domenica 9 settembre 2012

Oltre il rosa - La storia di Laura



Ho conosciuto la cara, carissima Giovanna Marsico via twitter. Giovanna lavora con cancercontribution, una piattaforma che unisce vari attori (medici, pazienti, politici, associazioni, cittadini) interessati in vario modo e a vario titolo alla questione cancro e il cui obiettivo e` favorire lo scambio di idee e il confronto per migliorare il sistema sanitario.
Ieri, Giovanna mi ha inviato un bellissimo post tratto dal blog di una donna che vive in California, Laura Wells, e` che ha un cancro al seno in metastasi. E` insomma al quarto stadio, l'ultimo, quello che si conclude - salvo miracoli - con la morte. Le donne in queste condizioni sono tante e, a seconda della risposta ai trattamenti palliativi, della propria resistenza fisica, delle caratteristiche biologiche della malattia, possono avere davanti a loro ancora diversi anni. Solo che non lo sanno. Vivono ogni giorno con la consapevolezza che potrebbe essere l'ultimo o poco piu`. Queste donne alle Race for the Cure o alle varie parate in rosa non esistono. Preferisco comunque cedere la parola a Laura. Il suo post e` molto toccante. Ho pensato di tradurlo per voi.

"Oltre il rosa.

Quando mi e` stato diagnosticato il cancro al seno e` stato difficile accettare il nastro rosa e tutto cio` che rappresenta. Non ero contenta di entrare nel club e diventare sostenitrice di una causa solo perche` potevo trarne beneficio mi metteva a disagio. Mi sembrava egoista e ipocrita.

Ho cominciato davvero a identificarmi con il rosa quando il cancro e` tornato, questa volta all'ultimo stadio, perche` avrei avuto il cancro al seno per sempre e avrei dovuto essere in trattamento per tutta la vita. Finalmente mi sono votata alla causa del rosa.

Ironia della sorte, con il cancro al seno metastatico tutto cio` che il rosa rappresenta non andava bene per me. Ero oltre la "prevenzione", oltre la "cura", oltre la "sopravvivenza", oltre il "rosa".

Ho scoperto che molte donne si sentivano escluse, ogni ottobre, durante il mese della prevenzione sul cancro al seno, perche` le nostre storie non vengono raccontate. Nessuno sentira` mai parlare delle donne al quarto stadio [cancro diffuso in altre parti del corpo lontane dal seno, ad esempio ossa, cervello, fegato. ndr] morte nel corso dell'anno, tranne forse di qualche personaggio famoso o come statistiche.

Ma le donne comuni con cancro al seno in metastasi non saranno da nessuna parte. Non ci saranno articoli su di loro sui giornali. Non ci saranno programmi televisivi che raccontino al mondo la vita delle eterne pazienti che si alzano ogni mattina per sottoporsi a continui controlli e terapie. Non sentiremo parlare della paura che un semplice mal di schiena possa essere sintomo di una mestasi alle ossa, che fa a pezzi una donna nel senso letterale del termine, o del timore che un mal di testa sia causato da una metastasi al cervello invece che dallo stress. Non ci saranno testimonianze, alle innumerevoli manifestazioni sulla prevenzione, riguardanti chiacchierate con i propri figli che cominciano con un "Ci sarai ancora quando...?"

Ci saranno solo le storie delle "sopravvissute", donne che "l'hanno preso in tempo" e sono "guarite". Ascolteremo le storie di donne famose che hanno combattuto il cancro ai primi stadii e sono SOPRAVVISSUTE. E parlando alle manifestazioni aiuteranno a promuovere consapevolezza, prevenzione e sopravvivenza.

Capisco il bisogno di allegria e di ascoltare storie di sopravvissute. So come e` importante, come e` necessario sentirle soprattutto nel caso in cui c'e` speranza di guarire.

Ma io sono oltre questo concetto di speranza. La mia speranza e` che i controlli vadano bene, che i nuovi farmaci facciano effetto. La mia speranza e` di essere ancora viva quando mia figlia si sposera` e quando nasceranno i miei nipoti. Spero di poter rinviare quanto piu` possibile il momento in cui dovro` dire addio a un marito addolorato per la morte di sua moglie.

Il mio cancro al seno non e` piu` solo rosa. Adesso include il grigio, il colore del niente - della terra di nessuno in cui vivo, non piu` sopravvissuta ma ancora combattente, senza mai arrendermi. E nero, il colore della morte, perche` un giorno sicuramente la mia battaglia finira`.

Il problema col "rosa" e` che, nonostante tutta la consapevolezza che produce, nessuno e` consapevole dell'esistenza del cancro al seno al quarto stadio, il cancro che uccide. E nessuna e` preparata a entrare a far parte di questo club, che e` oltre il rosa, perche`nessuno ne parlera`, per un altro anno ancora".

Seguite il blog di Laura a questo indirizzo http://www.mystage4life.blogspot.co.uk/

22 commenti:

  1. Capisco benissimo anch'io che chi soffre di tumore, sopratutto se ha concrete possibilità di guarigione, preferisca sentire le storie di chi "ce l'ha fatta" (ma che comunque dovrà sottoporsi a controlli per il resto della sua vita) e però mi domando perchè anche chi è al quarto stadio non possa fare campagne per la prevenzione, accanto a chi è in condizioni migliori, a beneficio delle altre donne

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non mi sembra che Laura dica nulla di cio` nel suo post. Fa un discorso completamente diverso

      Elimina
    2. non mi stavo contrapponendo a Laura.
      Comunque ti chiedo cosa abbia detto di sbagliato Giorgia per meritarsi del sarcasmo ("Brava! Complimenti! Brava!")...si stava solo raccontando e non attaccava nessuno, entrambe condividete gli stessi obiettivi cioè più prevenzione e supporto alla ricerca scientifica, non si potrebbe partire da qui?

      Elimina
  2. Sono stata al quarto stadio, sei anni fa, per metastasi epatiche. Sono ancora viva, non per un miracolo, ma perché sono stata operata, ho fatto chemio e continuo a fare terapia ormonale. Sono viva anche perché ho messo in atto tutte le risorse disponibili, quelle a me più congeniali, dalla scrittura ai supporti di medicina complementare, dalla meditazione al qi gong.
    Un anno fa ho contribuito a far nascere un'associazione intitolata a una blogger che invece non ce l'ha fatta, Anna Lisa Russo, e il 6 ottobre, a MOntecatini, assegneremo una borsa di studio di 20.000 euro per una ricerca su quel tipo di carcinoma mammario, il triplo negativo, più raro e aggressivo, per cui ancora non ci sono terapie mirate.
    Ah, e non è vero che non ci vogliono in televisione o sui giornali. Non è vero proprio.
    Giorgia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Brava, tu "hai messo in atto tutte le risorse disponibili". Brava! Sei davvero brava! Complimenti!
      Laura invece ha paura, ha paura di morire. E anch'io ho paura e non mi va di raccontarmi balle. Non mi va di raccontarmi che se faro` appello a tutte le mie risorse ce la faro`, perche` non e` vero. Non posso esserne sicura. Il cancro potrebbe tornare come e quando gli pare.
      Di Annalisa Russo ho seguito la vicenda e non staro` certo qui a commentare il modo in cui e` stata rappresentata dai media perche` ho troppo rispetto per quella giovane vita spezzata cosi` prematuramente. Posso solo dire che fondare un'associazione puo` forse servire a chi se ne fa vanto, come hai fatto tu Giorgia (e davvero non capisco cosa questo tuo "merito" possa centrare con la storia di Laura), ma sicuramente non riportera` Annalisa in vita. L'obiettivo mio e di donne come Laura e` fare in modo che di Annalise non ce ne siano mai piu`. Mai piu`! I have a dream...

      Elimina
    2. Tutti noi vorremmo che di Anna Lisa non ce ne fossero più. Non con quell'epilogo intendo, perchè Anna Lisa era una persona meravigliosa e ce ne vorrebbero a migliaia come lei. Credo che la borsa di studio intitolata a lei sia un modo per concretizzare questo sogno, visto che sarà destinata alla ricerca di una cura. Il tuo obiettivo è che di Anna Lisa non ce ne siano più? bene! Non è la guerra al nastro rosa che lo realizzerà, credo...

      Elimina
    3. Contapporre la paura di morire "al fare" mi pare fuorviante. Penso che anche Giorgia abbia o abbia avuto paura di morire ma... ha ritenuto di intevenire su di se aiutando se stessa con tutti gli strumenti a sua disposizione. Sperando di farcela. Sperando. E rispetto all'Associazione, non voglio sembrare patetica ma Anna Lisa, oltre a VIVERE.. aiuta la ricerca. Ti pare poco? E' stato pubblicato un libro... E io ogni tanto ne rileggo un passaggio... mi aiuta. Ops, mi sono dimenticata di dire che pure io sono stata baciata dalla bestiaccia: vivo senza stomaco

      Elimina
    4. Non ho capito quale sia il nesso sinceramente tra il post e i commenti qui sotto. Si parla di denunciare una politica che non fa nulla per la prevenzione VERA della cura, che rende una malattia della qual non c'è nessun interesse politico a trovare una cura una mero fatto di marketing, e di denunciare il fatto che nessun media a nessun livello ne parli se non nei termini sopra esposti. Mi spiegate cosa c'entra questo discorso con il dire "io sono sopravvissuta e ho fondato un'associazione"?

      Benissimo, è meraviglioso. Una bella cosa, prima di tutto l'essere sopravvissuti, poi l'aver creato la possibilità di svolgere una ricerca nel merito della malattia. In che modo questo cambia il discorso fatto sopra? è un reato dire che la sopravvivenza in questo caso, purtroppo, è l'eccezione, e non la regola? è un reato dire che NON dovrebbe essere così?

      Elimina
  3. Il post si intitola OLTRE il rosa, non CONTRO il rosa

    RispondiElimina
  4. La guerra ai nastri rosa e'necessaria,siamo carenti di"nastri"che focalizzino lo sguardo oltre la prevenzione. Abbiamo bisogno di cure, di speranza,di appelli,di ricerca,per quel genere di cancro in stato avanzato;necessitiamo di volti veri,di dinne che non appartengono allo star system,che non godono di alcun privilegio,ma che troppo spesso sono sole in reparti fatiscienti e contano i secondi che le tengono ancora in vita.La gran parte sono ancora"piccole donne"ferme al palo della loro esistenza,donne che progettano carriere,materita',viaggi,o piu'semplicemente chiedono di proseguire il cammino della vita..Vogliamo che ci siano dei fari che ci parlino di queste donne,vogliamo che lo Stato si impegni non solo sulla prevenzione ma cancelli la morte, dal cancro al quarto stadio,abbiate il coraggio di raccontare l'apologia di un tumore avanzato. Il nastro rosa non e'un nostro alleato, non contempla le fasi della malattia,metastasi, indebolimento fisico,....Una lotta doverosa per la sorellina che ho perso, per la amica dagli occhi indimenticabili,per tutte quelle di cui non so il nome,ma che hanno un po' di Francesca e di Stefania.

    RispondiElimina
  5. Facciamo il punto. Il post - che, vale la pena ricordarlo, si intitola OLTRE il rosa - e` scritto da una donna, Laura, che vive in California e che e` al quarto stadio. Laura scrive della sua speranza di vivere quanto piu` a lungo possibile, per vedere sua figlia sposata per esempio. Personalmente mi auguro di vivere piu` a lungo dei miei genitori, perche` credo che dover seppellire un figlio sia un dolore immenso. E me lo auguro a prescindere dal cancro. Sono perfettamente consapevole infatti che potrei morire in qualsiasi momento per qualsiasi altra cosa. Il nostro destino e` imprevedibile e l'ho imparato proprio attraverso l'esperienza della malattia. Per questo motivo cerco di godermi ogni giorno della mia vita.
    Il cancro di Laura si e` diffuso ad organi distanti dal seno. E` lei stessa a scrivere di non avere speranza di guarigione e non abbiamo motivo di non crederle. Forse le e` stato detto dai medici...Questo e` il suo caso e il caso di molte altre donne. Queste donne - comunque le si voglia chiamare, al quarto stadio, in metastasi, inguaribili, la denominazione della categoria non e` importante - non esistono. Non esistono per la ricerca, non esistono alle Race for the Cure, non esistono quando ci dicono "l'importante e` prenderlo in tempo". Laura era al secondo stadio quando ha scoperto la malattia.
    La storia di Laura fa paura. Fa paura anche a me. Anch'io ero al secondo stadio quando mi e` stato diagnosticato il cancro al seno. Anche io ho paura e all'inizio di storie come quella di Laura non volevo nemmeno sentire parlare. Poi mi e` scattato qualcosa dentro. Forse mi sono stancata di avere paura. Forse mi sono resa conto che per tenere a bada la paura dovevo guardarla in faccia.
    Guardare in faccia la paura per me significa raccontare la storia di Laura e mostrarle tutto il mio sostegno. Ben venga se c'e` chi riesce a venire fuori dal quarto stadio. Ben vengano le associazioni, soprattutto quelle piccole e promosse da gente comune. Ascoltiamo tutte le voci, pero`, e ricordiamoci che, finche` anche solo una donna continuera` ad avere paura di morire di cancro al seno, saremo tutti irrimediabilmente sconfiti

    RispondiElimina
  6. Sono totalmente d'accordo. Io nei miei volevo solo dire che non vedo contrapposizioni tra chi dichiara di "avercela fatta" e chi è nella condizione di Laura, tra chi è "inguaribile" e chi no, non vedo perchè non potrebbero battersi insieme a favore della ricerca scientifica che porti a cure sempre migliori e anche per la prevenzione poichè in ogni caso, anche se non c'è garanzia al 100% avere una diagnosi il più precocemente possibile è importante credo, per dare maggiori possibilità di guarigione per qualsiasi persona malata di tumore

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il problema non sono le persone e la loro malattia o come la percepiscono. Il problema e` l'utilizzo che fa chi tesse le fila del business legato al cancro al seno del "mito della sopravvissuta". Hai visto il trailer di Pink Ribbons Inc. All'inizio, ci sono le immagini della Race for the Cure e la tizia che dal palco grida "Se sei sopravvissuta al cancro al seno alza la mano" e tutto il pubblico che alza le mani e applaude. Immagina se li` in mezzo ci fosse una donna che sa che per lei non c'e` piu` nulla da fare, salvo prolungare la sua esistenza il piu` possibile sottoponendola a trattamenti estenuanti e spesso invasivi...E` chiaro che donne in quelle condizioni non ci sono alle Race, sia perche` loro stesse non si sentirebbero a proprio agio sia perche` gli organizzatori non ce le vogliono. Se devi vendere un prodotto devi sorridere, devi raccontare storie "positive", a lieto fine. Il mito della sopravvissuta e` molto pervasivo. Le donne ci si attaccano - e umanamente le capisco benissimo - perche` sono terrorrizate dalla possibilita` che la malattia ritorni. Al tempo stesso, pero`, questo loro atteggiamento alimenta il circolo vizioso del business e della rappresentazione assolutamente falsata della malattia nel discorso pubblico. E` una questione molto complessa...Il nocciolo della questione e`, secondo me e secondo una mia cara amica, la paura. E` su quello che ci ricattano.
      Quanto alla diagnosi precoce, ci sono pareri molto discordanti tra i medici per quanto riguarda il cancro al seno. Sto traducendo un articolo della Dottoressa Susan Love, una famosa senologa americana, che spiega un po` di cose a riguardo. Posso dirti, pero`, che ad esempio nel mio caso il nodulo al seno era molto piccolo ma la malattia aveva gia` attaccato i linfonodi, perche` per le sue caratteristiche biologiche il mio tumore e` aggressivo. Io non sentivo niente nel seno, ma mi si era gonfiato il linfodo sotto l'ascella. Ci sono tanti tipi diversi di cancro al seno e non tutti crescono e si diffondono con la stessa velocita` e con gli stessi tempi. Il mio prima di crescere ed essere visibile con mammografia ed ecografia era gia` andato ai linfonodi!

      Elimina
    2. indubbiamente ci sono tanti tipi di tumore al seno (ed è ovvio che ne sai più di me) alcuni sono più aggressivi di altri, ma in linea di principio non credo che una diagnosi precoce sia dannosa, i pareri discordanti ci sono perchè la medicina non è una scienza esatta ciò nondimeno la prevenzione è utile. C'è chi muore per tumori non diagnosticati in tempo. Io non ho esperienza diretta di tumori al seno, ma mia madre qualche anno fa ha dovuto farsi asportare un pezzo di intestino per via di un tumore e l'operazione si sarebbe potuta evitare se avesse fatto gli esami prima. Ora sta bene, ma ha problemi di incontinenza
      La paura e il bisogno di sentire storie positive credo sia normale, legittimo, umano e giusto, ma per me la cosa importante anche per mettere un freno al business di cui parli è non contrapporre le "sopravvissute" (che comunque sono persone vere, non "miti" anche se ovviamente dovranno controllarsi per il resto della vita) alle "inguaribili" (uso questi termini per comodità)..non so, si potrebbe fare pressione sulla Race for the Cure perchè accetti anche le donne al quarto stadio, ripeto: perchè anche loro non possono battersi accanto alle "sopravvissute" per le campagne sulla prevenzione e per la ricerca sul cancro a beneficio di tutte le donne?

      Elimina
    3. ecco, quello che voglio dire è che anche se le "inguaribili" non hanno una vicenda personale "positiva" da raccontare possono comunque battersi per sensibilizzare sul tema e fare sì che le vicende "positive" aumentino

      Elimina
    4. Il tema però Paolo è, appunto, la PREVENZIONE. Che è molto diversa dalla diagnosi precoce. Prevenire significa fare in modo che la malattia non si presenti affatto, e perché si possa prevenire è necessario conoscere le cause della malattia, ed è necessario fare ricerca in questo senso. Questo non accade proprio perché in troppi lucrano sul business del "pink ribbon" e (per l'appunto) della diagnosi precoce. Che sia un bene prendere in tempo la malattia è indubbio, nessuno qui credo si sia mai permesso di dire il contrario. Ma il problema è altro, ed è proprio quel problema che qui si denuncia. Ed è che le sopravvissute (giustamente grate alla "diagnosi precoce" di averle "salvate") vengono sfruttate per alimentare i profitti di chi lucra sulla malattia, e le inguaribili vengono tenute nascoste.

      La speranza è proprio quella di creare un movimento (di sopravvissute, inguaribili, non malate), un movimento di donne e uomini interessati a fare pressione perché si affronti la ricerca sulle cause della malattia, perché le cose vengano chiamate con il loro nome, e perché i malati vengano trattati da esseri umani, e non come oggetti.

      Elimina
    5. Condivido la speranza di un movimento che unisca tutte. Richiedere ricerche sempre più efficaci non dovrebbe affatto essere in contrasto con il parlare di diagnosi precoce, tutte queste cose sono utili e battersi per una non dovrebbe escludere l'altra

      Elimina
    6. Ribadisco, nessuno ha detto il contrario. Solo non si confonda la diagnosi precoce con la prevenzione, perché non sono la stessa cosa. E la prevenzione, attualmente, non esiste.

      Elimina
  7. Scusate, ma chi l'ha detto che a manifestazioni come la Race le donne con un cancro al quarto stadio non ci vanno o addirittura che non vengono accettate?
    Nel maggio 2011 alla Race di Roma c'era anche Anna Lisa.
    La stessa Anna Lisa che negli ultimi mesi della sua vita, nel reparto di cure palliative, ha rilasciato interviste a innumerevoli giornali e televisioni, e che in ognuna di queste occasioni ha portato la sua inesauribile gioia di vivere e la speranza che un giorno si trovasse una cura per la sua "bestiaccia", quella speranza che oggi l'associazione che porta il suo nome vuole tenere viva.
    Certo non tutti i malati di cancro hanno la straordinaria vitalità e la capacità comunicativa di Anna Lisa, ma alcuni sono riusciti, come lei, a far sentire la propria voce anche nei momenti più difficili. Anche le storie che non sono "a lieto fine" a volte vengono raccontate.

    RispondiElimina
  8. Aggiungo il mio commento in punta di piedi, visto che per il momento io non ho il cancro al seno. Ma spero che ugualmente possa essere utile la riflessione di chi è mortale e esposta alle malattie come tutte e tutti.

    E'vero, cercare sempre il punto più ottimista e costruttivo di una situazione è utile, è importante, aiuta anche e soprattutto quando si è fragili e malate.

    MA allo stesso tempo, questo non deve diventare un DOVER ESSERE. Perché noi siamo inserite in una società individualista e competitiva dove la malattia, la morte e la disperazione non sono scomparse ma sono nascoste e proprio per questo fanno più male. Perché non è possibile CONDIVIDERE e dunque alleggerire davvero la situazione in cui ciascuna si trova ad affrontare la propria fragilità- perché in un'ottica distorta e assurda questo ci diminuisce agli occhi degli altri. Addirittura pare che la morte e la disperazione siano diventate impensabili e indicibili. Io penso che sia questo a cui si riferiscono Laura e l'Amazzone. Il diritto ad avere i propri momenti di disperazine e poterli condividere in una relazione umana di condivisione e non di competizione, per cui anche la malattia può tranquillamente venire ignorata grazie a una facciata di bellezza e femminilità. Ottime cose di per sé, ma non se vengono usate per escludere, evitare di ascoltare chi sta male e deve guardare in faccia la propria fragilità e mortalità qui e ora. Sarebbe più facile stare vicine ricordando che comunque siamo tutte sulla stessa barca.

    RispondiElimina
  9. esatto, non bisogna nè ignorare la malattia nè permetterle di essere tutto noi, non negare i propri momenti di disperazione nè annullarsi in essi. Secondo me è possibile

    RispondiElimina
  10. per me, che in questo mondo sono appena entrata e ancora non so di che aggressività sia la bestia nastro rosa significa "ci sono" perchè tutti i medici e i tecnici che ho visto finora lavoravano con "il nastro rosa" addosso, un distintivo della breast unit. Il nastro rosa di facciata forse è un conto diverso, ma poi negli ambulatori, nelle sale della risonanza,a farti il prelievo... si sono vere, che ti tengono la mano e non si scompongono più di tanto se gli smoccichi il camice piangendo aggrappata a loro.

    RispondiElimina