E anche quest'anno i controlli, quelli in grande stile, quelli che ti rivoltano come un calzino e te la fai sotto dalla paura sono passati. Come una scolaretta secchiona, sono stata promossa col massimo a cui una persona col cancro al seno possa apirare: No Evidence of Disease. Non e` stato riscontrato alcun segno visibile di ritorno della malattia. Questo non vuol dire che dal giorno successivo all'esecuzione di un determinato esame, ad esempio l'ecografia all'addome superiore, quel segno, il segno che indica la presenza di una metastasi, non si manifesti. Per il momento, comunque, la tregua continua. L'unica sorpresa e` stato l'incontro con una ginecologa che non mi aveva mai visitata prima, secondo la quale, il polipo endometriale causato dal Tamoxifene e` grandino e va tolto. Finora, mi era stato detto da un'altra ginecologa dello stesso ospedale che poteva restare li` in assenza di sanguinamento. Tra circa un mese mi sottoporro` all'intervento, che verra` eseguito in endoscopia e con anestesia generale e durera`, cosi` mi ha assicurato la dottoressa, circa dieci minuti. A distanza di una settiama mi verranno comunicati i risultati dell'esame istologico. Quest'ultimo servira` a confermare la benignita` del polipo. Si, confermare perche` non e` mica sicuro al 100% che lo sia. E come dice la mia oncologa "improbabile non vuol dire impossibile".
Il tamoxifene e` ad oggi il trattamento di prima scelta per i carcinomi del seno estrogenodipendenti. Il farmaco e` un modulatore selettivo dell'azione degli estrogeni che, in parole povere, vuol dire che blocca l'azione degli estrogeni nel seno, riducendo le probabilita` di recidiva locale (peraltro, in misura maggiore rispetto alle metastasi a distanza), ma ne potenzia l'effetto in altri organi, tra cui l'utero. Per questo motivo, il tamoxifene aumenta il rischio di cancro dell'endometrio, oltre che di poliposi endometriale che, nonostante la sua benignita`, comporta un'ulteriore medicalizzazione per chi tra medici, ospedali e interventi chirurgici c'ha gia` passato troppo tempo. E il rischio non diminuisce con la conclusione della terapia, ma dura nel tempo. Nonostante cio`, c'e` chi il tamoxifene vuole farcelo prendere per dieci anziche` per "soli" cinque anni. Il luminare in questione non e` certo uno qualunque. Si tratta di Richard Peto, epidemiologo di fama internazionale che, nel 1981, per conto dell'amministrazione Regan, pubblico`, insieme al collega Richard Doll, uno studio dal titolo The Causes of Cancer: Quantitative Estimates of Avoidable Risks of Cancer in the United States [Le cause del cancro: stime quantitative dei rischi di cancro evitabili negli Stati Uniti] in cui sosteneva che il 35% di tutti i casi di cancro fossero da attribuirsi alle abitudini alimentari, il 30% al fumo di tabacco, il 7% a fattori riproduttivi e abitudini sessuali, il 4% all'esposizione a cancerogeni per cause professionali, il 3% all'acool, un altro 3% a fattori geofisici, il 2% all'inquinamento dell'aria e l'1% a procedure mediche e prodotti farmaceutici (qui). La tiritera sugli stili di vita erronei come causa del cancro l'ha cominciata lui per sostenere politiche di deregulation neoliberiste a vantaggio delle grandi industrie, lasciate libere di esporre i lavoratori e, progressivamente, anche chi nelle fabbriche non c'e` mai entrato a sostanze cancerogene e mutagene.
La versione di Peto sul cancro e` diventata, manco a dirlo, quella dominante e gli e` fruttata una bella carriera. A distanza di quindici anni, il nostro si mette alla guida dello studio ATLAS - acronimo per Adjuvant Tamoxifen: Longer Against Shorter [Tamoxifene adiuvante: piu` lungo contro piu` corto] - cominciato nel 1996 e i cui risultati sono stati presentati nel 2012 (qui) . Tra i finanziatori dello studio figurano AstraZeneca, la casa farmaceutica produttrice del Tamoxifene, e persino l'esercito degli Stati Uniti. E il risultato qual e`? Che il tamoxifene va preso per dieci anni. Dieci. E se il rischio di cancro dell'endometrio raddoppia, passando dall' 1,6% al 3,1% ,non ce ne frega niente. E se il cancro al seno si poteva evitare attraverso la prevenzione, quella vera, che elimina l'esposizione a sostanze correlate con lo sviluppo della malattia o sospettate di esserlo, non ce ne frega. Bevetevi le mie fandonie e abboffatevi di pillole, deve aver pensato il caro Peto. Personalmente gli rispondo che cinque anni di tamoxifene per me possono bastare e che della mia malattia lo considero moralmente responsabile.
Il tamoxifene e` ad oggi il trattamento di prima scelta per i carcinomi del seno estrogenodipendenti. Il farmaco e` un modulatore selettivo dell'azione degli estrogeni che, in parole povere, vuol dire che blocca l'azione degli estrogeni nel seno, riducendo le probabilita` di recidiva locale (peraltro, in misura maggiore rispetto alle metastasi a distanza), ma ne potenzia l'effetto in altri organi, tra cui l'utero. Per questo motivo, il tamoxifene aumenta il rischio di cancro dell'endometrio, oltre che di poliposi endometriale che, nonostante la sua benignita`, comporta un'ulteriore medicalizzazione per chi tra medici, ospedali e interventi chirurgici c'ha gia` passato troppo tempo. E il rischio non diminuisce con la conclusione della terapia, ma dura nel tempo. Nonostante cio`, c'e` chi il tamoxifene vuole farcelo prendere per dieci anziche` per "soli" cinque anni. Il luminare in questione non e` certo uno qualunque. Si tratta di Richard Peto, epidemiologo di fama internazionale che, nel 1981, per conto dell'amministrazione Regan, pubblico`, insieme al collega Richard Doll, uno studio dal titolo The Causes of Cancer: Quantitative Estimates of Avoidable Risks of Cancer in the United States [Le cause del cancro: stime quantitative dei rischi di cancro evitabili negli Stati Uniti] in cui sosteneva che il 35% di tutti i casi di cancro fossero da attribuirsi alle abitudini alimentari, il 30% al fumo di tabacco, il 7% a fattori riproduttivi e abitudini sessuali, il 4% all'esposizione a cancerogeni per cause professionali, il 3% all'acool, un altro 3% a fattori geofisici, il 2% all'inquinamento dell'aria e l'1% a procedure mediche e prodotti farmaceutici (qui). La tiritera sugli stili di vita erronei come causa del cancro l'ha cominciata lui per sostenere politiche di deregulation neoliberiste a vantaggio delle grandi industrie, lasciate libere di esporre i lavoratori e, progressivamente, anche chi nelle fabbriche non c'e` mai entrato a sostanze cancerogene e mutagene.
La versione di Peto sul cancro e` diventata, manco a dirlo, quella dominante e gli e` fruttata una bella carriera. A distanza di quindici anni, il nostro si mette alla guida dello studio ATLAS - acronimo per Adjuvant Tamoxifen: Longer Against Shorter [Tamoxifene adiuvante: piu` lungo contro piu` corto] - cominciato nel 1996 e i cui risultati sono stati presentati nel 2012 (qui) . Tra i finanziatori dello studio figurano AstraZeneca, la casa farmaceutica produttrice del Tamoxifene, e persino l'esercito degli Stati Uniti. E il risultato qual e`? Che il tamoxifene va preso per dieci anni. Dieci. E se il rischio di cancro dell'endometrio raddoppia, passando dall' 1,6% al 3,1% ,non ce ne frega niente. E se il cancro al seno si poteva evitare attraverso la prevenzione, quella vera, che elimina l'esposizione a sostanze correlate con lo sviluppo della malattia o sospettate di esserlo, non ce ne frega. Bevetevi le mie fandonie e abboffatevi di pillole, deve aver pensato il caro Peto. Personalmente gli rispondo che cinque anni di tamoxifene per me possono bastare e che della mia malattia lo considero moralmente responsabile.
In primis sono davvero contenta che il tuoi controlli siano andati bene, ad esclusione del polipo, incrocio le dita per te! Per quanto concerne lo studio del tamoxifene, ricordo di averne parlato (o meglio, scritto) con te, tempo addietro. Recentemente, ad ottobre, il mio oncologo ha sostituito il tamoxifene con l'exemestane, in quanto il primo lo tolleravo ben poco.. Purtroppo però l'exemestane non è tanto diverso, ma l'unica nota positiva pare sia il tempo di assunzione consigliato e cioè 5 anni anziché 10. Vedremo... Io già non reggo ste pastigliette dopo appena un anno e mezzo.... Anch'io come te avverto sempre doloretti al basso ventre, rigidità, castrazione chimica, vampate mostruose etc etc.... É assurdo come uno studio sui fattori di rischio così generico possa condizionare il percorso di noi malati oncologici, così diversi tra noi.... Forse dovrebbero rivedere un po' il tutto, cercando davvero la causa scatenante del cancro, mettendo da parte gli interessi personali ed economici... Ma forse sogno ad occhi aperti. Un abbraccio, Silvia.
RispondiEliminaGia` adottare il principio di precauzione e mettere al bando tutte le sostanze anche solo sospettate di essere tossiche, cancerogene e mutagene ridurrebbe la portata dell'epidemia di cancro al seno e l'incidenza di molte altre malattie e disturbi. E anche questo potrebbe sembrare un sogno ad occhi aperti, eppure non lo e`. Forse non ne vedremo la realizzazione con i nostri occhi, ma dobbiamo andare avanti e non smettere di fare sentire la nostra voce
EliminaVero, bisogna andare avanti e far sentire la nostra voce e forse in futuro altre donne potranno raccoglierne i frutti, già questo sarebbe un bellissimo traguardo. Questo blog credo sia un ottimo punto d'incontro per tutte noi, il confronto e il discutere certi argomenti, considerati intoccabili o scomodi, può cambiare qualcosa, alla lunga.
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