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domenica 7 aprile 2019

Non solo il Congresso Mondiale delle Famiglie. Anche Foodness e Fondazione Veronesi usano il cancro al seno per spaventare le donne

Ci scrive un'amica, a meta` di un sonnolento sabato mattina. E` molto spaventata. E` andata a fare colazione fuori insieme a marito e figlioletto e curiosando nel bar, tra caramelle, gelati e uova di Pasqua, si e` imbattuta in un cartello pubblicitario. Ad attirare la sua attenzione era stata la folta chioma bionda e ondulata adagiata sul seno di una ragazza bella come una sirena, la cui immagine spiccava sullo sfondo rosa del cartello. In basso a sinistra, in primo piano, il logo della Fondazione Umberto Veronesi e quello del suo progetto Pink is Good, un nastro rosa. A spaventare la nostra amica tre righe piazzate sopra la testa della ragazza:

"In Italia una donna su tre rischia il cancro ma uno stile di vita sano e controlli regolari possono salvare la vita".

Piu` in basso, sotto una tazza contenente una bevanda rosa, un'altra frase che questa volta fa riferimento al cancro al seno:

"Noi sostieniamo la ricerca scientifica contro il tumore al seno devolvendo parte dei ricavi, ottenuti dalla vendita di Mermaid Latte, alla Fondazione Umberto Veronesi".

Noi chi? Che cos'e` il Mermaid Latte? E che cancro rischia una donna su tre? Quello al seno? Tutti i tipi di cancro? La nostra amica e` molto confusa e allora le chiediamo di mandarci una foto del cartello. Ed eccolo qua:


Noi e` Foodness, "la prima azienda italiana" - apprendiamo dal loro stesso sito - "a introdurre il concetto di Wellness nel settore Ho.re.ca", acronimo che sta per Hotel/Restaurant?Cafe`[qui].
Foodness produce bevande vegetali, una birra a basso contenuto calorico, caffe` in capsula, barrette, biscotti e muffin. Tutto a base di "piante, fiori, radici, bacche e alghe" [qui]. Tutto salutare. Proprio come il Mermaid Latte pubblicizzato nel cartello, una bevanda per "sirene e tritoni sempre di fretta e pieni di impegni che non rinunciano pero` alla propria pausa di benessere", leggiamo ancora sul sito [qui]. Neanche una parola, invece, sulle capsule e i materiali di cui sono fatte. Da questi ultimi, infatti, puo` dipendere la possibilita` di smaltirle e, in caso non sia possibile, che inquinino, con pesanti ricadute sulla nostra salute [qui].
Non e` la prima volta che Fondazione Veronesi instaura relazioni pericolose per raccogliere fondi per una non meglio precisata "ricerca" sul cancro al seno. Ne abbiamo gia` parlato a proposito della partnership con la marca di assorbenti Lines [qui]. Tra gli altri sponsor di Pink is Good, pero`, c'e` anche Lancia Ypsilon che ogni anno apre il corteo della PittaRosso Pink Parade, l'evento di punta della Fondazione Veronesi, salutando tutti i partecipanti al profumo di gas di scarico [qui qui].
Nel caso di Foodness, all'utilizzo strumentale della malattia per vendere prodotti che potrebbero avere un impatto nocivo sull'ambiente e sulla salute si aggiunge la deliberata ambiguita` del cartello pubblicitario. Da una parte, secondo il rapporto AIOM-AIRTUM I numeri del cancro in Italia 2018, nel nostro paese il rischio cumulativo di ammalarsi di cancro, ossia "la probabilita` teorica che un individuo riceva una diagnosi di tumore nel corso della sua vita" che si esprime per "numero di persone che sarebbe necessario seguire [...] in assenza di decessi" perche` la diagnosi si verifichi, e` per le donne una su tre [qui]. Dire che "in Italia una donna su tre rischia il cancro" e`, in assenza di spiegazioni aggiuntive, una grossa semplificazione. Al tempo stesso, il riferimento esplicito al cancro al seno, ulteriormente amplificato dal colore dello sfondo del cartello e dal nastro rosa di Pink is Good, restringe l'attenzione su un unico tipo di cancro. Lo scopo e` dunque spaventare le donne, usando strumentalmente una delle malattie che fa loro piu` paura, e indurle a comprare il Mermaid Latte di Foodness. Come una pozione salvifica, la bevanda, rigorosamente rosa, trasformera` quelle che ne faranno uso in sirene dalla folta chioma bionda e ondulata e le proteggera` dal cancro al seno. Cosa succedera`, invece, a quelle che prenderanno un normale espresso senza i superpoteri rosa? Correranno incuranti il rischio di perderli, i capelli, per via della chemioterapia, e forse di perdere proprio la vita? Se cosi` fosse, non resterebbe da dire che se la sono andata a cercare.
Circa una settimana fa, abbiamo scritto su questo blog del Congresso Mondiale delle Famiglie e della partecipazione di Babette Francis, attivista anti-abortista, abituata ad agitare lo spettro del cancro al seno per spingere le donne a fare tanti figli a 20 anni e allattarli quanto piu` a lungo possibile [qui]. Trovate le differenze di metodo con la campagna di Foodness e Fondazione Veronesi, se ci riuscite.

martedì 21 marzo 2017

Giu` le mani da Veronica Sogni

Avevamo scelto di non parlare di Veronica Sogni, la ventottenne morta di cancro al seno la scorsa settimana la cui scomparsa ha attirato l'attenzione dei media e del pubblico perche` faceva la modella e aveva parteipato a Miss Italia.
Non avevamo avuto modo di conoscere Veronica di persona e avevamo letto, in uno dei gruppi di supporto online di cui faceva parte, che non gradiva si parlasse troppo di lei e delle sue condizioni di salute che, purtroppo, ultimamente erano peggiorate.
Ci vediamo costrette a rompere il silenzio rispettoso su questa tragedia a causa dell'intervento a gamba tesa della Fondazione Veronesi attraverso i canali social del progetto Pink is Good.


Cosa si sta cercando di insinuare? Che Veronica Sogni e` morta perche` non ha prestato attenzione a "sintomi" e "segni"? La Fondazione Veronesi e` stata informata del fatto che si puo` morire di cancro al seno anche se la malattia viene diagnosticata al primo stadio? Tralasciamo domande piu` complesse perche` il livello e` chiaramente infimo.
Quanto scritto sulla pagina Facebook della Fondazione Veronesi e` una vergogna. Strumentalizza la morte di una ragazza di ventotto anni, ammalatasi di cancro al seno a ventiquattro, per far passare informazioni datate e incorrette gettando addosso a lei e alle donne tutte la responsabilita` di un'epidemia che colpisce ormai a tutte le eta` e semina morti e feriti.
Abbiamo il cuore a pezzi, Veronica, e tanta rabbia. 

martedì 26 maggio 2015

Lines e Fondazione Veronesi. C'e` puzza di pinkwashing

Cosa c'e` di piu` "femminile" del seno? Nulla. Forse, a pari merito, si classificano solo le mestruazioni. Se del "femminile", pero`, il seno rappresenta il bello e il simbolo reso piu` visibile in assoluto, le mestruazioni non godono di tanta popolarita`. Associate con lo sporco e la temporanea perdita di purezza, le mestruazioni sono, nella cultura occidentale, tanto nascoste quanto il seno e` esibito. Nonostante cio`, una fiorente industria vi gira intorno. E` l'industria degli assorbenti, interni ed esterni.
La vita fertile di una donna dura grosso modo dai 12 ai 50 anni, con un ciclo mestruale della durata di circa 28 giorni. Immaginate quanti assorbenti vengono utilizzati in questo lasso di tempo. Se poi alle donne viene fatto credere che le mestruazioni sono sinonimo di sporco, cattivo odore e brutte figure e che solo assorbenti supersottili, superleggeri, con cui ci si puo`, per esempio, far paracadutare da un aereo sentendosi asciutte e pulite, possono risolvere un problema cosi` imbarazzante, allora il bottino diventa ghiottissimo. 
Ma si sa, l'ingordigia e` demone che si autoalimenta. E allora perche` non unire i due simboli del "femminile", quello visibile e quello nascosto, quello bello e quello sporco, sia pure sublimato dalla celestiale leggerezza che solo un assorbente puo` donare a noi donne "anche in quei giorni", e fare tombola?
C'ha pensato Lines, da decenni ormai marchio leader del mercato italiano degli assorbenti, stabilendo una partnership con la Fondazione Veronesi a sostegno della campagna Pink is Good (qui). Per ogni pacco di Lines è, Lines Seta Ultra e Lines Petalo Blu, verranno donati minuti di ricerca. Al termine dell’iniziativa, i minuti verranno convertiti in danaro, secondo parametri certificati dalla Fondazione Veronesi allo scopo di finanziare “fino otto borse di studio”. Sul sito dell’iniziativa e` presente una tabella piuttosto sibillina da cui non si riesce effettivamente a capire a quanto corrisponde in denaro un minuto di ricerca (qui).
Non si puo` fare a meno, inoltre, di porre alcune domande riguardanti la sicurezza dei prodotti Lines. Nel 2013, un rapporto di Women’s Voices for the Earth ha puntato il dito sulla presenza di sostanze tossiche negli assorbenti di uso comune (qui). Le pareti della vulva e della vagina sono estremamente permeabili, informa il rapporto, irrorate da vasi linfatici e sanguigni che le dota di una grande capacita` di assorbimento che altre parti del corpo non hanno. Occorre dunque prestare la massima attenzione a qualsiasi cosa venga posta a contatto con questa delicatissima parte del corpo. Molti assorbenti, purtroppo, secondo il rapporto, contengono fragranze e, essendo stati sottoposti a procedimenti di sbiancamento con la candeggina, espongono al rischio di venire in contatto con diossine e furani. 
In molti casi, gli ingredienti non sono nemmeno segnalati sulla confezione. Siamo andate al supermercato e abbiamo dato un’occhiata ai prodotti Lines. Con l’esclusione della linea Petalo Blu, non abbiamo trovato traccia di ingredienti su nessuno dei prodotti della gamma. Non si sa, dunque, cosa sia contenuto nei Lines è e di cosa sia fatto il Lactifless un “materiale innovatio, ipoallergenico e mai usato prima” che renderebbe i Lines è particolarmente flessibili e plasmabili (qui). Lo stesso vale per i Lines Seta e la loro Molecola N3 che “neutralizza l’odore” (qui). Sarebbe d’uopo fornire queste informazioni, sopratutto se ci si vuole avventurare in raccolte fondi legate a malattie come il cancro al seno.
Inoltre, sempre Women’s Voices for Earth nell'agosto 2014 ha commissionato delle analisi di laboratorio sugli assorbenti Always da cui e` risultato che questi ultimi, sia nella formulazione con fragranza che in quella senza, emettono sostanze tossiche comprese alcune classificate come cancerogene dal U.S. Department of Health and Human Services National Toxicology Program, dall’ Agency for Toxic Substances and Disease Registry e dalla State of California Environmental Protection Agency (qui). Che c’entrano gli Always che in Italia non sono in vendita? Speriamo nulla, sebbene l’azienda che li produce, la Procter and Gamble, sia la stessa che produce, insieme ad Angelini gli assorbenti Lines (qui). Lo stesso gruppo commercializza in Italia anche i Tampax, gli assorbenti interni. Carolyn Maloney, deputata democratica del Congresso degli Stati Uniti ha presentato recentemente una proposta di legge intitolata alla memoria di Robin Danielson, una donna di 44 anni morta nel 1998 a causa della sindrome da shock tossico che si puo` verificare quando si usano assorbenti interni, che, se approvata, demanderebbe al National Institute of Health il compito di condurre ricerche accurate sugli effetti sulla salute dei prodotti per l’igiene intima femminile e indurrebbe la Food and Drug Administration a pubblicare la lista di sostanze tossiche in essi contenute. “Oni singolo giorno milioni di donne americane hanno le mestruazioni, e più della metà di loro fa uso di assorbenti interni” – ha scritto Maloney – “Quello che molte di queste donne non sanno è che non esiste una ricerca che dichiari inequivocabilmente che questi prodotti per l’igiene femminile siano sicuri. Studi indipendenti realizzati da organizzazioni per la salute delle donne hanno individuato sostanze chimiche preoccupanti nei tamponi e negli assorbenti come la diossina, i cancerogeni e le tossine riproduttive. L’industria multimiliardaria dell’igiene femminile sostiene che la quantità di tossine presenti in un singolo assorbente interno è ‘molto bassa’. Ma la donna che fa un uso di tamponi ne usa in media almeno 16.800 durante tutta la sua vita, e non esiste quasi nessun dato sugli effetti che l’uso cumulativo degli assorbenti interni possa avere sulla salute nel corso della vita di una donna”. (qui)
Le domande e i dubbi, insomma, sono tanti e ci aspettiamo delle risposte chiare e univoche che spazzino via questa forte puzza di pinkwashing.


lunedì 21 ottobre 2013

Se il problema sono i fondi pubblici

E` da fine settembre che penso se scrivere o meno questo post. Sono stanca di smontare le campagne di pinkwashing, altrimenti note come campagne per la sensibilizzazione sul cancro al seno. Sono stanca dei nastri rosa, dei consigli per gli acquisti, dei prodotti sospetti venduti con la scusa di aiutare "la causa". E` un dialogo tra sordi e capita pure che qualcuno se la prenda con te perche` sei troppo puntigliosa o "negativa". E allora ti chiedi chi te la fa fare. Oggi, pero`, per la prima volta ho avuto l'impressione che da parte di uno dei miei interlocutori si sia aperto uno spiraglio. E` forse solo un'illusione? Non lo so. Intanto, vi racconto.

Quando a fine settembre ho visto che la Fondazione Veronesi stava per lanciare la campagna Pink is Good (qui) ho sentito salire lo sconforto. In passato, la Fondazione non aveva partecipato al circo rosa che si abbatte su di noi ogni ottobre, almeno non che io ricordi. La sua campagna, la campagna Nastro Oro (qui), per la raccolta di fondi da destinarsi alla ricerca si svolgeva, e si e` svolta anche quest'anno, a marzo. Non che non vi fosse nulla da eccepire. Lo sponsor e` L'Oreal, casa di cosmetici e shampoo che, come la stragrande maggioranza di quelli sul mercato, contengono sostanze a cui e` preferibile applicare il principio di precauzione, come suggerito dal Silent Spring Institute (qui). Anche la scelta di testimonial famose (quest'anno la supermodella Bianca Balti) lascia a desiderare. Mi sembrava, pero`, quello della Fondazione un tentativo, sia pure maldestro, di smarcarsi e darsi un'aria di maggiore serieta`. Immaginate quando mi sono imbattuta nel sito che annunciava il lancio della campagna Pink is Good. Non voglio nemmeno scendere in dettagli. Non e` necessario, soprattutto per chi segue questo blog piu` o meno assiduamente.

Nonostante la riluttanza a scrivere un post specifico, non sono riuscita a resistere alla tentazione di esprimere critiche sulla pagina Facebook di Pink is Good, finche` non sono stata bannata. Non e` la prima volta che mi capita. Komen Italia ha fatto la stessa cosa. Fondazione Veronesi non e` Komen, pero`. Allora ho chiesto lumi. Via Twitter. E qualcosa di importante, forse, e` stato detto. Leggete qui sotto


"Se non ci sono fondi pubblici per la ricerca, come pensa la si possa finanziare?"
Dunque, il problema e` questo? Il taglio dei fondi alla ricerca? E perche` non denunciarlo allora? Quale migliore occasione che ottobre rosa per lanciare non una campagna pubblicitaria come Pink is Good, ma una campagna di protesta contro le politiche scellerate che stanno ammazzando la ricerca in tutti i settori nel nostro paese? Sarebbe mancato il sostegno? Certamente no. Sarebbe stata, anzi, un'occasione per stabilire una "connessione sentimentale" con i destinatari principali della ricerca sul cancro al seno, le persone che vivono la malattia sulla propria pelle e quelle che temono di svilupparla, le loro famiglie, i loro amici. E invece si e` scelta la strada che e` sembrata piu` facile ma che e` purtroppo la piu` dannosa. Perche` ottobre rosa non risolve e non risolvera` mai, neanche in minima parte, il problema del cancro al seno. Ottobre rosa non e` la soluzione, e` parte integrante del problema. Il cancro al seno non e` solo una questione medica, e` una serissima e gravosa questione politica, sociale ed economica. E quanto oggi dichiarato dalla Fondazione Veronesi via Twitter ne e` la prova.
Noi siamo pronte. Siamo pronte a metterci al fianco delle ricercatrici e dei ricercatori e dare battaglia a chi la ricerca la uccide e cosi` facendo uccide anche noi. Ma abbiamo bisogno di sapere esattamente come stanno le cose. Il sostegno non si fara` aspettare.

venerdì 4 ottobre 2013

La storia di Margherita

Una mattina di ottobre, una come tante. Sto ancora dormendo. Sono le dieci, ma ancora non mi sveglio. Ho passato la nottata a sventolarmi per le vampate di calore, nonostante l’estate sia ormai finita. E` il tamoxifene che fa quest’effetto. Tutte le sere, dopo cena, il fuoco mi sale dai piedi fino alla cima dei capelli e il sudore cola. Dormire e` impossibile. Verso le 3 di solito comincia ad andare meglio e finalmente crollo.
Squilla il cellulare. Non lo spegno mai. E` Margherita, amica carissima dal tempo che fu.
“Ti ho svegliata? Scusami, no, e` che non potevo chiamare che te”.
Margherita ha il fiatone e la voce tesissima.
“Non preoccuparti. Che succede? Mi fai spaventare...”
“Ho una pallina, stamattina stavo facendo la doccia e ho sentito una pallina nel seno”
“Oh cazzo...”
“Ho paura”
“No, scusa, scusa, lo sai che queste situazioni all’inizio mi mandano in palla. Ascolta, stai calma. Sara` un fibroadenoma o un po` di gonfiore dovuto al ciclo. Ti passo a prendere e andiamo insieme dal tuo medico curante, cosi` ti fai prescrivere una bella visita senologica e ti metti tranquilla.”
“Si, pero`, fai presto, me la faccio sotto dalla paura”
“Tranquilla, vedrai che non e` niente”
Mi catapulto fuori dal letto, una sciacquata veloce ai denti e via. L’autobus mi porta fino a casa di Margherita. Lei e` fuori al portone che cammina avanti e indietro.
“Ti stavo aspettando. In casa mi sentivo soffocare”
La abbraccio forte. Lei piange
“Oh, Marghe, non e` niente. Senti, e` vero, abbiamo tutte e due 33 anni e io ho avuto il cancro al seno, ma questo non vuol dire che devi avercelo per forza anche tu”.
Faccio appena in tempo a finire la frase che ci passa davanti strombazzando una Peugeot tutta rosa. Margherita si volta di scatto, mi chiede che diavolo e`.



“E` una delle 200 macchine che la Peugeot ha regalato alla Lega Italiana per la Lotta ai Tumori per il mese della prevenzione del cancro al seno”
“200 macchine? E a che scopo?”
“Beh, per pubblicizzare le inziative di questo mese dedicate al cancro al seno”
Margherita strabuzza gli occhi. “Ma le macchine inquinano. Che fai? Previeni il cancro al seno e provochi quello ai polmoni?”
“Si, e` una storia lunga. Andiamo, senno` non troviamo piu` il medico”
L’ambulatorio e` pieno da scoppiare. Ci sono vecchietti che si fanno prescrivere carrettate di medicine, la segretaria con le orecchie fumanti perche` ha una stampante che e` un relitto degli anni ’80 e non le funziona. Ci sediamo. Margherita all’inizio non riesce a tenere ferme le gambe, le accavalla e scavalla di continuo, poi comincia a tremare che sembra il terremoto. Dopo la prima ora, sfinita, mi appoggia la testa sulla spalla in segno di resa. Alla fine della seconda e` finalmente il momento di entrare.
“Non e` niente, Margherita. Sei giovane, non hai precedenti in famiglia. Stai tranquilla. Eh, voi donne vi allarmate per nulla”
Il medico ha fatto la sua diagnosi dopo una visita di un microsecondo al seno di Margherita.
“Che non abbia precedenti in famiglia di cancro al seno e sia giovane di per se` non vuol dire nulla. Io mi sono ammalata a 30 anni e in famiglia non c’era e non c’e` un solo caso oltre al mio. Poi Margherita e` chiaramente spaventata. Sarebbe meglio prescriverle una visita senologica in modo che si metta tranquilla”
“E va bene, va bene. Come se io non fossi un medico”
“Si, lei e` un medico, ma non e` un senologo”
“Faccio la ricetta. Buona fortuna”
E` quasi l’una. Il centro unico prenotazioni dell’ospedale e` chiuso. Bisogna aspettare il giorno dopo. Margherita passa il resto della giornata con me. Un po` piange e un po` ride, un po` ripensa perplessa alla Peugeot rosa. L’indomani andiamo al CUP di buon’ora. Ho passato la notte in bianco come al solito, causa vampate, ma il pensiero dell’angoscia della mia amica mi mette in piedi. Davanti a noi solo una ventina di persone. Peccato che funzioni solo uno sportello. Quando il nostro numeretto compare sullo schermo scattiamo all’unisono, ma una sonora batosta ci attende. Prima data disponibile per la visita senologica ottobre 2015. Margherita sbianca e probabilmente si immagina gia` con le mani giunte dentro una bara. Spetta a me chiedere spiegazioni.
“Mi scusi, ma non e` possibile chiedere una visita urgente?”
“L’urgenza la indica il medico curante e quello che ha scritto questa ricetta non l’ha fatto. Purtroppo qua le visite senologiche, le mammografie e le ecografie si prenotano da un anno all’altro. Mi dispiace”
Merda, merda. Margherita e` nel panico. Le scendono due lacrimoni. Qualcuno in attesa comincia a spazientirsi.
“Andiamo, Marghe. Mi sa che dobbiamo rivolgerci a un privato”.
“Ma chi? Dove andiamo? Oh Dio, io voglio sapere che cosa ho nel seno e lo voglio sapere ora, prima che sia tardi”
Usciamo dall’edificio. Respiro, cercando di ragionare.
“Possiamo andare dal mio di senologo. E` un po` caro, ma e` bravo”
“Quanto prende?”
“300 euro a visita”
“Cazzo, e` un sacco!”
“Posso informarmi allora. Andiamo a casa, facciamo una ricerchina su internet...”
“No, no, non fa niente per i soldi, andiamo da lui. E` bravo e la salute non ha prezzo. I soldi li prendo dal gruzzoletto che sto mettendo da parte per il Master”
Margherita e` una giornalista precaria. Lavora, sfruttata e sottopagata, per un grosso giornale. Da qualche mese pero` sta pensando di fare un master all’estero in modo da poter andare via dall’Italia. Sta mettendo i soldi da parte poco alla volta, macinando articoli su articoli ogni giorno finche` non le si cerchiano gli occhi.
Chiamo al volo il super senologo. Appuntamento fissato per il pomeriggio. Non c’e` che da ingannare l’attesa per qualche ora. Margherita e` sollevata, almeno adesso sa che uno specialista si occupera` di lei e le dira` cosa fare per capire di cosa si tratta.
Il dottore mi riconosce. Mi stringe la mano col suo sorriso sornione. Ci sediamo.
“Dottore, facendo la doccia ieri ho sentito una pallina nel seno sinistro. Ho paura, sa i casi sono in aumento anche tra le giovani. Lo dimostra il caso di...”
“Tolga tutto e si accomodi sul lettino”
La visita dura circa 10 minuti. Io sono dall’altro lato del paravento, ma so cosa sta accadendo dall’altra parte. Il senologo tocca il seno, le ascelle, la zona tra la clavicola e il collo. Occasionalmente abbozza un sorriso. La paziente e` stesa coi piedi a martello, trattiene il respiro in attesa del responso, non riesce a guardare il medico negli occhi perche` non vuole incontrare uno sguardo da brutta notizia, fissa il soffitto e prega o si ripete di stare calma, come un mantra, una, due, tre, dieci volte.
“Si, sento anch’io un nodulino. Facciamo un’ecografia e vediamo di cosa si tratta. Mi diceva che non ha familiarita`...”
Nessuno risponde. La stanza sembra tagliata da un ghiaccio perenne. Arriva la dottoressa delle ecografie. Il senologo le lascia il posto e si mette su uno sgabello. Il gel, la sonda, gli occhi di tutti puntati sul monitor. I due medici cominciano a parlare tra loro. Riesco a capirci qualcosa solo perche`, mio malgrado, mi sono fatta una cultura in materia. Margherita sta ferma, non muove un muscolo, ha la faccia del terrore. Cerco di incontrare il suo sguardo per rassicurarla, ma non sposta gli occhi dal monitor.
“E` un fibroadenoma. Lo teniamo sotto controllo, caso mai dovesse aumentare di dimensioni. Ma e` innocuo”
“Come...come un fibroadenoma? Come fa a dirlo solo con un’ecografia?”
“Signorina, sappiamo il nostro mestiere”
Il tono e` perentorio e non ammette repliche. Margherita si riveste. E` in evidente imbarazzo.
“Dottore, non volevo dire che non mi fido di lei...”
“Certo, non si preoccupi. E comunque fossero tutti come lei. Purtroppo la maggior parte delle persone rifiutano la prevenzione, poi quando scoprono di avere il cancro piangono”
Io e Margherita ci guardiamo per un’istante. Ci passano davanti le file interminabili dal medico curante e al CUP, lo sguardo sconsolato dell’impiegato allo sportello che ci dice che bisogna aspettare un anno per una visita senologica, ai 300 euro contati sull’unghia alla segretaria del luminare, che` lui coi soldi non vuole certo sporcarcisi le mani, ma siamo troppo stanche per rispondere. Siamo sfinite. Abbiamo avuto paura, rivissuto traumi, vogliamo solo andarcene a casa e rilassarci.
Salutiamo i medici e ci avviamo per il lungo corridoio che porta all’uscita. La segretaria ci sorride impeccabile.
“Sono 170”
“Eh?”
“Sono 170”
“Abbiamo pagato prima”
“Avete pagato la visita, ma avete fatto anche un’ecografia. Sono altri 170 euro”
E` l’una. Sono in preda alle vampate. La birretta che mi sono scolata per mandare giu` l’amarezza non mi aiuta di certo, ma in fondo ci voleva. Margherita e` rimasta da me anche stanotte. Domani riprendera` la sua vita normale, davanti al pc a sfornare articoli come fossero pizzette ma stasera era ancora troppo agitata per stare da sola. Dorme per fortuna. Io sono su internet come al solito e quella frase pronunciata dal senologo mi rimbomba nella testa, “rifiutano la prevenzione”. La scrivo su google. Un risultato mi si schianta in faccia. E` un articolo della Fondazione Veronesi dal titolo inequivocabile

“Milioni di italiani rifiutano di salvare la propria vita”

C’e` la foto di una ragazza bionda con un sorriso accondiscendente mentre le stanno per pressare una tetta sotto la macchina della mammografia. Sembra piu` piccola di me. Sopra di lei un banner rosa e la scritta Pink Is Good. Rido, ma un poco mi viene da piangere.