lunedì 21 ottobre 2013

Se il problema sono i fondi pubblici

E` da fine settembre che penso se scrivere o meno questo post. Sono stanca di smontare le campagne di pinkwashing, altrimenti note come campagne per la sensibilizzazione sul cancro al seno. Sono stanca dei nastri rosa, dei consigli per gli acquisti, dei prodotti sospetti venduti con la scusa di aiutare "la causa". E` un dialogo tra sordi e capita pure che qualcuno se la prenda con te perche` sei troppo puntigliosa o "negativa". E allora ti chiedi chi te la fa fare. Oggi, pero`, per la prima volta ho avuto l'impressione che da parte di uno dei miei interlocutori si sia aperto uno spiraglio. E` forse solo un'illusione? Non lo so. Intanto, vi racconto.

Quando a fine settembre ho visto che la Fondazione Veronesi stava per lanciare la campagna Pink is Good (qui) ho sentito salire lo sconforto. In passato, la Fondazione non aveva partecipato al circo rosa che si abbatte su di noi ogni ottobre, almeno non che io ricordi. La sua campagna, la campagna Nastro Oro (qui), per la raccolta di fondi da destinarsi alla ricerca si svolgeva, e si e` svolta anche quest'anno, a marzo. Non che non vi fosse nulla da eccepire. Lo sponsor e` L'Oreal, casa di cosmetici e shampoo che, come la stragrande maggioranza di quelli sul mercato, contengono sostanze a cui e` preferibile applicare il principio di precauzione, come suggerito dal Silent Spring Institute (qui). Anche la scelta di testimonial famose (quest'anno la supermodella Bianca Balti) lascia a desiderare. Mi sembrava, pero`, quello della Fondazione un tentativo, sia pure maldestro, di smarcarsi e darsi un'aria di maggiore serieta`. Immaginate quando mi sono imbattuta nel sito che annunciava il lancio della campagna Pink is Good. Non voglio nemmeno scendere in dettagli. Non e` necessario, soprattutto per chi segue questo blog piu` o meno assiduamente.

Nonostante la riluttanza a scrivere un post specifico, non sono riuscita a resistere alla tentazione di esprimere critiche sulla pagina Facebook di Pink is Good, finche` non sono stata bannata. Non e` la prima volta che mi capita. Komen Italia ha fatto la stessa cosa. Fondazione Veronesi non e` Komen, pero`. Allora ho chiesto lumi. Via Twitter. E qualcosa di importante, forse, e` stato detto. Leggete qui sotto


"Se non ci sono fondi pubblici per la ricerca, come pensa la si possa finanziare?"
Dunque, il problema e` questo? Il taglio dei fondi alla ricerca? E perche` non denunciarlo allora? Quale migliore occasione che ottobre rosa per lanciare non una campagna pubblicitaria come Pink is Good, ma una campagna di protesta contro le politiche scellerate che stanno ammazzando la ricerca in tutti i settori nel nostro paese? Sarebbe mancato il sostegno? Certamente no. Sarebbe stata, anzi, un'occasione per stabilire una "connessione sentimentale" con i destinatari principali della ricerca sul cancro al seno, le persone che vivono la malattia sulla propria pelle e quelle che temono di svilupparla, le loro famiglie, i loro amici. E invece si e` scelta la strada che e` sembrata piu` facile ma che e` purtroppo la piu` dannosa. Perche` ottobre rosa non risolve e non risolvera` mai, neanche in minima parte, il problema del cancro al seno. Ottobre rosa non e` la soluzione, e` parte integrante del problema. Il cancro al seno non e` solo una questione medica, e` una serissima e gravosa questione politica, sociale ed economica. E quanto oggi dichiarato dalla Fondazione Veronesi via Twitter ne e` la prova.
Noi siamo pronte. Siamo pronte a metterci al fianco delle ricercatrici e dei ricercatori e dare battaglia a chi la ricerca la uccide e cosi` facendo uccide anche noi. Ma abbiamo bisogno di sapere esattamente come stanno le cose. Il sostegno non si fara` aspettare.

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