venerdì 1 novembre 2013

Anniversari

Odio novembre. E` il mese della paura, dell'orrore, della realta` che si rifa` incubo. Novembre e` il mese della diagnosi. Il 17 novembre di tre anni fa. Quel giorno maledetto, crudele in cui la parola cancro e` esplosa nella mia vita. Non che non fosse nell'aria. I sospetti erano cominciati una quindicina di giorni prima con la scoperta del linfonodo ingrossato sotto l'ascella. Poi il nodulino nel seno, trovato con l'autopalpazione. Poi il medico di base, l'ospedale, la senologa, le infermiere, gli aghi aspirati, la biopsia, quei sette lunghissimi giorni di attesa. Sarebbe meglio dire notti. La notte e` scesa sopra di me. Una notte scura, interminabile. Una notte senz'alba. Perche` sentirsi dire che si, e` cancro, non e` l'alba ma l'inizio di una nuova notte.
Sono passati tre anni. Oggi il tempo fa schifo. Sono in casa con la luce accesa nonostante sia giorno. Fa freddo. Sembra tutto come allora. Sono davanti al computer, comincio a toccarmi l'ascella destra e sento una minuscola pallina. E` un attimo. Il freddo mi entra nello stomaco, i brividi lungo il collo. Allarme. Allarme. Allarme. Il tempo di deglutire e la pallina non si sente piu`. Continuo a cercarla. A tratti mi sembra di risentirla. Ma forse e` un muscoletto. No, non ha nemmeno la forma di una pallina. Dov'e`? Sotto l'ascella? Forse sotto le mie mani e soprattutto nella mia memoria.
Secondo uno studio pubblicato nel 2004 (qui) una delle cause scatenanti della paura e del senso di insicurezza nelle donne che hanno avuto un cancro al seno, anche a distanza di anni, e` l'anniversario della diagnosi. Altre sono i dolori dovuti agli effetti secondari delle terapie che fanno pensare alle metastasi, venire a sapere che qualche altra persona ha il cancro, i controlli annuali. La cosa significativa emersa dallo studio e` che la paura e il senso di insicurezza non sono dipendenti dal tempo trascorso dalla diagnosi. A distanza di nove anni, molte donne che hanno preso parte allo studio, continuavano ad avere paura. I trigger principali sono nuovi dolori o sintomi fisici. Tra questi, il linfedema che puo` manifestarsi anche dopo anni dall'intervento di linfoadenectomia e la cui comparsa improvvisa, quando si pensa di averlo ormai scansato, causa in molte donne vero e proprio panico, perche` viene scambiato come un segno di ripresa di malattia.
Che fare? Gli autori dello studio raccomandano a medici e operatori sanitari di monitorare la situazione psicologica delle pazienti anche a distanza di anni e di fornire tutte le informazioni sugli effetti secondari dei trattamenti, inclusi quelli a lungo termine, in modo che, qualora si manifestassero, possano essere identificati come tali. Va benissimo. Non riesco a non pensare, tuttavia, che il cancro e` un incubo constantemente presente nella mente di chi lo vive e anche per questo va fermato prima che cominci. Perche` sopravvivere a lungo non basta. Non con una spada di Damocle sulla testa.

6 commenti:

  1. Ti abbraccio fortissimo, cara.

    Un saluto,

    Serena.

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  2. con mia moglie e' eguale

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  3. Ciao Amazzone,
    Ti capisco pienamente, non so se ti ricordi ma qualche giorno fa ho risposto ad un post sulla Fanpage inerente lo screening mammografico. Mi spiace che dal mio post, scritto d'impeto, non sia emerso la mia effettiva preoccupazione (e sfiducia) per quanto riguarda la diagnosi di eventuali recidive.
    Anch'io come te sono stata operata nel 2010, un mese prima. Ho la tua stessa età, sono un 78 e dover subire una mastectomia radicale con svuotamente cavo ascellare non è stato semplice, soprattutto psicologicamente. Anche perchè la ricostruzione era vietata, per almeno 3 anni. Dopodiche' chemio (6 cicli) e radioterapia di un mese. La bestiaccia era enorme, con ben 4 cisti intorno a farle compagnia, a per fortuna pareva circoscritta a quel seno.
    Il problema è che essendo diventata mamma da poco, a fine allattamento (mia figlia aveva un anno) fino al momento nefasto della diagnosi non avrei mai pensato di controllarmi il seno, nè nessuno me lo ha mai suggerito. Nè la ginecologa, nè tutti i medici che ho avuto intorno al momento del parto. Quello che vorrei dire è che il tumore al seno nelle giovani mamme è in forte aumento e che l'autopalpazione non è sufficiente. Prima e durante la gravidanza si dovrebbe fare di più, perchè quello non è un momento di "stato di grazia totale" e basta, ma il corpo subisce notevoli e repentini cambiamenti che sarebbero da monitorare.
    Poi troppo poco si fa per trovare la cura. Sì è vero, ci sono molteplici forme di bestiacce, tantissime, ma piuttosto che "alimentare" l'industria del farmaco del cancro che di per sè non è una cura, in quanto non ti fa guarire e vivi con lo spettro che la malattia possa tornare. Sono queste le cose che bisognerebbe denunciare.
    Ti volevo esprimere anche tutta la mia solidarietà, perchè posso davvero capire come ti senti. Spero davvero con tutto il cuore che trovi la "tua" forza, io l'ho trovata in mia figlia e nel bisogno che, da sempre, lei ha di me. In bocca al lupo per tutto.

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  4. Condivido le paure espresse in questa riflessione perchè sono le stesse che provo anch'io:penso che questi sentimenti ci accompagneranno per sempre.Ora va di moda pensare positivo e si è diffusa anche in campo oncologico la raccomandazione:pensa positivo,altrimenti calano le difese immunitarie!Ci vogliono 'bioniche',ma vorrei vedere questi guru al nostro posto! Io mi difendo da questo terrorismo psicologico.Siamo esseri umani,è umano avere paura,accettiamo e rispettiamo le nostre paure e le fragilità che ci sono inevitabilmente anche se reagiamo con tutta la forza di cui siamo capaci.Non permettiamo a nessuno di giudicarci e di farci sentire in colpa se abbiamo paura.Un abbraccio a tutte le amazzoni,vittoria

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  5. L’unico aspetto positivo della paura è che aumenti la ricerca delle armi per combattere, è molto ma nell’insieme tutto questo ci fa capire quanto drammatica sia questa malattia (in un certo senso, traggo la conclusione da me, cioè aver per un certo verso bisogno della paura, ho i brividi mentre scrivo questo). La prevenzione nel senso impedire che il cancro si presenti, come dice Amazzone, è la via giusta. E nel tempo stesso come dice Tiziana, controllare le donne in gravidanza, perché spesso gli ormoni spronano il tumore. E in gravidanza si tende a raccomandare l’assunzione di vit B12 e acido folico per la riproduzione cellulare, ma se hai un cancro stimoli molto anche quello, come dice la Kousmine nelle sue ricerche sui topi, a pagina 292 di “Salvate il vostro corpo” : “ sottoponendo dei topi cancerosi all’azione di sostanze biologiche diverse….ho constatato che le vitamine B1 e B12 in dosi elevate (corrispondenti nell’uomo a 100 milligrammi e a 1 grammo), l’acido folico e gli estratti embrionali e placentari accelerano la crescita del tumore. E’ quindi saggio diffidarne in medicina, nei soggetti cancerosi, come si diffida di qualunque sostanza chimica il cui potere cancerogeno è stato dimostrato nell’animale”.

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  6. Segnalo una riflessione apparsa su D donna,supplemento di Repubblica,scritta da Umberto Galimberti.Si tratta di una conferma autorevole di quanto da me denunciato in questo forum:il malato oncologico viene investito della responsabilità della sua malattia e del senso di colpa perchè si preoccupa e ha paura della morte.La morte è un tabu'e tutti tendono a rimuoverla.

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