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domenica 1 ottobre 2017

La vera storia del nastro rosa

Il nastro rosa compie 25 anni. Lo annunciano Estee Lauder, e in Italia, il suo partner scientifico, l'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC).

"La Campagna Breast Cancer dedicata alla lotta contro il tumore al seno è stata ideata nel 1992 da Evelyn H. Lauder insieme al suo simbolo distintivo, il Nastro Rosa. La campagna, fino allo scorso anno, si chiamava BCA (Breast Cancer Awareness), ma da quest’anno – proprio in occasione del 25° Anniversario, The Estée Lauder Companies ha dato vita ad un “re-naming”, chiamandola BC Campaign (Breast Cancer), togliendo quindi la parola Awareness = Consapevolezza, perché dopo 25 anni di impegno verso la sensibilizzazione ora è il momento di focalizzarci sul futuro, e investire tutte le energie per avere un mondo libero dal tumore al seno."

Cosi` si legge sul sito della campagna [qui]. Peccato che le cose siano andate diversamente e che da 25 anni Estee Lauder racconti bugie a scopo di lucro sulla pelle delle donne.


Cominciamo proprio dal nastro rosa, la cui ideazione viene attribuita a Evelyn H. Lauder, nuora di Estee Lauder, alla guida della casa di cosmetici negli anni '90. Un nastro non rosa ma color salmone esisteva gia` e a confezionarne a decine con le sue mani era una donna, Charlotte Haley, la cui nonna, sorella e figlia erano state colpite dal cancro al seno. Charlotte distribuiva i suoi nastri insieme a una cartolina che invitava a chiedere che il National Cancer Institute (NCI) investisse di piu` nella prevenzione della malattia cui all'epoca destinava solo l'8% del suo budget da quasi 2 miliardi di dollari. Un'iniziativa, quindi, di una donna comune che non chiedeva di donare soldi o acquistare prodotti ma di fare pressione sulla principale agenzia governativa statunitense per la ricerca sul cancro allo scopo di modificarne la distribuzione dei fondi.
La voce si sparge e arriva alle orecchie di Evelyn H. Lauder e Alexandra Penney, direttrice della rivista Self. Insieme contattano Charlotte. Le chiedono di usare il suo nastro per lanciare una campagna in favore delle donne contro il cancro al seno sotto l'egida del marchio Estee Lauder. Charlotte sente puzza di bruciato e rifiuta. Ma Lauder e Penney, a loro volta, hanno fiutato l'affare. Su consiglio dei loro avvocati, cambiano il colore del nastro che da salmone diventa rosa. Un colore rassicurante e festoso, tutto cio` che una diagnosi di cancro al seno non e`. Nell'ottobre del 1992 il nastro rosa viene associato alla vendita dei prodotti Estee Lauder.

La vera storia del nastro rosa e` ben nota. L'hanno raccontata studiose e attiviste, come l'indimenticabile Barbara Brenner, per 15 anni direttrice esecutiva di Breast Cancer Action (BCAction), e la stessa Charlotte Haley. Ed e` a loro che vogliamo lasciare la parola attraverso un estratto del documentario Pink Ribbons Inc. che trovate qui e che vi invitiamo a diffondere.
Le bugie sull'ideazione del nastro rosa sono emblematiche delle mistificazioni sul cancro al seno che chi come noi vive con la malattia e le donne tutte devono sorbirsi da ormai troppo tempo. 25 anni sono tanti. E` ora di dire basta. Non per raggiungere l'impossibile e menzognero traguardo proposto da Estee Lauder di un "mondo libero dal tumore al seno", ma per fare in modo che sempre meno donne si ammalino e che terapie sempre piu` efficaci e meno tossiche siano disponibili per tutti gli stadi della malattia, compreso il quarto.


lunedì 3 settembre 2012

Vanity Fair discolpati




Ottobre si avvicina. Ottobre, quello che dovrebbe essere il mese della "prevenzione" (ma quale?) sul cancro al seno e diventa invece sistematicamente ogni anno la fiera del rosa.
Estee Lauder, che la fiera del rosa l'ha ideata per prima, si sta gia` dando da fare a suonare la gran cassa della pubblicita`. Ovviamente non si tratta di pubblicita` in senso tradizionale. Per le modelle superfighe, coi seni turgidi e il braccialetto rosa sul braccio, c'e` tempo. Bisogna prima insinuarsi nella mente delle consumatrici ignare in maniera piu` soft. Niente di meglio allora che qualche bell'articolo celebrativo sulla grande filantropa ed eroina della causa del cancro al seno che - cosi` fanno credere - e` stata Evelyn Lauder.
La nota rivista "femminile" Vanity Fair, ha pubblicato nel suo ultimo numero, un articolo celebrativo sulla Lauder, con tanto di foto e agiografia. Di articoli del genere ne sono stati scritti e pubblicati tantissimi, ma questo di Vanity Fair intende celebrare il ventennale della "creazione" del nastro rosa - il pink ribbon - da parte di Evelyn Lauder. Niente di piu` falso!
"La storia di Evelyn Lauder" - comincia cosi` l'articolo di Irene Soave- "e` dedicata a chi pensa che il rosa sia un colore frivolo. [...] A chi crede che per una donna con il cancro al seno vestiti e make up siano solo ricordi. [...] La sua creatura, il nastro rosa simbolo della lotta contro il cancro al seno - una campagna nata nel 1992 e che da allora ha distribuito 115 milioni di pink ribbons in tutto il mondo - compira` vent'anni ad ottobre.".
La "sua creatura"? Siamo alle solite. Siamo alla solita, vecchia menzogna di Evelyn Lauder, paladina delle donne col cancro al seno, che inventa il nastro rosa. Menzognera perche`, come risaputo negli Stati Uniti, e ribadito piu` di recente su questo blog e dalla giornalista Susanna Curci sul settimanale Gli Altri in un articolo significativamente intitolato "Se il cancro al seno diventa un business. Si scrive Estee Lauder, si legge pinkwashing", Evelyn Lauder il nastro rosa lo ha rubato a una donna, Charlotte Haley, che, in quanto madre, figlia e sorella di donne col cancro al seno, aveva cominciato a fabbricare piccoli nastrini color pesca che poi distribuiva GRATIS. Evelyn Lauder e Alexandra Penney, allora direttrice della rivista statunistense Self, cercarono di convincere con le buone la Haley a cedere loro i diritti sul nastrino da lei inventato e confezionato. Di fronte al rifiuto di quest'ultima, la quale aveva espressamente dichiarato di non voler avere niente a che fare con Estee Lauder e Self , in quanto "troppo commerciali", passarono alle cattive. Dietro consiglio di un legale, decisero infatti di cambiare il colore del nastro, che da color pesca divento` rosa. E il business ebbe inizio. Estee Lauder, anche questo e` noto, devolve solo il 20% dei ricavati delle vendite alla ricerca sul cancro al seno, peraltro senza specificare dove e a chi esattamente vadano a finire i soldi. Non c'e` proprio niente di filantropico. Estee Lauder usa il cancro al seno e il dramma delle donne colpite dalla malattia per fare profitti.
Ma non finisce qui. Il pink ribbon e` stato un grande successo di marketing. Altre aziende produttrici di cosmetici (peraltro spesso contenti sostanze fortemente sospettate di essere cancerogene) e mercanzia varia hanno imitato Estee Lauder. Per farsi pubblicita` non hanno esitato ad offrire una rappresentazione del cancro al seno come qualcosa di "femminile", glamour, alla moda. L'hanno "normalizzato". E` importante ribadire che il cancro al seno e` una malattia mortale. Molte sono le donne che muoiono anche a distanza di molti anni. Sempre di piu` si ammalano e sono sempre piu` giovani. In Italia, siamo a una donna ogni otto e il 30% ha meno di 44 anni. L'esistenza di chi ha sviluppato la malattia e` contrassegnata di paura, trattamenti invasivi e debilitanti e un dolore sordo che periodicamente ritorna.
Farsi pubblicita` col cancro al seno fa schifo. E non e` nemmeno bello fare da vassalli a chi orchestra operazioni di questo tipo. Da Vanity Fair mi aspetto quanto meno una rettifica.

domenica 3 giugno 2012

Evelyn Lauder nella mia stanza


Basta e` arrivato il momento di smetterla di piangersi addosso e raccontarvi tutta la verita` sul mio incontro ravvicinato col cancro al seno. Fino ad ora non l’ho fatto perche`, insomma, certe fortune una vorrebbe godersele anche un po` da sola in santa pace, senno` poi scatta l’invidia, la gente ti prende a occhio. Pero` oggi e` domenica, giorno del Signore, in Inghilterra la regina ci regala due giorni di vacanza per il suo sessantesimo anniversario di regno e allora mi sono detta che dovevo essere generosa anch’io.Guardate la foto qua sotto



Quella alla vostra destra, con la carnagione olivastra, no, non quella marroncina negra ma non troppo, quella accanto a destra, ecco quella sono io durante la chemio. Eh si. Avevo fatto da poco l’intervento, c’avevo il seno schiacciato e la cicatrice fresca, un po` di linfedema sotto l’ascella, i capelli radi, il colorito cereo, le occhiaie fino al mento e le labbra di un fantasma. Un giorno che, come al solito, stavo a letto a sentire il veleno che si spargeva nel mio corpo, tra brividi e conati di vomito, l’intestino impazzito, la bocca asciutta al sapore di metallo, all’improvviso ho sentito bussare alla finestra. Toc toc. “Dio Santo, mo` c’ho pure le allucinazioni”, mi sono detta. Toc toc. Toc toc. Ho chiamato il mio compagno di cammino: 

“Ma che e` sto rumore? Stanno bussando alla finestra?”. 
“Ma chi vuoi che bussi alla finestra al sesto piano? L’uomo ragno? Vuoi che facciamo l’iniezione per la nausea?”
“Non ho la nausea. Ho detto che sento bussare alla finestra” 
“Dai, prendi il gastroprotettore per l’ulcera”
“Vuoi lo xanax?”, si unisce con prontezza mia madre. 

A questo punto e` la crisi. Perche` non mi credono e vogliono imbottirmi di farmaci? Non ne ho gia` presi forse abbastanza? E poi, cazzo, sto male, peso 40 chili, c’ho quattro peli in testa e non mi sentirei a disagio a un party per soli zombie, ma io ho sentito bussare! Urlo, mi dimeno. 
“E` il cortisone”, mi spiega mio padre. 

L’ultimo acuto li fa scappare tutti. Finalmente. Mi sto per raggomitolare di nuovo sotto alle coperte. Sento che sta per arrivare una nuova ondata di brividi e la testa mi scoppia. All’improvviso, la finestra si spalanca da sola. Una luce fortissima mi investe. La stanza diventa tutta rosa. E lei, Evelyn Lauder, in diretta dall’oltretomba mi si para davanti con una bacchetta magica, rosa ovviamente. Sulle prime non la riconosco. E` lei a presentarsi:

“Sono Evelyn Lauder, la fondatrice di Estee Lauder”
“Ma chi? Quella dei trucchi?”
“Esatto, mia cara. Sai, anche io ho avuto un cancro al seno anni fa. Era un periodo difficile, c’era crisi e le donne non avevano soldi nemmeno per l’indurente per le unghie. Mi ero buttata cosi` a terra che non andavo piu` nemmeno dal parrucchiere. Poi, per fortuna, mi e` venuto il cancro”
“Ma come 'per fortuna'? Sei impazzita?”
“Impazzita? Ma no, bella mia, sei tu che sei una povera scema e non hai capito nulla. Te ne stai li` nel letto a lamentarti per la malattia, per la chemio, per la paura di schiattare. Guarda me invece! Io del cancro al seno ho fatto la mia fortuna”
“E come?”
“Semplice: ho rubato dei nastrini color pesca a una vecchia rincoglionita che li distribuiva all’entrata dei supermercati per attirare l’attenzione della gente sulla malattia, ho cambiato il colore, da pesca insignificante a rosa tanto femminile, ho appiccicato il nastrino sui miei prodotti e ho sparso la voce che avrei dato i ricavati alla ricerca. E la gente c’e` cascata. Chi non ha un’amica, una sorella, una parente col cancro al seno oggi?”
“E quanti soldi hai donato alla ricerca? Che buona che sei!”
“Ah ah ah buona io? Senti questa! Alla ricerca ho dato solo il 20% dei ricavi. Il resto me lo sono messo in saccoccia. C’abbiamo avuto un boom di vendite. Tutti a comprare la roba nostra”
“Ma questa e` una frode”
“Ah ah ah e vallo a dire in giro. A chi pensi che crederanno? A te, con quella faccia da topo con l’epatite o a me, la signora Estee Lauder?”
“Hai ragione. Ridotta cosi` non mi credera` nessuno”
“Oh Dio, adesso ricominci a frignare. Su, oggi mi trovi buona. To`, t’ho portato un bel cofanetto di prodotti, rosa pure lui. Rifatti un po` il trucco”
“Ma io non mi so truccare”
“E per questo t’e` venuto il cancro!”
“Ma scusa, non sono i parabeni che stanno pure nei cosmetici a farlo venire?”
“Se non la finisci ti faccio venire una metastasi”
“Oh Dio, no, Evelyn, ti prego. Mi trucco, faccio tutto quello che vuoi”
“No, di te non c’e` da fidarsi. Mo` chiamo un’amica mia, quella che mi fa da testimonial, un’attrice che il marito c’ha fatto un sacco di corna, Elisabeth Hurley. Ti trucca lei”

Elisabeth e` bellissima, altissima e truccatissima. C’ha due zinne gonfie e sode. Le mie sono moscie perche`, per via del cancro, mi hanno messa in menopausa farmacologica e quella destra e` solcata dai punti e le manca mezzo capezzolo.
“Eli, mi faresti pure le tette come le tue?”, le chiedo timidamente
“Ma certo, tesoro, siamo qui per questo”
“Ma perche` lo fate?”
“Perche` cosi` guadagnamo bei soldi. E comunque non lo facciamo con tutte. Se avessi le metastasi sarebbe diverso”
“In che senso?”
“Nel senso che le metastasi non fanno guadagnare, portano sfiga, fanno paura quindi per noi non esistono”
“Ma ci sono donne che ci convivono per anni…”
“E vabbe`, saranno fattacci loro. In America diciamo ‘business is business’”

Elisabeth continua a pennellare, mi rimette a posto le tette, mi rifa` il manicure. Sorride sempre. All’improvviso, mi sento bellissima anch'io e in forma come ogni donna vorrebbe essere. Pensare che e` stato tutto merito del cancro al seno