino al terzo piano. Un ragazzo che sta facendo le pulizie mi dice che la porta e` aperta. La spingo. Entro. Mi giro verso destra e vedo una foto di lei che sorride. Lei e` Barbara Brenner, direttrice di Breast Cancer Action dal 1995 al 2010. Barbara e` morta il 10 maggio del 2013, non di del cancro al seno, che pure l'aveva colpita due volte (qui). A portarcela via  e` stata la sclerosi laterale amiotrofica. Sara` stato un caso? Chissa`... Una donna intelligentissima e tenace, che ha fatto la storia del movimento contro il cancro al seno, sempre pronta a scatenare l'inferno se in ballo c'erano i diritti delle donne e la loro salute. Sento che mi stanno salendo le lacrime. Decido allora di percorrere il piccolo corridoio che collega l'ingresso con un open space pieno di scrivanie. C'e` una riunione in corso, ma Karuna Jaggar, che ha raccolto il testimone lasciatole dalla Brenner, mi viene incontro. E` davanti a me, finalmente. Mi stringe la mano forte e sorride. Indossa un paio di jeans e una maglietta blu, non un filo di trucco o un orpello. Lo sguardo e` diretto, taglia e accarezza allo stesso tempo. Mi fa accomodare nel suo ufficio. Dopo un po ci raggiunge anche Sahru Keiser che coordina le attivita` educative dell'organizzazione. Cominciano a farmi domande. Vogliono imparare da me, mi dicono. Da me? Siamo sicuri? Si, da me, da tutte. "Siamo la voce delle donne con il cancro al seno" - mi spiega Karuna - "Abbiamo bisogno di sapere cosa pensano, cosa vogliono, cosa si aspettano da noi". Parliamo di tantissime cose. Della mia storia personale, del fracking, di come stanno le cose sul cancro al seno in Europa e negli Stati Uniti, del venticinquesimo compleanno di Breast Cancer Action. Si, sono venticinque anni ormai che Breast Cancer Action esiste e fa le pulci all'industria del cancro al seno, smascherandone gli interessi e le contraddizioni. Una storia di campagne contro le multinazionali del farmaco, quelle dei cosmetici e del cibo arricchito di ormoni sintetici che finisce sulle nostre tavole. Campagne per la difesa del diritto alla salute delle donne, ricche e povere, bianche, nere e gialle, eterosessuali, lesbiche e quello che pare a loro. Un'attivita` infaticabile che ha portato a vittorie che a pensarci sembravano impossibili, roba da Davide contro Golia. E` il caso del brevetto sui geni BRCA1 e BRCA2 detenuto da Myriad Genetics che Breast Cancer Action ha trascinato davanti alla Corte Suprema col risultato che Myriad adesso quel brevetto non ce l'ha piu` (qui). E come sono stati raggiunti obiettivi di questa portata? Non una corsa per la cura e` stata organizzata da Breast Cancer Action, non una casa farmaceutica ne ha foraggiato l'attivita`, non una stella del cinema ha fatto da testimonial. Breast Cancer Action vive di donazioni, grandi e piccole, dei suoi sostenitori che le affidano i propri soldi e le proprie speranze di costruire un mondo senza cancro al seno. Si, speranza. Non quella plastificata del nastro rosa, quella del basta che porto a casa la pelle, quella del non e` successo niente, e` normale il cancro al seno, ma la speranza autentica di chi un mondo diverso lo sogna e lo vuole e passo dopo passo lo sta gia` costruendo. Grazie Breast Cancer Action.

martedì 23 settembre 2014

Devo fare la mammografia?

E` il 23 settembre. Ottobre si avvicina. Il rosa sta per sommergerci. Ne abbiamo avuto sentore gia` con la campagna #fatevedereletette e abbiamo anche sperato che per quest'anno potesse bastare. E invece no. Ad ottobre non si sfugge. I nastri rosa e gli inviti a comprare e "fare prevenzione" ci assaliranno nuovamente. A costo di scatenare polemiche a non finire e persino a costo di qualche defezione tra il nostro pubblico, e` necessario affrontare con chiarezza e lucidita`, offrendo informazioni aggiornate, l'annosa questione della prevenzione. Quella venduta insieme al nastro rosa, ossia quella secondaria perseguita tramite i programmi di screening.
Breast Cancer Action, l'associazione statunitense alla cui mission e operato questo blog si ispira, ha pubblicato da poco un interessante e utilissimo opuscolo dal titolo: "Devo fare la mammografia?".
Breast Cancer Action si occupa da anni del riconoscimento e attuazione del diritto alla salute per tutte le donne, soprattutto quelle appartenenti a gruppi svantaggiati, ed e` tra le pochissime realta` che si occupano di cancro senza prendere un soldo dalle case farmaceutiche ne` da campagne che strumentalizzano la malattia. Breast Cancer Action sopravvive esclusivamente con le donazioni dei suoi sostenitori. Individui, donne e uomini, che, come privati cittadini, devolvono il loro denaro ad un'associazione che, proprio perche` non deve dire grazie ai ricchi e potenti dell'industria del cancro, puo` far sentire la propria voce in maniera indipendente e del tutto svincolata da qualsiasi logica di profitto, perseguendo esclusivamente l'interesse delle persone che rappresenta.
Torniamo allora all'opuscolo e alla domanda "Devo fare la mammografia?" (qui)
Il sottotitolo recita "Rischi e benefici dei programmi di screening per il cancro al seno". Nella prima pagina, i lettori vengono informati che l'opuscolo fornisce informazioni sui programmi di screening mammografico per donne con rischio medio di cancro al seno e che non hanno, dunque, una familiarita` significativa, non hanno ancora sviluppato la malattia e non hanno alcun fattore di rischio conosciuto.
Riportiamo fedelmente dall'opuscolo:

"L'obiettivo dei programmi di screening per il cancro al seno e` prevenire che le donne muoiano a causa della malattia. Tuttavia, gli studi hanno dimostrato che la popolare affermazione 'la diagnosi precoce salva vite' non trova corrispondenza nella realta`. I programmi di screening per il cancro al seno comportano danni significativi, come i falsi positivi, la sovradiagnosi, il sovratrattamento e altri ancora. PONDERARE I RISCHI E I BENEFICI DELL'ADESIONE AI PROGRAMMI DI SCREENING E` UNA DECISIONE PERSONALE che va presa insieme al proprio medico.

USI DELLA MAMMOGRAFIA
La mammografia e` la principale tecnica di screening utilizzata per l'individuazione del cancro al seno. E` utilizzata in diversi modi:

  • Per lo screening regolare di donne senza segni osservabili e sintomi allo scopo di effettuare la diagnosi precoce di cancro al seno
  • Come strumento di sorveglianza per le donne ad alto rischio di cancro al seno
  • Come strumento diagnostico in caso un'anormalita` venga rilevata dalla donna o da un operatore sanitario o durante una mammografia fatta nell'ambito di un programma di screening
La mammografia come strumento di sorveglianza e strumento diagnostico presenta benefici per le donne. Questo opuscolo riguarda solo la mammografia eseguita come strumento di screening regolare allo scopo di effettuare la diagnosi precoce del cancro al seno

LE FALSE PROMESSE DELLA DIAGNOSI PRECOCE
Il cancro al seno e` una malattia complessa. A prescindere dalla tecnologia utilizzata, la diagnosi precoce non mantiene la promessa di salvare piu` vite. Mentre alcuni tipi di cancro al seno non mettono a rischio la vita, altri sono cosi` aggressivi che i trattamenti oggi a disposizione sono inefficaci, a prescindere dalla precocita` con cui il cancro viene indivisuato. 

Sebbene la mammografia nell'ambito di programmi di screening regolare individui il cancro al seno nelle sue fasi iniziali, un crescente numero di dati dimostra che essa non riduce il numero di donne che muoiono a causa della malattia. In realta`, uno dei piu` vasti studi condotti sino ad oggi (qui) ha rilevato che non c'e` alcuna differenza in termini di incidenza della mortalita` tra le donne a rischio medio di cancro al seno che hanno partecipato ai programmi di screening e donne a rischio medio di cancro al seno che non vi hanno preso parte.

Mentre il progresso dei trattementi ha prodotto riduzioni importanti nella mortalita` per cancro al seno, il numero di morti causate dalla malattia e` ancora troppo elevato - e gli screening regolari non rappresentano una risposta valida a quest'epidemia devastante.

Se un gruppo di 1.000 donne di 50 anni si sottopone allo screening nei prossimi dieci anni:

100 riceveranno un falso positivo
23 riceveranno una diagnosi di cancro al seno
5 moriranno con o senza lo screening
1 morira` senza lo screening
5 riceveranno una diagnosi di cancro al seno che non mettera` mai a rischio la loro vita o richiedera` trattamento

VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Molte donne sovrastimano il loro rischio di sviluppare il cancro al seno e sottostimano i danni dei programmi di screening mammografico regolare. Sebbene i medici stimino il rischio di una donna sulla base di fattori come eta` e familiarita`, la valutazione accurata del rischio che una donna si ammali di cancro al seno e` difficile.

Per alcune donne, lo screening regolare solleva dall'ansia di ammalarsi. Per altre, lo screening aumenta l'ansia e porta a procedure mediche non necessarie i cui costi fisici ed emotivi durano nel tempo.

SOVRASTIMARE E SOTTOSTIMARE IL RISCHIO DI CANCRO AL SENO (qui, qui, qui, qui, qui)
Rischio percepito:
Probabilita` che una donna di 40 anni sviluppi il cancro al seno nel prossimo decennio: 20-50%
Su 1.000 donne, 160 morirebbero senza lo screening
Con lo screening il numero di morti per cancro al seno diminuisce del 50%

Rischio reale:
Probabilita` di una donna di 40 anni di avere il cancro al seno nel prossimo decennio: 1,4% secondo il National Cancer Institute
Su 1.000 donne di 50 anni, circa 5 moriranno probabilmente di cancro al seno nei prossimi dieci anni. Con lo screening, il numero scende a 4
Riduzione reale della mortalita` attraverso lo screening: tra i 40 e i 40 anni 0.05%; tra i 50 e i 59 anni 0.2%

CAPIRE I DANNI DELLA MAMMOGRAFIA COME STRUMENTO DI SCREENING
Tutti gli esami e le procedure mediche comportano una serie di possibili danni e rischi. I danni dello screening mammografico regolare includono:

SOVRADIAGNOSI
L'identificazione di un cancro che non mette a rischio la vita. Secondo uno dei piu` vasti studi sulla mammografia come strumento di screening, circa 1 su 5 cancri al seno identificati in questo modo rappresentano sovradiagnosi. La sovradiagnosi di solito porta al sovratrattamento.

SOVRATRATTAMENTO
Il trattamento del cancro che probabilmente non causera` sintomi o mettera` a rischio la vita. Il sovratrattamento si verifica anche quando una donna viene trattata per cancro al seno, ma il trattamento non influenza la durata della sua vita. Dal momento che non e` possibile dire quale cancro al seno mettera` a rischio la vita, vengono trattati tutti quelli che vengono identificati.

FALSO POSITIVO
Quando un operatore sanitario crede, sulla base del risultato della mammografia, che una donna possa avere il cancro al seno quando non lo ha. I falsi positivi comportano stress, costi economici e procedure invasive.

FALSO NEGATIVO
Quando una donna riceve un risultato "normale" dalla propria mammografia anche se il cancro e` presente. Alle mammografie effettuate nell'ambito di programmi di screening regolare sfuggono circa il 20% di cancri al seno infiltranti.

GRUPPI MENO ABBIENTI E VULNERABILI
Gruppi diversi sono colpiti diversamente dal cancro al seno. Dalle persone transessuali alle donne di colore alle persone esposte a inquinamento ambientale, la ricerca sui rischi e i bisogni di questi gruppi e` rada e, in alcuni casi, inesistente. Di conseguenza, persone appartenenti ad alcuni gruppi non sanno se quanto raccomandato a "donne a rischio medio di 40 anni e oltre" sia valido anche per loro.

L'inclusione dei gruppi sotto-rappresentati negli studi sul cancro al seno e sullo screening e` decisiva per stabilire delle linee guida basate sull'evidenza scientifica per tutti i gruppi, inclusi quelli sottorappresentati.

LA TUA SALUTE E` IMPORTANTE. COSA PUOI FARE?
Conosci il tuo corpo
Sottoponi all'attenzione del medico noduli e sintomi sospetti quali un cambiamento inusuale della forma o della grandezza del tuo seno, fuoriscita di liquido dal capezzolo o dolore. La mammografia diagnostica usata in questi casi puo` essere utile.

Conosci le tue opzioni
Collabora col tuo medico per capire il tuo rischio. Considera i danni e i benefici dello screening mammografico in modo da poter fare la scelta piu` giusta per te.

GUARDIAMO AL FUTURO
Lo screening mammografico regolare non impedisce che le donne muoiano di cancro al seno. Alla luce di questo, e` necessario:

Spostare l'attenzione dalla diagnosi precoce alla prevenzione del cancro al seno impedendo che si sviluppi

Mettere a punto trattamenti piu` efficaci, meno tossici e meno costosi per i cancri al seno che mettono a rischio la vita delle donne

Informare in maniera equilibrata sui danni del sovratrattamento e della sovradiagnosi in modo che le donne possano effettuare scelte informate

Mettere a punto strumenti per un'accurata valutazione del rischio in modo che donne e operatori sanitari possano effettuare scelte informate in merito allo screening

Elaborare linee guida basate sull'evidenza scientifica per tutti i gruppi, inclusi quelli sottorappresentati

A prescindere da come il cancro al seno viene individuato, attraverso lo screening o la scoperta di un nodulo da parte della donna, il modo migliore per evitare la morte a causa della malattia e` avere a disposizione assistenza sanitaria e trattamenti di alta qualita` e basati sull'evidenza scientifica, somministrati tempestivamente e in maniera culturalmente sensibile"

Ci preme aggiungere quanto segue. Saremmo le prime a gioire se davvero i programmi di screening mammografico potessero davvero ridurre significativamente la mortalita` per cancro al seno. E faremmo di tutto per promuovere l'adesione da parte delle donne. Cosi` non e`, purtroppo. Occorre riconoscerlo e cominciare a percorrere nuove strade.









lunedì 5 maggio 2014

La diagnosi precoce salva la vita?

Se le recenti notizie su screening e diagnosi precoce del cancro al seno vi hanno causato dubbi, domande, perplessita` il webinar gratuito di Breast Cancer Action fa al caso vostro.
Cos'e` un webinar? Una conferenza via web. Tutto quello che dovete fare per partecipare e` mettervi davanti al computer munite di auricolari e appizzare le orecchie.
Il webinar "Does Early Detection Save Lives" si terra` domani 6 maggio dalle 11 alle 12 di mattina (ora italiana) e dopodomani, 7 maggio, dalle 7 alle 8 di sera (ora italiana). Le attiviste di Breast Cancer Action - l'unica organizzazione che da oltre vent'anni difende i diritti delle donne che vivono col tumore al seno avvalendosi solo delle donazioni spontanee degli iscritti, senza sponsor e tenendosi ben alla larga da interessi di parte - intervisteranno Anthony B. Miller, Professore emerito presso la School of Public Health dell'Universita` di Toronto e primo autore di uno studio canadese durato 25 anni i cui risultati sono stati pubblicati recentemente sul British Medical Journal e che ha messo in evidenza come lo screening mammografico nelle donne tra i 40 e i 59 anni non riduce la mortalita` per cancro al seno.
Iscrivendovi al webinar (qui), riceverete un link da cui poter ascoltare la conferenza anche in differita. Partecipate e ricordatevi di fare una donazione, anche piccola, a Breast Cancer Action

sabato 28 settembre 2013

Pink Quiz

Oggi giochiamo. Vediamo quanto siete consapevoli dell'importanza della prevenzione del cancro al seno e delle campagne di sensibilizzazione. Rispondete alle domande qui sotto (che le Amazzoni ha copiato paro paro dall'associazione Breast Cancer Action - se andate a vedere le risposte per fare le fighe vi verra` perlomeno un mal di pancia con annesso cagotto). Prossimamente verranno pubblicate le soluzioni e chi avra` risposto bene a piu` domande, ricevera` una sorpresa.



1. Vero o Falso: Il nastro rosa e` stato creato dalla casa di cosmetici Estee Lauder per sensibilizzare le donne sull'importanza della prevenzione del cancro al seno.

2. Vero o Falso: Comprare un prodotto con il nastro rosa garantisce che il denaro verra` devoluto alla causa del cancro al seno.

3. Vero o Falso: Il mese della prevenzione del cancro al seno (ottobre) e` stato istituito dalla casa farmaceutica Astra Zeneca, produttrice del farmaco tamoxifene, utilizzato per trattare la malattia.

4. Quali dei seguenti prodotti non e` MAI stato associato al nastro rosa?  
   
   Armi

   Pollo e patatine fritte

   Spazzoloni per lavare a terra

   Detersivi

   Rossetti

         

giovedì 13 giugno 2013

Vittoria

                                                     Grazie da Breast Cancer Action


Ho voluto aspettare il comunicato stampa ufficiale di Breast Cancer Action prima di scrivere questo post. Quasi per scaramanzia. "Stai a vedere che ho capito male", pensavo.
E invece no. Ho capito benissimo. Breast Cancer Action ha vinto. L'American Civil Liberties Union ha vinto. Tutte le organizzazioni che hanno presentato il ricorso contro Myriad Genetics hanno vinto. Le persone e i loro diritti hanno vinto sugli interessi biechi di chi vuole fare profitto sui nostri corpi. La Corte Suprema ha deciso: i nostri geni non sono brevettabili.
Myriad Genetics, compagnia con sede a Salt Lake City, deteneva - cominciamo a parlare al passato - il brevetto sui geni BRCA1 e BRCA2 la cui mutazione rende chi ne e` portatore maggiormente suscettibile di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie. Di geni, mutazioni e cancro al seno si e` parlato a profusione recentemente a causa della decisione dell'attrice Angelina Jolie di fare uso della mastectomia preventiva in quanto affetta da una mutazione del gene BRCA1 che la esponeva all'87% di probabilita` di avere il cancro al seno.
Il test effettuato dalla Jolie (e dalla sottoscritta) e` molto costoso. Si parla di cifre che vanno oltre i 3000 euro. Negli Stati Uniti e in Europa. Per non parlare, poi, dell'impossibilita` di chiedere un secondo parere e delle enormi difficolta` incontrare dai ricercatori nell'effettuare studi sulle mutazioni e sulla malattia, piu` in generale, visto che Myriad non e` disposta a condividere l'immenso database di campioni di DNA in suo possesso con il resto della comunita` scientifica.
La Corte ha stabilito che i brevetti di Myriad non sono validi. "Myriad non ha inventato nulla. Di sicuro, ha scoperto un gene utile e importante, ma separare il gene dal materiale genetico circostante non e` un'invenzione", ha spiegato nelle motivazioni della sentenza il giudice Clarence Thomas. Il verdetto e` stato raggiunto all'unanimita`.
E` una grande vittoria, non solo per le donne con mutazione genetica o ad alto rischio di cancro al seno, ma per chiunque abbia a cuore la ricerca e la difesa del diritto alla salute. Lo sanno bene le donne di Breast Cancer Action, che hanno portato a casa un risultato di cui la grande Barbara Brenner, ex presidentessa dell'associazione che ci ha lasciato da poco, sarebbe stata fiera. E` stata lei, d'altra parte, a dare all'associazione la sua impronta piu` caratteristica. Breast Cancer Action non e` finanziata da nessuna compagnia, non ha sponsor. Vive delle donazioni di singoli individui che ne apprezzano l'indipendenza. E` per questo che ha potuto partecipare alla battaglia legale contro Myriad e vincere, perche` non sta a libro paga di nessuno. Gli unici interessi che Breast Cancer Action difende sono quelli delle persone come noi.

sabato 11 maggio 2013

Barbara Brenner



                                                 Barbara Brenner, 1951-2013
           
                   "Il cancro non aspettera` mentre noi ci affliggiamo. Abbiamo lavoro da fare"

                    http://bcaction.org/2013/05/11/in-memoriam-barbara-a-brenner-1951-2013/

lunedì 15 aprile 2013

Di chi sono i nostri geni?




Circa il 5% dei casi di cancro al seno e` causato da mutazioni genetiche. Sino ad ora sono stati identificati due geni, cosiddetti oncosoppressori, che se mutati e quindi non funzionanti in modo corretto, possono aumentare le probabilita` di sviluppare la malattia. Su questi geni, identificati come BRCA1 e BRCA2, negli Stati Uniti c'e` un brevetto. I geni sono cioe` di "proprieta`" della compagnia che se n'e` arrogata la scoperta, la Myriad Genetics. No, non e` uno scherzo. Chiunque voglia sapere se e` portatrice di una mutazione a questi due geni deve sottoporsi al test che Myriad eroga alla modica cifra di 4000 dollari. Qualunque altra compagnia per erogare il test deve comunque pagare i 4000 dollari a Myriad, cosa che fa lievitare di non poco i costi che, ricordiamolo, negli Stati Uniti ricadono sui pazienti stessi tranne i pochi casi in cui questi ultimi siano coperti da buone assicurazioni. Non solo, ma Myriad che ha quindi da anni, precisamente dal 1994, raccolto e conservato migliaia di campioni di DNA prelevati in maggioranza a donne malate di cancro al seno o con familiarita` si rifiuta di condividere con il resto del mondo scientifico questo immenso database. Perche`? Perche` e` roba importante, che potrebbe portare a scoperte grosse, forse anche risolutive per la malattia. E allora Myriad vuole tenersela per se`, per metterci un altro brevetto sopra e farci altri soldi. Pare, inoltre, che a partire proprio da quest'anno, con l'apertura di una sede a Monaco, Myriad abbia deciso di invadere anche il mercato europeo destando preoccupazione dei ricercatori.
Chi poteva opporsi a cotanto gigante? Nessuno, se non le coraggiosissime donne di Breast Cancer Action, associazione statunitense che si batte per i diritti delle donne che vivono col cancro al seno, che hanno trascinato Myriad di fronte alla Corte Suprema. La prima udienza si e` tenuta oggi, insieme a una nutrita manifestazione davanti al tribunale. Il brevetto sui nostri geni va eliminato, chiedono le attiviste di Breast Cancer Action. A Myriad deve essere vietato di lucrare sulla malattia e imposto di mettere a disposizione il patrimonio di dati acquisiti fino ad ora a disposizione della comunita` scientifica. 

lunedì 10 settembre 2012

Pink Ribbons Inc. - il trailer in italiano

Ho gia` parlato piu` volte di questo documentario che bisognerebbe assolutamente portare in Italia. Non aggiungo altro. Non ce n'e` bisogno. Guardate il trailer, con i sottotitoli in italiano. Quanta voglia avete di vederlo per intero?