Quella del cancro al seno e` per i media mainstream italiani, e non solo, una storia di trionfi. L'ultimo in ordine di tempo sarebbe la "pillola" per "prevenire" l'insorgenza della malattia. La notizia arriva dall'Inghilterra dove, due giorni fa, il National Institute for Care and Excellence (NICE) ha reso note le nuove linee guida sulla farmacoprevenzione per le donne con familiarita`. A circa mezzo milione di donne verra` data la possibilita` di assumere il tamoxifene e il raloxifene, due farmaci prescritti a chi ha gia` sviluppato la malattia per la prevenzione delle recidive, attraverso l'NHS, il servizio sanitario nazionale
Sia la stampa italiana che britannica, oltre alle associazioni che hanno supportato l'iniziativa e lo stesso NICE, hanno gridato al miracolo. "Svolta epocale", "momento storico" sono state le espressioni piu` utilizzate qui in UK, rimbalzate di bocca in bocca e partite da chi dovrebbe, per professionalita`, evitare le mistificazioni. E invece, come al solito, quando si tratta di cancro al seno, le mistificazioni abbondano. E la confusione aumenta.
Ne ha scritto, con la consueta competenza e accortezza, la sociologa statunitense Gayle Sulik, autrice del best seller Pink Ribbon Blues e fondatrice del Breast Cancer Consortium, un network internazionale di ricercatori e attivisti che cerca di indagare e portare all'attenzione dell'opinione pubblica le cause sistemiche dell'epidemia di cancro al seno e di svelare le dinamiche del business che c'e` stato costruito intorno.
Spiega Gayle Sulik, e le donne che il cancro al seno l'hanno avuto ma anche le loro figlie e le loro sorelle lo sanno, che il tamoxifene e il raloxifene sono due modulatori selettivi dell'azione degli estrogeni. Il tamoxifene, il farmaco piu` conosciuto tra i due, e` stato immesso per la prima volta sul mercato da Astra Zeneca, multinazionale britannica - produttrice tra le tante cose anche di diverse classi di pesticidi cancerogeni - ed e` utilizzato per la prevenzione delle recidive nelle donne con tumori responsivi ai recettori degli estrogeni (ER+). Circa il 75 per cento dei casi rientra in questa categoria, ma non tutti.
Il raloxifene e`, invece, prodotto da Ely Lilly, altra multinazionale del farmaco, finita sotto accusa perche` produttrice di un ormone della crescita, rBGH, somministrato alle mucche per stimolare la produzione di latte, che induce, negli umani, un aumento del rischio di cancro, soprattutto del seno.
Negli Stati Uniti, le donne con un rischio di cancro al seno superiore al 3% rientrano tra coloro a cui viene raccomandata l'assunzione di uno dei due farmaci per cinque anni. Studi condotti per valutare l'efficacia di tamoxifene e raloxifene al fine di evitare l'insorgenza della malattia in donne "a rischio" hanno stabilito che solo nell'1,77% dei casi il mancato sviluppo della malattia poteva essere attribuito alla farmacoprevenzione. La maggioranza delle donne che non si ammalavano, non si ammalavano a prescindere dall'assunzione di tamoxifene e raloxifene.
Ben noti alle donne che il cancro al seno lo hanno avuto cosi` come alle loro figlie, sorelle e amiche sono gli effetti collaterali dei modulatori selettivi dell'azione degli estrogeni. Si va dalle vampate di calore, alla trombosi, al cancro dell'endometrio. Io stessa, assumo da ormai 2 anni, il tamoxifene e ho ho problemi di circolazione, ritenzione di liquidi, aumento di peso. Almeno una volta l'anno devo fare un'ecografia transvaginale per misurare lo spessore della rima endometriale e verificare che non mi sia beccata il cancro anche li`.
Ha ragione Breast Cancer Action a parlare di "disease substitution": per evitare il cancro al seno, si corre il rischio di sviluppare altri tumori o altre patologie non da poco che possono portare alla morte. Possibile che per non morire di cancro al seno si debba correre il rischio di morire, per propria mano, di qualcos'altro? Questo vale sia per chi ha gia` avuto la malattia che per chi e` "a rischio". E poi, che vuol dire "a rischio"? Significa essere portatrici di una delle mutazioni genetiche conosciute? Significa avere familiarita`, cioe` altri casi in famiglia? Le due cose possono non essere assolutamente collegate, tant'e` che soltanto il 5% dei casi e` attribuibile a una mutazione. Ci sono donne portratrici di mutazione ma senza familiarita`. Donne con familiarita` ma senza mutazione. Io non ho ne` mutazione ne` familiarita` e ho scoperto di essere ammalata a 30 anni e rientro in quel 70% che si ritrova il cancro senza nessun fattore di rischio. Si, e` cosi`. Il 70% delle donne con il cancro al seno non ha nessun fattore di rischio.
Ciliegina sulla torta, le nuove linee guida sono state emanate in concomitanza con lo smantellamento e privatizzazione del servizio sanitario nazionale inglese. Di chi sta facendo gli interessi allora il NICE? Delle donne o delle case farmaceutiche e di chi si sta spartendo la ghiottissima torta della sanita`? E` una domanda retorica, ovviamente. In ogni caso, e` bene scriversi in fronte, le parole di Gayle Sulik: non esiste la bacchetta magica, la prevenzione del cancrco al seno consiste nella rimozione delle cause e di farmaci che spesso fanno piu` danni di quanto dovrebbero.
giovedì 27 giugno 2013
domenica 16 giugno 2013
Il dottor Santanche` vende saggezza
Diceva la mia bisnonna che uno scemo o ti fa ridere o ti fa piangere. Nel corso della mia pur breve esistenza, numerose sono state le occasioni di constatare la veridicita` di quest'affermazione. Nel mio caso, tuttavia, piu` che piangere, molti scemi, dopo avermi fatta ridere, mi hanno fatto incazzare come una scimmia.
Il dottor Paolo Santanche` e` un chirurgo estetico di fama. Possiede, inoltre, un'innata saggezza che distilla sul suo blog, ospitato sul sito del Corriere della Sera. Ogni post, una perla.
Imprescindibili, ad esempio, le sue riflessioni su "Estetica e seduzione". L'interrogativo cui il dottor Santanche` offre risposte a dir poco illuminanti e` dei piu` classici: "Quali sono le componenti della seduzione femminile?" E` una domanda che mi pongo spesso anch'io, soprattutto quando la mia dolce meta` si sofferma incantato sui miei peli pubici o sui miei rotolini di ciccia, regalo del tamoxifene. "Deve volermi proprio bene", penso. Eppure, la domanda continua a ronzarmi in testa. Provvidenziale nella risoluzione del dilemma sono le sagge parole del dottor Santanche`:
"È ovvio che, anche se non strettamente indispensabile,essere belle aiuta non poco, ma essere semplicemente carine, gradevoli, meglio ancora, è più che sufficiente. L’arma vincente però è la sicurezza: per sedurre dovete essere sicure del vostro fascino, della vostra avvenenza, non essere disturbate da complessi ed avere la certezza che, anche sul piano estetico, avete i vostri punti forti."
"Ma possono i peli che spuntano dalla mutanda e la panza essere considerati dei punti di forza?", continuo ad arrovellarmi. Non proprio. Il segreto della seduzione e` infatti l'armonia che si puo` ottenere sia tramite trucco o abbigliamento oppure, nei casi in cui questi rimedi non siano sufficienti, attraverso la chirurgia estetica:
"Quando tutto ciò non basta, perché siete convinte che le gambe grosse, o il seno piccolo, o la gobba sul naso, che non si riescono a nascondere, soprattutto a voi stesse, siano un ostacolo insormontabile per essere seducenti, o quantomeno desiderabili, si può ricorrere alla chirurgia estetica. La chirurgia estetica non deve trasformarvi , ma restituirvi quell’armonia e quella serenità che vi consentano di tirar fuori in meglio di voi stesse. La seduttrice non è la bellona di turno con gambe extra lunghe e tette a mongolfiera: quella è una preda. La vera seduttrice è armonica, gradevole, non vistosa e soprattutto si piace, perché per piacere bisogna piacersi"
Parole che lasciano il segno. Comincio a considerare seriamente l'opzione chirurgica. Le prime rughe fanno capolino. Meglio aspettare, pero`. Ho 32 anni e l'eta` ideale per un lifting, avverte il nostro beniamino, e` tra il 40 e i 45 anni:
"La donna di 40/45 anni oggi è al massimo del suo fascino e del suo successo: conduce una vita brillante e non ha nulla da invidiare ad una trentenne, tranne la freschezza del viso.
L’esperienza ed il fascino di una 40enne con il viso di una 30enne sono una vera e propria “arma letale”.Una donna deve decidere se vuole mantenersi giovane o invecchiare, se vuole fare interventi di ringiovanimento oppure no. Se decide per il sì deve fare le cose nel momento in cui ne trae maggior giovamento, nel momento in cui può maggiormente godersi i risultati."
Fin qui, grasse risate. Il dottor Santanche` e` un simpaticone, la sua comicita` involontaria mette di buonumore. L'incazzatura pero` e` prevedibilmente dietro l'angolo e mi coglie, inesorabile, nel leggere il post che il dottore dedica al "caso Jolie". Innanzitutto, Santanche` si spaccia, in maniera subdola e per questo ancora piu` pericolosa, per quello che non e`:
"Comunicati stampa, articoli e chi più ne ha più ne metta. Sembra che il seno sia diventato una bomba ad orologeria. Pare che migliaia di donne corrano a farsi togliere il seno terrorizzate dal rischio cancro: evidentemente io sto su un altro pianeta, perche nessuna delle mie pazienti mi ha chiesto nulla di simile, anzi, devo quotidianamente spendere fiumi di parole per convincerle ed educarle alla diagnosi precoce, agli esami regolari, all’autopalpazione."
Santanche` non e` un senologo e` un chirurgo estetico. Per questo motivo, le donne non si rivolgono a lui. Perche` un cervello ce l'hanno e lo fanno anche funzionare e se qualche timore lo nutrono, si rivolgono allo specialista deputato che, nel caso in oggetto, e` il senologo. Riesce inoltre difficile immaginare Santanche` nel ruolo di "educatore" alla diagnosi precoce, spesso ostacolata proprio dalle protesi utilizzate nella mastoplastica addittiva. Per non parlare poi dei casi in cui le protesi stesse sono fortemente sospettate di causare la patologia, come nel caso delle protesi Pip.
Ma non finisce qui. Dopo aver millantato competenze che non possiede, il nostro ne approfitta per farsi pubblicita`:
"Se Angelina Jolie ha preso questa drastica decisione avrà avuto sicuramente i suoi motivi, ma ciò non toglie che si tratti di un intervento comunque devastante e che nessuna ricostruzione potrà restituire un seno dall’aspetto morbido, caldo e naturale: nulla a che vedere con la mastoplastica addittiva!"
Che bisogno c'era di aggiungere il link al suo sito? Quest'uomo e` un affermato chirurgo estetico, presumibilmente pieno di soldi. Ha bisogno di farsi pubblicita`, tirando in mezzo la mastoplastica addittiva e tessendone le lodi, quando si parla di cancro al seno e mastectomia, intervento che definisce "devastante"? Cosi`, tanto per incoraggiare le donne che, obtorto collo, hanno dovuto sottoporvicisi. Cosi`, tanto per farsi ancora un po` di pubblicita`, che` i soldi, anche quando sono tanti, non sono mai abbastanza. E se di mezzo ci vanno le donne, fa niente, che` tanto non frega niente a nessuno. Santanche`, dopo avermi fatto ridere, stavolta mi hai fatto proprio incazzare.
giovedì 13 giugno 2013
Vittoria
Grazie da Breast Cancer Action
Ho voluto aspettare il comunicato stampa ufficiale di Breast Cancer Action prima di scrivere questo post. Quasi per scaramanzia. "Stai a vedere che ho capito male", pensavo.
E invece no. Ho capito benissimo. Breast Cancer Action ha vinto. L'American Civil Liberties Union ha vinto. Tutte le organizzazioni che hanno presentato il ricorso contro Myriad Genetics hanno vinto. Le persone e i loro diritti hanno vinto sugli interessi biechi di chi vuole fare profitto sui nostri corpi. La Corte Suprema ha deciso: i nostri geni non sono brevettabili.
Myriad Genetics, compagnia con sede a Salt Lake City, deteneva - cominciamo a parlare al passato - il brevetto sui geni BRCA1 e BRCA2 la cui mutazione rende chi ne e` portatore maggiormente suscettibile di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie. Di geni, mutazioni e cancro al seno si e` parlato a profusione recentemente a causa della decisione dell'attrice Angelina Jolie di fare uso della mastectomia preventiva in quanto affetta da una mutazione del gene BRCA1 che la esponeva all'87% di probabilita` di avere il cancro al seno.
Il test effettuato dalla Jolie (e dalla sottoscritta) e` molto costoso. Si parla di cifre che vanno oltre i 3000 euro. Negli Stati Uniti e in Europa. Per non parlare, poi, dell'impossibilita` di chiedere un secondo parere e delle enormi difficolta` incontrare dai ricercatori nell'effettuare studi sulle mutazioni e sulla malattia, piu` in generale, visto che Myriad non e` disposta a condividere l'immenso database di campioni di DNA in suo possesso con il resto della comunita` scientifica.
La Corte ha stabilito che i brevetti di Myriad non sono validi. "Myriad non ha inventato nulla. Di sicuro, ha scoperto un gene utile e importante, ma separare il gene dal materiale genetico circostante non e` un'invenzione", ha spiegato nelle motivazioni della sentenza il giudice Clarence Thomas. Il verdetto e` stato raggiunto all'unanimita`.
E` una grande vittoria, non solo per le donne con mutazione genetica o ad alto rischio di cancro al seno, ma per chiunque abbia a cuore la ricerca e la difesa del diritto alla salute. Lo sanno bene le donne di Breast Cancer Action, che hanno portato a casa un risultato di cui la grande Barbara Brenner, ex presidentessa dell'associazione che ci ha lasciato da poco, sarebbe stata fiera. E` stata lei, d'altra parte, a dare all'associazione la sua impronta piu` caratteristica. Breast Cancer Action non e` finanziata da nessuna compagnia, non ha sponsor. Vive delle donazioni di singoli individui che ne apprezzano l'indipendenza. E` per questo che ha potuto partecipare alla battaglia legale contro Myriad e vincere, perche` non sta a libro paga di nessuno. Gli unici interessi che Breast Cancer Action difende sono quelli delle persone come noi.
Ho voluto aspettare il comunicato stampa ufficiale di Breast Cancer Action prima di scrivere questo post. Quasi per scaramanzia. "Stai a vedere che ho capito male", pensavo.
E invece no. Ho capito benissimo. Breast Cancer Action ha vinto. L'American Civil Liberties Union ha vinto. Tutte le organizzazioni che hanno presentato il ricorso contro Myriad Genetics hanno vinto. Le persone e i loro diritti hanno vinto sugli interessi biechi di chi vuole fare profitto sui nostri corpi. La Corte Suprema ha deciso: i nostri geni non sono brevettabili.
Myriad Genetics, compagnia con sede a Salt Lake City, deteneva - cominciamo a parlare al passato - il brevetto sui geni BRCA1 e BRCA2 la cui mutazione rende chi ne e` portatore maggiormente suscettibile di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie. Di geni, mutazioni e cancro al seno si e` parlato a profusione recentemente a causa della decisione dell'attrice Angelina Jolie di fare uso della mastectomia preventiva in quanto affetta da una mutazione del gene BRCA1 che la esponeva all'87% di probabilita` di avere il cancro al seno.
Il test effettuato dalla Jolie (e dalla sottoscritta) e` molto costoso. Si parla di cifre che vanno oltre i 3000 euro. Negli Stati Uniti e in Europa. Per non parlare, poi, dell'impossibilita` di chiedere un secondo parere e delle enormi difficolta` incontrare dai ricercatori nell'effettuare studi sulle mutazioni e sulla malattia, piu` in generale, visto che Myriad non e` disposta a condividere l'immenso database di campioni di DNA in suo possesso con il resto della comunita` scientifica.
La Corte ha stabilito che i brevetti di Myriad non sono validi. "Myriad non ha inventato nulla. Di sicuro, ha scoperto un gene utile e importante, ma separare il gene dal materiale genetico circostante non e` un'invenzione", ha spiegato nelle motivazioni della sentenza il giudice Clarence Thomas. Il verdetto e` stato raggiunto all'unanimita`.
E` una grande vittoria, non solo per le donne con mutazione genetica o ad alto rischio di cancro al seno, ma per chiunque abbia a cuore la ricerca e la difesa del diritto alla salute. Lo sanno bene le donne di Breast Cancer Action, che hanno portato a casa un risultato di cui la grande Barbara Brenner, ex presidentessa dell'associazione che ci ha lasciato da poco, sarebbe stata fiera. E` stata lei, d'altra parte, a dare all'associazione la sua impronta piu` caratteristica. Breast Cancer Action non e` finanziata da nessuna compagnia, non ha sponsor. Vive delle donazioni di singoli individui che ne apprezzano l'indipendenza. E` per questo che ha potuto partecipare alla battaglia legale contro Myriad e vincere, perche` non sta a libro paga di nessuno. Gli unici interessi che Breast Cancer Action difende sono quelli delle persone come noi.
mercoledì 12 giugno 2013
This is England
Quante di noi, dopo la malattia, sono davvero riuscite a tornare a una vita "normale"? Il cancro lascia trascichi notevoli. Il trauma, le cicatrici sul corpo e sull'anima, gli effetti collaterali delle terapie. Terapie che, si badi bene, nel caso dei tumori ormonoresponsivi, vanno avanti per anni.
C'e` un altro aspetto, pero`, di cui si parla di meno, che spesso impedisce di rimettere la propria vita in sesto. Quello del lavoro.
Sono passati 2 anni e mezzo dalla diagnosi e sono ancora senza lavoro. All'epoca, ero dottoranda di ricerca. Stavo per consegnare la mia tesi in storia contemporanea. Ho dovuto lasciare le cose in sospeso a un passo da un traguardo agognatissimo. La consegna della tesi e il conseguimento del titolo di dottore di ricerca mi avrebbero forse consentito, nel 2010, quantomeno di sperare di poter continuare la mia carriera di storica. E non che io storica mi sia improvvisata. Ho desiderato fare questo mestiere probabilmente da sempre. A scuola, la storia non la studiava nessuno. Il mio professore del liceo era un pretaccio noioso, ma io la storia me la studiavo da sola. All'universita`, quando preparavo il primo esame di storia contemporanea, studiavo di notte. La curiosita` non mi faceva dormire.
Quando mi sono laureata, nel 2004, l'universita` italiana era gia` allo sfascio. Ho fatto uno stage al Ministero degli Esteri. La mattina stavo dentro al "cubo", cosi` chiamavamo io e alcuni simpatici stagisti la Farnesina. Stavo all'Ufficio Storico. Morivo di noia. Ricordo il giorno dell'attentato a Londra. I giornali riportavano la notizia online, sottolinenando come l'Unita` di Crisi del Ministero degli Esteri fosse riunita e stesse prontamente verificando se ci fossero italiani tra le vittime. La vittima italiana, purtroppo, c'era, si venne poi a sapere. Al quinto piano del "cubo", pero`, la porta a vetri dell'Unita` di Crisi era spalancata e il bar accanto pieno di gente.
Stavo ammazzando il tempo davanti a un computer della Farnesina quando ho mandato una mail a quello che sarebbe diventato il mio relatore di tesi, in Inghilterra, perche` sentivo una stretta alla gola e una vocina dentro di me che urlava "Scappa".
E sono scappata. Ho vinto una borsa di studio. Mi sono guadagnata da vivere per tre anni, facendo un lavoro che mi piaceva. Non completamente, che` l'accademia e` una giungla, ma sfogliare vecchi giornali, aspettare il faldone di carte che poteva contenere proprio la traccia che stavo cercando per ricostruire il filo degli eventi, sentire che pian piano la matassa dei perche` andava addipanandosi mi faceva battere il cuore a mille.
Poi il cancro. Proprio sul piu` bello. Quando il raccolto era vicino e sentivo che il mio talento era fiorito. La tempesta. La paura di affondare. Ce n'e` voluto di tempo per rimettere insieme i cocci, ma ce l'ho fatta. Ho finito la tesi. D'estate. E ho tirato un sospiro di sollievo, intravedendo finalmente la discesa.
Non sapevo cos'altro mi aspettava. Primo tentativo: il corso di abilitazione per insegnare lingue straniere nelle scuole. Per me che conosco quattro lingue, incluso l'italiano che qui vale come lingua straniera, era una buona opzione. Se consideriamo la borsa di studio da 20mila sterline a cui avevo diritto, visti i miei titoli di studio, la prospettiva era addirittura ottima. E cosa succede? Mobbing e discriminazione a causa della malattia. Ho dovuto lasciare il corso a soli tre mesi dall'inizio.
Mi sono sentita di nuovo come una barca alla deriva, ma ho cercato di tenere botta. Ho ricominciato a cercare lavoro. 24 domande, da dicembre ad ora, e non una che sia andata a buon fine. La situazione e` difficile per tutti, non c'e` dubbio, e persino nel cuore dell'Impero i tassi di disoccupazione sono alle stelle. Alcuni episodi, pero`, mi hanno sconcertata.
Prendiamo un caso recente. L'agenzia di traduzione e interpretariato che cerca un interprete nel paesetto dove vivo. Un'agenzia grossa, eh. Invio la domanda e vengo contattata immediatamente. Mi viene richiesto di inviare una copia scannerizzata di 5 moduli da compilare e firmare. Tra questi, un modulo riguardante il mio stato di salute. L'agenzia ha un appalto con il sistema sanitario nazionale. Devono quindi assicurarsi che io sia vaccinata per malattie come la TBC, il morbillo, la varicella, la rosolia. Il vaccino non l'ho fatto - quello per la TBC non era obbligatorio quando io ero piccola, per le altre malattie non esisteva - ma le malattie esantematiche le ho avute tutte. L'ultima sezione del modulo riguarda altre malattie che si ritiene di dover segnalare. Il cancro e` una malattia importante. Non me la sono sentita di mentire. Prima mi hanno risposto che se non avevo le vaccinazioni non potevo lavorare per loro. Quando ho fatto presente che il vaccino per la TBC non e` obbligatorio e che le altre malattie le avevo avute, mi hanno risposto "non c'e` problema". E sono spariti.
Caso numero due. L'associazione per i malati di cancro. Anche questa bella grossa. Cercano volontari per coordinare gruppi di supporto, partecipare a un progetto di storia orale, dare una mano all'ufficio stampa. Mi candido. Partecipo alla prima riunione conoscitiva. Successivamente vengo riconvocata per una "chiacchierata informale", nel corso della quale mi lascio scappare di aver organizzato la proiezione di un documentario sul business del cancro al seno. Strette di mano, sorrisi e grandi promesse. Il giorno dopo ricevo una mail. La mia "studious personality" non si adatta al ruolo di coordinatrice dei gruppi di supporto. Di contro, mi vedono bene nell'ufficio stampa. La responsabile - cosi` mi dicono - mi contattera` quanto prima. Passano i giorni. Silenzio. Faccio la prima mossa. Appuntamento per il lunedi successivo. Proprio quel giorno devo partire per l'Italia per i controlli. Non c'e` problema, mi rassicurano. Contattaci al tuo ritorno. Prima mail. Silenzio. Seconda mail. Silenzio. Passano due settimane. Il ruolo non e` piu` disponibile.
Tranne il breve intervallo dei tre mesi per il corso da insegnante, in cui ho percepito la borsa di studio, sono due anni e mezzo che non metto in tasca un soldo. Ho 33 anni e un dottorato di ricerca e senza lo stipendio del mio compagno e la solidarieta` dei miei genitori non potrei campare. E tutto questo non succede in quello sgangherato paese che gli inglesi pensano sia l'Italia, ma succede in quel sacrosanto luogo di giustizia e prosperita` che il mondo crede sia l'Inghilterra.
L'Inghilterra fa schifo. Fa schifo anche di piu` dell'Italia. Il sistema di sfruttamento piu` pernicioso della storia dell'umanita` - qualcuno lo chiamava capitalismo - ha subito proprio in questo paese una delle sue piu` importanti fasi di accelerazione. Da qui sono partiti eserciti in armi che quel sistema di sfruttamento l'hanno imposto ai quattro angoli del globo. Qui i figli degli oppressi in casa loro, i colonizzati, sono stati resi schiavi due volte. E anche oggi, questo paese e` il cuore pulsante della crisi che sta devastando le nostre vite. L'Inghilterra e` questa. This is England.
C'e` un altro aspetto, pero`, di cui si parla di meno, che spesso impedisce di rimettere la propria vita in sesto. Quello del lavoro.
Sono passati 2 anni e mezzo dalla diagnosi e sono ancora senza lavoro. All'epoca, ero dottoranda di ricerca. Stavo per consegnare la mia tesi in storia contemporanea. Ho dovuto lasciare le cose in sospeso a un passo da un traguardo agognatissimo. La consegna della tesi e il conseguimento del titolo di dottore di ricerca mi avrebbero forse consentito, nel 2010, quantomeno di sperare di poter continuare la mia carriera di storica. E non che io storica mi sia improvvisata. Ho desiderato fare questo mestiere probabilmente da sempre. A scuola, la storia non la studiava nessuno. Il mio professore del liceo era un pretaccio noioso, ma io la storia me la studiavo da sola. All'universita`, quando preparavo il primo esame di storia contemporanea, studiavo di notte. La curiosita` non mi faceva dormire.
Quando mi sono laureata, nel 2004, l'universita` italiana era gia` allo sfascio. Ho fatto uno stage al Ministero degli Esteri. La mattina stavo dentro al "cubo", cosi` chiamavamo io e alcuni simpatici stagisti la Farnesina. Stavo all'Ufficio Storico. Morivo di noia. Ricordo il giorno dell'attentato a Londra. I giornali riportavano la notizia online, sottolinenando come l'Unita` di Crisi del Ministero degli Esteri fosse riunita e stesse prontamente verificando se ci fossero italiani tra le vittime. La vittima italiana, purtroppo, c'era, si venne poi a sapere. Al quinto piano del "cubo", pero`, la porta a vetri dell'Unita` di Crisi era spalancata e il bar accanto pieno di gente.
Stavo ammazzando il tempo davanti a un computer della Farnesina quando ho mandato una mail a quello che sarebbe diventato il mio relatore di tesi, in Inghilterra, perche` sentivo una stretta alla gola e una vocina dentro di me che urlava "Scappa".
E sono scappata. Ho vinto una borsa di studio. Mi sono guadagnata da vivere per tre anni, facendo un lavoro che mi piaceva. Non completamente, che` l'accademia e` una giungla, ma sfogliare vecchi giornali, aspettare il faldone di carte che poteva contenere proprio la traccia che stavo cercando per ricostruire il filo degli eventi, sentire che pian piano la matassa dei perche` andava addipanandosi mi faceva battere il cuore a mille.
Poi il cancro. Proprio sul piu` bello. Quando il raccolto era vicino e sentivo che il mio talento era fiorito. La tempesta. La paura di affondare. Ce n'e` voluto di tempo per rimettere insieme i cocci, ma ce l'ho fatta. Ho finito la tesi. D'estate. E ho tirato un sospiro di sollievo, intravedendo finalmente la discesa.
Non sapevo cos'altro mi aspettava. Primo tentativo: il corso di abilitazione per insegnare lingue straniere nelle scuole. Per me che conosco quattro lingue, incluso l'italiano che qui vale come lingua straniera, era una buona opzione. Se consideriamo la borsa di studio da 20mila sterline a cui avevo diritto, visti i miei titoli di studio, la prospettiva era addirittura ottima. E cosa succede? Mobbing e discriminazione a causa della malattia. Ho dovuto lasciare il corso a soli tre mesi dall'inizio.
Mi sono sentita di nuovo come una barca alla deriva, ma ho cercato di tenere botta. Ho ricominciato a cercare lavoro. 24 domande, da dicembre ad ora, e non una che sia andata a buon fine. La situazione e` difficile per tutti, non c'e` dubbio, e persino nel cuore dell'Impero i tassi di disoccupazione sono alle stelle. Alcuni episodi, pero`, mi hanno sconcertata.
Prendiamo un caso recente. L'agenzia di traduzione e interpretariato che cerca un interprete nel paesetto dove vivo. Un'agenzia grossa, eh. Invio la domanda e vengo contattata immediatamente. Mi viene richiesto di inviare una copia scannerizzata di 5 moduli da compilare e firmare. Tra questi, un modulo riguardante il mio stato di salute. L'agenzia ha un appalto con il sistema sanitario nazionale. Devono quindi assicurarsi che io sia vaccinata per malattie come la TBC, il morbillo, la varicella, la rosolia. Il vaccino non l'ho fatto - quello per la TBC non era obbligatorio quando io ero piccola, per le altre malattie non esisteva - ma le malattie esantematiche le ho avute tutte. L'ultima sezione del modulo riguarda altre malattie che si ritiene di dover segnalare. Il cancro e` una malattia importante. Non me la sono sentita di mentire. Prima mi hanno risposto che se non avevo le vaccinazioni non potevo lavorare per loro. Quando ho fatto presente che il vaccino per la TBC non e` obbligatorio e che le altre malattie le avevo avute, mi hanno risposto "non c'e` problema". E sono spariti.
Caso numero due. L'associazione per i malati di cancro. Anche questa bella grossa. Cercano volontari per coordinare gruppi di supporto, partecipare a un progetto di storia orale, dare una mano all'ufficio stampa. Mi candido. Partecipo alla prima riunione conoscitiva. Successivamente vengo riconvocata per una "chiacchierata informale", nel corso della quale mi lascio scappare di aver organizzato la proiezione di un documentario sul business del cancro al seno. Strette di mano, sorrisi e grandi promesse. Il giorno dopo ricevo una mail. La mia "studious personality" non si adatta al ruolo di coordinatrice dei gruppi di supporto. Di contro, mi vedono bene nell'ufficio stampa. La responsabile - cosi` mi dicono - mi contattera` quanto prima. Passano i giorni. Silenzio. Faccio la prima mossa. Appuntamento per il lunedi successivo. Proprio quel giorno devo partire per l'Italia per i controlli. Non c'e` problema, mi rassicurano. Contattaci al tuo ritorno. Prima mail. Silenzio. Seconda mail. Silenzio. Passano due settimane. Il ruolo non e` piu` disponibile.
Tranne il breve intervallo dei tre mesi per il corso da insegnante, in cui ho percepito la borsa di studio, sono due anni e mezzo che non metto in tasca un soldo. Ho 33 anni e un dottorato di ricerca e senza lo stipendio del mio compagno e la solidarieta` dei miei genitori non potrei campare. E tutto questo non succede in quello sgangherato paese che gli inglesi pensano sia l'Italia, ma succede in quel sacrosanto luogo di giustizia e prosperita` che il mondo crede sia l'Inghilterra.
L'Inghilterra fa schifo. Fa schifo anche di piu` dell'Italia. Il sistema di sfruttamento piu` pernicioso della storia dell'umanita` - qualcuno lo chiamava capitalismo - ha subito proprio in questo paese una delle sue piu` importanti fasi di accelerazione. Da qui sono partiti eserciti in armi che quel sistema di sfruttamento l'hanno imposto ai quattro angoli del globo. Qui i figli degli oppressi in casa loro, i colonizzati, sono stati resi schiavi due volte. E anche oggi, questo paese e` il cuore pulsante della crisi che sta devastando le nostre vite. L'Inghilterra e` questa. This is England.
lunedì 10 giugno 2013
La morte non esiste piu`
L'ho ascoltata oggi questa canzone. Per caso. Mi fa pensare a Jennifer e Angelo Merendino, ad Orfeo ed Euridice e a te, amore mio. E a miei genitori. E all'amore. E alla vita. E la morte non e` niente, se l'angoscia se ne va.
domenica 9 giugno 2013
Lettera aperta a Lella Costa - di Alberta Ferrari
PREMESSA
Ascolto dal TG di
Radio Capital: “Sentiremo Lella Costa, l’attrice che è durissima contro
Angelina Jolie”LELLA COSTA: “questa bellissima creatura e brava attrice, e madre bulimica secondo me ma questo è un altro discorso, ha deciso di sottoporsi a questa mastectomia bilaterale preventiva perché avendo una familiarità, la sua mamma la sua zia etc, e non volendo correre rischi ha preso una decisione che però, e permettetemi di essere forse indelicata ma insomma di dire una cosa, non sta mica tanto dalle parti della vita, non sta dalle parti di una accettazione della componente di rischio e di avventura che sta nella vita.”
LETTERA
Carissima e mitica Lella Costa, mitica perché nella mia mente ho sempre associato la sua immagine a quella di una donna tosta, ironica, attrice straordinaria e impegnata a favore del mondo femminile con grinta e determinazione. Insomma, sono una sua ammiratrice da sempre.
Questo è il motivo che mi spinge a scriverle una lettera aperta in merito al suo commento divulgato da Radio Capital sulla mastectomia preventiva cui si è sottoposta Angelina Jolie.
Sono chirurga senologa e da anni mi occupo di questo argomento di nicchia: donne geneticamente predisposte al tumore a seno e ovaio. Prima del caso Jolie era difficilissimo infrangere con un’adeguata informazione un argomento che sembrava tabù in Italia, per motivi culturali ma anche per monopolio intellettuale e scientifico di “casta” (il problema esiste in ogni settore). Ho frammenti di lettere e di frasi su blog dove donne consapevoli (forse troppo tardi) del problema parlano tra di loro nel più totale disorientamento per mancaza di riferimenti medici informati e di centri che si facciano carico del loro problema.
Dopo il caso Jolie, scatta il problema opposto ma speculare: se ne parla anche troppo, ma troppo spesso senza conoscere davvero il problema. Cara Lella, il suo giudizio sbrigativo e un po’ colpevolizzante verso la scelta delle donne (non solo Jolie, tante anche in Italia, lo sapeva?) che optano, all’interno di un percorso serio e avallato da linee-guida scientifiche internazionali, per la chirurgia preventiva, è profondamente penalizzante verso la libertà di cura consapevole e la gestione del proprio corpo che le donne in diverse declinazioni rivendicano da anni: una presa di posizione sconcertante proprio perché viene da chi ha personalmente promosso nella sua vita e arte queste istanze.
Credo alla fine che si tratti di insufficiente informazione, del resto molto diffusa anche tra addetti ai lavori. Le scrivo perché penso che sarebbe importante, per le donne coinvolte a vario titolo in questa problematica, che lei tornasse a riflettere su questo argomento, perché il suo parere di personaggio pubblico femminile può avere un peso rilevante. Lei ha fatto un’affermazione forte sulla chirurgia preventiva: è una scelta che non sta mica tanto dalle parti della vita. Parla di mancanza di una accettazione della componente di rischio e di avventura che sta nella vita. Questo commento sarebbe calzante se parlassimo di rischio normale e condiviso: quello per cui tutte le donne sanno che potrebbero avere un tumore al seno nella vita (10-12% di rischio), così come viaggiando in autostrada non possiamo avere la certezza che non ci capiti un incidente. Vero, rischio e morte fanno parte della vita e culturalmente il trend tende ad allontanarsi il più possibile da questa consapevolezza. In questo senso sottoscrivo che si vive nel rischio quotidiano, che ogni giorno che passa potrebbe essere l’ultimo e comunque ci avvicina inesorabilmente di un passo verso il traguardo finale, uguale per tutti. Da artista lei sottolinea ancora di più: il rischio è anche un’avventura, la vita E’ un’avventura. Sottoscrivo.
Nelle donne con una mutazione genetica però non si tratta di gestire un rischio come quelli che conosciamo, magari un po’ più alto. Provo a sintetizzare in pochissime parole il mondo che separa le “donne ad alto rischio” da noi, paralizzando in alcuni casi proprio la loro vita. Svilupperanno un tumore al seno in oltre i 2/3 dei casi, con un rischio associato elevato anche di neoplasia dell’ovaio (altrimenti infrequente). Il cancro che sviluppano è solitamente molto più aggressivo di quello sporadico delle ultracinquantenni e colpisce in età giovanile (80% tra i 30 e i 50 anni). Hanno spesso subito lutti plurimi e gravissimi in famiglia, magari perso la madre da bambine, visto la zia o la sorella ammalarsi, aspettano senza neanche sapere dell’esistenza della mutazione che il destino si compia anche per loro. L’avventura diventa paralisi finchè non capiscono di cosa si tratta. E, diventando protagoniste attive della loro vita, corpo e destino, cercano di capire attraverso counselling clinici, genetici, psicologici, come possono gestire questo rischio che grava sulla loro vita come una spada di Damocle. Ed ecco chi sceglie un percorso di sorveglianza per puntare sulla diagnosi precoce del tumore in agguato, oppure chi decide di abbattere il rischio stesso di sviluppare il tumore con la chirurgia preventiva, che riporta la % di rischio da altissima a livelli accettabili, inferiori a quelli di una donna senza mutazione BRCA. Scelta difficile, percorso molto personale. Ogni opzione ha pro e contro molto complessi, non è questa la sede in cui approfondire.
(solo un commento personale in merito: ho preso atto da tempo, non senza sofferenza e indignazione, di una singolare contraddizione: se si interviene sul corpo femminile per prevenire una grave malattia si scatenano controversie laceranti e feroci, laddove di fronte a manipolazioni chirurgiche anche abnormi effettuate per futili motivi - ispirate all’immaginario erotico maschile e/o ai tirannici canoni estetici attuali - nessuno si straccia le vesti).
Tuttavia, queste scelte vanno rispettate e il problema non eluso con fatalismo, come se si trattasse di un’avventura o un brivido da roulette russa. Piuttosto, è un dramma per la maggior parte di queste donne/ragazze, che troppo spesso conosciamo quando già la malattia ha fatto la sua comparsa, e loro a dire: ma perché nessuno me ne ha mai parlato? Avrei potuto fare delle scelte…. Un cancro al seno in giovane età devasta ancora di più la vita di una donna ferendo non solo la sua femminilità nel pieno splendore, ma anche interferendo con la maternità, con la vita sessuale, lavorativa….
Le donne raccontano Lella. Mi piacerebbe farle leggere alcune testimonianze che ho raccolto da loro, con l’idea di farne un libro. Una volta ne ho fatta leggere una, molto lucida e toccante, a un convegno. Rileggendo oggi quei testi immagino lei, con la sua voce e la sua straordinaria espressività, dare diritto di parola a queste voci inascoltate e incomprese. Sui cui complessi percorsi emotivi in questi giorni tutti, dal sedicente esperto alla mia parrucchiera, hanno detto la loro, passando senza volerlo come carrarmati a devastare la verità di un mondo che neanche lontanamente immaginano.
Le vuole leggere Lella? Ne sarebbe toccata, entrerebbe in risonanza con la complessità di questa problematica femminile estremamente particolare e sfaccettata e, ne sono certa, capirebbe. Forse addirittura le verrebbe voglia di farsene portavoce. Abbiamo un evento scientifico tra un anno, su questo tema, nell’ambito del quale saranno sancite le raccomandazioni scientifiche italiane, messe a punto e condivise da un gruppo di esperti di tutte le specialistiche implicate associato a un’advocacy femminile. Eppure enunciare linee-guida non significa che le cose funzioneranno davvero. Una donna che fa i controlli particolari (tanti) a causa della mutazione in Emilia Romagna è esente ticket, in tutte le altre regioni no. La spending review sta mettendo a repentaglio la possibilità di fare con il SSN il test genetico e persino la mastectomia e l’annessiectomia (asportazione di ovaie/tube) preventiva.
Come vede è un ambito in cui avremmo bisogno di donne alleate, che non liquidino il problema con una frase a effetto ma anzi contribuiscano a tenere alta l’attenzione affinchè le politiche sanitarie intervengano con provvedimenti adeguati a sostegno di questa particolare condizione di rischio geneticamente determinato. Provi a conoscere queste donne: si innamorerebbe della loro forza, del loro coraggio, della loro lucida determinazione ad essere protagoniste attive e consapevoli del loro destino.
La ringrazio per la pazienza, se avrà avuto la bontà di leggere fino a qui con attenzione.
Cordiali saluti, con affetto e immutata ammirazione,
Alberta Ferrari
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venerdì 7 giugno 2013
Lorella, cosi` ci ferisci
Fa male il post che Lorella Zanardo ha dedicato ad Angelina Jolie sul suo seguitissimo blog Il corpo delle donne. Fa male a chiunque abbia avuto il cancro al seno, a chiunque abbia avuto un'amica, una mamma, una sorella, una zia colpita dalla malattia. E` un post pieno di cattiveria gratuita, immotivata. E` un post che giudica, che assegna patenti di bene e di male. E` un post a scoppio ritardato - porta la data del 5 giugno - scritto a seguito di lunga riflessione. O almeno cosi` si spera, visto che il tema e` dei piu` delicati e complessi e di tempo dalla diffusione della notizia della doppia mastectomia preventiva della Jolie alla pubblicazione del post ne e` passato. E allora perche`?
Scrive la Zanardo che la Jolie e` "divenuta un'eroina, non perche`in grado di combattere coraggiosamente una malattia conclamata, cosi` come molte altre sue colleghe hanno gia` fatto in passato, bensi` perche` capace di sconfiggere preventivamente l'ipotesi che un tumore al seno o all'utero possa coinvolgerla". Innanzitutto, l'utero non c'entra. La mutazione da cui e` affetta Angelina Jolie la espone al rischio di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie. Rischio che la mastectomia preventiva - secondo quanto dichiarato dall'attrice - avrebbe fatto scendere dall'87% al 5%. Non sono numeri al lotto, ma cifre fornite dai genetisti che l'hanno seguita. E` importante ricordarlo. La Jolie non si e` svegliata una mattina e ha deciso di farsi tagliare il seno perche` cosi` le andava. Ha preso una decisione ponderata e supportata da medici di sua fiducia. E in quanto tale va rispettata. Inoltre, perche` distinguere tra lei, la Jolie, che si fa asportare i seni preventivamente e le donne "in grado di combattere coraggiosamente una malattia conclamata"? Se avesse atteso che la malattia si sviluppasse avrebbe forse guadagnato i galloni del coraggio e l'ammirazione della Zanardo? Sono molte le donne che la malattia ce l'hanno, che non si sentono affatto guerriere, che non gradiscono affatto che l'appellativo sia appiccicato loro addosso. Una tale Susan Sontag ne ha scritto magistralmente negli anni '70. Zanardo l'ha letta?
La Jolie non avrebbe dovuto rendere pubblica la sua decisione, dice Zanardo. Lo sa, Lorella, che il cancro al seno era un tabu` fino a un paio di decenni fa e che parlarne e farsi fotografare (anche con una fragola in bocca, come nella foto allegata al post) e` stata una conquista? Per quale motivo la Jolie avrebbe dovuto tacere? "Non si debella il cancro con la rimozione degli organi", si legge nel post. E come lo si debella? Con la psiconeuroendocrinoimmunologia? Zanardo ci prende in giro forse? "Il corpo si ammala quasi ci fosse una volonta` di morte", continua. Questo si chiama victim blaming. E` come dire a una donna che e` stata violentata che se l'e` cercata. Far ricadere la responsabilita` di una malattia come il cancro al seno sulle donne stesse e` una vecchia strategia di controllo sociale. Vogliono farci stare zitte sulle cause ambientali, ad esempio, e allora ci rovesciano addosso colpe inesistenti.
"Molto utile resta la prevenzione": quale? Si riferisce forse, Zanardo, alla mammografia? No, perche` se questo e` il caso, non di prevenzione ma di diagnosi precoce si tratta. E spesso non serve a un bel nulla. Come non serviva questo tardivo e insipiente concentrato di acrimonia verso una donna che si e` trovata in una situazione difficile, che ha fatto le sue scelte e che, come tale, merita rispetto.
Scrive la Zanardo che la Jolie e` "divenuta un'eroina, non perche`in grado di combattere coraggiosamente una malattia conclamata, cosi` come molte altre sue colleghe hanno gia` fatto in passato, bensi` perche` capace di sconfiggere preventivamente l'ipotesi che un tumore al seno o all'utero possa coinvolgerla". Innanzitutto, l'utero non c'entra. La mutazione da cui e` affetta Angelina Jolie la espone al rischio di sviluppare il cancro al seno e alle ovaie. Rischio che la mastectomia preventiva - secondo quanto dichiarato dall'attrice - avrebbe fatto scendere dall'87% al 5%. Non sono numeri al lotto, ma cifre fornite dai genetisti che l'hanno seguita. E` importante ricordarlo. La Jolie non si e` svegliata una mattina e ha deciso di farsi tagliare il seno perche` cosi` le andava. Ha preso una decisione ponderata e supportata da medici di sua fiducia. E in quanto tale va rispettata. Inoltre, perche` distinguere tra lei, la Jolie, che si fa asportare i seni preventivamente e le donne "in grado di combattere coraggiosamente una malattia conclamata"? Se avesse atteso che la malattia si sviluppasse avrebbe forse guadagnato i galloni del coraggio e l'ammirazione della Zanardo? Sono molte le donne che la malattia ce l'hanno, che non si sentono affatto guerriere, che non gradiscono affatto che l'appellativo sia appiccicato loro addosso. Una tale Susan Sontag ne ha scritto magistralmente negli anni '70. Zanardo l'ha letta?
La Jolie non avrebbe dovuto rendere pubblica la sua decisione, dice Zanardo. Lo sa, Lorella, che il cancro al seno era un tabu` fino a un paio di decenni fa e che parlarne e farsi fotografare (anche con una fragola in bocca, come nella foto allegata al post) e` stata una conquista? Per quale motivo la Jolie avrebbe dovuto tacere? "Non si debella il cancro con la rimozione degli organi", si legge nel post. E come lo si debella? Con la psiconeuroendocrinoimmunologia? Zanardo ci prende in giro forse? "Il corpo si ammala quasi ci fosse una volonta` di morte", continua. Questo si chiama victim blaming. E` come dire a una donna che e` stata violentata che se l'e` cercata. Far ricadere la responsabilita` di una malattia come il cancro al seno sulle donne stesse e` una vecchia strategia di controllo sociale. Vogliono farci stare zitte sulle cause ambientali, ad esempio, e allora ci rovesciano addosso colpe inesistenti.
"Molto utile resta la prevenzione": quale? Si riferisce forse, Zanardo, alla mammografia? No, perche` se questo e` il caso, non di prevenzione ma di diagnosi precoce si tratta. E spesso non serve a un bel nulla. Come non serviva questo tardivo e insipiente concentrato di acrimonia verso una donna che si e` trovata in una situazione difficile, che ha fatto le sue scelte e che, come tale, merita rispetto.
mercoledì 5 giugno 2013
L'ambiente siamo noi
Oggi e` la Giornata Internazionale dell'Ambiente. Si celebra ogni anno il 5 giugno. Ditemi se mi sbaglio - e francamente lo spero - ma ho la sensazione che si parli di solito di ambiente come qualcosa di separato da noi che lo abitiamo.
L'ambiente siamo noi. Se qualcuno sversa rifiuti tossici in qualche fazzoletto di terra del casertano, quei rifiuti uccideranno della gente. Non tra un secolo, ma molto prima. Gente con un volto e un nome che conosciamo. Gente che ci abita accanto. Uccideranno i nostri cari, uccideranno noi. Ho la sensazione che la questione solo di rado venga posta in questi termini e certamente non dai media mainstream.
Anch'io, d'altra parte con l'esempio dei rifiuti tossici, sono caduta in uno stereotipo dei piu` classici: i danni all'ambiente si verificano in violazione delle leggi vigenti. Niente di piu` falso. La stragrande maggioranza delle sostanze che danneggiano l'ambiente e quindi noi che l'abitiamo sono legalizzate. Prendiamo il caso del Bisfenolo A, presente in praticamente ogni prodotto in plastica, compresi i contenitori per il cibo. Ne siamo pieni zeppi. Il Bisfenolo A e` un interferente endocrino molto potente, sospettato di causare il cancro al seno e malattie cardiovascolari. Insomma, e` un veleno, eppure viene tranquillamente utilizzato per le latte di pomodori.
Prendiamo il caso delle fabbriche, delle centrali a carbone, dei gas di scarico delle automobili. Mi ricordo che da bambina si parlava tanto del buco dell'ozono, causato dall'inquinamento. Me lo immaginavo, il buco, sospeso sopra le nostre teste, come un cerchio fatto col fumo delle sigarette e non immaginavo che prima di arrivare all'ozono, quella robaccia il buco lo stava scavando dentro di me.
L'ambiente siamo noi. Se qualcuno sversa rifiuti tossici in qualche fazzoletto di terra del casertano, quei rifiuti uccideranno della gente. Non tra un secolo, ma molto prima. Gente con un volto e un nome che conosciamo. Gente che ci abita accanto. Uccideranno i nostri cari, uccideranno noi. Ho la sensazione che la questione solo di rado venga posta in questi termini e certamente non dai media mainstream.
Anch'io, d'altra parte con l'esempio dei rifiuti tossici, sono caduta in uno stereotipo dei piu` classici: i danni all'ambiente si verificano in violazione delle leggi vigenti. Niente di piu` falso. La stragrande maggioranza delle sostanze che danneggiano l'ambiente e quindi noi che l'abitiamo sono legalizzate. Prendiamo il caso del Bisfenolo A, presente in praticamente ogni prodotto in plastica, compresi i contenitori per il cibo. Ne siamo pieni zeppi. Il Bisfenolo A e` un interferente endocrino molto potente, sospettato di causare il cancro al seno e malattie cardiovascolari. Insomma, e` un veleno, eppure viene tranquillamente utilizzato per le latte di pomodori.
Prendiamo il caso delle fabbriche, delle centrali a carbone, dei gas di scarico delle automobili. Mi ricordo che da bambina si parlava tanto del buco dell'ozono, causato dall'inquinamento. Me lo immaginavo, il buco, sospeso sopra le nostre teste, come un cerchio fatto col fumo delle sigarette e non immaginavo che prima di arrivare all'ozono, quella robaccia il buco lo stava scavando dentro di me.
domenica 2 giugno 2013
La corsa di Miriam
Esistono anche altre corse, pero`. Come quella a cui circa un mese fa ha partecipato la mia amica, Miriam. Una corsa campestre, nelle campagne del Sussex. Senza sponsor. Senza pubblicita`. Senza prodotti. Solo donazioni, effettuate online, in supporto di Miriam e la sua squadra. Tutto organizzato da un'associazione che non millanta alcuna ricerca per la "cura", ma offre assistenza domiciliare i malati terminali. Si chiama Marie Curie Cancer Care. Il suo simbolo e` il narciso. Un bel fiore giallo che, in forma di spilla, sta spesso appuntanto sulle giacche di chi devolve fondi in favore della meritoria attivita` di Marie Curie.
Il cancro e` una malattia grave. Di cancro si muore. Doniamo a chi aiuta i malati a salutare la vita con dignita`. E grazie Miriam.
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