Il rosa non e` mai stato il mio colore preferito. Anche quando, da piccola, ero una bimba-barbie super-leziosa e sempre in gonna non mi piaceva. Mia sorella, undici anni piu` di me e scassambrella professionista anche lei, lo chiamava “rosa pipi`”. Ci faceva e ci fa abbastanza schifo.
Il cancro al seno e` stata una batosta. Non sto nemmeno qui a spiegarvi il motivo. E` self-evident, come dicono gli inglesi. Ho dovuto mandare giu` il boccone della diagnosi, le terapie ai limiti di ogni umana tollerabilità eccetera eccetera eccetera. Quello che proprio non sono riuscita a mandare giu` e` stato sentirmi rappresentata dal nastrino rosa, dal pink ribbon. Quel rosa mi puzzava. “Di pipi`”, direbbe sicuramente mia sorella.
Pensavo di essere la sola ad avere questa sensazione. Un giorno, invece, per puro caso, mi sono imbattuta nel trailer di un documentario, uscito da poco in Canada e negli Stati Uniti, “Pink Ribbons Inc.” (il link e` in fondo alla pagina). Ho fatto partire il video e finalmente non mi sono sentita piu` la sola ad avercela col rosa. Il sospetto si e` sostanziato della denuncia di cui un nutrito gruppo di donne si faceva portavoce nel trailer del documentario. Mi si e` spalancato un mondo.
Un paio di gogolate e ho scoperto che dietro il documentario c’era un’organizzazione “Breast Cancer Action” (http://bcaction.org/) che da anni e` impegnata nella promozione di un tipo di approccio al cancro al seno radicalmente diverso da quello a cui siamo abituati. Il loro colore simbolo non e` il rosa, ma il rosso. Le donne di “Breast Cancer Action” non sono delle pazze invasate che non
hanno niente di meglio da fare. Sono donne come noi, hanno avuto un cancro al
seno e hanno deciso consapevolmente di rompere con schemi precostituiti che non
condividevano e che, a ragione, consideravano dannosi. L’obiettivo di queste
donne e` - si legge sul sito – di “mettere fine all’epidemia di cancro al seno”.
Ma torniamo al trailer del documentario. L’ho
guardato decine di volte e mi gasa sempre di piu`. Sono le donne stesse a parlare
e pronunciano parole molto decise. “Possiamo fare un passo indietro per capire
cosa sta succedendo?” chiede Barbara Brenner, attivista da anni in prima fila
contro il cancro al seno e il business che ci gira intorno.
Torniamo allora al 1992. Quell’anno la casa
produttrice di cosmetici Estée Lauder distribui` per la prima volta decine di
migliaia di pink ribbons a chi acquistava i suoi cosmetici. L’idea, rivelatasi
eccezionale sul piano del marketing, era stata letteralmente rubata a una donna Charlotte Haley che, avendo avuto il cancro al seno, aveva dato vita a una sua campagna
per fare si` che il National Cancer Institute devolvesse piu` fondi per la
ricerca sulla prevenzione della malattia: il simbolo della campagna di
Charlotte era un nastrino color pesca che lei stessa produceva in serie a mano
a casa sua e distribuiva davanti ai supermercati e nei luoghi pubblici
ricavandoci nulla.
La trovata del pink ribbon frutto` invece a Estée
Lauder una vagonata di quattrini e cosi` ebbe inizio il business del cancro al
seno. Lo chiamano marketing sociale. La gente compra i prodotti piu` di quanto farebbe normalmente
perche` crede in buona fede di dare una mano alla ricerca. In realta`, solo una
parte del ricavato delle vendite finisce nelle mani delle organizzazioni che
si occupano di raccogliere fondi e che, tra l’altro, non sempre li gestiscono
con la dovuta trasparenza. Il resto sono profitti per le imprese. Fanno
profitti sul cancro al seno.
C’e` un ulteriore aspetto della faccenda che vale
la pena sottolineare. Tutto questo rosa, abbinato a prodotti di uso comune, dal
rossetto al mocio vileda, fa si` che il cancro al seno diventi anch’esso una
cosa comune, normale, quasi alla moda. Ma non e` normale affatto, e` una cosa
tremenda, e` una malattia che uccide, che spezza anime e vite. Il business,
pero`, non ha nessun interesse a fermarlo perche` fa guadagnare. E` contro
questa “normalizzazione” del cancro al seno che dobbiamo mobilitarci. Dobbiamo
cominciare a boicottare il rosa, le aziende che se ne servono per aumentare le
vendite. Dobbiamo gridare che il cancro al seno non e` normale, che ci fa
schifo che cosi` tante donne si ammalino e non sia possibile sapere perche`. Facciamolo
ora, prima che sia troppo tardi, prima di non accorgerci piu` di niente.
Pink Ribbons Inc.
Pink Ribbons Inc.
Grazia,
RispondiEliminaWell said! It's a very good movie and it's one that should be watched by everyone!
xoxo
No, non è normale, ma è il più diffuso. A prescindere dal discorso commerciale, ormai il nastro rosa è diventato talmente in uso per richiamare all'argomento che credo poche, almeno tra le persone che conosco, lo collegano alla campagna di Estee Lauder. Il nastrino rosa, nella mentalità comune, richiama alla sensibilità al problema, e non parlo di acquisti "mirati", ma alla diagnosi precoce, al passaparola, e a tutto quello che ne consegue. Io non so, forse sbaglio, ma non me la sento di attaccare un simbolo come un semplice nastrino per fare battaglia. Ma è la mia opinione.
RispondiEliminaBeh se e` per questo la "mentalita` comune" nella Germania degli anni '30 era che gli ebrei fossero un 'problema' da risolvere in qualche modo....Ogni tanto vale la pena cercare di cambiarla
RispondiEliminaMettere il nastro rosa accanto al razzismo è un po' grossa, a mio avviso. Ma a ognuno il suo pensiero. Ti faccio un grosso in bocca al lupo.
RispondiEliminaE chi ha paragonato il razzismo al nastro rosa? Ho semplicemente riportato un esempio - uno dei tanti - in cui la "mentalita` comune" ha prodotto danni. Sarebbe bene passarla sempre al vaglio, prima di accettarla cosi` solo perche` e` "comune".
RispondiEliminaCmq una mediazione tra la mia posizione e la tua esiste. Si chiama "Think before you pink" Dai un'occhiata http://thinkbeforeyoupink.org/
E ovviamente partecipa al quiz ;)
Ciao, bella! I hope that the film will eventually be distributed in Europe with subtitles. It will show near me, in Boston, next month. I am looking forward to it. There are many more women, perhaps especially in the U.S., who feel the way you do and the way the women of BCA do.
RispondiEliminaBaci, baci.
Kathi
Breast Cancer Is Not a Pink Ribbon
RispondiElimina<3
A proposito dei persistenti collegamenti tra nastro rosa e Estee Lauder, date un'occhiata a questo link .
RispondiEliminahttp://www.nastrorosa.it/
Cliccate nel riquadro in alto e a destra dove c'e` scritto 'breast cancer awareness campaign' e guardate un po` dove sarete rigirate o sarebbe meglio dire raggirate!
Anche io sentivo che c'era qualcosa di strano. comunque a senso non mi sono mai fidata. grazie, bell'articolo.
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