venerdì 9 gennaio 2015

Il cancro al seno come malattia professionale

Attente alla dieta. Fate figli. Allattateli al seno. Andate in palestra. Non fumate. Non bevete. Quanti sono i comandamenti della prevenzione del cancro al seno? Tanti. Troppi. Soprattutto se si considera che circa il 70% delle donne colpite dalla malattia non presenta, al momento della diagnosi, nessun fattore di rischio. Di questo genere di prevenzione, basata sugli stili di vita e su un approccio individualistico e individualizzante alla malattia, che la isola dalle sue cause o fattori di rischio endogeni e ne fa il risultato di comportamenti sbagliati, si parla troppo. A dirlo non sono Le Amazzoni Furiose, almeno non questa volta, ma la American Public Health Association che raccoglie i professionisti della salute degli Stati Uniti (qui). "La mancanza di attenzione sui rischi occupazionali ha gravi implicazioni per quanto riguarda la prevenzione primaria, non solo per le migliaia di donne impiegate in occupazioni potenzialmente pericolose, ma per l'intera collettivita`. Facendo leva su scoperte che riguardano fattori individuali, le raccolte fondi che finanziano la ricerca sul cancro al seno (campagne nastro rosa) si focalizzano su soluzioni individuali, diagnosi precoce e terapie", si legge sul sito dell'organizzazione. I fattori di rischio occupazionali legati al cancro al seno identificati fino ad ora sono diversi. Le lavoratrici dell'industria delle materie plastiche e quelle degli alimenti in scatola sarebbero piu` esposte alla malattia, secondo studi condotti recentemente in Canada. Ulteriore fattore di rischio e` rappresentato dai turni di notte, su cui l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha pubblicato una monografia. Piu` a rischio sarebbero non solo le donne che in fabbrica ci lavorano, ma anche quelle che vicino alle fabbriche ci vivono. I legami tra determinate sostanze chimiche e il cancro al seno va reso noto, chiede l'associazione statunitense, e maggiori fondi vanno destinati alla ricerca su questo genere di cause della malattia.

2 commenti:

  1. Post eccellente, messaggio chiaro e documentato. Ringrazio - da senologa - l'Amazzone per gli sforzi che fa per sensibilizzare la comunità scientifica e la consapevolezza delle donne sulle cause del tumore al seno, quelle meno indagate e di cui meno si parla. Ringrazio soprattutto perché il suo attivismo ha aiutato anche me a vedere molti aspetti della malattia e della prevenzione secondo un'ottica meno retorica e più attuale. Un attivismo prezioso di cui raccoglere i frutti.

    RispondiElimina
  2. Sperando che un numero sempre maggiore di medici ( oncologi, senologi , ginecologi) e di volontarie acquisiscano la stessa sensibilità di Alberta Ferrari , sono grata ai ricercatori americani che hanno evidenziato che il cancro al seno non è legato agli stili di vita ( sia ben chiaro che è nostro dovere salvaguardare la nostra salute e non eccedere in comportamenti rischiosi) e spero anche che si indaghi , oltre che sui rischi professionali, anche su farmaci ( es Eutirox?) e radiazioni o cure pericolose( dentisti? radiografie?....)

    RispondiElimina