Una donna coreana e` morta di cancro al seno a marzo di quest'anno. Aveva 36 anni. La malattia le era stata diagnosticata quando ne aveva 33. La mastectomia e i trattamenti del caso non sono riusciti a evitare che il cancro si diffondesse a fegato e ossa.
Di questa donna si conosce, al momento, solo il cognome, Kim. Si sa anche che aveva cominciato a lavorare in una fabbrica di semiconduttori della Samsung quando aveva 19 anni, nel 1995. Un lavoro che la esponeva a radiazioni, sostanze tossiche e turni di notte.
Lasciato il lavoro nel 2000, si era sposata e aveva avuto dei bambini. Nel 2009, a soli 33 anni, la diagnosi di cancro al seno. Nel 2012, la morte.
Nonostante la malattia, Kim, con l'aiuto di una associazione per la difesa dei diritti dei lavoratori nell'industria dei semiconduttori, aveva deciso di chiedere giustizia. Il Ministero del Lavoro sudcoreano ha riconosciuto il cancro al seno di Kim come malattia professionale e disposto il pagamento dei danni. Ne da notizia l'associazione che ha supportato la donna nella battaglia legale, al cui esito non ha purtroppo potuto assistere.
Credo che la storia di Kim meriti un'attenta riflessione. Questa donna non ha accettato il cancro al seno come una fatalita`, un tragico disegno del destino o tantomeno un dono. Si, perche` sono in tanti a volerci far credere che il cancro e` un'occasione, una sventura si`, ma provvida, che la vita la migliora. Kim tutto questo non se l'e` bevuto e ha voluto che la sua malattia venissa riconosciuta per quello che e`, un'ingiustizia con delle cause ben precise. Kim ha chiesto perche` si fosse ammalata di cancro al seno e ha ottenuto una risposta, se non per lei almeno per i suoi figli.
E noi? Che cosa aspettiamo a fare lo stesso? Perche`? Perche`? Perche`?
Grazie per raccontare questa storia. Come molto triste. E 'incredibile che almeno la sua famiglia ha ottenuto giustizia.
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