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giovedì 8 maggio 2014

Carcinoma ovarico: il problema e` la formazione dei medici di base

C'era una volta un pastore che aveva un gregge di 100 pecore. La sua preferita era la yellow pecora.

Il resto della barzelletta non me lo ricordo. Avevo nove anni quando mi e` stata raccontata da una ragazzetta figlia di amici dei miei. Mi aveva fatto schiantare dal ridere. La raccontavo a chiunque mi capitasse a tiro, la barzelletta della yellow pecora. E ogni volta mi tornava in mente la faccia da cinesina di Paola.

Pochi anni dopo Paola e` morta. A 27 anni. Di cancro alle ovaie. Era il 1993. Oggi, se fosse vissuta, sarebbe stata una simpaticissima quasi cinquantenne. E invece no.

Oggi e` la giornata mondiale del tumore ovarico. In Italia e` stata lanciata sui social network la campagna #ilsilenziononèdoro con tanto di ormai immancabili selfie (qui). Lo scopo sarebbe quello di fare informazione tra le donne riguardo alla malattia e insegnare loro a riconoscerne i sintomi. Il tasso di mortalita` per carcinoma ovarico sarebbe molto elevato a causa nei ritardi della diagnosi. Quando lo si scopre sarebbe troppo tardi. E ovviamente si da per scontato che siano le donne a non rivolgersi tempestivamente al medico. Beh, cosi` non e`. Paola dal medico c'era andata e le era stato detto che la pallina che sentiva nell'inguine non era niente di preoccupante, un problemino intestinale. E di casi simili, purtroppo, ne ho sentiti tanti. Il target delle campagne di informazione dovrebbero essere i medici di base a cui andrebbe insegnato a non prendere sottogamba sintomi come disturbi intestinali o dolori nella zona pelvica solo perche` a riportarli e` una donna e quindi una frignona lamentosa per antonomasia.

Oltre all'informazione per i medici, sarebbe opportuno anche cominciare a svelare al pubblico le cause conosciute del carcinoma ovarico. Tra queste, l'amianto, solitamente associato al mesotelioma pleurico. Secondo l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, l'esposizione all'amianto, per esempio delle mogli di operai che lo lavoravano, puo` provocare il cancro alle ovaie (qui).

Paola il selfie non se lo puo` fare. Non sa nemmeno cos'e`. Se potesse parlare pero`, direbbe di migliorare la formazione dei medici di base e di lavorare sulla rimozione delle cause della malattia

venerdì 1 novembre 2013

Anniversari

Odio novembre. E` il mese della paura, dell'orrore, della realta` che si rifa` incubo. Novembre e` il mese della diagnosi. Il 17 novembre di tre anni fa. Quel giorno maledetto, crudele in cui la parola cancro e` esplosa nella mia vita. Non che non fosse nell'aria. I sospetti erano cominciati una quindicina di giorni prima con la scoperta del linfonodo ingrossato sotto l'ascella. Poi il nodulino nel seno, trovato con l'autopalpazione. Poi il medico di base, l'ospedale, la senologa, le infermiere, gli aghi aspirati, la biopsia, quei sette lunghissimi giorni di attesa. Sarebbe meglio dire notti. La notte e` scesa sopra di me. Una notte scura, interminabile. Una notte senz'alba. Perche` sentirsi dire che si, e` cancro, non e` l'alba ma l'inizio di una nuova notte.
Sono passati tre anni. Oggi il tempo fa schifo. Sono in casa con la luce accesa nonostante sia giorno. Fa freddo. Sembra tutto come allora. Sono davanti al computer, comincio a toccarmi l'ascella destra e sento una minuscola pallina. E` un attimo. Il freddo mi entra nello stomaco, i brividi lungo il collo. Allarme. Allarme. Allarme. Il tempo di deglutire e la pallina non si sente piu`. Continuo a cercarla. A tratti mi sembra di risentirla. Ma forse e` un muscoletto. No, non ha nemmeno la forma di una pallina. Dov'e`? Sotto l'ascella? Forse sotto le mie mani e soprattutto nella mia memoria.
Secondo uno studio pubblicato nel 2004 (qui) una delle cause scatenanti della paura e del senso di insicurezza nelle donne che hanno avuto un cancro al seno, anche a distanza di anni, e` l'anniversario della diagnosi. Altre sono i dolori dovuti agli effetti secondari delle terapie che fanno pensare alle metastasi, venire a sapere che qualche altra persona ha il cancro, i controlli annuali. La cosa significativa emersa dallo studio e` che la paura e il senso di insicurezza non sono dipendenti dal tempo trascorso dalla diagnosi. A distanza di nove anni, molte donne che hanno preso parte allo studio, continuavano ad avere paura. I trigger principali sono nuovi dolori o sintomi fisici. Tra questi, il linfedema che puo` manifestarsi anche dopo anni dall'intervento di linfoadenectomia e la cui comparsa improvvisa, quando si pensa di averlo ormai scansato, causa in molte donne vero e proprio panico, perche` viene scambiato come un segno di ripresa di malattia.
Che fare? Gli autori dello studio raccomandano a medici e operatori sanitari di monitorare la situazione psicologica delle pazienti anche a distanza di anni e di fornire tutte le informazioni sugli effetti secondari dei trattamenti, inclusi quelli a lungo termine, in modo che, qualora si manifestassero, possano essere identificati come tali. Va benissimo. Non riesco a non pensare, tuttavia, che il cancro e` un incubo constantemente presente nella mente di chi lo vive e anche per questo va fermato prima che cominci. Perche` sopravvivere a lungo non basta. Non con una spada di Damocle sulla testa.