di Valentina Bridi
2009. Avevo appena finito di allattare il mio secondo figlio e mi sono sentita un nodulo di 4 cm nel seno destro. Controlli urgenti, agospirato risultato dubbio, operazione ed istologico che metteva grazie al cielo la parola fine ad un vero e proprio incubo. Fibroadenoma. Benigno. Avevo 26 anni.
In quei giorni di delirio navigando in Internet alla ricerca di rassicurazioni ero finita sul blog di una ragazza poco più grande di me che si firmava Anna staccato Lisa e invece faceva i conti con un tumore al seno triplo negativo metastatico, tumore di cui fino ad allora non avevo mai sentito parlare [
qui]. Su quel blog ci sono rimasta fino alla fine quando Anna Lisa ci ha lasciato. Ho pianto, riso e sperato con lei, in una vicinanza che ho pensato poi fosse premonitrice. Pochi anni dopo infatti, alla sua stessa età, mi sono ritrovata a fare i conti con la sua stessa diagnosi, in uno strano e macabro scherzo del destino che si sa, quando ci si mette, si diverte parecchio.
2015. É il periodo forse più felice della mia vita. Il lavoro che finalmente va come voglio, i viaggi, i concerti, gli amici, i bambini, l'amore di sempre. Una vita felice, credo. Di nuovo un nodulo, enorme, anche questa volta spuntato fuori da non so dove. 4 cm. Eppure ero brava, mi controllavo, avevo fatto un'eco pochi mesi prima risultata negativa. Controlli urgenti, sembra benigno, di nuovo, e io ci spero perche l'ho già vissuto il lieto fine. Microbiopsia, cazzo è un tumore. Triplo negativo. Un tumore vivace lo chiamano. Avevo 33 anni, l'età di Anna Lisa quando è morta.
Nel giro di una settimana sono passata da non è nulla, meglio essere sicuri, ma vedi? Sembra proprio benigno a non hai tempo, devi iniziare la chemioterapia il prima possibile. Perché il triplo negativo oltre ad essere un tumore vivace spesso si nasconde anche bene e agli esami strumentali può mimare lesioni benigne, con tutti i ritardi e le mancate diagnosi del caso.
Tutto quello che ricordo di quei giorni sono quelle tre parole Non Hai Tempo e io che riesco solo a ripetere in loop come faranno i miei bambini. In un dolore che ancora oggi a distanza di quattro anni mi toglie il fiato.
Siamo abituate a pensare che un tumore al seno ci metta anni a svilupparsi, che con gli esami di prevenzione (che non prevengono un cazzo, ma piace in malafede chiamarli così) lo si possa prendere in tempo (che non vuol dire un cazzo neanche questo), che di tumore al seno si muoia ormai pochissimo (è una cazzata stampiamocelo in testa, una cazzata enorme), che se fai la brava, ti controlli, mangi bene, non fumi, non bevi, non dici parolacce, ti penti e vai a messa sei al sicuro. Tutte un sacco di cazzate.
La realtà, nuda e cruda, a volte ti si presenta davanti e ti obbliga a farci i conti. Quando lo fa a 30 anni e ti stai affacciando alla vita il senso di ingiustizia e di rabbia per quello che ti viene portato via rimane fortissimo.
Il tumore al seno triplo negativo è il tumore di cui nessuno vuole parlare, se non per sbandierare qualche presunto successo della ricerca che poi si traduce quasi sempre, a ben guardare, a ridicoli aumenti di sopravvivenza di qualche mese. É un tumore al seno che rovina le statistiche di sopravvivenza a 5 anni che tanto piace sbandierare, soprattutto in quell'ottobre rosa che da subito ho imparato ad odiare.
Bella fregatura essere una tripletta del clan della triplette, come ci piace chiamarci, nonostante il bene infinito che mi lega a tutte le mie sorelle di malattia che rimaranno sempre l'unica cosa che porterò in salvo di tutta questa merda.
È un tumore per cui non esistono ad oggi terapie alternative alla chemioterapia (certo ci sono risultati incoraggianti con i PARP inibitori in chi ha un tumore BRCA associato e con l'immunoterapia, ma niente che si avvicini ad una reale svolta terapeutica). La realta è che per la stragrande maggioranza delle donne con un cancro al seno triplo negativo metastatico l'unica opzione terapeutica rimane la chemioterapia, che fa schifo in centomila modi diversi, finché tutte le linee a disposizione smettono di funzionare.
Nessuno ne parla perché è difficile parlare di ottima qualità di vita, il mantra dell'oncologia mainstream, quando la tua vita é fatta da sedute estenuanti di chemioterapia a tempo indeterminato, con tutti i pesanti effetti collaterali che questo comporta e progressioni di malattia sempre più ravvicinate.
Non mi interessa scrivere numeri o statistiche, voglio troppo bene alle mie sorelle triplette per mettere nero su bianco una realtà che è sotto gli occhi di tutte noi quando scegliamo di non mettere la testa sotto la sabbia e guardare al di là della nostra storia individuale, che è giusto e sano sperare possa essere a lieto fine.
Mi basta dire che il tumore al seno triplo negativo colpisce spesso donne molto giovani, anche poco più che ventenni, non risponde alle terapie ormonali né ai farmaci anti HER2 per cui l'unica opzione terapeutica, sia in fase neo/adiuvante che metastatica, rimane la chemioterapia, ha un tasso di recidiva e progressione a distanza più alto rispetto ai tumori ormonali (che però si concentra soprattutto nei primi anni dopo la diagnosi) e purtroppo in fase metastatica è spesso molto aggressivo.
Non è una classifica, non esistono tumori al seno buoni, è una malattia di merda sempre e comunque e questo va sempre detto ad alta voce.
Se ho imparato una cosa i questi anni è che nessuno sa come evolverà un cancro al seno, nemmeno gli oncologi che ci seguono, e questo nel bene e nel male, per cui anche situazioni disperate, come poteva sembrare la mia inizialmente, possono risolversi bene (e mentre scrivo faccio tutti gli scongiuri del caso) e situazioni apparentemente banali possono degenerare in poco tempo.
È una cazzo di roulette russa che ci riguarda tutte e tutte dovremmo alzare la voce perché si affronti finalmente il problema partendo dai dati di realtà che non sono quelli che spesso ci vengono raccontati.
Una malattia che uccide ogni giorno in Italia 34 donne dovrebbe essere trattata come un'emergenza sanitaria e invece viene continuamente banalizzata e normalizzata. Non c'è niente di normale nell'ammalarsi di cancro al seno.
Il più grande fattore di rischio per il cancro al seno è il genere, dovremmo prenderne atto ed agire di conseguenza, tutte insieme, pretendendo azioni volte a tutelare la nostra salute a partire da un dibattito lucido tra tutti i soggetti coinvolti, a cominciare da chi vive la malattia sulla propria pelle, che si differenzi da quanto stiamo assistendo in questi giorni surreali
"Perciò" - ricordando le parole di Audre Lorde - "è meglio parlare, ricordando che non era previsto che noi sopravvivessimo".