Il nostro ultimo post e` stato condiviso su Facebook da Non Una Di Meno Milano [qui]. Ne e` scaturito un dibattito che ha evidenziato, ancora una volta, la disinformazione sul cancro al seno di cui le donne sono fatte oggetto in Italia e a cui contribuiscono anche le iniziative di Fondazione Veronesi e simili con tutte le loro volute ambiguita`. Come al solito, ci siamo trovati di fronte a persone convinte che la "prevenzione" possa tutto contro il cancro al seno. Per "prevenzione" si intendeno nel nostro paese i programmi di screening mammografici che, nella maggioranza delle regioni, consistono nell'esecuzione di una mammografia ogni 2 anni per le donne di eta` compresa tra i 50 e i 69 anni.
L'abbiamo gia` detto, lo ribadiamo e continueremo a farlo: i programmi di screening non prevengono nulla. Prevenire significa fare in modo che un evento non si verifichi e una mammografia, come qualunque altro esame diagnostico, puo` solo identificare la malattia quando gia` e` presente.
Sull'efficacia degli screening mammografici, inoltre, esistono da molto tempo fortissimi dubbi sollevati da piu` parti nella comunita` scientifica internazionale.
E` di qualche giorno fa un articolo uscito sul British Medical Journal in cui una dottoressa di medicina generale si chiede "Devo convincere i miei pazienti a fare le mammografie?" [qui] La dottoressa spiega l'esistenza di un programma che prevede incentivi economici per i medici che riescono a convincere un maggior numero di pazienti ad aderire ai programmi di screnning. Per il seno, scrive la dottoressa, lei non se la sente: "l'evidenza dei suoi benefici e` molto meno chiara" rispetto allo screening per il cancro all'intestino o per quello della cervice uterina. E cita una lettera di Michael Baum, chirurgo senologo di fama internazionale, che di recente ha scritto al quotidiano inglese The Times che "lo screening sembra essere un gioco a somma zero in cui per ogni morte per cancro al seno evitata c'e` una morte per sovrattrattamento di pseudocancri", oltre all'ormai corposa messe di studi sul tema, menzionati anche nella brochure di Breast Cancer Action "Devo fare la mammografia?" che abbiamo tradotto anni fa [qui].
A fronte di tutto questo, la disinformazione sugli screening regna sovrana in Italia e non solo. Sempre il British Medical Journal ha pubblicato nel 2018 i risultati di uno studio condotto in 5 paesi europei, Repubblica Ceca, Germania, Regno Unito, Italia e Svezia, da cui e` risultato che il 59,2% delle donne che formavano parte del campione sovrastimavano il loro rischio di ammalarsi di tumori femminili (seno, endometrio, cervice uterina e ovaie) e soltanto il 26.5% era consapevole che lo screening mammografico comporta benefici e rischi [qui]. Il 50,9% delle italiane intervistate, inoltre, pensava che lo screening mammografico previene il cancro prima che cominci. Un risultato che non ci sorprende visto il modo in cui medici, enti di ricerca, ministri e aziende che vendono prodotti sfruttando la malattia parlano del cancro al seno. Un danno non di poco conto e a cui bisogna porre un freno. Come? Ad esempio partecipando a un incontro organizzato dall'Istituto Mario Negri che si terra` a Milano l'11 giugno che, si legge nella presentazione, parte dalla "necessità di informare correttamente le donne sullo screening mammografico, considerando questo aspetto come un obbligo etico." E informare correttamente significa che "nei libretti e negli strumenti informativi sullo screening mammografico [devono] essere esplicitati in modo corretto tutti i potenziali benefici e i danni, nonché i dati incerti e le controversie ancora oggi presenti tra i ricercatori" [qui].
L'abbiamo gia` detto, lo ribadiamo e continueremo a farlo: i programmi di screening non prevengono nulla. Prevenire significa fare in modo che un evento non si verifichi e una mammografia, come qualunque altro esame diagnostico, puo` solo identificare la malattia quando gia` e` presente.
Sull'efficacia degli screening mammografici, inoltre, esistono da molto tempo fortissimi dubbi sollevati da piu` parti nella comunita` scientifica internazionale.
E` di qualche giorno fa un articolo uscito sul British Medical Journal in cui una dottoressa di medicina generale si chiede "Devo convincere i miei pazienti a fare le mammografie?" [qui] La dottoressa spiega l'esistenza di un programma che prevede incentivi economici per i medici che riescono a convincere un maggior numero di pazienti ad aderire ai programmi di screnning. Per il seno, scrive la dottoressa, lei non se la sente: "l'evidenza dei suoi benefici e` molto meno chiara" rispetto allo screening per il cancro all'intestino o per quello della cervice uterina. E cita una lettera di Michael Baum, chirurgo senologo di fama internazionale, che di recente ha scritto al quotidiano inglese The Times che "lo screening sembra essere un gioco a somma zero in cui per ogni morte per cancro al seno evitata c'e` una morte per sovrattrattamento di pseudocancri", oltre all'ormai corposa messe di studi sul tema, menzionati anche nella brochure di Breast Cancer Action "Devo fare la mammografia?" che abbiamo tradotto anni fa [qui].
A fronte di tutto questo, la disinformazione sugli screening regna sovrana in Italia e non solo. Sempre il British Medical Journal ha pubblicato nel 2018 i risultati di uno studio condotto in 5 paesi europei, Repubblica Ceca, Germania, Regno Unito, Italia e Svezia, da cui e` risultato che il 59,2% delle donne che formavano parte del campione sovrastimavano il loro rischio di ammalarsi di tumori femminili (seno, endometrio, cervice uterina e ovaie) e soltanto il 26.5% era consapevole che lo screening mammografico comporta benefici e rischi [qui]. Il 50,9% delle italiane intervistate, inoltre, pensava che lo screening mammografico previene il cancro prima che cominci. Un risultato che non ci sorprende visto il modo in cui medici, enti di ricerca, ministri e aziende che vendono prodotti sfruttando la malattia parlano del cancro al seno. Un danno non di poco conto e a cui bisogna porre un freno. Come? Ad esempio partecipando a un incontro organizzato dall'Istituto Mario Negri che si terra` a Milano l'11 giugno che, si legge nella presentazione, parte dalla "necessità di informare correttamente le donne sullo screening mammografico, considerando questo aspetto come un obbligo etico." E informare correttamente significa che "nei libretti e negli strumenti informativi sullo screening mammografico [devono] essere esplicitati in modo corretto tutti i potenziali benefici e i danni, nonché i dati incerti e le controversie ancora oggi presenti tra i ricercatori" [qui].
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