Sta succedendo una cosa bellissima. Sono cosi` eccitata che non so da dove iniziare.
Allora si, tutto e` cominciato qualche mese fa, credo fosse novembre. Volevo organizzare una proiezione di Pink Ribbons Inc qui in Inghilterra, o meglio nel sud dell'Inghilterra, dove vivo io, ma non sapevo da che parte iniziare. Ero da sola e senza contatti. Ho cominciato a gogolare, come spesso faccio quando non so che pesci prendere. Tra i primi record compare un nome: Ana Porroche Escudero. Il tema della sua ricerca - come le donne che vivono col cancro al seno vivono la loro esperienza di malattia e stabiliscono le loro priorita`, spesso ignorate dal discorso pubblico e scientifico - mi fa sobbalzare dal divano su cui stavo appollaiata col computer sulle ginocchia. In piu` sta all'Universita` del Sussex, a Brighton, a mezz'ora di treno da casa mia. Le scrivo, mi risponde, ci incontriamo, parliamo del cancro ma ci facciamo anche grasse risate. Ana e` un vulcano e ha un sacco di contatti. E` una ricercatrice ma anche (soprattutto, dovrei dire) un'attivista. Anche lei vuole organizzare una proiezione del film. E un dibattito con attiviste ed esperte. Ana fa parte del Breast Cancer Consortium, un network internazionale che raduna ricercatori e attivisti che si occupano di cancro al seno fondato dalla sociologa Gayle Sulik.
L' "evento" - come lo chiamavano io e Ana ridendo - si e` tenuto martedi 5 marzo in un cinema di Brighton. Abbiamo ricevuto il supporto del seminario per gli studi di genere dell'Universita` del Sussex, che ci ha gentilmente fornito i danari con cui affittare la sala e pagare le spese di viaggio alle speaker. A parlare, oltre a me, c'erano Helen Lynn, fondatrice dell'Alliance for Cancer Prevention (Alleanza per la Prevenzione del Cancro), associazione agguerritissima il cui scopo principale e` far conoscere al pubblico le cause ambientali ed occupazionali del cancro, e Catie Malhouitre, sopravvissuta ben due volte al cancro al seno (o meglio, come lei stessa ha dichiarato durante il dibattito, alle terapie per il cancro al seno) e fondatrice dell'associazione francese Au sein de sa difference (Al seno della sua differenza).
Un pubblico nutrito, di giovani donne e uomini, ha assistito alla proiezione del documentario e ha animato il dibattito. Nel prendere la parola e presentarmi, mi e` presa una botta di nebbia cognitiva da tamoxifene che a momenti non mi ricordavo nemmeno piu` perche` cappero stavo li`, ma mi sono ripresa senza fare troppi danni. La sorpresa e` arrivata quando ho raccontato di aver conosciuto via twitter le donne cancrate che twittano sotto l'hashtag #bcsm (breast cancer social media). Una ragazza ha preso la parola, con la voce rotta dal pianto: "Una mia amica non ha potuto definirsi sopravvissuta perche` e` morta. Aveva un blog anche lei". Il mio pensiero e` andato subito ad uno dei primi blog sul cancro al seno in cui mi sono imbattuta: The Cancer Culture Chronicles di Rachel Cheetham Moro. Quando sono approdata sul suo blog, Rachel non c'era gia` piu`, ma ho avuto modo di leggere i suoi post lucidissimi e taglienti sul discorso dominante che vuole farci credere che il cancro al seno sia un effimero nastrino rosa. Di lei ho sentito parlare tanto dalle donne del #bcsm che la ricordano e la rimpiangono. Non so perche`, ma ho capito subito che l'amica della ragazza in sala doveva essere lei.
A fine dibattito ne ho avuto la conferma. Jo, cosi` si chiama l'amica di Rachel, mi ha abbracciata forte e mi ha dato l'in bocca al lupo per il mio viaggio con il cancro. E non c'e` stata volta che abbia pronunciato il nome di Rachel senza che le lacrime le riempissero gli occhi fieri e incazzatissimi. Ero emozionata e un po` stanca e non ho pensato a chiederle un recapito. L'amicizia vera, pero`, non si ferma davanti a nulla. Ieri ho ricevuto una mail dalla compagna di Jo, Rose. Se prima di vedere il documentario erano incazzate, adesso lo sono ancora di piu`. Vogliono fare qualcosa di concreto, organizzare un gruppo, un'associazione, qualcosa che possa dare un'ulteriore spallata alla cultura del nastro rosa, diffondere quanto piu` possibile informazioni sulle cause ambientali della malattia e sulla necessita` di mettere fine all'epidemia. Ci incontremo, io loro e Ana, la prossima settimana. Molto probabilmente organizzeremo un workshop per lanciare la campagna. Siamo insomma decise ad andare avanti. E lo faremo con coraggio e anche con rabbia. La rabbia di chi ha visto morire la propria amica a soli 40 anni, la rabbia di chi ha visto in faccia la morte a 30 e non potra` mai sapere se l'ha scampata, la rabbia di chi non vuole accettare la violenza di una malattia e trattamenti che devastano corpi, menti e vite. La rabbia che dovrebbe essere di tutte le donne.
I'm speechless... And again, I've got tears in my eyes...
RispondiEliminaGood job... GREAT job...
I keep telling you we are a "global threesome" .....
You representing the UK and Italy
Kwanele in South Africa
and me... just making noise wherever I feel I can be heard.
I LOVE YOU...
xoxox
AnneMarie
I love you too, AnneMarie, and Kwanele and Rachel (even if I never met her) and all the troublemakers like us :))
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