lunedì 21 aprile 2014

Rileggendo Anna staccato Lisa

Sono venuta a sapere della storia di Anna Lisa Russo, la giovane blogger conosciuta come Anna staccato Lisa, uccisa dal cancro al seno a 33 anni, quando la sua vita era ormai agli sgoccioli. Stavo ancora facendo gli anticorpi monoclonali, in preda a una forte depressione causata dallo stress post-traumatico di diagnosi e terapie, e il modo in cui i media si occupavano di lei mi infastidiva. Mi sembrava seguissero quelli che erano inevitabilmente i suoi ultimi giorni con curiosita` morbosa, presi dalla smania di fare ascolti col pretesto di regalare la notorieta` a una persona che altrimenti avrebbe lasciato questo mondo nell'anonimato, almeno per il grande pubblico.

Nel corso dei tre anni trascorsi dalla sua morte, ho riletto piu` volte il suo blog e ho comprato il libro, pubblicato da Mondadori con la prefazione di Mario Calabresi, direttore de La Stampa. Il titolo, Toglietemi tutto ma non il sorriso sintetizza il messaggio di positivita` rispetto alla malattia che Anna Lisa avrebbe voluto lanciare.

Vi invito a visitare il blog (qui), tornato online da qualche tempo, e a scorrerne i post. Scoprirete che il sentire di Anna Lisa rispetto al cancro e ai cambiamenti che aveva portato nella sua vita erano molto piu` complessi. Colpiscono in particolare le riflessioni sulla sua situazione lavorativa. 

Anna Lisa era una lavoratrice dipendente precaria. Aveva continuato a lavorare anche dopo aver scoperto la malattia e durante la chemioterapia. Nonostante questo, pero`, come lei stessa racconta in un post intitolato "Precariato" (qui), a giugno 2009 si era ritrovata disoccupata. "Mi sento precaria abbbbbestia!!!" - scrive, chiaramente irritata - "E gia` mi sentivo precaria sul lato salute, poi avevo cominciato a sentirmi precaria sul lato sentimentale, ora mi ci voleva il precariato lavorativo!!!"

Anna Lisa non disperava di poter trovare una nuova occupazione, finche` non ci si sono messe di mezzo le metastasi del cancro al seno che nemmeno i numerosi cicli di chemio a cui si era sottoposta erano riusciti a fermare. A gennaio 2011, la giovane, tra bronchiti, dolori alle ossa e malesseri varii, si rimette a cercare lavoro, perche`, spiega, "è un anno e mezzo che non lavoro, lo Stato non mi aiuta, io e mia madre campiamo con la sua pensione e le spese sono tante, l'affitto e le bollette ci sono tutti i mesi e, anche se NON MI MANCA NULLA, uno stipendio in più farebbe comodo. E poi, intendiamoci, a 32 anni bisogna lavorare!". Ad Anna Lisa, nonostante le metastasi, non era stato riconosciuto nemmeno l'accompagnamento insieme alla pensione di invalidita`. L'INPS la riteneva quindi autosufficiente. Ne` aveva diritto ad altre forme di supporto a causa della atipicita` dei suoi contratti di lavoro: "So che tutto questo sembra impossibile, allucinante, ma è così. Ho chiesto, mi sono informata, ma non c'è niente da fare: 250 euro sono la cifra che mi spetta per vivere" (qui)

Nel maggio 2011, una signora, Anna Maria Bonavoglia, segnala al direttore de La Stampa, il blog di Anna Lisa (qui):

"Anna Lisa è un faro di vita: ha dignità, energia, ironia. E smuove i cuori nell’intimo.
Anna Lisa non ha un lavoro, vive con la madre e ha una micro pensione di invalidità.
Anna Lisa vorrebbe lavorare, non ha mai chiesto la carità e non l’accetterebbe mai. Anna Lisa è nel suo letto di malata, e scrive e racconta e narra e incanta la gente.
Ed ha bisogno di un lavoro dignitoso che le permetta di vivere.
La Stampa è fatta di parole e di gente. E Anna Lisa sa usare le parole per dare anima alla gente"

Calabresi risponde che il blog di Anna Lisa sarebbe stato adottato dal suo giornale come simbolo "dell'impegno e del coraggio" con cui sarebbe possibile affrontare il cancro. Il problema posto dalla lettera della signora Bonavoglia era, tuttavia, ben diverso. La signora chiedeva un lavoro per Anna Lisa. Un lavoro da potersi fare anche a letto, viste le sue precarie condizioni di salute. Un lavoro che consentisse ad Anna Lisa di aggiungere qualche soldo a quelli della madre con cui era rimasta, da sola, dopo che suo fratello Alessandro era morto per un incidente sul lavoro.

Questo aspetto cosi` importante della storia della cara Anna staccato Lisa si e` perso nella spettacolarizzazione che, a mio avviso, e` stata fatta della sua vicenda. Anna Lisa non sorrideva soltanto. Era arrabbiata per la sua situazione lavorativa, complicata ulteriormente dal cancro, e per il supporto economico negatole persino in fase di malattia avanzata. E come lei, oggi, si sentono molte persone nella sua stessa situazione. Onorarne la memoria significa anche chiedere diritti e dignita` per chi e` costretto, suo malgrado, a vivere con una malattia cronica e invalidante come il cancro.


2 commenti:

  1. Anna Maria Bonavoglia26 agosto 2014 alle ore 15:46

    E'assolutamente vero, in effetti era quello il motivo fondamentale della mia lettera a La Stampa..
    Non so bene che tipo di evoluzione abbia avuto poi il rapporto di Anna Lisa con il giornale, ma so che in ogni caso le ha dato gioia, così come mi ha confermato in seguito la sua meravigliosa Mamy Roberta.
    E anche un attimo di quella gioia ancora adesso mi addolcisce il cuore.
    La qual cosa non fa certamente cadere il sacrosanto problema del diritto al lavoro, alla dignità ed al riconoscimento dei propri diritti di chi è in balia di una malattia spaventosa e invalidante come il cancro...

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    1. Ti ringrazio della testimonianza, Anna Maria. E sono contenta che, in qualche modo, tu abbia avuto modo di leggere questo post. Il tuo commento mi fa sentire ancora piu` vicina ad Anna Lisa che non ho avuto modo di conoscere di persona. Abbraccia da parte mia la sua Mamy e, se ne hai voglia, continua a seguire e commentare questo blog. Ancora grazie!

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